Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 16744 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 16744 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. R.G. 3459/2021, proposto da
CENTRO ELABORAZIONE DATI DI COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con domicilio in Petralia SottanaINDIRIZZO.
RICORRENTE
contro
COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con domicilio digitale in atti.
CONTRORICORRENTE
e
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con domicilio in Polizzi Generosa, INDIRIZZO.
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo n. 1278/2020, pubblicata in data 31.8.2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 3.4.2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 642/ 2018, il Tribunale di Termini Imerese ha accolto l’opposizione di NOME COGNOME e ha revocato il
Oggetto: contratto
d’opera
decreto ingiuntivo n. 416/2014 emesso in favore del RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE (da ora CED), ritenendo che le parti non avessero dato prova dell’importo pattuito a titolo di compenso per le attività svolta.
La sentenza è stata confermata in appello.
La Corte di merito ha dichiarato inammissibile la prova testimoniale articolata dalla società creditrice, volta a dimostrare l’ammontare del compenso e l’esecuzione delle prestazioni, dato atto che la relativa eccezione era stata tempestivamente proposta dagli opponenti sia prima che dopo l’assunzione del mezzo istruttorio.
Ha evidenziato che nulla aveva dedotto e provato l’appellante in merito all’idoneità dei fatti emersi dalle testimonianze a costituire prova della fondatezza della pretesa e che la società non aveva indicato la fonte documentale del conferimento dell’incarico professionale, in mancanza del quale non poteva procedersi alla liquidazione del corrispettivo in applicazione delle tariffe.
La cassazione della sentenza è chiesta dal RAGIONE_SOCIALE con ricorso in tre motivi, cui hanno resistito con separati controricorsi NOME COGNOME e NOME COGNOME.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c., sostenendo che, avendo già il Tribunale accertato la sussistenza del rapporto professionale senza che sul punto le controparti avessero proposto impugnazione incidentale, la Corte di appello non poteva riesaminare la questione, essendosi formato il giudicato interno.
Il secondo motivo deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, sostenendo che la prova del conferimento dell’incarico era stata acquisita con la lettera del 23 luglio 2012 con la quale NOME COGNOME, ricevuta la fattura posta a base del decreto
ingiuntivo, aveva sollecitato la ricorrente ad inviare una nuova fattura con l ‘indicazione delle prestazioni svolte dal CED, riconoscendo l’esistenza del rapporto.
Il primo motivo è fondato; la seconda censura è assorbita.
La sentenza di primo grado aveva respinto la domanda di pagamento non già per carenza di prova del rapporto negoziale, che il Tribunale aveva esplicitamente ritenuto sussistente, ma sull’assunto che il CED non avesse dato prova di un accordo sull’ammontare del compenso.
E’ perciò evidente che, in mancanza di impugnazione incidentale, la sussistenza del rapporto non poteva essere rimessa in discussione: la regola della rilevabilità d’ufficio delle questioni, in ogni stato e grado del processo, va coordinata con i principi che governano il sistema delle impugnazioni, nel senso che essa opera solo quando sulle suddette questioni non vi sia stata una statuizione anteriore, mentre, ove questa vi sia stata, i giudici delle fasi successive possono conoscere delle questioni stesse solo se e in quanto siano state riproposte con l’impugnazione, altrimenti si forma il giudicato interno che ne preclude ogni ulteriore esame (Cass. 22207/2017; Cass. 2388/1998).
Il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 111 Cost., 2721 e seguenti, 2697 c.c., 157 c.p.c. e l ‘ omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, evidenziando che l’eccezione di inammissibilità della prova testimoniale non era stata riproposta dopo l’assunzione del mezzo istruttorio alla prima difesa utile, avendo la parte sollevato la relativa contestazione solo nelle note conclusive.
Il quarto motivo denuncia la violazione dell’art. 2721 c.c., sostenendo che la prova testimoniale, vertendo sulla esecuzione
del contratto di incarico e sui comportamenti successivi, non incorreva nel divieto della prova per testi.
I due motivi sono fonRAGIONE_SOCIALE.
La prova per testi era ammissibile relativamente ai capitoli, riportati in ricorso, diretti a dimostrare l’esecuzione del rapporto negoziale e le prestazioni effettuate dal CED, non operando il divieto di cui all’art. 2721 e ss. c.c., non essendo la testimonianza volta a dimostrare, in parte qua, direttamente l’esistenza e il perfezionamento dell’incarico professionale.
Quanto alla prova dei corrispettivi, l’eccezione dei resistenti non era stata riproposta nella prima difesa utile dopo l’assunzione secondo le modalità dettate dall’art. 157 comma secondo, c.c., ma solo nelle note conclusionali, per cui la testimonianza doveva essere valutata, essendo ormai definitivamente acquisita al processo (Cass. s.u. 16723/2020).
Sono, pertanto, accolti i motivi primo, terzo e quarto ed è assorbito il secondo.
La pronuncia è cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie i motivi primo, terzo e quarto, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda