Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 34882 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 34882 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6195/2023 R.G. proposto da : COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME elettivamente domiciliato in EMPOLI INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 1837/2022 depositata il 25/08/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Premesso che:
1.NOME COGNOME ricorre, con otto motivi contrastati con controricorso da NOME COGNOME per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Firenze, n.1837 del 2022 con cui, per quanto interessa ai fini del ricorso, è stata confermata la sentenza del Tribunale di Firenze n.3868 del 2019 di rigetto della domanda proposta da esso ricorrente per la condanna di NOME COGNOME all’arretramento di un muro che questi, secondo l’allegazione del ricorrente contraddetta dagli accertamenti dei giudici di merito, avrebbe realizzato sulla particella n.370/a del foglio 52 del catasto del Comune di Vinci, impedendo l’esercizio della servitù di passaggio carrabile che su quella particella insisteva a favore delle particelle di proprietà del ricorrente.
La Corte di Appello, con la sentenza impugnata, ha in particolare affermato che:
NOME COGNOME era legittimato passivo all’azione proposta da NOME COGNOME sebbene non fosse proprietario della particella 370/a, essendo stato chiamato in causa come autore materiale della lesione del diritto di servitù e al fine di ottenere la riduzione in ripristino dello stato dei luoghi. La Corte di Appello ha richiamato al riguardo le pronunce di questa Corte di legittimità n. 1332/2014 e n. 3110/1985;
era incontestato che le proprietà delle parti derivavano dal frazionamento della particella 370 e che, nei singoli atti di vendita di tutti i lotti derivati dal frazionamento ‘redatto dal geometra NOME COGNOME del 30 giugno 1959′, era stato precisato che sulla
particella 370/a era costituita una servitù di passaggio a favore di ciascun lotto;
nell’atto notarile 18 novembre 1959, titolo di provenienza del diritto del COGNOME, era indicata in m. 3,60 la larghezza della strada oggetto di servitù, senza rinvio all’atto di frazionamento e nell’atto notarile 17 aprile 1962, titolo di provenienza del Benassai, era parimenti indicata tale larghezza attraverso il richiamo alla particella 370/a e alla sussistenza di diritti di passo anche del COGNOME;
il Benassai, sebbene nella citazione originaria avesse sostenuto che la larghezza del passo era di m. 4.50 e in sede di precisazione delle conclusioni di m.4. 25 , aveva poi, nell’atto di appello convenuto sulla circostanza che fosse invece di m.3,60 ;
come accertato dal Tribunale sulla scorta di CTU, la larghezza della strada, misurata tra le proprietà delle parti, ‘che quasi si fronteggiano’, era superiore a m. 3,60;
non poteva attribuirsi alcun rilievo alla relazione del consulente del COGNOME e all’atto di frazionamento allegato a tale relazione -atto indicato talora come frazionamento n.18/59 talora come frazionamento n.19/59- sulla base dei quali il COGNOME aveva sostenuto che il confine della proprietà del COGNOME era più arretrato rispetto a quello in relazione al quale il CTU aveva misurato la larghezza della strada, trattandosi di documenti prodotti per la prima volta in appello e a sostegno di allegazioni fatte solo in appello relativamente ad una diversa definizione dei confini dei fondi ed essendo documenti e fatti nuovi non ammissibili ai sensi dell’art. 345 c.p.c.;
non vi erano i presupposti per disporre il rinnovo della CTU. La richiesta in tal senso del COGNOME era basata sulle inammissibili allegazioni e produzioni fatte in appello;
le istanze di ammissione di prove per testi avanzate dal COGNOME in primo grado, respinte dal Tribunale e riproposte nell’atto di appello,
dovevano essere di nuovo respinte trattandosi di istanze relative alla larghezza del passo in m.4.50 , ‘disconosciuta dal medesimo COGNOME nell’atto di appello’ e di istanze relative ad un capitolato implicante inammissibili apprezzamenti da parte dei testi, ‘sulla misurazione della sede stradale e sulla ampiezza degli spazi di manovra che sarebbero stati <>’;
non era significativa la deduzione del COGNOME di avere difficoltà ad entrare e uscire dalla sua proprietà con l’auto, in assenza di prova della riduzione della larghezza della strada;
le fotografie prodotte dal COGNOME non mostravano mutamenti nello stato dei luoghi e non davano quindi prova del dedotto ‘sconfinamento’;
l’allegazione del Benassai secondo cui il COGNOME avrebbe ‘innalzato un muretto’ di sua proprietà era del tutto irrilevante perché priva di attinenza con il dedotto restringimento della strada;
la causa perviene al Collegio in adunanza camerale a seguito di istanza di decisione presentata dal ricorrente dopo che era stata al medesimo comunicata la proposta ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. di definizione della causa per inammissibilità o manifesta infondatezze dei motivi;
le parti hanno depositato memoria; considerato che:
il Collegio, preliminarmente, precisa che, a seguito della pubblicazione della sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 9611 del 10 aprile 2024, non sussiste alcuna incompatibilità del consigliere delegato che ha formulato la proposta di definizione accelerata, a far parte del collegio che definisce il giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis.1, c.p.c., atteso che la proposta non ha funzione decisoria e non è suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva, né la decisione in camera di consiglio conseguente alla richiesta del ricorrente si configura quale fase distinta del giudizio
di cassazione, con carattere di autonomia e contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta stessa;
2. con il primo motivo di ricorso, rubricato ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 1079 c.c., 157 c.p.c., 1362 c.c., 115 c.p.c. e 112 c.p.c., error in procedendo e nullità della sentenza d’appello’, si deduce che la Corte di Appello ha errato nel dichiarare inammissibile la produzione in appello della relazione del consulente tecnico di parte laddove, trattandosi di produzione di atto difensivo, la stessa è sottratta ai limiti dell’art. 345 c.p.c.;
3. col secondo motivo di ricorso, rubricato ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 2735 c.c., 1079 c.c., 157 c.p.c., 1362 c.c., 115 c.p.c. e 112 c.p.c., error in procedendo e nullità dell’appello’, si lamenta che la Corte di Appello non ha annesso ‘valore confessorio alla sanatoria chiesta dal convenuto, all. 2 della memoria istruttoria del convenuto e alle tav. 1,2,3 e all’all. F. alle osservazioni del CTP, di parte convenuta, Geometra COGNOME, alla CTU’. Nel corpo del motivo si deduce che ‘nell’elaborato grafico del CTU vi sono contraddizioni e imprecisioni atte ad indurre in errore quanto mai evidenti’ e che il CTU avrebbe dovuto procedere di sua iniziativa ad acquisire il frazionamento n13/59′;
4. col terzo motivo di ricorso, rubricato ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 157 c.p.c., 1362 c.c., 115 c.p.c. e 112 c.p.c., error in procedendo e nullità dell’appello’, si deduce nuovamente quanto si è dedotto anche nella parte finale del secondo motivo riguardo alla omessa acquisizione da parte del CTU del frazionamento n.13/59 e si aggiunge che la Corte di Appello avrebbe errato nel trascurare che il CTU avrebbe dovuto d’ufficio provvedere a tale acquisizione. Si sostiene inoltre che la Corte di Appello ha riqualificato l’actio confessoria servitutis, irragionevolmente e in violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, in azione di riduzione in pristino;
5. col quarto motivo di ricorso, rubricato ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 157 c.p.c., 1362 c.c., 183 c.p.c., 115 c.p.c. e 112 c.p.c., error in procedendo e nullità della sentenza di appello’, si deduce che la Corte di Appello avrebbe negato che ‘l’attore abbia chiesto il riconfinamento come invece chiesto in memoria istruttoria di primo grado’, abbia negato che ‘la costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia ex frazionamento n.13/59, debba prevalere sull’indicazione contenuta nel contratto di acquisto del padre del convenuto in cui l’ampiezza è indicata in solo m.3,60’, abbia trascurato che ‘il contratto del padre del convenuto contenga anche l’aggettivo <> in riferimento all’ampiezza della stradella’;
6. con il quinto motivo di ricorso, rubricato ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 1079 c.c., 157 c.p.c., 1362 c.c., 115 c.p.c. e 112 c.p.c., error in procedendo e nullità della sentenza di appello’, si deduce che la Corte di Appello avrebbe ‘travisato il documento 2 della citazione, il frazionamento n.13/59 e la domanda di sanatoria del 2017 allegata alle osservazioni del CTP di parte convenuta alla CTU e meramente indicata dal CTU’ emergendo dai ‘primi due documenti’ una discrepanza. Si deduce che il CTU avrebbe accertato che vi era ‘un piccolo muretto demolito nel maggio del 2018 che opera una grave riduzione di ben cm.50 all’ampiezza del diritto di passaggio’, che il CTU avrebbe concordato con il CTP dell’attuale ricorrente per cui ‘i 3.28 cm sono interni e senza lo spessore del muro’;
7. col sesto motivo, rubricato ‘violazione e falsa applicazione degli artt.157 c.p.c., 1362 c.c., 115 c.p.c. e 112 c.p.c., error in procedendo e nullità della sentenza di appello’, si deduce che ‘alla Corte di Appello è precluso considerare per l’intervenuto giudicato sull’accertamento avanzato del muro’, oltre che per difetto di eccezione riservata al convenuto, l’irrilevanza dell’ ‘avanzamento del muro’. Si deduce che l’ ‘avanzamento è ben maggiore di quello
evocato dal collegio perché ora la stradella è più ampia in alcuni punti di oltre 7 cm rispetto ai 3,60 richiamati nel contratto del convenuto’;
8. con il settimo motivo di ricorso, rubricato ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c., 2735 c.c., 1362 c.c., 115 c.p.c. e 112 c.p.c., error in procedendo e nullità della sentenza di appello’, viene riproposta la doglianza proposta con il primo motivo. Nella seconda parte del corpo di questo motivo viene dedotto che la Corte di Appello avrebbe dovuto attribuire valore confessorio ‘a quanto contenuto nella dichiarazione di inizio dei lavori del convenuto COGNOME allorché questi dichiarava di eseguire i lavori per migliorare l’acceso alla propria abitazione’ e vengono riproposte le deduzioni sulla presenza di errori nella CTU sul dovere di acquisire il frazionamento n.13/59;
9. con l’ottavo motivo di ricorso, rubricato, ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 244 c.p.c., error in procedendo e nullità della sentenza di appello’, viene dedotto che la Corte di Appello avrebbe, prima ed erroneamente, dichiarato inammissibili le prove per testi e per interpello e poi dichiarato la domanda non provata;
10.il primo e il settimo motivo, nella parte in cui quest’ultimo riproduce il precedente, sono inammissibili perché non si confrontano con la ratio della decisione impugnata (cfr. cass. n. 19989/2017). La Corte di Appello non ha affatto affermato che la relazione del tecnico dell’allora appellante e attuale ricorrente, contenente critiche alla relazione del tecnico d’ufficio non poteva essere prodotta in appello, ma ha affermato, per un verso, in corretta applicazione dell’art. 345 c.p.c. e in coerenza con la decisione delle Sezioni Unite di questa Corte n.5624 del 2022, che non potevano essere prodotti per la prima volta in appello i documenti -tra cui, in particolare, il frazionamento n.13/59- che erano allegati alla relazione del consulente dell’appellante, per altro
verso e sempre in corretta applicazione dell’art. 345 c.p.c., che non potevano essere svolte per la prima volta in appello allegazioni tendenti a sostenere che vi era stato un presunto ‘riconfinamento’ del fondo dell’allora appellato;
11. i motivi secondo, terzo, quinto, sesto e settimo quest’ultimo nella seconda parte in cui viene dedotto che la Corte di Appello avrebbe dovuto attribuire valore confessorio ‘a quanto contenuto nella dichiarazione di inizio dei lavori del convenuto COGNOME allorché questi dichiarava di eseguire i lavori per migliorare l’accesso alla propria abitazione’ e vengono riproposte le deduzioni sulla presenza di errori nella CTU e sul dovere di acquisire il frazionamento n.13/59 – possono essere esaminati assieme in quanto connessi.
Si tratta di motivi inammissibili in quanto tendenti a veicolare, attraverso allegazioni circa la presenza di errori nella CTU e riferimenti a documenti di parte (richiesta di sanatoria; dichiarazione di inizio lavori; ‘tav. 1,2,3 e all. F. alle osservazioni del CTP, di parte convenuta, NOME COGNOME alla CTU’) non trascritti né allegati al ricorso e quindi contro il principio di specificità (art. 366 c.p.c.), la rappresentazione di una realtà diversa da quella accertata dai giudici di merito. La realtà prospettata dal ricorrente è che vi sarebbe stata una riduzione dello spazio utile al passaggio mentre i giudici di merito hanno affermato che lo spazio utile al passaggio era maggiore dei 3,60 stabiliti nei titoli di provenienza. È poi inammissibile la doglianza di violazione dell’art. 157 c.p.c. formulata, talvolta, neppure in riferimento alla sentenza di appello ma direttamente in riferimento all’operato del CTU, per cui questi avrebbe omesso di acquisire il frazionamento n.13/59 di sua iniziativa e per cui la Corte di Appello, per quanto la concerne, avrebbe omesso di rilevare la violazione di tale presunto dovere di acquisizione. Il ricorrente deduce ripetutamente che da
tale frazionamento sarebbe stato possibile evincere che vi sarebbe stato uno ‘sconfinamento’ da parte del COGNOME.
La Corte di Appello ha precisato che tale allegazione era stata fatta per la prima volta in appello. La questione della pretesa violazione dell’art. 157 c.p.c., in quanto commessa dal CTU nominato in primo grado avrebbe presupposto che la allegazione dello sconfinamento fosse stata fatta ritualmente in primo grado. In più, ove ciò fosse stato fatto, la questione avrebbe dovuto essere proposta davanti al giudice di primo grado e poi riproposta in appello. Si tratta peraltro di questione infondata atteso che essa cozza frontalmente con il principio per cui in tema di consulenza tecnica d’ufficio, l’acquisizione, ad opera del consulente, di documenti diretti a provare i fatti principali, dedotti dalle parti a fondamento della domanda e delle eccezioni, che è onere solo delle parti provare, è sanzionata da nullità relativa ex art. 157 c.p.c., rilevabile ad iniziativa di parte nella prima difesa o istanza successiva all’atto viziato o alla notizia di esso (tra le varie, v. Cass. Sez. 3, ordinanza n.17916 del 01/06/2022).
Deve aggiungersi che nel terzo motivo (parte finale) viene dedotto che la Corte di Appello avrebbe riqualificato l’actio confessoria servitutis, irragionevolmente e in violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, in azione di riduzione in pristino.
Per questa parte il terzo motivo è inammissibile per difetto di interesse.
La Corte di Appello ha dichiarato che si era in presenza di una azione di riduzione in pristino e che per questo motivo l’eccezione del COGNOME di non essere legittimato passivo era infondata, mentre sarebbe stata fondata se si fosse stati in presenza di una actio confessoria servitutis, atteso che il COGNOME era stato chiamato in causa come autore materiale della turbativa e soggetto diverso dal proprietario del fondo servente (particella 370/a). Il
ricorrente non ha interesse a rimettere in discussione una statuizione che ha evitato la dichiarazione di inammissibilità della domanda ab origine;
13. il quarto motivo di ricorso è inammissibile. Il COGNOME sostiene che la Corte di Appello avrebbe violato l’art. 112 c.p.c. negando che ‘l’attore abbia chiesto il riconfinamento come invece chiesto in memoria istruttoria di primo grado’. La deduzione è contraddittoria atteso che essa sottende una sovrapposizione tra allegazione di un fatto -che nella prospettazione del ricorrente sarebbe un fatto principale fondativo di una sua domanda- e prova del medesimo fatto. La memoria istruttoria può essere finalizzata solo ad introdurre prove o richieste di prova, non domande. La Corte di Appello ha correttamente affermato che la questione dello sconfinamento era inammissibile. Si aggiunge che la doglianza non si confronta con l’ulteriore affermazione della Corte di Appello per cui la questione dello sconfinamento era basata sull’atto di frazionamento n.13/59 e questo era stato prodotto inammissibilmente in giudizio, in grado di appello. È poi del tutto sganciato dalla vicenda processuale per come la stessa emerge dalla sentenza e dallo stesso ricorso, il riferimento alla costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia, titolo mai evocato in giudizio ed anzi in contrasto con l’affermazione della Corte di Appello per cui era incontroverso che la servitù fosse stata espressamente costituita in forza dei vari contratti di vendita da parte dell’originario proprietario della particelle 370;
14. l’ottavo motivo è inammissibile.
Va premesso che la Corte di Appello ha fatto riferimento solo alle prove per testi. Nel corpo del motivo il ricorrente menziona anche prove per ‘interpello’ in modo del tutto aspecifico. La Corte di Appello ha dichiarato i capitoli di prova per testi inammissibili perché tendenti a provare fatti in contrasto con quanto allegato dallo stesso COGNOME nell’atto di appello e perché valutativi.
Questa Corte ha affermato che l’apprezzamento del giudice di merito circa il difetto di specificità delle circostanze da provare, la concludenza e la pertinenza della prova testimoniale comporta un giudizio di fatto insindacabile in sede di legittimità, se sorretto da adeguata e corretta motivazione (Cass.Sez.2, Sentenza n. 3364 del 20/11/1971).
in conclusione il ricorso va rigettato;
al rigetto del ricorso segue inevitabilmente la condanna del ricorrente alle spese.
poiché la trattazione è stata chiesta ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. a seguito di proposta di inammissibilità o comunque infondatezza del ricorso, e poiché la Corte ha deciso in conformità alla proposta, va fatta applicazione del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., in assenza di indici che possano far propendere per una diversa applicazione della norma;
18. sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115-, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in € 3.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti;
condanna il ricorrente al pagamento, ai sensi dell’art. 96, comma terzo, cod. proc. civ., della somma di € 3.000,00 in favore del controricorrente nonché, ai sensi dell’art. 96, comma quarto, cod. proc. civ., di un’ulteriore somma di € 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2024.