Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 30620 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 30620 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17384/2023 R.G. proposto da: COGNOME rappresentato e difeso dall ‘avvocato COGNOME unitamente all’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 100/2023 depositata il 17/1/2023;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Lodi rigettava l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta da NOME COGNOME in qualità di titolare della ditta individuale COGNOME RAGIONE_SOCIALE, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE (poi RAGIONE_SOCIALE.
Con il decreto ingiuntivo il Tribunale di Lodi aveva ingiunto all ‘ attore opponente il pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE, della somma di euro 201.663,50, oltre accessori di legge, a titolo di prezzo di compravendita di beni mobili . L’opponente in via riconvenzionale aveva chiesto anche il risarcimento dei danni asseritamente subiti a seguito del l’ emissione, da parte del convenuto opposto, di ricevute bancarie non rispondenti ad alcun rapporto contrattuale tra le parti.
NOME COGNOME proponeva appello avverso la predetta sentenza.
RAGIONE_SOCIALE resisteva al gravame.
La Corte d’Appello di Milano rigettava il gravame. Preliminarmente rigettava l’eccezione di difetto di legittimazione attiva di RAGIONE_SOCIALE sollevata per avere quest’ultima trasferito la propria azienda a Comoli RAGIONE_SOCIALE con atto del 22 luglio 2016. L’eccezione si fondava sull ‘esistenza di un vero e proprio processo di incorporazione di RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE e non sul mero affitto di ramo d’azienda.
La Corte d’Appello confermava quanto deciso dal primo giudice, sulla base del tenore letterale dell ‘art . 2.4 del contratto di affitto di ramo di azienda del 27 giugno 2016 nel quale era espressamente convenuto dalle parti che: “anche in deroga a quanto previsto dagli artt. 2559 e 2560 del Codice Civile, per effetto
dell ‘ affitto del Ramo di Azienda di cui al presente Contratto non devono intendersi trasferiti, e pertanto rimarranno a favore e a carico della Concedente i crediti e i debiti anteriori alla data di efficacia (esclusa) del contratto inerenti il Ramo di Azienda oggetto del presente Contratto”.
Sulla base di tale previsione negoziale il giudice di prime cure aveva, quindi, ritenuto ‘indubbio che le fatture oggetto della pretesa monitoria, emessa tra il 15.6.2013 e il 16.7.2015, riguardassero crediti anteriori al contratto del 27.6.2016 e, pertanto, non rientrassero tra i crediti trasferiti da RAGIONE_SOCIALE“. La valutazione compiuta dal giudice di prime cure era corretta e, andava, quindi confermata, fondandosi sull ‘ unico elemento probatorio rilevante, cioè, sul contratto di affitto di ramo di azienda concluso da RAGIONE_SOCIALE con RAGIONE_SOCIALE
I crediti dedotti in giudizio da RAGIONE_SOCIALE, oggetto del decreto ingiuntivo opposto, erano rimasti, quindi, nella titolarità di tale parte, che legittimamente ne aveva preteso il soddisfacimento da parte di NOME COGNOME
Il giudice del gravame confermava anche il rigetto della domanda riconvenzionale di risarcimento del danno derivante dalle difficoltà di accesso al credito che la Banca Popolare di Lodi (poi Banco BPM S.p.A.) aveva ridotto a causa della emissione delle ricevute bancarie per operazioni inesistenti. In proposito evidenziava l’ irrilevanza delle istanze istruttorie richieste in appello, in quanto non idonee a provare l’esistenza del danno, quale allegato da NOME COGNOME, causalmente connesso all’emissione delle ricevute bancarie erronee.
Infatti, doveva ribadirsi, come già rilevato nell ‘ impugnata sentenza, che NOME COGNOME non aveva spiegato come mai l’immagine di cattivo pagatore era dipesa dalle ricevute bancarie erroneamente emesse dalla controparte, piuttosto che da quelle corrette effettivamente non pagate, emesse per il rilevante ammontare di oltre euro 200.000,00.
La Corte rilevava che le ricevute bancarie erroneamente emesse da RAGIONE_SOCIALE erano successive a quelle originariamente emesse in relazione alle fatture azionate in fase monitoria, per un totale di euro 201.663,50 e già tornate tutte insolute; con la conseguenza che la qualità di cattivo pagatore di NOME COGNOME era verosimilmente già nota agli istituti di credito, prima che fossero emesse per errore le ricevute bancarie di cui questi si lamentava.
Inoltre, sempre in relazione al difetto di specifica e idonea allegazione da parte del COGNOME, egli non aveva allegato conseguenze negative in termini di credibilità e di reputazione, di percezione distorta dell’immagine dell’impresa individuale nel circuito bancario in punto di esposizione debitoria e solvibilità, di deterioramento delle relazioni commerciali, di effettivo discredito al buon nome dell’impr esa. Tali carenze assertive rendevano evidente l’irrilevanza del le istanze di ammissione di prove orali formulate in primo grado da NOME COGNOME e implicitamente disattese dal giudice di prime cure.
Inoltre, difettava la prova del danno. Infatti non vi era prova che il peggioramento del giudizio di rating e l ‘ iscrizione di ipoteca sull ‘ immobile di INDIRIZZO fossero dipesi dall ‘ emissione delle ricevute bancarie in questione, tanto più che le difficoltà
economiche dell ‘ impresa individuale di NOME COGNOME erano emerse già prima degli episodi in contestazione, come affermato dallo stesso COGNOME nell ‘ atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo e che il 9 settembre 2012 e il 6 ottobre 2015 NOME COGNOME aveva venduto due immobili, come risultava dalle visure ipotecarie prodotte da tale parte nel giudizio di primo grado, con ciò depauperando la garanzia patrimoniale generica ex att. 2740 c.c.. Peraltro, la concessione di un minor finanziamento (di euro 73.619,98) rispetto a quello originariamente richiesto (di euro 120.000,00 circa) non costituiva danno patrimoniale se non correlato ad una contrazione dell’attività commerciale, alla perdita di un determinato affare oppure al ricorso a forme di finanziamento diverse e più onerose; tutti fatti che non erano neppure prospettati.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di due motivi di ricorso.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti con memoria depositata in prossimità dell’udienza ha nno insistito nelle rispettive richieste.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione o falsa applicazione di legge (art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.) in relazione agli artt. 2727 e 2729 c.c. -art. 2043 c.c.
La Corte territoriale avrebbe basato la propria decisione su elementi presuntivi che non erano né gravi, né precisi, né concordanti . Non vi era alcuna prova dell’errore informatico nell’emissione delle ricevute bancarie per operazioni inesistenti che avevano causato effettivamente le difficoltà di accesso al credito da parte delle banche per la ditta individuale del ricorrente.
La Corte avrebbe ritenuto apoditticamente che l’assunzione di prove dirette quali la testimonianza del direttore della Banca dell’appellante che aveva gestito le criticità non avrebbe potuto dimostrare che la perdita di rating bancario interno, il minore accesso al credito e la perdita della libera disponibilità dei beni concessi in ipoteca erano dipese proprio dai 400mila euro di RIBA cosiddette ‘erronee’.
La Corte avrebbe proceduto sulla base di deduzioni che non costituirebbero tecnicamente presunzioni, nemmeno semplici poiché non gravi, precise e concordanti, contravvenendo con ciò il dettato dell’art. 2727 e 2729 c.c.
Il direttore di banca COGNOME avrebbe potuto confermare la correlazione fra le RIBA non corrispondenti a partite reali e i danni che, secondo la Corte d’Appello , il COGNOME non avrebbe allegato.
La Corte, infine, sul passaggio dei crediti della Mauri al RAGIONE_SOCIALE in coincidenza con il bilancio di incorporazione (testimoniata dal quasi azzeramento di detta voce dal bilancio RAGIONE_SOCIALE 2016 confrontato col 2015) avrebbe semplicemente presunto il pagamento di tali crediti, come se l’anno dopo tale voce non dovesse essere ancora presente in termini quantitativi analoghi e come se fosse normale la riduzione di una voce così importante di circa il novanta per cento da un anno con l’altro. Vi sarebbe stata invece un’ incorporazione della Mauri nel gruppo RAGIONE_SOCIALE. Nella nota integrativa al bilancio 2016 RAGIONE_SOCIALE si legge a pag. 2 che sono stati perfezionati in data 11 gennaio 2016, attraverso il trasferimento dell’intero pacchetto azionario da RAGIONE_SOCIALE‘ società facente capo ai fondatori appartenenti alla famiglia MAURI a Comoli
RAGIONE_SOCIALE A pag. 3 si legge del perfezionamento in data 11 gennaio 2016 dell’operazione del passaggio di proprietà del 110% del capitale sociale alla RAGIONE_SOCIALE
Secondo il ricorrente, sarebbe più rispondente ai canoni di cui all’art. 2729 c,c, dedurre da tali dati certi sulla base di presunzioni che i crediti sono passati alla nuova proprietà invece di ipotizzare una riscossione priva di riscontro.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: Art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c. -nullità del procedimento.
La censura ha ad oggetto la mancata ammissione della prova testimoniale. Secondo il ricorrente un ‘ Sì ‘ del Direttore della Banca dinanzi ai capitoli di prova riportati puntualmente nel ricorso avrebbe dimostrato che l’emissione delle RIBA ‘erronee’ per 400mila euro circa, aveva aggravato pesantemente una situazione fino a quel momento gestibile, determinando le criticità di perdita di rating bancario, accesso al credito e perdita della libera disponibilità dei beni concessi in ipoteca con conseguente danno reputazionale della Ditta COGNOME.
2.1 Il secondo motivo di ricorso è fondato e il suo accoglimento determina l’assorbimento del primo .
La Corte d’Appello , pur avendo affermato che la parte non era decaduta dalla prova testimoniale, non la ha ammessa sulla base di una motivazione erronea oltre che contraddittoria.
Infatti, da un lato ha affermato che il ricorrente non aveva neanche allegato un danno per le RIBA emesse erroneamente dalla controparte quale conseguenza negativa in termini di credibilità e di reputazione, di percezione distorta dell’immagine dell’impresa individuale nel circuito bancario in punto di esposizione debitoria e
solvibilità e poi ha affermato che non poteva rappresentare un danno patrimoniale il fatto che la richiesta di finanziamento fosse stata accolta solo in parte (pag. 14 della sentenza impugnata) perché la concessione di un mutuo si traduce in un debito per il soggetto che utilizza tale forma di credito, debito che deve essere onorato.
Sul punto, dunque, la sentenza è contraddittoria e contrasta con l ‘ allegazione da parte del ricorrente, di un danno consistente nella perdita di rating e di accesso al credito con perdita della libera disponibilità dei beni concessi in ipoteca in un momento critico rappresentato dalla difficoltà di rientrare dai crediti non pagati da numerosi creditori e la richiesta di ipoteca sui beni personali del ricorrente e della moglie in separazione dei beni come conseguenza della rilevante esposizione debitoria pari al doppio di quella effettiva a causa delle RIBA erroneamente emesse.
La decisione di non ammettere la prova testimoniale, dunque, si è fondata sull’erroneo presupposto che il ricorrente non avesse neanche allegato il danno subito mentre un danno risultava quantomeno astrattamente allegato e, dunque, non poteva negarsi il diritto alla prova mediante l’assunzione della testimonianza del direttore di banca che poteva riferire se la decisione della banca di modificare il rating e di ridurre il finanziamento era dovuta effettivamente a ll’esposizione debitoria dovuto alle Riba erroneamente emesse.
In conclusione, non può dirsi che rispetto alla prospettazione del ricorrente i capitoli di prova indicati nel ricorso dal numero 1 al numero 8 in relazione al direttore di banca non avessero rilevanza in rapporto al tema controverso anche rispetto al compendio delle
altre prove già acquisite, tenuto conto della loro potenziale attitudine dimostrativa di circostanze rilevanti, almeno astrattamente, ai fini della decisione.
Deve richiamarsi in proposito la giurisprudenza di questa Corte secondo cui: La mancata ammissione di un mezzo istruttorio (nella specie, prova testimoniale) si traduce in un vizio della sentenza se il giudice pone a fondamento della propria decisione l’inosservanza dell’onere probatorio ex art. 2697 c.c., benché la parte abbia offerto di adempierlo (Sez. 3 – , Ordinanza n. 18285 del 25/06/2021, Rv. 661704 – 01).
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Milano in diversa compensazione che provvederà anche alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Milano in diversa compensazione, che provvederà anche alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione