Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8518 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8518 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26239/2021 R.G. proposto da:
FUSION DI COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di CASTROVILLARI n. 286/2021 depositata il 15/03/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/01/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La presente controversia trae origine dal ricorso per decreto ingiuntivo promosso dalla RAGIONE_SOCIALE NOME RAGIONE_SOCIALE per il pagamento di una fattura emessa per il servizio di ristorazione fornito al RAGIONE_SOCIALE.
Il Giudice di Pace di Rossano, con sentenza n. 1097/2017, rigettava l’opposizione del RAGIONE_SOCIALE e confermava il Decreto ingiuntivo.
Il RAGIONE_SOCIALE proponeva appello deducendo l’erronea valutazione delle prove in quanto le risultanze istruttorie acquisite non avrebbero dimostrato la fondatezza della pretesa azionata.
Il Tribunale di Castrovillari, con sentenza n. 286/2021 del 15 marzo 2021, in totale riforma della sentenza impugnata, revocava il decreto ingiuntivo opposto condannando la RAGIONE_SOCIALE alle spese.
Propone ricorso in cassazione RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME, sulla base di quattro motivi.
Resiste con controricorso il RAGIONE_SOCIALE.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 2721, 2726 e 2724 c.c.
Lamenta che la prova per testi disposta ed assunta dal giudice del gravame era da considerarsi inammissibile e che la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere ‘il prospetto’ un documento da considerarsi ‘principio di prova per iscritto’;
4.2. Con il secondo motivo denuncia la errata valutazione delle prove (art. 360 co. 1 n. 4 c.p.c. in relazione all’art. 116 e 246
c.p.c.) -per non aver chiarito perché la deposizione testimoniale fosse da considerarsi ‘credibile’ sebbene lo stesso avesse dichiarato di essere un associato del RAGIONE_SOCIALE e di non aver visto la dazione di denaro.
4.3. Con il terzo motivo denuncia la insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo della controversia (art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c. in relazione all’art. 221 e ss. c.p.c. ed in relazione all’art. 2697 c.c.).
Il Giudice del gravame non ha considerato che il COGNOME ha sempre dichiarato di non aver mai sottoscritto il prospetto per la ricezione di acconti, ma ha sottoscritto unicamente la conferma del numero degli studenti presenti a cena. Tale prospetto non poteva essere oggetto di querela di falso non avendo i contenuti minimi e non poteva costituire documento con fede privilegiata.
4.4. Con il quarto motivo denuncia la insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo della controversia (art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c. in relazione all’art. 92 c.p.c.).
La Corte territoriale avrebbe errato nel regolare le spese processuali alla luce del completo accoglimento dell’appello.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile in quanto è stato formulato in modo non conforme alle prescrizioni dettate dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6 c.p.c., stante l’inosservanza dei principi di specificità, anche declinato secondo le indicazioni della sentenza CEDU 28 ottobre 2021, Succi e altri c/ Italia, la quale ha ribadito, in sintesi, che il fine legittimo, in linea generale ed astratta, del principio di autosufficienza del ricorso è la semplificazione dell’attività del giudice di legittimità unitamente alla garanzia della certezza del diritto e alla corretta amministrazione della giustizia, (ai p.ti 74 e 75 in motivazione), investendo questa Corte del compito di non farne una interpretazione troppo formale che limiti il diritto di accesso ad un organo giudiziario (al p.to 81 in motivazione), esso (il principio di autosufficienza) può dirsi
soddisfatto solo se la parte riproduce il contenuto del documento o degli atti processuali su cui si fonda il ricorso e se sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (così Cass., Sez. Un., 18/03/2022, n. 8950): requisito che può essere concretamente soddisfatto ‘anche’ fornendo nel ricorso, in ottemperanza dell’art. 369, comma 2°, n. 4 cod. proc. civ., i riferimenti idonei ad identificare la fase del processo di merito in cui siano stati prodotti o formati rispettivamente, i documenti e gli atti processuali su cui il ricorso si fonda’ (Cass. 19/04/2022, n. 12481);
Qualunque sia il tipo di errore denunciato ( in procedendo o in iudicando ), il ricorrente ha l’onere di indicare specificatamente, a pena di inammissibilità, i motivi di impugnazione, esplicandone il contenuto e individuando, in modo puntuale, gli atti processuali e i documenti sui quali il ricorso si fonda, oltre ai fatti che potevano condurre, se adeguatamente considerati, ad una diversa decisione. E ciò perché il ricorso deve ‘contenere, in sé, tutti gli elementi che diano al giudice di legittimità la possibilità di provvedere al diretto controllo della decisività dei punti controversi e della correttezza e sufficienza della motivazione della decisione impugnata’ (v. Cass. civ., Sez. III, Ord., 8/08/2023, n. 24179; Cass. civ., Sez. III, Ord., 13/07/2023, n. 20139; Cass. civ., Sez. V, Ord., 10/07/2023, n. 19524; Cass. civ., Sez. V, Ord., 22/06/2023, n. 17983; Cass. civ., Sez. I, Ord., 25/05/2023, n. 14595; Cass. civ., Sez. III, Ord., 14/02/2023, n. 4571; Cass. civ., Sez. V, 20/07/2022, n. 22680; Cass. civ., Sez. 1, 19/04/2022, n. 12481; Cass. civ., Sez. V, Ord., 13/01/2021, n. 342; Cass. civ., Sez. 1, 10/12/2020, n. 28184; Cass. civ., SS. UU., 27/12/2019, n. 34469).
Proprio perché se si muove dalla premessa che i limiti di ammissibilità della prova testimoniale, ex art. 2721 cod. civ., non attengono all’ordine pubblico, ma sono dettati nell’esclusivo interesse delle parti private, con la conseguenza che la prova deve
ritenersi ritualmente acquisita, ove la parte interessata non ne abbia tempestivamente eccepito l’inammissibilità in sede di assunzione o nella prima difesa successiva (Cass. Sez. 1, ord. 19 febbraio 2018, n. 3956, Rv. 647235-01), costituiva onere dell’odierno ricorrente dimostrare – ciò che, nella specie, non risulta avvenuto – di aver formulato l’eccezione senza ritardo; di talché, in assenza di tale dimostrazione, il motivo va ritenuto inammissibile. Inoltre, la RAGIONE_SOCIALE non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata dove a pag. 3 afferma che la ricorrente non ha dimostrato il numero di pasti che ha somministrato alla Scuola. Ciò si evince dal prospetto depositato dalla Scuola e mai disconosciuto dalla ricorrente che non ha mai proposto querela di falso al fine di contestare eventuali alterazioni del contenuto dello stesso. E sulla base di tale prospetto ha trovato poi ingresso la prova testimoniale (cfr. pag. 3 sentenza) consentita ai sensi dell’art. 2724 1. C. c.c. perché finalizzata a confermare il documento sottoscritto (Cass. 7093/2017).
5.1 . Il secondo e terzo motivo, congiuntamente esaminati, sono inammissibili.
Le censure sollevate mirano esclusivamente ad accreditare una ricostruzione della vicenda e, soprattutto, un apprezzamento delle prove raccolte del tutto divergente da quello compiuto dai giudici di merito. E’ noto, infatti, che nel giudizio di legittimità non sono proponibili censure dirette a provocare una nuova valutazione delle risultanze processuali, diversa da quella espressa dal giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze che ritenga più attendibili ed idonee nella formazione dello stesso, essendo sufficiente, al fine della congruità della motivazione del relativo apprezzamento, che da questa risulti che il convincimento nell’accertamento dei fatti su cui giudicare si sia realizzato attraverso una valutazione dei vari elementi probatori acquisiti. Non essendo questa Corte giudice sul fatto, il ricorrente
non può pertanto limitarsi a prospettare una lettura delle prove ed una ricostruzione dei fatti diversa da quella compiuta dal giudice di merito, svalutando taluni elementi o valorizzando altri ovvero dando ad essi un diverso significato, senza dedurre specifiche violazioni di legge ovvero incongruenze di motivazione tali da rivelare una difformità evidente della valutazione compiuta dal giudice rispetto al corrispondente modello normativo. Questa Corte ha invero già avuto modo, anche di recente, di osservare che il vizio di motivazione può essere dedotto in sede di legittimità e sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulti dalla sentenza, sia riscontrabile il deficiente esame di punti decisivi della controversia e non può, invece, consistere in un apprezzamento in senso difforme da quello preteso dalla parte.
Né il giudice del merito, che attinga il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, è tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (cfr., tra le più recenti, Cass. civ. Sez. I, 19/06/2019, n. 16497).
Ciò che rileva in questa sede è che la motivazione non sia viziata.
5.2. Il quarto motivo è infondato.
Il criterio per valutare la soccombenza ai fini della condanna alle spese di lite è quello della causalità rispetto al giudizio: si considera cioè soccombente la parte che con il suo comportamento ha dato causa alla lite giudiziaria, rendendo necessario l’accertamento giudiziale (Cass. n. 1572/2018).
All’ inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore del controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi
euro 1.700,00, di cui euro 1.500,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore del controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza