Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3178 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 3178 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 08/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24963/2021 R.G. proposto da: NOMECOGNOME elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentati e difesi dagli avvocati NOME (CODICE_FISCALE, NOME (CODICE_FISCALE;
– ricorrenti –
contro
PARCO LOMBARDO DELLA INDIRIZZO, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE , rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
– controricorrente –
nonchè contro
FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE
– intimato – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI MILANO n. 1688/2021, depositata il 29/06/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/07/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. In esito ad un procedimento sanzionatorio avviato il 15.01.2014 dai guardiaparco del Parco Lombardo della Valle del Ticino (‘Ente Parco’), con ordinanza -ingiunzione del 21.06.2017 veniva ingiunto ad NOME COGNOMEin qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE), NOME COGNOMEin qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE) e NOME COGNOMEin veste di comodatario, esecutore materiale e committente delle opere), in solido tra loro, il pagamento della som ma di € . 78.011,67 (con obbligo, in via solidale ex art. 6 legge n. 689 del 1981, posto a carico della Società RAGIONE_SOCIALE di Re Andrea e Re Emanuele, in qualità di affittuaria dei terreni oggetto di accertamento; del Fallimento RAGIONE_SOCIALE in qualità di proprietaria dei terreni concessi in affitto; nonché di NOME COGNOME in qualità di curatore), per aver costruito nell’area in zona B del suddetto Parco nuovi edifici abusivi, nonché per avere effettuato interventi di manutenzione straordinaria su edifici abusivi già esistenti allo scopo di realizzare un centro ricreativo sportivo, in violazione del divieto di cui all’art. 6.11, commi 1 e 2, della Delibera del Consiglio regionale Lombardia n. VII/919 del 26.11.2003, ed in assenza del la valutazione d’incidenza degli interventi di cui all’art. 6 della Delibera della Giunta Regionale Lombardia n. VII/14106dell’08.08.2003, Allegato C.
1.1. Il provvedimento emesso dall’Ente Parco veniva opposto innanzi al Tribunale di Pavia, con separati ricorsi, dai fratelli NOME e NOME COGNOME, da NOME COGNOME e dal curatore del Fallimento.
Riuniti i ricorsi, il giudice dell’opposizione – con sentenza n. 628/2019 confermava integralmente l’ordinanza – ingiunzione per quanto riguarda la posizione dei fratelli COGNOME e di COGNOME annullava la sanzione nei confronti del Fallimento RAGIONE_SOCIALE e del Curatore nella persona di NOME COGNOME disponeva l’integrale compensazione delle spese tra le parti, stante la complessità di taluni profili della controversia.
La pronuncia veniva impugnata innanzi alla Corte d’Appello di Milano da NOME e NOME COGNOME.
Proponevano separati appelli incidentali NOME COGNOME e il Parco della Valle del Ticino.
Con sentenza n. 1688/2021, la Corte d’Appello rigettava il gravame proposto dai fratelli COGNOME e l’appello incidentale e levato da COGNOME; in accoglimento dell’appello incidentale dell’Ente Parco e in riforma della pronuncia di prime cure, condannava NOME COGNOME, NOME COGNOME COGNOME e NOME COGNOME in solido tra loro alla rifusione delle spese di lite del primo e secondo grado di giudizio, non ricorrendo alcuna delle ipotesi di cui all’art. 92, comma 2, cod. proc. civ .
Per quel che qui ancora rileva, la Corte distrettuale confermava anche il criterio di calcolo adottato dal l’Ente Parco correlato al profitto tratto dalla trasgressione, ex art. 28 L.R. n. 86/1983, calcolato nella differenza di valore tra quello dell’area senza alcun edificio (nella tabella dei Valori Agricoli Medi dell’anno 20 12 per il 2013, elaborata dalla Commissione Provinciale Espropri, classificata quale incolto produttivo e prato) e quello degli edifici produttivi/industriali in normale
stato di conservazione che avrebbe comportato -nel disegno dei trasgressori -il mutamento dell’originaria destinazione d’uso del suolo.
La suddetta sentenza è impugnata per la cassazione da NOME COGNOME e NOME COGNOME e il ricorso affidato a due motivi.
Resiste il Parco Lombardo della Valle del Ticino.
Restano intimati il Fallimento RAGIONE_SOCIALE in qualità di proprietaria dei terreni concessi in affitto, nonché NOME COGNOME in qualità di curatore.
In prossimità dell’adunanza entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 87 disp. att. cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. I ricorrenti lamentano la mancata disposizione della CTU, volta a correttamente verificare e quantificare il valore degli immobili di cui è stato contestato l’abuso: ciò, nonostante gli allora appellanti ne avessero sollecitato l’urgenza, posto che da una perizia di parte depositata in udienza, ancorata a criteri di stima dei suddetti immobili specifici e documentati, risultava un valore complessivo degli stessi, per il pagamento in misura ridotta della sanzione amministrativa, pari ad € . 12.924,76. La Corte d’Appello, invece, rilevato che detta perizia di parte non risultasse in atti, anziché disporne le opportune ricerche in cancelleria e, in caso di insuccesso, concedere termine alla parte per la ricostruzione del fascicolo, ha ritenuto generica la sollecitazione dell’indagine peritale d’ufficio rigettando la richiesta.
1.1. Il motivo è infondato per le ragioni che seguono.
1.2. Si deve premettere che è inconferente il riferimento a Cass.
Sez. 2, Sentenza n. 22021 del 31.10.2016: la fattispecie ivi esaminata
e decisa riguardava il diverso caso in cui rilevava la mancanza di una prova documentale già inserita nel fascicolo di parte: in tal caso, a giudizio di questa Corte, il giudice deve disporre le opportune ricerche tramite la cancelleria e, in caso di insuccesso, concedere un termine alla parte per la ricostruzione del proprio fascicolo, non potendo gravare sulla parte medesima le conseguenze del mancato (v. anche: Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 29309 del 06/12/2017, Rv. 647169 -01; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 21571 del 07/10/2020, Rv. 659323 01).
Nel caso di cui si discute, la relazione del perito di parte non sembra essere stata acquisita in giudizio tramite il fascicolo di parte: di tal che la Corte d’Appello avrebbe comunque dovuto verificarne l’ammissibilità ai sensi dell’art. 437, comma 2, cod. proc. civ., trattandosi d i documento nuovo. L a Corte d’Appello , infatti, afferma che la perizia di stima di parte risulta essere prodotta in grado di appello (all’udienza del 30.09.2020: v. sentenza p. 17, righi 21-23), e nel ricorso si chiarisce che il deposito del documento peritale era stato autorizzato dal giudice di seconde cure riservandosi in sede decisoria ogni diversa valutazione in punto di ammissibilità (v. ricorso p. 7, 1° capoverso).
Detta valutazione non è, poi, intervenuta, non avendo il giudice d’appello rinvenuto in atti la perizia di cui si discute senza neanche procedere alle opportune ricerche. Tuttavia, alla luce dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo sancito dall’art. 111, comma 2, Cost. ed in base a lettura dell’art. 384 cod. proc. civ. (come modificato dall’art. 121. 40/2006) conforme a tali principi, la corte di legittimità (investita, dalla citata novella procedimentale, di più estese funzioni rescissorie), può invero, una volta verificata l’omessa pronuncia su di un motivo di appello, omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa
nel merito, atteso che la questione di diritto non richiede ulteriori accertamenti in fatto (per tutte: Cass. Sez. L, Ordinanza n. 29880 del 18/11/2019 Rv. 655857 -01).
1.3. Orbene: la modifica dell’art. 345, terzo comma, cod. proc. civ., operata dal D.L. n. 83 del 2012 (che trova applicazione, in difetto di una disciplina transitoria ed in virtù del principio tempus regit actum , per tutte le impugnazioni relative a sentenze di primo grado pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della 1. n. 134 del 2012, di conv. del d.l. n. 83 cit. e, cioè, dal giorno 11 settembre 2012: per tutte, Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 2764 del 2020; quindi applicabile al caso di specie, atteso che la pronuncia di prime cure è stata pubblicata il 18.06.2019) comporta l’inammissibilità di nuovi mezzi di prova e nuovi documenti (art. 345, comma 3, cod. proc. civ.). Né risulta che l’allora appellante avesse dimostrato di non aver potuto proporre la perizia di stima nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile.
Il primo motivo, dunque, è infondato.
Con il secondo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 92, comma 2, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. In tesi, è errata la decisione del giudice di seconde cure di revocare la compensazione delle spese disposta dal giudice di prime cure sull’assunto che -a sé guito dell’intervento della Corte costituzionale (sentenza n. 77/2018) -le ipotesi tipizzate dal legislatore nella norma citata (in particolare: « l’assoluta novità delle questioni trattate» e il «mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti») assumono carattere paradigmatico e svolgono una funzione parametrica ed esplicativa in grado di includere situazioni analoghe, quale appunto la complessità di taluni profili della presente controversia.
2.1. Il motivo è infondato.
Premesso che deve confermarsi nel caso di specie il potere del giudice d’appello di procedere d’ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronunzia di merito adottata, che sussiste (oltre ché in caso di riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata ) anche nell’ipotesi in cui (come quella in esame) il relativo capo della sentenza ha costituito oggetto di specifico motivo d’impugnazione a cura dell’Ente Parco .
2.2. Reputa il Collegio che a séguito della modifica di cui alla legge n. 162/2014, al di fuori dei casi di soccombenza reciproca, il potere di compensazione sia stato limitato dal legislatore a tassative e specifiche ipotesi, il che porta ad affermare, in difformità rispetto al passato, che il giudice non abbia più una discrezionalità al riguardo ma che sia tenuto a dare rigorosa applicazione del precetto normativo, essendo, quindi, preclusa la possibilità di compensare le spese di lite al di fuori delle ipotesi espressamente contemplate nell’art. 92 cod. proc. civ.
Né risulta incidere su tale conclusione la sopravvenuta dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 92 cod. proc. civ. ad opera della Consulta con la sentenza n. 77 del 2018, la quale ne ha ravvisato la contrarietà ai principi della Costituzione nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni. In tal modo risulta di fatto ripristinata la vecchia formulazione dell’art. 92 cod. proc. civ. nella versione anteriore alla novella del 2014, in relazione alla quale può osservarsi che, rispetto alla ancora più risalente formulazione dell’art. 92 cod. proc. civ., il testo della norma è più rigoroso e consente la compensazione solo in presenza di soccombenza o nel concorso di «altre gravi ed
eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione» (Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 2487 del 2019).
2.3. La motivazione del giudice di appello denota evidentemente che la decisione del primo giudice di applicare l’art. 92 cod. proc. civ. sia stata determinata da fattori estranei al dettato normativo, non essendovi giustificata motivazione rispetto alla sussistenza di gravi ed eccezionali ragioni: il che esclude, per i motivi sopra richiamati, l’u lteriore sindacato di questa Corte.
3. In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso.
Liquida le spese secondo soccombenza come da dispositivo.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso;
condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore del controricorrente, che liquida in €. 7.000,00 per compensi, o ltre ad €. 200,00 per e sborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda