Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 22915 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 22915 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 11343/2024 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME con domicilio digitale presso l’indirizzo pec del difensore;
-ricorrente –
contro
NOME RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME con domicilio digitale presso l’indirizzo pec dei difensori;
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 2245/2023 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 10/11/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Osserva
RAGIONE_SOCIALE convenne in giudizio, innanzi al Tribunale di Ravenna, RAGIONE_SOCIALE al fine di sentir dichiarare l’avvenuta conclusione del contratto di compravendita di
una ruspa usata per il prezzo di € 7.000,00, con conseguente condanna della società convenuta a dare esecuzione al contratto, consegnando la ruspa venduta; in subordine, a risarcire il danno di € 5.000,00 procurato alla società acquirente per la mancata consegna del mezzo, quale differenza tra il prezzo concordato per l’acquisto di € 7.000,00 e quello , a sua volta, pattuito dall’esponente con RAGIONE_SOCIALE, alla quale avrebbe dovuto rivendere il mezzo per il corrispettivo di € 12.000,00.
1.1. Si costituì la società convenuta contestando la prospettazione attorea.
1.2. Il Tribunale rigettò la domanda e la Corte d’appello di Bologna confermò la sentenza di primo grado.
2.2. I Giudici di secondo grado, per quel che qui ancora rileva, rigettarono il primo motivo di appello proposto dalla società attrice, relativo all’errata applicazione dell’art. 2721 , co. 1, cod. civ., evidenziando che laddove il giudice non ritenga di ammettere la prova testimoniale in deroga ai limiti imposti dall’art. 27 21 cod. civ., non è tenuto a specifica motivazione.
Inoltre, i principi giurisprudenziali evocati dall’appellante non erano pertinenti al caso in esame, nel quale <>.
Infine, il motivo d’appello, a cagione del difetto di specificità che lo connotava, non era idoneo a permettere un nuovo apprezzamento discrezionale della rilevanza delle richieste istruttorie disattese dal Tribunale.
Venne, altresì, rigettato il secondo motivo, con il quale era stata denunciata l’errata applicazione dell’art. 1478 cod. civ., per il richiamo effettuato dal primo giudice alla vendita di cosa altrui, avendo la Corte locale ritenuto che <>.
RAGIONE_SOCIALE ricorre sulla base di due motivi. NOME RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria, con la quale sollecita condanna per lite temeraria.
La società ricorrente con il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 329 cod. proc. civ. , in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. , per aver la Corte d’appello erroneamente rigettato e con motivazione generica e contraddittoria, il primo motivo di appello per difetto di specificità, pur, di fatto, ammettendone la fondatezza.
Con il secondo motivo si censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 1478 cod. civ., nonché per violazione dell’art. 118, comma 1, disp. att. cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3, cod. proc. civ. per avere la Corte d’appello rigettato lo specifico motivo relativo all’errata qualificazione della fattispecie negoziale da parte del Tribunale, con motivazione insufficiente, contraddittoria ed incomprensibile.
I correlati due motivi, che possono esaminarsi insieme, sono manifestamente infondati.
Il Collegio condivide e intende dare continuità al principio secondo il quale, in tema di prova testimoniale, ove il giudice di merito ritenga di non poter derogare al limite di valore previsto, per essa, dall’art. 2721 cod. civ., non è tenuto a esporre le ragioni della pronunzia di rigetto dell’istanza di prova, trattandosi di mantenere quest’ultima entro il suo fisiologico limite di ammissibilità (Sez. 2, n. 8181, 4/03/2022, Rv. 664473; ma già, Cass. n. 12111/2013).
Peraltro, vi è un evidente difetto di legittimazione passiva, non essendo dato cogliere la ragione per la quale, seguendo l’assunto, NOME COGNOME, padre di NOME COGNOME, amministratore della società convenuta, avrebbe impegnato quest’ultima società.
Si afferma, inoltre, che il <>. Non è questo il caso: qui non si chiede di provare il contratto concluso con un terzo, per il valore che potrebbe avere nei rapporti fra le parti processuali, ma, ben diversamente, di provare il contratto che si assume essere intercorso proprio tra le medesime parti processuali.
Sotto altro profilo, la pretesa che si versasse in ipotesi di contratto concluso da falso procuratore della RAGIONE_SOCIALE e non di vendita di cosa del terzo (come avrebbe ritenuto il Giudice) è inconcludente per due convergenti ordini di ragioni: (a) nessun contratto è rimasto provato; (b) la contestazione della qualificazione giuridica è apodittica e meramente assertiva.
Infine, come noto, la giustificazione motivazionale è di esclusivo dominio del giudice del merito, con la sola eccezione del caso in cui essa debba giudicarsi meramente apparente; apparenza che ricorre, come di recente ha ribadito questa Corte, allorquando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Sez. 6, n. 13977, 23/5/2019, Rv. 654145; ma già S.U. n. 22232/2016; Cass. n. 6758/2022 e, da ultimo, S.U. n. 2767/2023, in motivazione).
A tale ipotesi deve aggiungersi il caso in cui la motivazione non risulti dotata dell’ineludibile attitudine a rendere palese (sia pure in via mediata o indiretta) la sua riferibilità al caso concreto preso in esame, di talché appaia di mero stile, o, se si vuole, standard; cioè un modello argomentativo apriori, che prescinda dall’effettivo e specifico sindacato sul fatto.
Siccome ha già avuto modo questa Corte di più volte chiarire, la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, con la conseguenza che è pertanto, denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; anomalia che si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (S.U., n. 8053, 7/4/2014, Rv. 629830; S.U. n. 8054, 7/4/2014, Rv. 629833; Sez. 6-2, n. 21257, 8/10/2014, Rv. 632914).
Qui non ricorre alcuna delle ipotesi sopra richiamate, avendo la Corte di merito svolto ragionamento pienamente comprensibile e coerente.
Non può essere accolta l’istanza di condanna per lite temeraria della controricorrente per l’assorbente ragione che
questa non ha neppure allegato in cosa fosse consistito il danno economico patito a causa della condotta causidica della ricorrente.
Rigettato il ricorso nel suo complesso, il regolamento delle spese segue la soccombenza e le stesse vanno liquidate, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonché delle svolte attività, siccome in dispositivo, in favore dei controricorrenti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 5 giugno