Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 31187 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 31187 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28378/2020 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME del foro di Perugia, in forza di procura speciale rilasciata in calce al ricorso ed elettivamente domiciliata agli indirizzi PEC dei difensori iscritti nel REGINDE;
– ricorrente –
contro
NOME e NOME NOME, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME del foro di Perugia, con procura speciale in calce al controricorso ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO
-controricorrenti-
COGNOME, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME del foro di Perugia e NOME COGNOME del foro di Roma, con procura speciale in calce al controricorso ed elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio del secondo difensore;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Perugia n. 111/2020, pubblicata il 3 febbraio 2020.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 26 marzo 2024.
Rilevato che:
-con atto di citazione notificato il 12 dicembre 2012 l’agenzia immobiliare RAGIONE_SOCIALE evocava, dinanzi al Tribunale di Perugia, NOME e NOME COGNOME nonché NOME COGNOME chiedendo la condanna dei primi due al pagamento di euro 7.560,00, oltre IVA e accessori, e della somma di euro 6.806,25, oltre IVA e accessori, nei confronti della terza, a titolo di provvigione per l’attività di mediazione svolta in relazione alla compravendita di immobile di proprietà dei primi, con contratto concluso dagli stessi con la COGNOME e il coniuge della medesima;
instaurato il contraddittorio, nella resistenza dei convenuti, il Tribunale adito, con sentenza n. 1944/2016, rigettava le domande attoree, ritenendo non determinante l’intervento dell’agenzia attrice alla conclusione della compravendita immobiliare;
in virtù di appello interposto dalla medesima attrice, nella resistenza degli appellati, la Corte d’Appello di Perugia, con sentenza n. 111/2020, rigettava il gravame, confermando per l’effetto la sentenza di primo grado, rilevando che l’agenzia non aveva conferito alcun apporto alla conclusione dell’affare, per essere l’acquirente venuta a conoscenza della vendita da più fonti,
non solo dalla RAGIONE_SOCIALE, ma anche tramite l’agenzia RAGIONE_SOCIALE, con la quale i coniugi acquirenti avevano sottoscritto proposta di acquisto, precisando altresì che l’appellante non aveva neanche contribuito a far raggiungere alle parti un accordo sul prezzo;
-avverso tale decisione l’agenzia RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui hanno resistito con separati controricorsi i coniugi COGNOME e la COGNOME;
-in prossimità dell’adunanza camerale tutte le parti hanno depositato memorie illustrative.
Considerato che:
1.Con il primo motivo la ricorrente denuncia l’omesso esame di plurimi fatti decisivi per il giudizio, in relazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c., per non aver il giudice d’appello esaminato le questioni della pubblicizzazione dell’immobile, le svariate visite effettuate dall’acquirente e il ribasso del prezzo dell’immobile che veniva concordato nel maggio 2011 ad opera del l’agenzia.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1754 e 1755 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per aver la Corte di Appello escluso l’efficienza causale dell’attività di mediazione espletata dall’agenzia ai fini della conclusione dell’affare, dando erroneamente rilevanza all’attività mediatrice svolta da RAGIONE_SOCIALE, sia prima che dopo l’intervento dell’odierna ricorrente.
Le prime due censure vanno esaminate unitariamente, afferendo entrambe alla medesima circostanza del contributo fornito dall’agenzia ricorrente al fine della conclusione dell’affare, seppure sotto diversa prospettiva.
Esse sono prive di pregio, in quanto nella sostanza presuppongono un accertamento in fatto non censurabile in sede di legittimità.
È noto che, ferma l’autonoma configurabilità di una mediazione negoziale atipica o unilaterale, fondata su un contratto a prestazioni corrispettive, con riguardo anche ad una soltanto delle parti interessate, ravvisabile qualora una parte, volendo concludere un singolo affare, incarichi altri di svolgere un’attività volta alla ricerca di una persona interessata alla sua conclusione a determinate e prestabilite condizioni (Cass., Sez. Un., n. 19161 del 2017), il diritto del mediatore alla provvigione ex art. 1755 c.c. sussiste, comunque, nei confronti di ‘ciascuna delle parti, se l’affare è concluso per effetto del suo intervento’, indipendentemente, dunque, da un preventivo conferimento di incarico per la ricerca di un acquirente o di un venditore, purché l’uno o l’altro abbiano accettato l’attività del mediatore avvantaggiandosene, e sia, quindi, dimostrato il nesso di causa fra l’attività svolta dal richiedente e la conclusione dell’affare (tra le tante, Cass. n. 11656 del 2018; Cass. n. 25851 del 2014; Cass. n. 23842 del 2008).La Corte d’appello ha argomentato il proprio convincimento su circostanze quali la previa conoscenza dell’immobile da parte della RAGIONE_SOCIALE per il tramite dell’agenzia RAGIONE_SOCIALE (con la conseguenza che il suo interesse era nato fin da quel momento), il rifiuto da parte dei Dominici di accettare la proposta della RAGIONE_SOCIALE pervenuta per l’opera di mediazione dell’agenzia RAGIONE_SOCIALE, l’interruzione della collaborazione da parte della predetta agenzia con la cliente, sul presupposto che vi era altra persona interessata all’acquisto, e la nuova pubblicizzazione dell’immobile a cura di RAGIONE_SOCIALE al minor prezzo di euro 252.000,00, che non risultano smentite dall’agenzia. La ricorrente, infatti, si limita ad offrire solo una diversa valutazione dei medesimi fatti.
Secondo l’orientamento di questa Corte, da ultimo confermato in numerose pronunce, il diritto alla provvigione sorge tutte le volte in cui la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’attività intermediatrice, che sussiste quando il mediatore abbia utilmente messo in relazione le parti intervenendo nelle varie fasi delle trattative, così da realizzare l’antecedente indispensabile per pervenire alla conclusione del contratto, nel senso che quest’ultima possa ritenersi conseguenza dell’opera prestata dall’intermediario, tale che, senza di essa, secondo il principio della causalità adeguata, il contratto stesso non si sarebbe concluso. Per contro non sussiste il diritto alla provvigione quando, dopo una prima fase di trattative avviate con l’intervento del mediatore senza risultato positivo, le parti siano successivamente pervenute alla conclusione dell’affare in maniera indipendente da quell’originario intervento, per effetto d’iniziative nuove, non ricollegabili con le precedenti o da queste condizionate. Poiché il diritto alla provvigione da parte del mediatore consegue non alla conclusione del negozio giuridico, ma dell’affare, inteso come qualsiasi operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, la condizione perché sorga il diritto alla provvigione è, dunque, l’identità dell’affare proposto con quello concluso, vi deve essere continuità nella operazione e la conclusione dell’affare sia collegabile al contatto determinato dal mediatore tra le parti (Cass. n. 7626 del 2023; Cass. n. 3165 del 2023; Cass. n. 27185 del 2022; Cass. n. 11443 del 2022; Cass. n. 22426 del 2020).
La decisione della Corte d’appello è conforme a tali principi avendo ribadito che al fine del sorgere del diritto alla provvigione ex art. 1755, comma 1, c.c., è necessario che tra l’utile intervento del mediatore nelle fasi delle trattative e la conclusione dell’affare vi sia un nesso di causalità adeguata, alla stregua di giudizio da compiere ex post, ad affare compiuto, e incombendo sul mediatore l’onere della relativa prova, senza che l’aver messo le parti in
relazione tra loro sia di per sé sufficiente a conferire all’intervento il carattere dell’adeguatezza.
Ed è quanto è stato accertato dalla Corte di merito, per essere state le parti del contratto di compravendita messe in contatto dall’agenzia RAGIONE_SOCIALE, la quale in un tempo successivo ha anche operato per la riduzione del prezzo, così da avvicinare la domanda all’offerta.
2.Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 1758 c.c., in relazione all’art. 360 n.3 c.p.c., per non aver la Corte di appello riconosciuto in via subordinata che l’affare si era concluso per il tramite degli interventi concorrenti di entrambe le agenzie. Sostiene infatti che, seppure si voglia riconoscere il nesso causale dell’attività dell’agenzia RAGIONE_SOCIALE, sussisterebbe un nesso di causalità obiettiva anche per quella svolta dalla ricorrente, sicché ad ogni mediatore spetterebbe una quota della provvigione. La censura è infondata.
Per orientamento consolidato, il diritto alla divisione per quote della provvigione tra più mediatori sorge unicamente nel caso in cui gli stessi abbiano cooperato simultaneamente e di comune intesa, ovvero autonomamente, ma giovandosi l’uno dell’attività espletata dall’altro, secondo un nesso di concausalità obiettiva tra i loro interventi e la conclusione dell’affare. Tutto ciò in contrario avviso rispetto a quanto affermato dalla ricorrente, laddove è stato evidenziato una prima fase di trattative avviate con l’intervento della RAGIONE_SOCIALE e una ulteriore con l’intervento della RAGIONE_SOCIALE, tra loro non interconnesse, non avendo in entrambi i casi le parti raggiunto l’accordo sul prezzo, che solo con l’autonoma determinazione dei venditori a pubblicizzare l’immobile ad un prezzo inferiore in epoca successiva è stato concluso l’affare (Cass. n. 16157 del 2010; Cass. n. 1507 del 2007; Cass. n. 5952 del 2005; Cass. n. 8443 del 2000).
La Corte d’appello ha, altresì, evidenziato che nessun altro apporto era stato fornito dalla RAGIONE_SOCIALE, che anzi aveva dato risposta negativa alla richiesta della RAGIONE_SOCIALEdi vagliare altre possibilità di continuare la trattativa’, interrompendo qualsiasi rapporto per esservi terzi interessati all’affare (v. pag 6 della sentenza impugnata).
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida per ciascuna parte controricorrente in euro 3.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 26 marzo 2024.
La Presidente NOME COGNOME