Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 18490 Anno 2024
Civile Sent. Sez. L Num. 18490 Anno 2024 Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/07/2024
SENTENZA
sul ricorso 19693-2023 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE-AREA VASTA N. 3) – Gestione Liquidatoria ex RAGIONE_SOCIALE, in persona del Commissario Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 211/2023 della CORTE D’APPELLO di RAGIONE_SOCIALE, depositata il 12/05/2023 R.G.N. 43/2023;
R.G.N. 19693/2023
COGNOME.
Rep.
Ud. 05/06/2024
PU
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udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/06/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udito l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza dell’11 maggio 2023, la Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Macerata, rigettava la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE, (già RAGIONE_SOCIALE), avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento disciplinare intimatole per essere stata segnalata dagli utenti della RAGIONE_SOCIALE, cui era addetta, come l’impiegata cui gli stessi avevano versato direttamente l’importo relativo al rilascio della copia su supporto informatico dell’esito di esami diagnostici.
La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto di poter valorizzare quali prove atipiche nell’ambito del complessivo quadro probatorio le dichiarazioni rilasciate dagli utenti così da ritenere il fatto illecito alla luce del d.P .R. n. 62/2013 – Regolamento renate codice di comportamento dei dipendenti pubblici -addebitabile alla COGNOME, di gravità tale da non consentire la prosecuzione del rapporto con conseguente proporzionalità della sanzione comminata.
Per la cassazione di tale decisione ricorre la RAGIONE_SOCIALE, affidando l’impugnazione ad un unico motivo, cui resiste, con controricorso, la RAGIONE_SOCIALE.
Il Procuratore generale ha depositato la propria requisitoria concludendo per il rigetto del ricorso.
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La ricorrente ha poi depositato memoria
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo, la ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 115, comma 1, 116 e 257 bis c.p.c. e 103 bis disp. att. 24 e 111 Cost. in una con il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio dato dall’essere state le segnalazioni degli utenti assunte a riferimento nel procedimento disciplinare e valorizzato dalla Corte territoriale ai fini della prova, acquisite in assenza di contradditorio con la ricorrente, imputa alla Corte territoriale di aver insufficientemente motivato l’essersi avvalsa per l’accertamento del factum probandum di sole prove atipiche sia rispetto alle fonti di convincimento sia rispetto al modo in cui tali sono state formate ed acquisite in giudizio.
Che il motivo si rivela infondato atteso che, fermo restando che l’utilizzo delle prove atipiche non è vietato dalla legge processuale (cfr., da ultimo, Cass n. 9507/2023) e che le stesse regolarmente acquisite al processo – ed in tal modo sottoposte al contraddittorio (art. 87 disp. att. c.p.c.) sono prudentemente apprezzabili dal giudice, nell’esercizio del generale dovere di cui all’art. 116 c.p.c., la Corte territoriale, lungi dal valersi, ai fini dell’accertamento del factum probandum, delle sole prove atipiche, ha dato rilievo alle stesse nell’ambito di un più ampio quadro probatorio, la cui consistenza, non posta in dubbio dalla ricorrente, legittima di per sé l’assunzione delle prove atipiche a fondamento della decisione
Il ricorso va, dunque, dichiarato rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità
che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 4.500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto tanto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 5 giugno