Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3731 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3731 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 13/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 5299-2024 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE).
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE).
-controricorrente-
avverso il DECRETO n. 635/2023 emesso da CORTE D’APPELLO BOLOGNA il 02/02/2024;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/1/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.1 RAGIONE_SOCIALE presentava domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo con riserva, ex art. 161, sesto comma, l. fall., in data 2 maggio 2020 e la proposta concordataria in data 31 agosto 2020. Tale proposta -sostitutiva di una prima domanda presentata in data 23 luglio 2018 e rinunciata con dichiarazione del 2 maggio 2020 -veniva omologata dal Tribunale di Reggio Emilia con decreto rep. n. 60/2023 pubblicato il 12 aprile 2023.
1.2 In data 19 maggio 2023 il Commissario giudiziale dott. NOME COGNOME informava i creditori che, con decreto del 9/10 maggio 2023, «l’Ill.mo Tribunale di Reggio Emilia ha confermato che i termini e i tempi di pagamento dei creditori previsti dalla proposta di concordato preventivo presentata dalla RAGIONE_SOCIALE ed omologata dal Tribunale con decreto 06/04/2023 sono quelli riportati i n calce all’istanza presentata dalla società il 04/05/’23 e qui di seguito riportati…».
1.3 Con precedente istanza datata 5 maggio 2023 la RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto infatti al Tribunale di voler: ‘ INTEGRARE E/O CORREGGERE E/O PRECISARE nei modi e nei termini ritenuti preferibili, il provvedimento di omologazione pronunciato in data 6 – 12 aprile 2023 con il quale è stata omologata la Proposta di Concordato preventivo presentata da RAGIONE_SOCIALE al fine di assicurare che tale provvedimento rifletta puntualmente i contenuti della Proposta concordataria anche con specifico riguardo alle date di decorrenza dei termini entro i quali sono previsti i pagamenti promessi alle singole Classi nelle quali sono stati suddivisi i creditori della Ricorrente, recependo tra l’altro i seguenti adempimenti (come del resto recepiti dal Parere motivato del Commissario Giudiziale ex art. 180, co. 2, 1. fall.) ‘ . Seguiva l’indicazione analitica dei termini per il pagamento dei crediti prededucibili, dei creditori privilegiati e delle varie classi di creditori chirografari.
1.4 RAGIONE_SOCIALE proponeva reclamo innanzi alla Corte di appello di Bologna, per denunciare -in relazione al decreto collegiale inaudita altera
parte del 2 febbraio 2024 -la violazione del contraddittorio sull’istanza (che, attenendo nella sostanza ai tempi di adempimento della proposta concordataria, incideva su diritti soggettivi dei creditori); la totale mancanza, anche solo formale, di motiva zione dell’atto; la assenza di un errore materiale che giustificasse l’eventuale ‘correzione’ del decreto di omologa; l’abnormità di un provvedimento di contenuto meramente ‘confermativo’.
1.5 La Corte di appello, senza esaminare nel merito le doglianze proposte da RAGIONE_SOCIALE dichiarava l’inammissibilità del reclamo in quanto tardivo, perché «proposto oltre il termine di giorni dieci previsto dall’art. 26 L.Fall. dalla comunicazione, eseguita il 19 maggio, nei suoi confronti».
Il provvedimento, pubblicato il 2.2.2024, è stato impugnato da RAGIONE_SOCIALE con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, cui la RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
È stata formulata proposta di definizione accelerata del ricorso, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., essendo stati ravvisati profili di inammissibilità di tutti i motivi del ricorso.
La società ricorrente ha proposto istanza di decisione, con memoria depositata ai sensi del medesimo art. 380 bis c.p.c.
È stata, quindi, disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 26 e 183, comma 1, l.fall. in relazione all’art. 18, comma 1, l.fall.
1.1 Osserva la ricorrente che il Tribunale di Reggio Emilia, con il decreto qui impugnato, in accoglimento di una istanza proposta da una società proponente una domanda di concordato preventivo, aveva modificato -senza instaurare alcun contraddittorio e in totale carenza di motivazione -il proprio decreto di omologazione, fissando un diverso termine per il pagamento delle obbligazioni concordatarie. Avverso tale provvedimento aveva proposto reclamo innanzi alla Corte di appello di Bologna, diciassette giorni dopo la sua comunicazione da parte del Commissario giudiziale.
1.2 Si evidenzia sempre da parte della ricorrente che la Corte di appello applicando, invece, il termine di dieci giorni previsto dall’art. 26 l.fall. – aveva dichiarato il reclamo inammissibile, in quanto tardivo. Sostiene che il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo, poiché all’impugnazione di un provvedimento di modifica del decreto di omologazione avrebbe dovuto invece applicarsi lo stesso termi ne previsto per l’impugnazione del provvedimento modificato, ossia quello di trenta giorni ex art. 183 l.fall., così come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di cassazione nell’arresto del 5 agosto 2019, n. 20892.
Con il secondo mezzo si deduce, solo in via subordinata e sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., ‘ violazione dell’art. 26 l.fall. e degli artt. 287 e 288, comma 4, c.p.c. ‘.
2.1 Sostiene la società ricorrente che, qualora il decreto del Tribunale di Reggio Emilia fosse stato (erroneamente) qualificato dalla Corte di appello come un provvedimento di correzione di un errore materiale, in ogni caso non avrebbe dovuto applicare il termine di cui all’art. 26 l.fall. , posto che, nel caso correzione di errore materiale, il provvedimento di correzione avrebbe dovuto essere impugnato «nel termine ordinario» di impugnazione del provvedimento corretto, ossia, sempre nel termine di trenta giorni di cui all’art. 183 l. fall. Con l’ulteriore conseguenza aggiunge sempre la ricorrente -che il reclamo proposto il diciassettesimo giorno dopo la comunicazione del provvedimento doveva considerarsi, dunque, tempestivo.
Con il terzo motivo si censura, sempre in via subordinata, il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., ‘ per violazione degli artt. 325 e 327 c.p.c. e dell’art. 183 l.fall. ‘.
3.1 Sostiene la ricorrente che, qualora il provvedimento del Tribunale di Reggio Emilia avesse avuto natura meramente ‘confermatoria’ o di ‘interpretazione autentica’ del proprio decreto di omologa del concordato preventivo, si sarebbe in presenza di atti abnormi, giacché adottati in carenza assoluta di potere e in mancanza di una legge che preveda siffatte tipologie di atti giudiziari. Ne conseguirebbe – aggiunge sempre la ricorrente – la c.d. nullità radicale, che può essere fatta valere con una actio nullitatis , senza alcun limite di tempo, ovvero mediante gli ordinari mezzi di impugnazione
(Cass. 7 febbraio 2022, n. 3810), cioè nell’osservanza dei termini di cui agli artt. 325 e 327 c.p.c. ovvero dell’art. 183, l.fall. Con l’ulteriore conseguenza che il provvedimento della Corte di appello – che aveva dichiarato la tardività del reclamo proposto da RAGIONE_SOCIALE – sarebbe stato comunque illegittimo.
Il quarto mezzo deduce, infine, ai sensi dell’art. ‘ 360, primo comma, n. 4, c.p.c.: violazione dell’art. 111, comma 6, C ost. e dell’art. 132, comma 1, n. 4, c.p.c. ‘.
4.1 Sostiene la ricorrente che – in ragione del fatto che l’individuazione del termine per la proposizione del reclamo dipenderebbe dalla qualificazione della natura del provvedimento impugnato – la Corte di appello avrebbe dovuto pronunciarsi sul punto. Aggiunge la ricorrente che la Corte territoriale aveva dato per scontato che si dovesse applicare l’art. 26 l.fall., ma sul punto non aveva speso alcuna motivazione, con la conseguenza che il provvedimento sarebbe stato radicalmente mancante di motivazione.
Ritiene il Collegio che i motivi sopra esposti sono inammissibili, esattamente per le ragioni già evidenziate nella proposta di decisione accelerata di cui all’art. 380 bis c.p.c., che la Corte ritiene del tutto condivisibili e che fa proprie.
5.1 Il ricorso risulta, infatti, inammissibile in quanto proposto avverso un provvedimento privo dei caratteri della decisorietà e della definitività.
Sul punto occorre richiamare la costante giurisprudenza espressa da questa Corte secondo la quale il ricorso per cassazione è proponibile avverso ogni provvedimento giurisdizionale, anche se emesso in forma di decreto o di ordinanza, che abbia, però, i caratteri della decisorietà e della definitività, e cioè che pronunci – o venga comunque ad incidere – irrevocabilmente e senza possibilità di impugnazioni su diritti soggettivi (cfr. Cass. n. 24155/2014). In realtà, è noto l’orientamento di questa Corte secondo cui la norma costituzionale sopra richiamata, nel definire ‘sentenza’ il provvedimento avverso il quale è sempre ammesso il ricorso in Cassazione, non va interpretata in senso formale – basandosi cioè sulla forma del provvedimento – bensì sostanziale: in tal senso il rimedio deve ritenersi esperibile avverso ogni provvedimento giurisdizionale, anche se emesso in forma di decreto o di
ordinanza, che abbia, però, i caratteri della decisorietà e della definitività. E che, dunque, se fosse sottratto ad ogni impugnazione, arrecherebbe a colui il cui diritto è stato sacrificato un pregiudizio non altrimenti rimediabile (cfr. ex multis , Cass. S.U. n. 3073/2003; cfr. anche Cass. n. 3452 del 2015 e Cass. n. 8968 del 2015).
Tali caratteri non ricorrono infatti nel provvedimento qui impugnato.
Nel caso di specie, infatti, la Corte d’Appello di Bologna è stata adita con reclamo avverso il decreto con cui il Tribunale di Reggio Emilia ha confermato che ‘ i termini e i tempi di pagamento dei creditori previsti dalla proposta di concordato preventivo presentata dalla RAGIONE_SOCIALE ed omologata dal Tribunale con decreto 06/04/2023, sono quelli riportati in calce all’istanza stessa ‘.
È dunque evidente che il provvedimento del Tribunale non presenta alcun contenuto decisorio e, a maggior ragione, non costituisce un provvedimento di omologa del concordato, né modifica l’oggetto e il contenuto del provvedimento di omologa, limitandosi a c onfermarne l’interpretazione dallo stesso desumibile.
Si tratta, invero, di un provvedimento che ha mera funzione chiarificatrice di quanto già disposto con il decreto di omologa del concordato, pertanto privo di carattere decisorio, oltre che non definitivo.
Né può affermarsi che la dichiarazione di inammissibilità per tardività di detto reclamo, come pronunciata dalla Corte territoriale in applicazione della norma dell’art. 26 l.f., che prevede il termine perentorio di impugnazione di dieci giorni, abbia inciso con efficacia di giudicato su situazioni soggettive di natura sostanziale.
Ne discende, pertanto, che il provvedimento impugnato non è suscettibile di ricorso per cassazione, rilievo quest’ultimo avente carattere assorbente , che rende superfluo l’esame dei motivi di ricorso proposti.
6. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo. Sussistono, inoltre, i presupposti per la condanna del ricorrente, nella presente sede, sia ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., che ai sensi del comma 4 della medesima
disposizione, come espressamente previsto dall’art. 380 bis, ultimo comma, c.p.c. (disposizione immediatamente applicabile anche ai giudizi in corso alla data del 1° gennaio 2023, per i quali a tale data non era stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio, come nella specie: cfr. Cass., Sez. U, Ordinanza n. 27195 del 22/09/2023; Sez. U, Ordinanza n. 27433 del 27/09/2023).
La Corte stima equo fissare in € 8.000 la sanzione ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c. ed in € 2.500 quella ai sensi del comma 4 della medesima disposizione, anche in considerazione del carattere consolidato dei principi giurisprudenziali applicati e della manifesta inammissibilità del ricorso, per i motivi ampiamente esposti.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
Per questi motivi
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
-condanna la ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della società controricorrente in c.p., liquidandole in complessivi € 8.000 , oltre € 200,00 (duecento/00) per esborsi, nonché spese generali ed accessori di legge;
-condanna la ricorrente a pagare l’importo di € 8.000 in favore della controricorrente, ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c.;
-condanna la ricorrente a pagare l’importo di € 2.500 in favore della cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella camera di consiglio della Prima Sezione Ci-