Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7376 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7376 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5799/2021 R.G. proposto da :
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME
-ricorrente-
contro
NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 3164/2020 depositata il 02/12/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Il ricorso riguarda la sentenza della Corte d’appello di Venezia che ha riformato la sentenza con cui il locale Tribunale accoglieva la domanda proposta nei confronti di NOME COGNOME da NOME COGNOME – allora coniugato con la figlia del primo NOME COGNOME – volta a far accertare la stipula con questi di un pactum fiduciae in merito ad un conto corrente intestato solo fiduciariamente al solo COGNOME e la riconducibilità a sé del conto corrente e del suo saldo, e, pertanto, condannava il convenuto al pagamento a favore del Rossi della somma di 65.364,10 € dal primo indebitamente prelevata.
2. La Corte ha ritenuto fondato e assorbente il motivo di gravame con cui NOME COGNOME aveva dedotto la nullità della sentenza gravata per nullità della prova testimoniale assunta in violazione delle regole sulla prova testimoniale in quanto ammessa per dimostrare un patto contrario al contratto scritto di c/c oggetto di causa, dal quale risultava l’intestazione del c/c al sig. COGNOME; la Corte ha accolto il gravame osservando che la prova testimoniale per presunzioni è sottratta alle preclusioni stabilite dagli art. 2722 e 2729 c.c. soltanto nel caso in cui detto patto sia volto a creare obblighi connessi al regolamento contrattuale onde realizzare uno scopo ulteriore in rapporto a quello naturalmente inerente al tipo di contratto stipulato, senza direttamente contraddire il contenuto espresso in tale regolamento, mentre ove il patto si ponga in antitesi con quanto risulta dal contratto la qualificazione dello stesso come fiduciario non è sufficiente a impedire l’applicabilità delle disposizioni che vietano la prova testimoniale dei patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento (cita Cass. 16.992/2007 e Cass. n. 7416/2017); nel caso di specie la prova mirava a dimostrare una situazione di fatto e giuridica esattamente in contrasto con quella del contratto di conto corrente, ovvero la diversa titolarità del medesimo onde non avrebbe potuto essere ammessa. Perciò, considerate le altre risultanze istruttorie ha
respinto la domanda di NOME COGNOME condannandolo a restituire quanto ricevuto.
Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso NOME COGNOME affidandolo a due motivi di cassazione. Ha resistito, con controricorso NOME COGNOME Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Il primo motivo di ricorso denuncia ex art. 360 I comma n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per extrapetizione, avendo la Corte territoriale, in violazione dell’art. 157 c.p.c., erroneamente accolto un’eccezione sull’ammissibilità della prova testimoniale, riservata alla parte e non tempestivamente proposta, in quanto mai sollevata dal sig. COGNOME nel giudizio di primo grado, ove questi aveva basato le sue difese esclusivamente sulla base delle deposizioni testimoniali regolarmente assunte; con ciò contraddicendo un consolidato orientamento di legittimità.
1.1- Il motivo è fondato.
S ul tema dell’inammissibilità della prova testimoniale la giurisprudenza di questa Corte ha affermato principi consolidati, richiamati di recente anche dalle Sezioni Unite (v. sent. n. 9456/2023 in motivazione) che -pronunciatesi con riguardo al tema dell’incapacità del testimone – hanno ribadito alcuni di detti principi, ovvero che:
« I limiti soggettivi ed oggettivi all’ammissibilità della prova testimoniale sono per lo più posti nell’interesse delle parti, non di un interesse che le trascende, del quale il giudice debba ergersi a solerte gendarme, ed il dato normativo non offre univoci elementi tali da dimostrare che il legislatore abbia affidato al giudice un simile compito di controllo, volto all’ottemperanza di un supposto ordine pubblico processuale che innervi nel suo complesso la materia della prova testimonial e»;
b) « Nel campo dei limiti oggettivi alla prova testimoniale, è stato già affermato che solo l’inammissibilità della testimonianza diretta a dimostrare la conclusione di un contratto per il quale la legge richieda la forma scritta ad substantiam è rilevabile d’ufficio, giacché solo in tale ipotesi la norma risponde ad un interesse di rilievo pubblicistico – interesse noto, secondo l’opinione corrente: richiamare l’attenzione dei contraenti sugli effetti dell’atto che stanno compiendo – che, mettendo fuori gioco la volontà delle parti, esiga un controllo officioso sull’ingresso di una prova tesa a confliggere con la previsione cogente dettata dall’ordinamento (Cass., Sez. Un., 5 agosto 2020, n. 16723, ed in precedenza tra le altre Cass. 24 novembre 2015, n. 23934; Cass. 3 giugno 2015, n. 11479; Cass. 8 gennaio 2002, n. 144; Cass. 10 aprile 1990, n. 2988; Cass. 25 marzo 1987, n. 2902 ). Al di fuori di tale ipotesi -hanno affermato le Sezioni Unite – i limiti oggettivi di ammissibilità della prova testimoniale sono dettati da norme di carattere dispositivo e, proprio perché posti nell’interesse delle parti, sono altresì da queste derogabili, anche alla stregua di un accordo implicito desumibile dalla mancata opposizione: sicché la violazione delle formalità stabilite per l’ammissione della prova testimoniale, giacché ritenuta lesiva soltanto di interessi individuali delle parti, rimane affidata al meccanismo dell’articolo 157, comma 2, c.p.c. ».
Anche alla luce di detto arresto, quindi, va ribadito quanto affermato già da tempo da questa Corte, ovvero che l’inammissibilità della prova testimoniale, ai sensi degli artt. 2722 e 2723 cod. civ., derivando non da ragioni di ordine pubblico processuale, quanto dall’esigenza di tutelare interessi di natura privata, non può essere rilevata d’ufficio, ma deve essere eccepita dalla parte interessata, prima dell’ammissione del mezzo istruttorio; pertanto, la loro violazione non solo non può essere rilevata d’ufficio dal giudice, ma neppure è rilevabile dalle parti ove non sia stata dedotta in sede di ammissione della prova, ovvero
nella prima istanza o difesa successiva o, quanto meno, in sede di espletamento della stessa (v. Cass. n. 15554/2003; Cass. n. 9925/2006; Cass. n. 3959/2012; Cass. N. 3956/2018; Cass. n. 18971/2022); qualora, infatti, la prova testimoniale sia stata ammessa nonostante l’eccezione d’inammissibilità della parte controinteressata, quest’ultima ha l’onere di eccepire, ai sensi dell’art. 157 c.p.c., comma 2, la nullità della prova ciò non di meno assunta, nella prima istanza o difesa successiva al compimento dell’atto, o alla notizia di esso, poiché l’eccezione d’inammissibilità, non va confusa con l’altra, quella di nullità, ne’ ad essa può sovrapporsi perché, diverse sono le situazioni di partenza e diversi sono, altresì, gli interessi che vi sottostanno: la prima eccezione, invero, opera ex ante per impedire un atto invalido, la seconda, invece, agisce ex post per evitare che gli effetti di esso si consolidino, quindi, detti interessi -valutabili in senso diacronico possono essere apprezzati in modo differente dalla medesima parte, la quale, valutata la prova, può ritenerne vantaggioso l’esito, che per il principio acquisitivo giova o nuoce indipendentemente da chi abbia dedotto il mezzo istruttorio (cfr. Cass. n. 12784/13, non massimata, Cass. n. 21443/2013; Cass. n. 3763/2018).
Anche detti principi che attengono alle modalità di formulazione dell’eccezione, sono stati peraltro ribaditi dalle Sezioni Unite nella sentenza citata – sia pure con riguardo alla specifica ipotesi di nullità ex art.246 c.p.c., precisando anche -a proposito del fatto che le due (diverse) eccezioni di inammissibilità e nullità, devono essere sollevate entrambe tempestivamente – che non potrebbe « pensarsi ad un’eccezione di nullità – tale essendo il vizio riscontrabile -sollevata soltanto ex post, a seguito dell’assunzione, ma non preceduta dalla preventiva eccezione di incapacità, e ciò perché una simile condotta si scontra con il precetto dell’ultimo comma dell’articolo 157 c.p.c., secondo cui la nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa, né
da quella che vi ha rinunciato anche tacitamente, omettendo, in questo caso, di formulare a suo tempo l’eccezione » e che « L’imposizione di un duplice onere di eccezione, prima dell’ammissione e dopo l’assunzione del mezzo cionondimeno ammesso – che taluno, come si accennava, ha a torto ritenuto irragionevolmente formalistica – si spiega non soltanto in ragione dell’impossibilità logica di configurare un’eccezione di nullità di un atto di là da venire , ma, soprattutto, a tutela dell’interesse della stessa parte che abbia formulato l’eccezione di incapacità a testimoniare, la quale, pure oppostasi inizialmente all’ammissione della testimonianza, deve essere posta in condizione di valutare l’esito dell’assunzione, che ben potrebbe rivelarsi ad essa favorevole (Cass. 15 febbraio 2018, n. 3763; Cass. 19 settembre 2013, n. 21443; Cass. 23 maggio 2013, n. 12784) ».
1.2- Traendo le conclusioni da questi principi nel caso di specie, va, quindi, rilevato che -diversamente da quanto sostiene il controricorrente -è irrilevante che l’inammissibilità della prova testimoniale fosse stata eccepita prima della sua assunzione; ed anche che la denuncia di inammissibilità ex ante fosse stata ribadita anche nella difesa conclusionale, giacchè – anche a voler intendere che con questa dichiarazione la parte avesse inteso far valere la nullità della prova, il che è qui ammesso e non concesso visto che il controricorrente: (i) non precisa ove e come tale inammissibilità sia stata citata nella conclusionale, ben potendo avervi fatto riferimento anche solo in funzione dell’esposizione riassuntiva dello svolgimento del giudizio, come afferma nella memoria il ricorrente; (ii) la parte si è avvalsa dell’esito della prova per le proprie difese -la conclusionale non era la prima occasione utile al rilievo di nullità onde evitare la sanatoria di quest’ultima e il consolidamento dell’atto (l’eccezione di nullità della prova acquisita poteva essere formulata a verbale di udienza subito dopo l’escussione stessa o in sede di udienza di precisazione
delle conclusioni), del cui esito peraltro – come detto -la difesa del sig. COGNOME si è, anzi, avvalsa (come sostiene il ricorrente sul punto non smentito) nello svolgere le difese conclusive per affermare che le deposizioni testimoniali (a cui ha evidentemente così prestato acquiescenza) non erano idonee a dimostrare la tesi attorea.
Pertanto la formulazione dell’eccezione in appello della nullità della sentenza per nullità della prova assunta in primo grado (v. conclusioni appellante riportate in sentenza), era tardiva ed inammissibile a prescindere dalla sua fondatezza o infondatezza; onde la Corte d’Appello, una volta chiamata a pronunciarsi sul punto, avrebbe dovuto rilevare l’irritualità dell’eccezione e la sanatoria della nullità stessa per acquiescenza, essendo questa rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento (v. Cass. n. 10120/2019 in ipotesi di nullità della prova testimoniale per incapacità a testimoniare del teste, confermata dalle Sezioni Unite n. 9456/2023 citata). Il che vale anche a respingere la dedotta inammissibilità del motivo che parte controricorrente invoca per il fatto che « la questione della presunta inammissibilità dell’eccezione viene sollevata per la prima volta pag. 6 della comparsa conclusionale relativa al giudizio d’appello », ritenendo che controparte avrebbe dovuto sollevarla nella comparsa di costituzione e che detta omissione avrebbe sanato « la pretesa decadenza », « posta l’indiscussa riserva alla disponibilità delle parti delle contestazioni relative all’ammissibilità della prova per testi e ai relativi limiti », laddove detto principio nulla c’entra evidentemente con la questione della nullità di un atto processuale, che non è questione riservata alla disponibilità delle parti, attenendo al principio costituzionale del giusto processo.
Pertanto ha errato la Corte laddove ha vagliato l’eccezione di ammissibilità della prova testimoniale assunta in primo grado, concludendo che la stessa non poteva essere ammessa, ed ha deciso di conseguenza -nel merito – che la domanda del Rossi era
risultata indimostrata alla luce del dato contrattuale e delle allegazioni conformi del sig. COGNOME poiché detta eccezione era inammissibile in secondo grado per le ragioni dette ed anche a volerla considerare come eccezione di nullità, era irrituale e tardiva.
2.L’accoglimento del primo motivo di ricorso assorbe l’interesse all’esame del secondo, che denuncia violazione ed erronea applicazione di legge ex art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c. ed errata applicazione degli artt. 2722 e 2729 c.c. relativi all’inammissibilità della prova testimoniale assunta laddove si trattava di provare un atto fiduciario che non era contrario ad alcuna regola giuridica, e non -come erroneamente ritenuto -in contrasto con il contratto scritto, laddove tutta l’istruttoria era diretta a provare che il sig. COGNOME si era impegnato a ritrasferire al sig. COGNOME il denaro di proprietà di quest’ultimo contenuto nel conto a lui intestato circostanza in alcun modo in contrasto con il contenuto del contratto di c/c.
3.- In conclusione il ricorso va accolto con riguardo al primo motivo, assorbito il secondo. La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Venezia in diversa composizione affinchè si attenga ai principi indicati che provvederà anche a regolare le spese della presente fase di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, e rinvia le parti innanzi alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione, che provvederà anche a regolare le spese della presente fase di legittimità.
Cosí deciso in Roma, nella camera di consiglio della I Sez. Civile