Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20409 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20409 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/07/2025
Oggetto: usucapione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8282/2022 R.G. proposto da COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. prof. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
DI NOME COGNOME E DI NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME presso il cui studio in Roma, INDIRIZZO sono elettivamente domiciliati
-controricorrenti –
Avverso la sentenza n. 438/2022, resa dalla Corte d’Appello di Roma, pubblicata il 21/01/2022, notificata il 23/01/2023. udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9
luglio 2025 dalla dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
1. Con atto di citazione notificato il 12/5/2010, COGNOME e COGNOME Bruno convennero in giudizio, dinanzi al Tribunale di Rieti, COGNOME NOME al fine di ottenere l’accertamento dell’intervenuto acquisto per usucapione del diritto di proprietà sull’immobile sito in Borgovelino (RI), distinto e censito al N.C.T. al Foglio 13, part. 152.
Si costituì la convenuta, chiedendo il rigetto della domanda attrice. Il Tribunale, con sentenza n. 692/2015, accolse le richieste degli attori dichiarando l’avvenuto acquisto a titolo originario, ex art. 1159 cod. civ., in capo a COGNOME e COGNOME COGNOME, della proprietà dell’immobile rivendicato e ordinando alla Conservatoria dei Registri immobiliari di Rieti e all’ufficio Tecnico Erariale la voltura di accatastamento e la relativa trascrizione, con condanna della convenuta al pagamento delle spese legali.
NOME NOME impugnò la predetta sentenza dinanzi alla Corte d’Appello di Roma, chiedendo, preliminarmente, la declaratoria di nullità del provvedimento per carenza di motivazione; l’accertamento dell’omissione in merito alla liquidazione delle spese del giudizio possessorio dichiarato inammissibile; l’accertamento della mancata allegazione delle visure ipocatastali riferite ai titolari del diritto di proprietà sul terreno e l’improcedibilità della domanda, nonché, nel merito, la riforma della sentenza, con diniego dell’acquisto della proprietà del terreno per intervenuta usucapione e conferma dell’esclusiva proprietà dello stesso in capo ad essa.
Si costituirono in giudizio COGNOME e COGNOME Bruno, proponendo appello incidentale e concludendo per il rigetto del gravame, con compensazione delle spese del giudizio possessorio e accertamento del diritto di proprietà, in capo a loro, per maturata usucapione ex art. 1158 cod. civ. e comunque ex art. 1159bis , primo comma, cod. civ.
Con sentenza n. 438/2022, pubblicata il 21/1/2022, la Corte d’Appello di Roma dichiarò la nullità della sentenza impugnata e, nel merito, in accoglimento della domanda avanzata in primo grado da COGNOME e COGNOME COGNOME accertò e dichiarò l’intervenuto acquisto per usucapione ex art. 1158 cod. civ. del diritto di proprietà pro indiviso sul terreno conteso, ordinò, per l’effetto, al Conservatore dei RRII di Rieti di procedere alla trascrizione della sentenza, compensò tra le parti le spese di lite del primo grado di giudizio e condannò l’appellante al pagamento di quelle relative al grado di appello in favore degli appellati.
Per quel che qui rileva, i giudici di secondo grado – premessa la dichiarazione di nullità della sentenza del tribunale in quanto priva di motivazione – accolsero la domanda originaria di usucapione, sostenendo che, alla stregua delle prove acquisite, fosse rimasto dimostrato il possesso pubblico, pacifico, continuo e non interrotto, unito a quello del genitore COGNOME NOME, dell’immobile (costituito da un fondo coltivato a noccioleto) da parte degli attori e che questo si fosse manifestato sia attraverso la costante cura, pulizia, coltivazione e raccolta dei frutti, sia attraverso la realizzazione di una strada di collegamento tra detto fondo e la via pubblica, senza che assumessero rilevanza gli atti interruttivi dedotti dalla COGNOME, siccome intervenuti in data successiva al già maturato acquisto per usucapionem.
COGNOME NOME propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi. Di COGNOME COGNOME e COGNOME Bruno resistono con controricorso.
Fissata l’adunanza in camera di consiglio le parti hanno depositato, memoria illustrativa.
Considerato che :
Con il primo motivo, si lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. degli artt. 1140 e 1158 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., perché la Corte di merito aveva ritenuto sufficiente, ai fini della prova del possesso ad usucapionem , la mera coltivazione e la correlata gestione e cura di un fondo, in contrasto con la giurisprudenza di legittimità che considera dette attività inidonee ai fini voluti in assenza di un atto di apprensione del bene, e l’accertata edificazione di una strada di collegamento tra il fondo e la pubblica via, sebbene questa consentisse di dimostrare al più una servitù di passaggio, ma non anche la proprietà del bene.
Con il secondo motivo di ricorso, si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5 (secondo motivo), cod. proc. civ., perché i giudici di merito avevano del tutto ignorato la circostanza, evidenziata nell’atto di citazione in appello, secondo cui la strada a cui essi avevano dato rilievo esisteva almeno dal 1/7/1928, come risultante dalla nota prot. n. 3856 del 28/8/2012, sicché la relativa edificazione non poteva attribuirsi alle controparti quantomeno per motivi anagrafici.
Con il terzo motivo, si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 116 cod. proc. civ. e dell’art. 2700 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., perché, quand’anche la circostanza di cui al precedente motivo fosse stata implicitamente considerata e disattesa, i giudici avevano errato nel valutare secondo il loro prudente apprezzamento una prova soggetta a diverso regime legale, ossia quello dell’atto pubblico ex art. 2700 cod. civ., il quale è fidefacente fino a querela di falso.
Con il quarto motivo, si lamenta, infine, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1140, 1158 e 1163 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la Corte
di merito ritenuto che l’inclusione del terreno conteso nell’atto notarile intercorso tra NOME COGNOME e NOME COGNOME, col quale i predetti avevano proceduto alla divisione dei beni relitti dal padre, benché questo non fosse incluso nella dichiarazione di successione, fosse dimostrativa dell’ animus possidendi , senza considerare che il possesso utile ad usucapire deve palesarsi pubblicamente e che tale requisito non può considerarsi esistente in caso di mera menzione degli estremi catastali di un bene in un atto di parte, non costituendo esercizio del potere di fatto sul bene, né manifestando la volontà di ingerenza esclusiva che deve essere pubblicamente esercitata e inoppugnabilmente incompatibile con il possesso altrui.
5.1 I motivi, che possono essere trattati congiuntamente in quanto afferenti tutti alla prova del possesso del bene, sono fondati.
Si è già detto che i giudici d’appello hanno ritenuto dimostrato il possesso utile ad usucapire, valorizzando, per un verso, le attività di coltivazione del fondo svolte dagli originari attori, per altro verso, l’avvenuta edificazione da parte loro della strada di collegamento alla pubblica via e per altro verso ancora l’inclusione del bene nell’atto di divisione.
Orbene, il primo elemento valorizzato si pone senz’altro in contrasto col principio più volte affermato da questa Corte, secondo cui, in relazione alla domanda di accertamento dell’intervenuta usucapione della proprietà di un fondo destinato ad uso agricolo, non è sufficiente, ai fini della prova del possesso uti dominus del bene, la sua mera coltivazione (e, evidentemente, le attività ad essa correlate, come la pulizia del fondo), poiché tale attività è pienamente compatibile con una relazione materiale fondata su un titolo convenzionale o sulla mera tolleranza del proprietario e non esprime, comunque, un’attività idonea a realizzare l’esclusione dei terzi dal godimento del bene, che
costituisce l’espressione tipica del diritto di proprietà. A tal fine, pur essendo possibile in astratto per colui che invochi l’accertamento dell’intervenuta usucapione del fondo agricolo conseguire senza limiti la prova dell’esercizio del possesso uti dominus del bene, la prova dell’intervenuta recinzione del fondo costituisce, in concreto, la più rilevante dimostrazione dell’intenzione del possessore di esercitare sul bene immobile una relazione materiale configurabile in termini di ius excludendi alios e, dunque, di possederlo come proprietario, escludendo i terzi da qualsiasi relazione di godimento con il cespite predetto (Cass., Sez. 2, 20/1/2022, n. 1796; Cass., Sez. 6-2, 5/3/2020, n. 6123; Cass., Sez. 2, 3/7/2018, n. 17376).
Pertanto, posto che l’onere di provare gli elementi costitutivi dell’usucapione grava su chi invoca la fattispecie acquisitiva, spetta al giudice di merito, cui è rimesso l’accertamento di fatto, valutare, caso per caso, l’intero complesso dei poteri esercitati su un bene, non limitandosi a considerare l’attività di chi si pretende possessore, ma considerando anche il modo in cui tale attività si correla con il comportamento concretamente esercitato dal proprietario (Cass., Sez. 6-2, 5/3/2020, n. 6123).
Ciò comporta che i giudici di merito hanno errato nel porre a fondamento del giudizio sulla sussistenza del possesso ad usucapionem l’acquisizione della prova delle attività di coltivazione del fondo da parte degli attori.
5.2 Anche il terzo elemento, ossia l’inclusione del fondo nell’atto di divisione, non assume rilevanza ai fini dell’acquisto della proprietà del fondo per usucapione, atteso che l’atto di divisione non costituisce esso stesso esercizio del possesso del bene assegnato (si veda, sia pure per diversa fattispecie, Cass., Sez. 2, 13/3/2013, n. 6371).
5.3 Resta da vedere se l’accertamento possa reggersi sulla sola realizzazione della strada di collegamento del fondo alla pubblica via, accertata dai giudici d’appello.
Al riguardo, occorre premettere che non si verte, nella specie, nell’ipotesi della c.d. «doppia conforme», prevista dall’art. 348 -ter , quinto comma, cod. proc. civ. (applicabile, ai sensi dell’art. 54, comma 2, del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012), la quale impone al ricorrente in cassazione -per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (nel testo riformulato dall’art. 54, comma 3, del d.l. n. 83 cit. ed applicabile alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012) -di indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (per tutte, Cass., Sez. 5, 18/12/2014, n. 26860; Cass., Sez. 5, 11/05/2018, n. 11439; Cass., sez. 1, 22/12/2016, n. 26774; Cass., sez. L., 06/08/2019, n. 20994).
Infatti, questa Corte ha da tempo chiarito che il presupposto di applicabilità della norma risiede nella cd. ‘ doppia conforme ‘ in facto , la quale ricorre non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (Cass., Sez. 6-2, 9/3/2022, n. 7724; Cass., Sez. 3, 11/12/2024, n. 32019), aspetto questo che non può dirsi sussistente nella specie, atteso che i giudici d’appello hanno
ritenuto nulla la sentenza di primo grado in ragione della laconicità e contraddittorietà della relativa motivazione e, dunque, in base ad un aspetto processuale.
Ciò detto, si osserva altresì che l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., così come riformulato nel 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia (Cass., Sez. 2, 29/10/2018, n. 27415), ‘… dovendosi intendere per “fatto” non una “questione” o un “punto” della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 cod. civ., (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purché controverso e decisivo’ (Cass., Sez. 1, 08/09/2016, n. 17761, Rv. 641174; cfr. anche Cass. Sez. 5, 05/02/2011, n. 2805, Rv. 616733). Non sono quindi ‘fatti’ nel senso indicato dall’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., né le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative, e, infine, neppure le singole risultanze istruttorie, ove comunque risulti un complessivo e convincente apprezzamento del fatto svolto dal giudice di merito sulla base delle prove acquisite nel corso del relativo giudizio (Cass., Sez. 2, 31/3/2022, n. 10525).
Nella specie, è evidente che i giudici di merito hanno del tutto omesso di verificare se la strada vicinale della ‘Foresta a Pingue’, indicata nel foglio 13 ed esistente fin dal 1/7/1928, come risultante dal documento dell’Agenzia del Territorio, corrispondesse a quella
da essi attribuita agli appellati, circostanza questa che, ove accertata, avrebbe avuto senz’altro valenza decisiva, stante l’equivocità degli altri elementi posti a fondamento della decisione, come si è visto.
Consegue da quanto detto la fondatezza delle tre censure.
6. In conclusione, dichiarata la fondatezza dei motivi, il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata, con rinvio alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, che dovrà statuire