Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 6357 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 6357 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29646/2020 R.G. proposto da :
NOMECOGNOME NOME e COGNOME ENZA, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende per procura in calce al ricorso,
-ricorrenti- contro
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende per procura in calce al controricorso,
-controricorrente-
nonchè contro
COGNOME NOME,
-intimata- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n.3903/2020 depositata il 3.8.2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6.3.2025 dal
Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con citazione notificata in data 21.6.2010, i coniugi in regime di comunione legale dei beni COGNOME NOME e COGNOME NOME, e COGNOME NOME, convenivano innanzi al Tribunale di Velletri COGNOME NOME ed NOME, fratelli di COGNOME NOME, chiedendo di accertare l’intervenuta usucapione del terreno agricolo sito in Ardea (RM), alla INDIRIZZO, del fabbricato ad uso abitativo (villino) e del locale garage costruiti su quel terreno, e più specificamente di dichiarare che gli attori avevano acquistato per usucapione, unitamente per l’intero e ciascuno per la propria parte, le quote di 4/8 del diritto di piena proprietà e di 1/8 del diritto di nuda proprietà (con usufrutto di NOME) intestata ad NOME e la quota di 2/8 del diritto di usufrutto intestata ad NOME in base alla riserva contenuta nell’atto di vendita dalla stessa effettuato a rogito del notaio NOME COGNOME a favore dei fratelli il 27.9.1982 (gravante sulle due quote di nuda proprietà di 1/8 ciascuno di titolarità di COGNOME NOME ed COGNOME, sul predetto terreno agricolo, sul fabbricato e locale garage.
Si costituiva nel giudizio di primo grado NOME COGNOME che oltre a chiedere il rigetto delle avverse domande di usucapione, sostenendo che non si era affatto disinteressato del terreno e dei
fabbricati su esso costruiti, avendoli utilizzati ed avendo concorso alle relative spese quale comproprietario, domandava in via riconvenzionale di accertare che egli, quale comproprietario per 5/8 del terreno, aveva acquisito pari diritti per accessione sul villino e sul garage che su di esso erano stati edificati, mentre NOME rimaneva contumace.
Nella memoria ex art. 183 comma 6° n. 1) c.p.c. gli attori sostenevano, che nel 1976 era intervenuta una scrittura privata di divisione del terreno tra i fratelli COGNOME NOME, NOME e NOME, con la quale a ciascuno era stata assegnata una porzione, che la porzione B era stata assegnata ad COGNOME NOME e che su essa era stato costruito il villino nel 1983.
Con sentenza n. 530/2015, il Tribunale di Velletri, disattese sulla base della documentazione acquisita le prove per interpello e testi richieste dagli attori, rigettava le domande di usucapione, dichiarava inammissibile la domanda restitutoria degli attori, rigettava la domanda riconvenzionale di accertamento dell’accessione di NOME COGNOME e condannava in solido gli attori alla rifusione in suo favore delle spese processuali.
Proposto appello da NOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, nella resistenza di NOME e nella contumacia di NOME, la Corte d’Appello di Roma, ammesso ed espletato il giuramento decisorio della contumace, con la sentenza n. 3903/2020 del 17.7/ 3.8.2020, in parziale riforma della sentenza gravata, dichiarava l’acquisto per usucapione da parte degli appellanti dell’usufrutto di NOME di 1/8 del predetto terreno agricolo, e rigettava nel resto l’appello, condannando gli appellanti al pagamento delle spese processuali di secondo grado in favore di NOME COGNOME e compensandole per entrambi i gradi di giudizio tra gli appellanti ed NOME
Avverso questa sentenza, NOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno proposto tempestivo ricorso a questa Corte,
affidandosi a sei motivi, ed ha resistito con controricorso NOME COGNOME mentre NOME é rimasta intimata.
Nell’imminenza dell’adunanza camerale, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo, articolato in riferimento al n. 5) del comma primo dell’art. 360 c.p.c., i ricorrenti hanno lamentato l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in quanto la Corte distrettuale avrebbe omesso di esaminare la domanda di usucapione del fabbricato oggetto di causa, pronunziandosi solo sulla domanda di usucapione relativa al terreno.
Il primo motivo é inammissibile ex art. 384 ultimo comma c.p.c. per ‘doppia conforme’, in quanto le sentenze di primo e di secondo grado hanno concordemente escluso, sulla base della documentazione prodotta, l’esercizio di un possesso esclusivo uti domini sul villino e sul garage da parte degli originari attori, ed i ricorrenti non hanno allegato diversità di tali pronunce nella ricostruzione dei fatti inerenti alla domanda di usucapione relativa.
A ciò va aggiunto che il vizio dell’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c. presuppone che si lamenti l’omessa considerazione di un fatto storico principale, o secondario decisivo, e non come avvenuto nella specie, di una domanda giudiziale.
2) Col secondo motivo, articolato in riferimento al n. 3) del comma primo dell’art. 360 c.p.c., i ricorrenti hanno censurato la violazione dell’art. 112 c.p.c., in quanto la Corte distrettuale avrebbe omesso di pronunziarsi sulla domanda di usucapione del fabbricato proposta contro COGNOME.
Premesso che i ricorrenti avrebbero dovuto invocare la nullità della sentenza per violazione dell’art. 360 comma primo n. 4) c.p.c., lamentando in realtà un error in procedendo e non in iudicando, il secondo motivo é comunque infondato.
L’impugnata sentenza ha riformato solo parzialmente la sentenza di primo grado, accogliendo, sulla base della dichiarazione resa in sede di giuramento decisorio da NOME, la sola domanda degli appellanti, attuali ricorrenti, di accertamento dell’acquisto da parte loro per usucapione dell’usufrutto gravante sulla quota di 1/8 del terreno agricolo oggetto di causa, e rigettando nel resto l’appello, col quale NOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME avevano, tra l’altro, riproposto la domanda di usucapione per l’intero e ciascuno per la propria quota, rispettivamente di 3/8, 4/8 ed 1/8, del villino e del garage costruiti sul terreno in questione. L’espressione ‘ rigetta nel resto l’appello ‘, che si trova nel dispositivo, non é affatto una clausola di stile, come ipotizzato dai ricorrenti, perché va correlata con la motivazione addotta dalla Corte d’Appello.
Il giudice di secondo grado, infatti, valutando il giuramento decisorio reso dalla litisconsorte necessaria NOME unitamente alle altre emergenze documentali, ai sensi dell’art. 2738 ultimo comma cod. civ., ha ritenuto non provato il possesso esclusivo uti domini degli appellanti sui suddetti fabbricati, evidenziando che:
a) la scrittura privata di divisione del terreno in tre porzioni, assegnate partitamente in via esclusiva, intercorsa tra i tre fratelli NOME, asseritamente nel 1976, non aveva avuto seguito, in quanto nel successivo atto di vendita del notaio COGNOME del 27.9.1982, COGNOME NOME, riservandosi l’usufrutto e trasferendo in parti uguali ai due fratelli, NOME e NOME, la nuda proprietà della quota ideale di ¼ di sua competenza, aveva fatto ancora riferimento alla quota ideale di ¼ assegnatale con l’atto del 27.11.1973 dalla precedente proprietaria dell’intero, la RAGIONE_SOCIALE che aveva altresì assegnato la quota di ½ del terreno ad COGNOME e quella di ¼ alla socia COGNOME NOME, moglie di COGNOME NOME, e non aveva invece
fatto alcun riferimento alla porzione materiale che le sarebbe stata assegnata nella precedente divisione bonaria tra fratelli;
b) erano stati documentati pagamenti dell’ICI da parte di NOME COGNOME per gli anni dal 1994 al 2010 (escluso il 1995), indicativi della volontà di non dismettere il terreno, nonché avvisi di pagamento e bollettini di quietanza relativi agli oneri corrisposti dal predetto al Consorzio di Bonifica di Pratica di Mare anche per ‘fabbricati’ per diversi anni, compresi tra il 1994 ed il 2010, bollettini peraltro inviati presso la sua abitazione di Roma, INDIRIZZO
c) era stata prodotta una dichiarazione datata 6.2.1984, a firma di NOME COGNOME dalla quale emergeva che NOME COGNOME aveva partecipato alle spese di edificazione del fabbricato, corrispondendo la somma di £ 10.000.000, e della restituzione in piccole rate di tale somma ad NOME COGNOME non era stata fornita alcuna prova, risultando inammissibile per genericità la prova per la cui ammissione gli appellanti avevano insistito in secondo grado.
3) Col terzo motivo, articolato in riferimento al n. 3) del comma primo dell’art. 360 c.p.c., i ricorrenti hanno dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2721 e ss, 2727 e ss, cod. civ., 183, comma 7, 20 e ss., 228, e ss., 230 e 244 c.p.c., laddove la Corte di Appello, e già prima il Tribunale di Brescia, non hanno ammesso la prova per testimoni e per interpello sui capitoli inerenti al possesso del fabbricato, nonostante le relative richieste istruttorie siano state ribadite dagli originari attori dal primo grado e sino alle conclusioni nel giudizio di appello. In tale motivo sono riportati alcuni dei capitoli di prova testimoniale dei quali era stata chiesta l’ammissione (capitoli n. 2, 3, 4, 5, 6, 21, 22 e 23), ma non i nominativi dei 13 testimoni che si volevano escutere, né le ragioni per le quali la loro audizione avrebbe consentito di assumere informazioni di rilievo, decisive per superare le prove considerate
dalla Corte d’Appello per escludere che vi fosse stato da parte degli originari attori un possesso esclusivo dei fabbricati.
4) Col quarto motivo, articolato in riferimento al n. 5) del comma primo dell’art. 360 c.p.c., i ricorrenti hanno dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo, in quanto la Corte d’Appello ed il Tribunale non avrebbero realizzato alcun esame né fornito alcuna motivazione circa la mancata ammissione dei capitoli di prova nn.2, 3, 4, 5, 6, 21, 22 e 23, oggetto di istanza di ammissione da parte loro in entrambi i gradi di giudizio e rilevanti ai fini della prova del possesso ad usucapionem del fabbricato.
Il terzo ed il quarto motivo, inerenti entrambi alla mancata ammissione delle prove per interpello e per testi, richieste in primo ed in secondo grado dagli attuali ricorrenti, e non ammesse, relative all’esercizio del possesso ad usucapionem del fabbricato, possono essere esaminati congiuntamente.
Anzitutto é inammissibile la censura formulata ai sensi dell’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c. sia ai sensi dell’art. 384 ultimo comma c.p.c. per l’esistenza di una ‘doppia conforme’ di rigetto della domanda di usucapione dei fabbricati, non avendo i ricorrenti segnalato eventuali difformità tra le sentenze di primo e di secondo grado nella ricostruzione in fatto sul punto, ed a ciò va aggiunto che la mancata espressa pronuncia sulle richieste istruttorie avanzate non costituisce un fatto storico principale, o secondario oggetto di discussione tra le parti di carattere decisivo.
Va poi considerato che il vizio di omessa pronuncia sulle richieste istruttorie reiterate in appello, può essere denunciato per cassazione, solo nel caso in cui esso investa un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa o non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi
risulti priva di fondamento (Cass. ord. 18.1.2025 n. 1253; Cass. sez. lav. 1.7.2024 n. 18072; Cass. 17.6.2019 n. 16214; Cass. 7.3.2017 n. 5654; Cass. 17.5.2007 n. 11457).
Nella specie, i ricorrenti non solo non hanno riportato i nominativi dei 13 testimoni che vorrebbero ascoltare, né hanno spiegato le ragioni per le quali tali testimoni dovrebbero considerarsi qualificati ai fini di una diversa ricostruzione del fatto, ma limitandosi a riproporre i capitoli di prova già articolati, e ciò vale sia per la prova testimoniale che per interpello, non hanno minimamente illustrato le ragioni per le quali i mezzi istruttori richiesti dovrebbero consentire di superare il convincimento espresso in modo conforme dai giudici di merito, in ordine al mancato esercizio di un possesso esclusivo sui fabbricati da parte dei ricorrenti, basato sulle emergenze documentali già sopra richiamate.
Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, però, nel ricorso per cassazione, la censura relativa alla mancata ammissione della prova testimoniale è inammissibile, se il ricorrente non trascrive i capitoli di prova e non indica i testi e le ragioni per le quali essi sono qualificati a testimoniare, elementi necessari alla Corte di Cassazione per valutare la decisività del mezzo istruttorio richiesto sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, senza dover svolgere indagini integrative (Cass. ord. 25.2.2019 n. 5404; Cass. sez. un. 22.12.2011 n. 28336; Cass. 23.4.2010 n. 9748).
5) Col quinto motivo, articolato in riferimento al n. 3) del comma primo dell’art. 360 c.p.c., i ricorrenti hanno dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt. 1158 e 2736, primo comma, cod. civ., sostenendo che per NOME sia stato provato che i ricorrenti hanno posseduto per oltre 20 anni la quota di 2/8 di usufrutto sul terreno e sul fabbricato, mentre è stato dichiarato l’usucapione solo sulla quota di 1/8 di usufrutto sul terreno (non dichiarando quindi illegittimamente l’usucapione della ulteriore quota di 1/8 di usufrutto sul terreno e della quota di 2/8 di
usufrutto sul fabbricato). Per quanto riguarda l’originario convenuto NOME COGNOME invece, non sarebbe stato dichiarata l’usucapione a favore dei ricorrenti, nonostante fosse stato provato che avevano edificato e posseduto l’intero fabbricato, e che quindi avessero posseduto la quota di 4/8 di proprietà e la quota di 1/8 di nuda proprietà di NOME COGNOME sulla villa e sul garage, come emergente dalle prove documentali e dalle circostanze elencate alle pagine 43-48 del ricorso.
Il quinto motivo é palesemente inammissibile, in quanto al di là del formale richiamo alle asserite violazioni degli articoli 1158 in tema di usucapione e 2736 comma 1° cod. civ. in tema di giuramento decisorio, contrappone una propria autonoma ricostruzione dei fatti, in contrasto con quella motivatamente fornita dai giudici di primo e di secondo grado, e vorrebbe ottenere da questa Corte, giudice di legittimità, una rivalutazione del materiale istruttorio, come se si trattasse di un ulteriore grado di giudizio di merito, naturalmente previa valorizzazione di documenti e circostanze che i giudici di merito, nell’esercizio del principio del libero convincimento, hanno invece ritenuto non determinanti ai fini della decisione. Per quanto concerne il giuramento decisorio del litisconsorte necessario NOMECOGNOME la Corte d’Appello ha applicato l’art. 2738 comma 3° cod. civ., considerando le dichiarazioni della predetta come liberamente apprezzabili, e non come prova legale, ed i ricorrenti non hanno mosso critiche specifiche a tale valutazione.
La circostanza poi che la Corte d’Appello, con statuizione in questa sede non impugnata, abbia ritenuto di accogliere la domanda di accertamento dell’acquisto per usucapione da parte degli attuali ricorrenti dell’usufrutto di COGNOME NOME gravante sulla quota parte di 1/8 di nuda proprietà di COGNOME NOME del terreno oggetto di causa, – sulla base del mancato esercizio del possesso del terreno e del fabbricato da prima del 1982 da parte di COGNOME
NOMECOGNOME emergente dal suo giuramento decisorio -, e non anche dell’usufrutto di NOME sulla quota parte di 1/8 della nuda proprietà di NOME COGNOME non consente in questa sede di rivalutare le risultanze istruttorie per eventualmente accogliere anche tale ultima domanda.
Peraltro i ricorrenti, nell’avanzare quali comproprietari, le loro domande di usucapione, non hanno individuato un preciso atto col quale essi avrebbero impedito agli altri comproprietari di fare a loro volta uso dei beni che si vorrebbero usucapire per l’intero, e non hanno affatto tenuto conto che per giurisprudenza consolidata di questa Corte ‘ in tema di comunione, non essendo ipotizzabile un mutamento della detenzione in possesso, né una interversione del possesso nei rapporti tra i comproprietari, ai fini della decorrenza del termine per l’usucapione è idoneo soltanto un atto (o un comportamento) il cui compimento da parte di uno dei comproprietari realizzi l’impossibilità assoluta per gli altri partecipanti di proseguire un rapporto materiale con il bene e, inoltre, denoti inequivocamente l’intenzione di possedere il bene in maniera esclusiva, sicché, in presenza di un ragionevole dubbio sul significato dell’atto materiale, il termine per l’usucapione non può cominciare a decorrere ove agli altri partecipanti non sia stata comunicata, anche con modalità non formali, la volontà di possedere in via esclusiva’ (Cass. 1.12.2021 n. 37736; Cass. n.11903/2015; Cass. n. 5226/2002).
Col sesto motivo, articolato in riferimento al n. 3) del comma primo dell’art. 360 c.p.c., i ricorrenti hanno infine dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., lamentando l’illegittimo addebito a loro carico delle spese di lite di primo grado nei confronti di NOME COGNOME atteso che anche il predetto era risultato soccombente in primo grado sulla domanda riconvenzionale avanzata e respinta di accertamento in suo favore dell’accessione del fabbricato costruito dai comproprietari sul suolo
comune, nonché l’illegittimo addebito integrale a loro carico delle spese di secondo grado di NOME COGNOME in quanto il loro appello doveva essere accolto almeno per le spese di lite del giudizio di primo grado, che andavano compensate tra loro ed NOME COGNOME per soccombenza reciproca, con conseguente compensazione tra loro anche delle spese processuali del giudizio di secondo grado.
L’ultimo motivo di ricorso é infondato là dove ci si duole della violazione dell’art. 91 c.p.c., avendo la Corte territoriale applicato correttamente detta norma in base alla soccombenza prevalente degli originari attori, che avevano visto respinte le domande di usucapione del terreno e del fabbricato, a fronte del rigetto della riconvenzionale meramente conseguenziale di NOME COGNOME di accertamento dell’accessione del solo fabbricato alla proprietà comune del suolo edificato (Cass. ord. 10.7.2018 n. 18075; Cass. n.3438/2016).
Tale motivo é poi inammissibile là dove censura la mancata applicazione dell’art. 92 c.p.c. e della compensazione delle spese di lite relativamente al rapporto processuale instauratosi tra i ricorrenti ed NOME COGNOME giacché, con riferimento al regolamento delle spese, il sindacato di questa Corte è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato, e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, tanto nell’ipotesi di soccombenza reciproca, quanto nell’ipotesi di altre cause che possono giustificarla (tra le altre Cass. ord. 10.7.2018 n. 18075; Cass. n. 19613/2017).
Le spese del giudizio di legittimità di NOME COGNOME liquidate in dispositivo, vanno poste a carico dei ricorrenti in solido, in base al
principio della soccombenza, mentre nulla va disposto in proposito per l’intimata NOME
Occorre dare atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico dei ricorrenti in solido, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME e li condanna in solido al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per spese ed € 8.000,00 per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%. Dà atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico dei ricorrenti in solido, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 6.3.2025