Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 17698 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 17698 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15539/2024 R.G. proposto da :
COGNOME elettivamente domiciliato in NAPOLI INDIRIZZO – DOM. DIGITALE, presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME
-ricorrente-
contro
MINISTERO DELL ‘ INTERNO
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 1369/2024 depositata il 13/05/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il ricorrente, cittadino albanese, propone ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, avverso la sentenza con cui la Corte di Appello di Milano confermava l’ordinanza resa ai sensi dell’art. 702 ter c.p.c. dal Tribunale di Milano in data 04.09.2022 di rigetto del ricorso proposto dal predetto ricorrente avverso il decreto emesso in data 29.07.2022 dal Questore di Como, di reiezione della domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari, in considerazione, tra l’altro della mancata prova della asserita convivenza e vivenza a carico del padre – cittadino italiano con cui l’odierno ricorrente aveva chiesto la coesione.
2.- In particolare la Corte distrettuale, muovendo dal rilievo che il richiedente era cittadino non comunitario, familiare di cittadino italiano, e nel rilevare preliminarmente che la domanda oggetto del giudizio era l’accertamento della sussistenza dei requisiti per ottenere un permesso di soggiorno per motivi familiari, affermava:
che il rigetto della domanda di permesso è stato giustificato dal Questore con la pericolosità sociale dell’appellante e sulla mancata convivenza o vivenza a carico del padre;
che quanto alla prima circostanza, già il giudice di primo grado aveva osservato la carenza di adeguata motivazione in ordine alla valutazione di attualità della pericolosità sociale del ricorrente, onde non si discuteva più di tale requisito, essendo rimasto accertata implicitamente la carenza di tale attualità e non essendo stata appellata l’ordinanza, sul punto, dal Ministero;
che quanto al requisito di convivenza e della vivenza a carico del padre, come giustamente osservato dal giudice di primo grado:
(i) il ricorrente aveva depositato soltanto una dichiarazione rilasciata dal padre priva di qualsiasi valore probatorio perché’ non dedotta nel rispetto delle norme di procedura, e comunque, di contenuto generico, essendo altresì impossibile contestualizzarla, in mancanza di riferimenti temporali; (ii) la norma grava il richiedente
dell’onere di provare il rapporto di parentela entro il secondo grado con il cittadino italiano oltre alla convivenza con lo stesso; (iii) l’art. 30 TUI richiede quale presupposto, oltre agli altri requisiti prescritti dalla legge di natura reddituale e alloggiativa, la regolarità del soggiorno del familiare straniero e, se maggiorenne, che egli sia a carico del cittadino italiano qualora per ragioni oggettive, che devono essere provate, non possa provvedere alle proprie indispensabili esigenze di vita per invalidità totale;
d) che dette prove nella specie non erano state fornite in quanto: le prove orali richieste anche nell’atto di appello, in assenza di qualsiasi riscontro documentale, apparivano generiche e dunque inammissibili; nessun documento era’ stato prodotto a conferma delle spese asseritamente sostenute dal padre a favore del figlio per il suo sostentamento ovvero per l’acquisto di cibo, vestiti, spese mediche ne’ per qualsiasi altra spesa ordinaria o straordinaria; anche la mera affermazione del padre di possedere le disponibilità economiche per provvedere al sostentamento del figlio, contenuta nella nuova versione della dichiarazione di convivenza (essendo quella allegata al ricorso di primo grado palesemente generica, come rilevato dal Tribunale) era risultata una mera allegazione generica, priva di qualsiasi riscontro.
3.Il Ministero dell’Interno e il Prefetto della Provincia di Ragusa sono rimasti intimati.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con l’unico motivo di ricorso, si deduce la violazione degli artt. 24 e 111 Cost., nonché degli artt. 115, 116, 177, 187, 188, 189 e 244 cod. proc. civ. in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c, relativamente alla mancata ammissione delle prove testimoniali richieste, violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 356 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.; nullità processuale, ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c.; un vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c.
Deduce il ricorrente -formulando in realtà quattro diversi motivi di impugnazione -che la Corte distrettuale avrebbe erroneamente ritenuto che l’odierno ricorrente non fosse nelle condizioni di invocare il riconoscimento del diritto alla coesione familiare, poiché
a) avrebbe negato la prova testimoniale sul presupposto che la stessa non fosse sorretta da elementi probatori di natura documentale, così facendo scorretta applicazione del principio per il quale « il giudizio di rilevanza della prova non può essere condizionato dalla mancanza di riscontri documentali dei fatti da accertare, ma va effettuata esclusivamente sulla base del contenuto dei capitoli di prova in rapporto ai termini della controversia (Cass. Civ. 20884/2023 Cass. 266/1976; Cass. 1137/1973; Cass. 1607/1972; Cass. 2784/1970; Cass. 650/1966 »), laddove avrebbe dovuto apprezzare e valutare i capitoli di prova esprimendo un giudizio circa la loro rilevanza rispetto ai fatti che si volevano accertare; riporta, quindi, il ricorrente, i capitoli di prova da sottoporre al padre e al fratello e alla sorella, di cui aveva richiesto l’ammissione, evidenziando che ogni capo tendeva a dare la prova sia della convivenza e sia della vivenza a carico, sicché, ove ammessi, avrebbero orientato la Corte di Appello nel senso dell’accoglimento del gravame, con il consequenziale accoglimento della domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari;
b) omettendo la prova testimoniale non avrebbe motivato su un punto decisivo della controversia, senza che rilevi la verifica di ammissibilità per cui detta prova in concreto fosse idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, ( Cass. n.16435/2021), giacché nella specie mancavano ulteriori risultanze istruttorie di segno contrario;
il giudice d’appello avrebbe, altresì, violato il principio di legittimità secondo cui « il giudice non può, senza contraddirsi, imputare alla parte di non assolvere all’onere di provare i fatti costitutivi della domanda, e poi negarle la prova offerta (per tutte Cass. Civ. Sent. n. 9249/2015) »
1.1- Il motivo è fondato nei limiti di cui in motivazione. Va premesso per chiarezza del contesto normativo a cui andrebbe riferito nella specie il thema probandi che, trattandosi (come si dice in atti) di familiare straniero di cittadino italiano e non di ricongiungimento familiare di uno straniero o di coesione familiare tra cittadini stranieri, si applicherebbero nella specie non l’art. 29 e l’art. 30 d.lgs n.286 del 1998, bensì l’art. 2 d.lgs n. 30/2027 e l’art. 19 c.2 lettera c) d.lgs n.286 del 1998 .
Ciò precisato si osserva che – come si desume dalla sintesi che precede nella ricostruzione in fatto della controversia – il giudice d’appello ha ritenuto di condividere il ragionamento decisorio del Tribunale riguardo al fatto che l’odierno ricorrente non avesse provato i fatti costitutivi del diritto invocato (il riconoscimento del diritto alla coesione familiare); invero, precisato che nel grado si discuteva solo della convivenza e vivenza a carico, ha affermato, a proposito delle prove orali richieste e non ammesse su cui la parte appellante insisteva, che come già ritenuto dal giudice di prime cure, queste apparivano «generiche quindi inammissibili» in mancanza di documenti che confermassero le spese asseritamente sostenute dal padre per qualsiasi esigenza ordinaria o straordinaria, e che era irrilevante il fatto che il padre avesse affermato di possedere le disponibilità economiche per provvedere al sostentamento del figlio trattandosi di allegazione generica, priva di qualsiasi riscontro.
Quindi la ragione di inammissibilità delle prove orali richieste viene riposta nel fatto che, avendo ad oggetto circostanze non sorrette da alcuna documentazione, il riscontro che le
testimonianze dei familiari avrebbero offerto di dette circostanze sarebbe rimasto, comunque, del tutto generico ed inidoneo a sorreggere la decisione.
1.2 -Detto ragionamento non può essere condiviso in quantocome dedotto dal ricorrente è affetto da violazione di legge.
Premesso che il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti, le quali hanno il diritto ex art. 155 c.p.c. di provare le allegazioni e deduzioni in fatto.
1.3 A proposito della valutazione che il giudice di merito è chiamato a svolgere a fronte delle richieste istruttorie delle parti, vanno ricordati e ribaditi gli arresti consolidati della giurisprudenza di questa Corte per cui « Il giudizio di rilevanza della prova non può essere condizionato dalla mancanza di riscontri documentali dei fatti da accertare, ma va effettuata esclusivamente sulla base del contenuto dei capitoli di prova in rapporto ai termini della controversia (Cass. 266/1976; Cass. 1137/1973; Cass. 1607/1972; Cass. 2784/1970; Cass. 650/1966) »; né « L’ammissione di una prova testimoniale può essere negata in considerazione del suo probabile esito negativo, per l’inverosimiglianza del fatto che si intende provare o per una pretesa inidoneità del teste a fare un resoconto preciso su di esso (Cass. 5313/1998; Cass. 9640/1999; Cass. 7146/2004) . (v. Cass. n. 20884 del 2023).
1.4- In altre parole il giudice di merito ha certamente il potere ed il dovere di verificare non solo l’ammissibilità della prova, ma anche la sua rilevanza (che attiene alla utilità della prova per il caso da decidere), la quale, però, può essere esclusa sia quando il mezzo di prova tende a provare circostanze pacifiche o fatti non contestati, sia quando in atti sussistono elementi sufficienti a dimostrare i fatti di cui si vuole fornire la prova, poiché in tali casi la proava si rivela superflua; mentre è principio note e consolidato che « la valutazione circa la rilevanza o meno di una prova non può riguardare la verosimiglianza dei fatti articolati ne’ la probabilità di un esito
positivo della prova stessa, ma la sua idoneità astratta a dimostrare la fondatezza della domanda, cioè la sua influenza ai fini della decisione » (Cass. n. 5448/93, conforme alla precedente Cass. n. 1843/1979, e confermata tra quelle massimate da Cass. n. 9117/1995; Cass. n.5313/1998; Cass. n. 9640/1999). Infatti, il giudice di merito può valutare, secondo il suo prudente apprezzamento (ex art. 116 cod. proc. civ.), l’attendibilità delle dichiarazioni rese dal testimone così come l’efficacia probatoria delle stesse ai fini del suo convincimento solo una volta che la prova sia stata assunta, dovendo, escludersi che detto apprezzamento possa rientrare nel giudizio di ammissibilità e rilevanza dei mezzi di prova, di cui al primo comma dell’art. 184 c.p.c. « poiché l’ammissibilità attiene al rispetto delle norme che stabiliscono modalità e limiti di deduzione del singolo mezzo di prova, e nessuna norma vieta di assumere un teste solo perché ritenuto inidoneo a rendere una rappresentazione precisa delle circostanze oggetto di prova, mentre la rilevanza concerne il nesso tra i fatti da provare ed il riconoscimento della fondatezza della domanda o dell’eccezione » (Cass. n. 9640/1999).
Ne consegue che l’ammissione di una prova testimoniale non può negarsi in considerazione del suo probabile esito negativo o per una pretesa inidoneità del teste a fare un resoconto preciso su di esso, o – come è avvenuto nel caso di specie -perché, anche laddove le dichiarazioni dei testi avessero confermato i fatti che la parte intendeva provare, detto esito sarebbe ritenuto generico ed irrilevante in mancanza di documentazione di riscontro. In casi siffatti -ed in quello di specie per quanto qui rileva – il giudice svolge un ragionamento di merito sull’ammissibilità non corretto in diritto, poiché una cosa è il sindacato di ammissibilità della prova orale che va effettuato ex ante con i criteri predetti, ed altra la valutazione del risultato della stessa che non può che avvenire ex
post , all’esito del suo espletamento ed alla luce delle complessive risultanze istruttorie.
1.4- Nel caso di specie il giudizio di genericità non si è fondato sull’esame dei capitoli ma su un elemento estrinseco ovvero la carenza di prove documentali; ma la prova orale non è destinata ad avere solo efficacia integrativa giacché può essere l’unico veicolo di prova dei fatti ove non vi siano documenti. Perciò la Corte d’appe llo ha effettivamente errato nel ritenere che la prova testimoniale fosse inammissibile sulla base del fatto che le circostanze che la parte onerata intendeva provare non risultavano riscontrate da documenti, poiché ha negato l’ingresso a prove orali partendo dal l’erroneo rilievo che, di per sé, non avrebbero potuto essere sufficienti, laddove detta valutazione poteva avvenire solo ex post , all’esito del loro espletamento, secondo il criterio del suo « prudente apprezzamento » di cui all’art. 116 c.p.c.
-Il ricorso va quindi accolto, e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di Milano che, in altra composizione, provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione