Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25489 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25489 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3028/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO – DOMICILIO DIGITALE, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende
-controricorrenti-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BRESCIA n. 1427/2022 depositata il 30/11/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Premesso che:
1.COGNOME NOME, proprietario di un terreno in Tremosine del Garda, distinto nel catasto dal foglio 64 mappale 7231, posto ‘a monte’ della proprietà di NOME COGNOME, NOME e NOME COGNOME, distinta in catasto dal mappale 1766, sub 4 e sub 5, ricorre, con due motivi, per la cassazione della sentenza in epigrafe con cui, per quanto ancora interessa, la Corte di Appello di Brescia, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato le due domande proposte da esso ricorrente nei confronti dei confinanti, relative all’accertamento dell’avvenuto acquisto per usucapione sia della servitù di passaggio a favore del mappale 7231 e a carico del ‘INDIRIZZO degli ulivi’, insistente sul mappale 1766, sia della proprietà di una porzione di terreno di 7 mq, parte anch’essa del medesimo mappale 1766, separata dal ‘vicolo’ da un cancello.
La Corte di Appello ha esaminato per prima la seconda domanda e l’ha rigettata rilevando che nessun rilievo poteva essere annesso alla ‘presenza del cancello che isola’ il terreno di 7 mq ‘dal resto del mappale’ 1766 e ‘sembra inglobare’ il terreno nella proprietà COGNOME, in quanto, in base a plurime testimonianze, tra cui quella di COGNOME NOME, coniuge di COGNOME NOME, il cancello era stato apposto ‘dai COGNOME e non dal COGNOME‘ ed era stato chiuso, ‘negli anni 70’, dal padre della COGNOME e rilevando che, in ogni caso, ‘nessuno dei testi’ aveva ‘potuto affermare’ che ‘il COGNOME si fosse appropriato’ di quel terreno. La Corte di Appello ha in particolare ritenuto che la testimonianza resa da COGNOME NOME, secondo cui il cancello era stato apposto ‘al fine di consentire il passaggio’, da ‘INDIRIZZO‘ ‘in favore’ della proprietà COGNOME era contraddetta dalla testimonianza COGNOME -di maggiore forza, in quanto resa da soggetto
che, a differenza del primo teste, aveva una costante frequentazione dei luoghi- ed era intrinsecamente contrastante con il fatto che ‘l’apposizione del cancello … per definizione costituisce un ostacolo all’accesso alla altrui proprietà’.
La Corte di Appello ha poi rigettato la domanda di usucapione della servitù di passaggio osservando che sul tracciato del vicolo non vi erano opere visibili e permanenti tali da poter indicare un passaggio non ‘occasionale e temporaneo’ verso il terreno pretesamente dominante ma vi era, al più, una ‘traccia lasciata occasionalmente da pneumatici’, che, come emerso dalla consulenza tecnica eseguita in primo grado, il passaggio era ostacolato dalla presenza di un ‘gradino alto 25 cm sulla soglia del cancello’, dalla presenza di ‘una salita di forte pendenza’ subito oltre il cancello dal lato della proprietà COGNOME e dalla presenza di ‘uno stretto angolo di manovra per chi, con un automezzo provenga da INDIRIZZO e voglia accedere alla proprietà COGNOME‘, che, infine, nessuno dei testi di parte COGNOME aveva riferito di ‘passaggio continuativo ultraventennale’ da parte del medesimo COGNOME o suoi danti causa avendo taluno dei testi al più riferito di passaggi ‘sporadici’ e ‘non contestualizzati’ e altri testi riferito di passaggi eseguiti in occasione di lavori di ristrutturazione sulla proprietà COGNOME e che tuttavia ‘nulla provavano’ stante la previsione dell’art. 843 c.c. secondo cui il proprietario deve permettere l’accesso e il passaggio dal suo fondo al fine di consentire al vicino di costruire o riparare una sua opera;
NOME COGNOME, NOME e NOME COGNOME resistono con controricorso;
il consigliere delegato ha proposto ex art. 380 bis c.p.c. la definizione della causa per inammissibilità o manifesta infondatezza dei due motivi di ricorso. Il ricorrente ha chiesto la decisione;
le parti hanno depositato memoria;
considerato che:
1.con il primo motivo del ricorso viene lamentata la «violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’ art. 360, primo comma n.4, c.p.c.’. Si sostiene che la Corte di Appello avrebbe omesso di pronunciarsi sulla domanda avente ad oggetto l’usucapione della servitù di passaggio sulla strada denominata INDIRIZZO;
2. il secondo motivo di ricorso reca la rubrica di ‘omesso esame di una serie di fatti decisivi per il giudizio, che sono stati oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’ art. 360, primo comma n.5, c.p.c. la cui pretermissione ha condotto alla erronea negazione dell’usucapione, in capo al Sig. COGNOME, della proprietà dell’appezzamento di 7 mq tra INDIRIZZO e il mappale 7231; 3.il primo motivo di ricorso è infondato.
La doglianza del ricorrente si basa su una lettura smaccatamente strumentale del segmento della motivazione della sentenza impugnata in cui i giudici di appello, dopo aver affermato, a conclusione dell’esame della domanda di usucapione della proprietà della menzionata porzione di 7 mq di terreno, che ‘COGNOME avrebbe dovuto provare che aveva usucapito la proprietà di tale appezzamento e non l’ha fatto’, hanno affermato che ‘riguardo invece ai restanti motivi di appello concernenti la pretesa servitù di passo pedonale e carraio, attraverso detto appezzamento per accedere alla INDIRIZZO, si ritiene che il tribunale abbia operato una forzatura’. Secondo il ricorrente in questo modo i giudici di appello avrebbero esaminato una mai proposta domanda di usucapione della servitù di passaggio sui 7 mq di terreno invece che la domanda di usucapione della servitù di passaggio su INDIRIZZO.
La Corte di Appello, al contrario di quanto sostiene il ricorrente, non ha omesso di pronunciarsi sulla domanda di usucapione della servitù di passaggio su INDIRIZZO ma ha esaminato tale domanda e l’ha rigettata ritenendo, per un verso, non conseguita la prova del passaggio continuativo ultraventennale su INDIRIZZO
verso il fondo pretesamente dominante e sottolineando, per altro verso, che la conformazione dei luoghi era tale da rendere non agevole il passaggio;
4. il secondo motivo di ricorso è inammissibile in quanto esso, al di là della rubrica, veicola non una denuncia di omesso esame di circostanze di fatto ma il tentativo di ottenere da questa Corte di legittimità un apprezzamento, riservato al merito, del compendio istruttorio in modo da pervenire ad una conclusione opposta rispetto a quella a cui è pervenuta la Corte di Appello in ordine alla domanda di accertamento dell’acquisto per usucapione della proprietà della porzione di terreno di cui trattasi. Il tentativo si scontra con la natura e con i fini del giudizio di cassazione come giudizio di legittimità (Cass. Sez. U, sentenza n. 24148 del 25/10/2013) e con la spettanza in via esclusiva al giudice di merito del compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllare l’attendibilità e la concludenza delle prove, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova (Cass. 32505/2023), talché ‘ È inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito’ ( Sez. U – , Sentenza n.34476 del 27/12/2019).
Precisamente il ricorrente, in primo luogo, vorrebbe ottenere in questa sede una rilettura della testimonianza resa da COGNOME NOME nel senso che in base ad essa dovrebbe ritenersi provato che il cancello tra il vicolo e l’area di 7 mq era stato apposto ‘al fine di creare un accesso… al fondo attualmente di proprietà del ricorrente’ laddove la Corte di Appello ha negato rilievo a quella
testimonianza sottolineando che essa era contraddetta dalla testimonianza di NOME COGNOME -di maggiore forza, in quanto resa da soggetto che, a differenza del COGNOME, aveva una costante frequentazione dei luoghied appariva intrinsecamente contrastante con il fatto che ‘l’apposizione del cancello … per definizione costituisce un ostacolo all’accesso alla altrui proprietà’.
Il ricorrente tenta poi di sostenere che sia illogica la conclusione della Corte di Appello per cui non vi sarebbe prova della avvenuta usucapione avendo la Corte di Appello stessa evidenziato che dalle testimonianze era emerso che il cancello era stato chiuso dal padre di NOME COGNOME negli anni 70 ed essendo pacifico che il cancello ‘isola’ il controverso spazio di 7 mq dalla restante proprietà COGNOME e rende detto spazio ‘utilizzabile solo dal ricorrente’. Viene così, sia pure senza riferimenti normativi, veicolato un vizio motivazionale che in realtà non esiste. Richiamati i principi posti da Cass. SU 8053/2014 quanto ai limiti del sindacato di legittimità sulla motivazione della sentenza di merito, il denunciato vizio di illogicità non esiste avendo la Corte di Appello evidenziato che ‘nessuno dei testi’ aveva ‘potuto affermare’ che ‘il COGNOME si fosse appropriato’ del terreno venutosi a trovare tra il cancello, apposto dai COGNOME, e il mappale 7231. La conclusione della Corte di Appello è quindi del tutto lineare rispetto al disposto normativo degli artt. 1140, 1158 e 2697 c.c. per cui grava su chi invoca la fattispecie acquisitiva dell’usucapione provare di aver posseduto il bene ad immagine del diritto di proprietà.
Il ricorrente prospetta inoltre che la Corte avrebbe ‘ignorato il fatto storico costituito dalla circostanza per cui il dislivello di circa 20/25 cm tra il INDIRIZZO degli ulivi e il ridetto appezzamento non impedisce il transito veicolare’. Il fatto emergerebbe dalla relazione del Ctu e da alcune testimonianze. In particolare plurimi testi avrebbero riferito di essere transitati anche con mezzi meccanici attraverso il cancello diretti alla proprietà COGNOME. Si tratta ancora di
prospettazioni che, per un verso, non tengono conto del contenuto della sentenza e che, per altro verso, si scontrano contro la riserva in via esclusiva al giudice di merito del compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllare l’attendibilità e la concludenza delle prove, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi (Cass. 32505/2023, cit.): la Corte di Appello non ha affermato che il dislivello impediva il passaggio trascurando la relazione del CTU da cui, secondo il ricorrente, risultava il contrario, ma ha riconosciuto la possibilità del transito osservando soltanto e senza che l’osservazione sia decisiva – che il dislivello era un ‘ostacolo’ al passaggio; la Corte di Appello non ha trascurato le testimonianze evocate dal ricorrente ma ha rilevato che tali testimonianze non fornivano elementi utili in quanto affermative non di un ‘passaggio continuativo ultraventennale’ e precisamente contestualizzato, ma di passaggi ‘occasionali … scarsamente contestualizzati’.
Il ricorrente ulteriormente deduce che la Corte avrebbe ‘ignorato il fatto storico costituito dalla circostanza per cui il terreno che dal cancello conduce alla abitazione del ricorrente è un terreno in leggera salita facilmente percorribile con gli automezzi’. La censura è doppiamente inammissibile: da un lato perché si sostanzia nella mera prospettazione di una valutazione dello stato dei luoghi diversa da quella della Corte di Appello -la valutazione della pendenza della salita, definita dalla Corte di Appello ‘forte’ e dal ricorrente ‘leggera’ -e dall’altro lato perché il grado di pendenza della salita non ha, nel contesto della motivazione, valenza decisiva, posto che decisiva è l’affermazione della Corte di Appello per cui, in base alle testimonianze, non poteva dirsi raggiunta la prova del fatto che il ricorrente esercitasse il passo con caratteri utili all’usucapione del corrispondente diritto di servitù.
Infine il ricorrente sostiene che la Corte avrebbe ‘ignorato il fatto storico rappresentato dalle testimonianze in ordine al passaggio ultraventennale da parte del Sig. COGNOME tramite il varco di INDIRIZZO‘. Il ricorrente riporta passi delle testimonianze rese dai testi indicati anche dalla Corte di Appello. È ancora una volta palese che dietro la denuncia di un vizio di omesso esame di circostanze di fatto il ricorrente mira, in realtà, ad un inammissibile superamento della riserva al giudice del merito della valutazione del senso delle dichiarazioni dei testi;
in conclusione, il ricorso deve essere rigettato;
al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese;
poiché la trattazione è stata chiesta ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. a seguito di proposta di inammissibilità o comunque infondatezza del ricorso, e poiché la Corte ha deciso in conformità alla proposta, va fatto applicazione del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., in assenza di indici che possano far propendere per una diversa applicazione della norma;
sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in €3 . 500,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti;
condanna il ricorrente al pagamento, ai sensi dell’art. 96, comma terzo, cod. proc. civ., della somma di € 3 .500,00 in favore dei controricorrenti nonché, ai sensi dell’art. 96, comma quarto, cod.
proc. civ., di un’ulteriore somma di € 3 .000,00 in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 12 settembre 2024.