Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 2237 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 2237 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21367/2022 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocata COGNOME ed elettivamente domiciliato all’indirizzo PEC del difensore iscritto nel REGINDE;
-ricorrente-
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocata COGNOME ed elettivamente domiciliato all’indirizzi PEC del difensore iscritte nel REGINDE;
COGNOME COGNOME NOME, COGNOME, COGNOME NUNZIANTE DI COGNOME, COGNOME, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME ed elettivamente domiciliati all’indirizzo PEC del difensore iscritto nel REGINDE;
NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME ed elettivamente domiciliata all’indirizzo PEC del difensore iscritto nel REGINDE;
-controricorrenti-
nonché contro
MINISTERO PER I BENI CULTURALI, CONDOMINIO IN NAPOLI INDIRIZZO COGNOME NOMECOGNOME COGNOME, COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME;
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 2915/2022 depositata il 23/06/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME ha proposto ricorso avverso la sentenza n. 2915/2022 della Corte d’appello di Napoli.
Resistono con distinti controricorsi NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME ed altri.
Altri intimati, specificati in epigrafe, non hanno svolto attività difensive.
Il ricorrente ha depositato memoria.
La Corte d’appello di Napoli ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dall’avvocato NOME COGNOME avverso l’ordinanza pronunciata in data 22 ottobre 2021 dal Tribunale di Napoli nella causa iscritta al NRG 1039/2020, in materia di condominio edilizio.
Con tale ordinanza, il giudice istruttore, all’esito dei termini concessi alle parti per il deposito di memorie di appendice scritta della trattazione aveva sottoposto alle parti alcune questioni dirimenti ai
fini della decisione (in ordine alla composizione della compagine condominiale, alle annotazioni nel registro dell’anagrafe condominiale ed alla conseguente valida costituzione dell’assemblea), implicanti altresì accertamenti incidentali; aveva rilevato profili di connessione con altra causa pendente dinanzi al medesimo Tribunale di Napoli ed aveva perciò disposto la rimessione degli atti al Presidente per gli eventuali provvedimenti in ordine alla riunione ex art. 274 c.p.c.
La Corte d’appello ha affermato che, trattandosi di provvedimento ordinatorio, finalizzato alla riunione delle cause, esso non fosse impugnabile, condannando conseguentemente l’appellante al pagamento delle spese processuali in favore delle controparti costituite.
Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. per la ‘omessa pronuncia sull’accoglimento dell’atto di appello avente ad oggetto la nullità del provvedimento emesso dal Tribunale in data 22.10.2021 (ordinanza avente valore sostanziale di sentenza)’; ed ancora, la violazione dell’art. 111, dell’art. 132 comma 2 n. 4 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c.
Questo primo motivo è inammissibile giacché non sussiste né l’omessa pronuncia sull’appello, né l’omessa motivazione: la Corte d’appello di Napoli ha dichiarato inammissibile l’appello ed ha congruamente indicato le ragioni di diritto di tale decisione.
Il motivo, altrimenti inteso, comunque non supera lo scrutinio ex art. 360bis, n. 1, c.p.c., avendo la Corte d’appello deciso la questione di diritto inerente ai provvedimenti sulla riunione dei giudizi in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte: in tema di connessione di cause, il provvedimento di riunione (o, vieppiù, il provvedimento con il quale, come nella specie, il giudice istruttore, avuta notizia della pendenza di causa connessa, ne riferisce al presidente), fondandosi su valutazioni di mera opportunità, costituisce esercizio
del potere discrezionale del giudice, e ha natura ordinatoria, essendo pertanto insuscettibile di impugnazione e insindacabile in sede di legittimità (Cass., Sez. Unite, n. 2245 del 2015, n. 2245; Cass. n. 8024 del 2018).
Non sono dirimenti le considerazioni altrimenti svolte dal ricorrente nella memoria depositata in data 14 ottobre 2024. Che il ricorso verta su un asserito error in procedendo , o, più correttamente, su un error in iudicando de iure procedendi (ovvero sul compimento di un’attività deviante rispetto ad un modello legale rigorosamente prescritto dal legislatore, o sull’errata interpretazione ed applicazione di norma processuale), e che la Corte di cassazione sia perciò investita del potere di esaminare direttamente gli atti sui quali la censura si fonda, non significa che il medesimo ricorso non debba altresì avere ad oggetto l’impugnazione di una sentenza o di un diverso provvedimento avente identico valore sostanziale. Tale non è il provvedimento che, come nel caso in esame, si sia limitato ad impartire disposizioni di carattere meramente ordinatorio con funzione strumentale e propedeutica all’ulteriore trattazione della causa, lasciando impregiudicata la decisione finale, senza aver esaminato e risolto in modo irrevocabile ed immodificabile alcuna questione dibattuta tra le parti.
Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. e la violazione e/o mancata applicazione dell’art. 92, comma 2, c.p.c. e della compensazione delle spese.
Anche il secondo motivo è inammissibile, sia perché la pronuncia sulle spese è stata resa dalla Corte d’appello facendo applicazione della regola di soccombenza, sia perché, secondo unanime orientamento di questa Corte, la facoltà di disporre o meno la compensazione delle spese processuali tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con una
espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione (Cass. n. 11329 del 2019; Cass., Sez. Unite, n. 14989 del 2005).
Il ricorso è perciò inammissibile.
Il Consigliere delegato, ravvisata la inammissibilità del ricorso per cassazione, aveva proposto la definizione del giudizio a norma dell’art. 380 -bis c.p.c., nel testo introdotto dal d.lgs. n. 149 del 2022. Il ricorrente ha chiesto la decisione del ricorso.
Essendo il giudizio definito in conformità alla proposta di definizione anticipata, trovano applicazione il terzo ed il quarto comma dell’art. 96 c.p.c., ai sensi dell’art. 380 -bis, comma 3, c.p.c. L’integrale conformità dell’esito decisorio alla proposta ex art. 380 -bis c.p.c. costituisce, invero, indice della colpa grave della condotta processuale del ricorrente, per lo svolgimento di un giudizio di cassazione rivelatosi del tutto superfluo, con conseguente condanna dello stesso al pagamento di una somma equitativamente determinata in favore dei controricorrenti NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME ed altri, nonché di somma in favore della cassa delle ammende, negli importi indicati in dispositivo (Cass., Sez. Unite, sentenza n. 9611 del 2024; ordinanze n. 36069, n. 27195, n. 28540 e n. 27433 del 2023).
Sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per l’impugnazione dichiarata inammissibile, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare le spese sostenute nel giudizio di cassazione dal controricorrente NOME COGNOME che liquida in complessivi € 1.500,00, di cui € 200,00 per esborsi, dalla controricorrente NOME COGNOME che liquida in complessivi € 1.500,00, di cui € 200,00 per esborsi, e dai controricorrenti NOME COGNOME ed altri, che liquida in complessivi € 1.500,00, di cui € 200,00 per esborsi, tutti oltre a spese generali e ad accessori di legge; condanna altresì il ricorrente, ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c., al pagamento in favore sia del controricorrente NOME COGNOME sia della controricorrente NOME COGNOME sia dei controricorrenti NOME COGNOME ed altri della ulteriore somma di € 1.300,00, nonché al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di € 500,00.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione