Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1120 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1120 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 11/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 35378-2018 proposto da:
COGNOME COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO INDIRIZZO elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5147/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 24/07/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/04/2023 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
Con atto depositato in data 23.05.2008, il Condominio di INDIRIZZO sito in Roma, ricorreva ex art. 700 cod. proc. civ. al
Tribunale di Roma affinché ordinasse a NOME COGNOME di consentire l’accesso nei locali da lui occupati in qualità di usufruttuario, al fine di eseguire lavori di competenza del condominio resi necessari per l’individuazione e l’eliminazione della c ausa di infiltrazioni d’acqua che aggravavano lo stato dell’immobile sottostante alla suddetta unità abitativa. Il ricorso veniva notificato a mani della madre non convivente del COGNOME, il quale restava contumace, mentre interveniva volontariamente in giudizio la proprietaria dell’appartamento in questione, RAGIONE_SOCIALE
1.1. A séguito di espletamento di C.T.U. veniva esclusa la provenienza delle infiltrazioni dal discendente condominiale; pertanto, con ordinanza cautelare emessa dal Tribunale di Roma in composizione monocratica, al COGNOME veniva ordinato di eliminare le cause delle infiltrazioni provenienti dall’impianto dei bagni dell’appartamento in suo uso. Il COGNOME proponeva reclamo avverso l’ordinanza , che veniva rigettato e l’ordinanza confermata dal Collegio.
1.2. NOME COGNOME introduceva giudizio di merito lamentando una molteplicità di vizi del contraddittorio; giudizio che si concludeva con sentenza di rigetto del Tribunale di Roma n. 5347/2012.
Avverso detta sentenza interponeva appello il COGNOME innanzi alla Corte d’Appello di Roma che, con sentenza n. 5147/2018, rigettava integralmente il gravame sostenendo, per quanto ancora qui rileva:
stante la natura strumentale e la funzione cautelativa del tutto provvisoria, i provvedimenti d’urgenza come i provvedimenti resi in sede di reclamo – sono destinati a perdere ogni efficacia e vigore a seguito della decisione emessa nel successivo giudizio di merito, nel
quale restano assorbiti, indipendentemente da ogni rilievo in ordine alla relativa legittimità sotto il profilo della sussistenza dei requisiti per la loro adozione;
-pertanto, l’eventuale vizio di notificazione del ricorso introduttivo del giudizio cautelare non spiega alcuna influenza nel successivo giudizio di merito svoltosi dinanzi al Tribunale;
nel caso di specie, essendo stato il giudizio di reclamo introdotto dall’odierno appellante, attesa la natura integralmente devolutiva del reclamo, resta priva di pregio la questione posta in punto di mancata notifica del ricorso introduttivo del giudizio cautelare.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Roma proponeva ricorso COGNOME NOMECOGNOME affidandolo a due motivi e illustrandolo con memoria depositata in prossimità dell’adunanza.
Si difendeva il Condominio INDIRIZZO di Roma depositando controricorso.
considerato che:
Con il primo motivo si deduce nullità della sentenza impugnata e del procedimento ( ex art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ.) nella parte in cui la Corte d’Appello ha del tutto omesso di pronunciare sull’eccepito difetto del diritto alla difesa costituzionalmente e processualmente garantito, essendo stato privato il COGNOME del diritto di partecipare al giudizio cautelare che gli ordinava di eliminare le cause di infiltrazioni nel corso del quale era stato nominato il C.T.U., subendone la decisione in violazione di quanto disposto dall’art. 24 Costituzione e dall’art. 101 cod. proc. civ. Lamenta il ricorrente omissione di pronuncia e violazione del principio del contraddittorio, posto che la notifica del ricorso monitorio era stata effettuata a mani della madre, familiare non convivente, poiché il COGNOME NOMECOGNOME
pur essendo usufruttuario dell’appartamento in questione, risiede va nella città di Pavia.
Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 137, 138 e 139 cod. proc. civ. (art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ.) nella parte in cui la Corte d’Appello ha del tutto omesso di pronunciarsi sull’eccepito difetto della m ancata e diretta consegna nel luogo di residenza dell’atto da notificare, in quanto l’ufficiale giudiziario deve eseguire la notificazione mediante consegna al destinatario di copia conforme all’originale dell’atto, ex art. 160 cod. proc. civ.; difetto sollevato dal COGNOME e, in ogni caso, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado. Come affermato da queste Corte, infatti, la presunzione di convivenza non meramente occasionale non opera nel caso in cui (come nel caso di specie) la notifica sia stata eseguita nella residenza propria del familiare diversa da quella del destinatario dell’atto; né la nullità della notifica può dirsi sanata dalla conoscenza aliunde della notificazione dell’atto, ove non accompagnata dalla costituzione del convenuto, posto che il convenuto non ha potuto partecipare al giudizio cautelare che gli ordinava di eliminare le cause di infiltrazioni e con il quale era stato nominato il C.T.U. Trattandosi, dunque, nel suo caso, di notificazione al «vicino di casa» , l’ufficiale giudiziario avrebbe dovuto dare notizia dell’avvenuta notificazione, a mezzo lettera raccomandata, nel luogo di residenza del destinatario. La violazione del principio del contraddittorio comporta, poi, la nullità di tutti i provvedimenti successivi.
I due motivi possono essere trattati congiuntamente, in quanto entrambi attengono al vizio di notificazione del provvedimento cautelare e ai suoi effetti sul principio del contraddittorio. Essi sono infondati per le ragioni di cui appresso.
3.1. Il nuovo testo del sesto comma dell’art. 669octies cod. proc. civ., come modificato dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35 (convertito con modificazioni dalla legge 14 maggio 2005, n. 80), ha innovato il sistema previgente al fine di rendere stabile (ancorché ovviamente idonea al giudicato) la misura cautelare di tipo anticipatorio, se e fino a che essa non sia sostituita da una sentenza del medesimo o di diverso segno, affrancando così l’efficacia della cautela dalla successiva verifica in sede di cognizione, che di questa necessita solo per le misure cautelari non anticipatorie. L’autonomia tra il procedimento cautelare inteso a una misura di tipo anticipatorio e il giudizio di merito, frutto della predetta modifica del 2005, è ben presente nella più recente giurisprudenza di questa Corte (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 21491 del 31/08/2018, Rv. 650038 -01; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7260 del 10/04/2015, Rv. 634830 – 01) che ha affermato che il procedimento cautelare termina con l’ordinanza di accoglimento o rigetto del giudice monocratico, o del collegio in caso di reclamo, mentre il successivo processo di cognizione richiede un’autonoma domanda di merito. In sintesi, nel sistema attuale il procedimento cautelare è necessariamente monofasico, sia emessa o no in prima battuta, ovvero in esito al reclamo ex art 669terdecies cod. proc. civ., la misura domandata. Non a caso l’inciso finale del comma 6 dell’art. 669octies cod. proc. civ. prevede che ciascuna parte possa «iniziare» il giudizio di merito: segno che quest’ultimo non è una fase ulteriore del procedimento cautelare, ma è un giudizio che – proprio perché eventuale e non necessitato per la conservazione della misura – non differisce funzionalmente e strutturalmente da un comune processo dichiarativo. La stabilità della cautela anticipatoria costringe la parte colpita dalla misura, che intenda rimuoverne gli effetti, ad instaurare il giudizio di merito, non sottoposto a termini o
condizioni; ma si tratta, appunto, di un’utilità ulteriore, che rientra nella funzione dichiarativa propria d’ogni processo di cognizione (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 18535 del 08/06/2022, Rv. 664990 -01; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1519 del 26/01/2006, Rv. 586401 – 01).
3.2. Tanto precisato, non ha pregio neanche quanto argomentato dal ricorrente in merito all’omessa pronuncia attribuibile alla Corte distrettuale che, invece, ha correttamente ritenuto superata la fase cautelare rappresentata dal provvedimento d’urgenza ex art. 700 cod. proc. civ. che, assolvendo alla funzione di dare immediata attuazione alla tutela giurisdizionale mediante limitazione del pregiudizio che possa derivare dalla durata del processo a cognizione piena, è caratterizzato da strumentalità, provvisorietà, difetto di decisorietà, ed è destinato ad essere superato dagli altri provvedimenti che possono essere adottati nel corso del giudizio (v. sentenza p. 3, righi 33-42).
In altre conclusive e decisive parole, va rimarcato che ciò che i motivi di ricorso mostrano di non cogliere è che il giudizio di merito susseguente ad un procedimento cautelare è, rispetto a questo, del tutto autonomo, e come tale non è in nessuna misura dipendente da esso, dal suo esito e dal rispetto delle relative forme . Una cosa, infatti, è il processo dichiarativo, che mette capo ad una decisione che accerta un diritto e pronuncia, se richiesto, una condanna, altra, invece, è il procedimento cautelare, che dà luogo ad un provvedimento non decisorio il quale, per sua stessa definizione, non accerta, non condanna e, quindi, tecnicamente ‘non giudica’, ma si limita ad emettere le misure necessarie a conservare l’utilità del futuro giudizio dichiarativo.
Il che vale ad escludere in radice la lamentata violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio per vizio della notifica del ricorso cautelare.
In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso, liquida le spese secondo soccombenza come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso, condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore del controricorrente, che liquida in €4.200,00 per compensi, oltre ad €200,00 per esborsi e agli accessori di le gge nella misura del 15%.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda