Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5781 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 5781 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/03/2024
sul ricorso 11474/2021 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME; -ricorrente – contro
NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME; -controricorrente – avverso la sentenza n. 942/2020 del TRIBUNALE di MACERATA, depositata il 27/10/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/12/2023 dal Cons. NOME COGNOME;
Rilevato che:
il Giudice di Pace di Macerata rigettò la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME per il risarcimento del danno conseguente a una ingiuria verbale che la prima assumeva di avere subito ad opera della convenuta;
il Tribunale di Macerata ha riformato la sentenza e ha condannato la COGNOME al risarcimento del danno (liquidato in 1.500,00 euro) e al pagamento di 1000,00 euro a favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende ex art. 4 D. Lgs. n. 7 /2016, oltre alle spese del doppio grado di giudizio;
ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, affidandosi a quattro motivi; ad esso ha resistito la Pop con controricorso;
la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis.1 c.p.c., entrambe le parti hanno depositato memoria.
Considerato che:
va preliminarmente rigettata l’eccezione di improcedibilità del ricorso sollevata dalla RAGIONE_SOCIALE (a pag. 8 del controricorso), in quanto l’atto depositato è completo della attestazione di conformità all’originale telematico;
col primo motivo, la ricorrente denuncia la «nullità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c.» e censura il Tribunale per avere omesso ogni pronuncia sull’eccezione di sussistenza dell’esimente della provocazione, che era stata sollevata dalla COGNOME fin dalla comparsa di costituzione in primo grado;
col secondo motivo , viene denunciato l’«omesso esame circa un fatto decisivo controverso fra le parti sotto il profilo della mancata valutazione di prove orali decisive» nel senso della ricorrenza della scriminante della provocazione;
col terzo motivo, la COGNOME denuncia la «nullità della sentenza per assoluta illogicità della motivazione in violazione dell’art. 132 c.p.c.»,
«in ordine alla valutazione della eventuale sussistenza di cause scriminanti della condotta attribuita alla sig.ra COGNOME»;
col quarto motivo, viene denunciata la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. per non avere il Tribunale «posto correttamente a fondamento della propria decisione le prove proposte» dalla COGNOME;
per quanto emerge dal ricorso, la difesa della COGNOME era basata sulla radicale negazione del fatto ( sull’assunto che ella si trovava altrove nel giorno e nell’ora indicati dall’attrice) e comunque (per il caso che fosse stata ritenuta provata la pronuncia delle espressioni ingiuriose) sulla ricorrenza della scriminante della provocazione, a fronte di una «costante attività di molestie e intimidazioni» nei suoi confronti da parte della COGNOME, dei suoi due figli e del convivente COGNOME;
le censure della ricorrente ruotano, sotto diversi profili, intorno al mancato riconoscimento della provocazione da parte del Tribunale;
tanto premesso, va escluso che la circostanza che la sentenza non si sia pronunciata sull ‘eccezione relativa alla provocazione integri il denunciato vizio di omessa pronuncia, in quanto dal complesso della motivazione si evince chiaramente che il Tribunale l’ha implicitamente rigettata (cfr. Cass. n. 24953/2020);
invero:
la motivazione fa perno sulla testimonianza dell’unico teste indifferente (COGNOMECOGNOME, dalla quale non sono emerse condotte della Pop immediatamente precedenti la pronuncia dell’espressione ingiuriosa da parte della COGNOME;
dalla stessa prospettazione della ricorrente risulta che le condotte di cui si assume la valenza scriminante non erano riferibili direttamente alla Pop (ma ai figli e al convivente della stessa) e non erano state poste in essere in concomitanza col fatto ingiurioso, ma in tempi antecedenti; dal che consegue che la provocazione (che richiede -ex art. 4, co. 3 D.Lgs. n. 7/2016- che il fatto sia commesso nello «stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso») non era neppure ipotizzabile di per sé e, comunque, rispetto alla Pop;
quanto al resto, deve considerarsi che:
la censura di omesso esame di fatto decisivo è inammissibile, in quanto tale vizio non può essere dedotto in relazione a mere risultanze istruttorie e, in ogni caso, i fatti non valorizzati dal Tribunale difettano del requisito della decisività in riferimento all’oggetto della controversia;
manifestamente infondata è la censura di «assoluta illogicità e contraddittorietà della motivazione», in quanto il percorso argomentativo della sentenza risulta lineare nel senso di affermare la responsabilità della COGNOME e non è inficiato -sul piano logico e giuridico- dal mancato riconoscimento della provocazione;
inammissibile, in quanto generico e ‘fattuale’ è il quarto motivo, che insiste sulla mancata valorizzazione delle prove dedotte dalla COGNOME;
l’esito alterno dei giudizi di merito integra grave ragione (ex Corte Cost. n. 77/2018) analoga a quelle previste dall’art. 92, 2° co. c.p.c. per la compensazione delle spese del giudizio di legittimità;
sussistono le condizioni per l’applicazione dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115/2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Roma, 18.12.2023
Il Presidente NOME COGNOME