Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 27127 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 27127 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso 18615-2021 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nella qualità di titolare dell’omonima ditta individuale, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE – ISTITUTO RAGIONE_SOCIALE – Società di Cartolarizzazione dei RAGIONE_SOCIALE, AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE;
– intimati – avverso la sentenza n. 1551/2020 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 05/01/2021 R.G.N. 580/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
26/09/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
Oggetto
R.G.N. 18615/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 26/09/2025
CC
Con sentenza del giorno 5.1.2021 n. 1551, la Corte d’appello di Bari accoglieva parzialmente -in sede di rinvio – il gravame proposto da COGNOME NOME avverso la sentenza del tribunale di Bari che aveva rigettato l’opposizione proposta da que st’ultimo avverso la cartella esattoriale con cui gli era stato ingiunto il pagamento di contributi omessi in danno di taluni lavoratori con riferimento al periodo dal 1/1996 al 5/2000, come da contestazione riveniente da precedente verbale ispettivo.
Il tribunale aveva rigettato l’opposizione, perché aveva inteso valorizzare il contenuto del verbale ispettivo nonché le dichiarazioni rese agli ispettori dai lavoratori nell’immediatezza dell’accertamento, particolarmente attendibili, perché rese in assenza di condizionamenti datoriali.
La Corte d’appello aveva respinto l’impugnazione del COGNOME, confermando la sentenza di primo grado.
La Corte di Cassazione accoglieva, in parte, l’impugnazione del COGNOME, in punto di prescrizione, trattandosi di materia sottratta alla disponibilità delle parti e, quindi, rilevabile d’ufficio dal giudice ed anche in tema di erroneo utilizzo del principio di non contestazione sulla cui base non erano state ammesse le prove orali che erano state ritualmente richieste dal contribuente, all’udienza ex art. 420 c.p.c., rinviando per un nuovo esame alla Corte d’appello di Bari.
Riassunto il giudizio in sede di rinvio, la Corte d’appello riteneva non dovuta la contribuzione richiesta dall’Inps relativamente al solo 1996 (sussistendo atti interruttivi della prescrizione per le annualità successive), in quanto annualità prescritta e ritenendo per resto provata la pretesa contributiva dell’Inps, in quanto la prova testimoniale articolata dalla parte privata era inammissibile perché generica e/o nuova.
Avverso tale sentenza, COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sei motivi, illustrati da memoria, mentre l’Inps e l’Agenzia delle Entrate riscossione non hanno spiegato difese scritte.
Il Collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della presente decisione in camera di consiglio.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare dell’art. 384 c.p.c., per violazione del principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione con rinvio, in particolare, perché la Corte di Cassazione aveva già vagliato la prova orale proposta dal COGNOME, ritenendola ammissibile, mentre la Corte d’appello, in sede di rinvio, l’aveva ritenuta inammissibile perché nuova e/o generica.
Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 116 c.p.c., perché l’Inps aveva l’onere di provare i fatti oggetto dei verbali di accertamento, perché le sole dichiarazioni rese dai lavoratori interessati, nel corso delle indagini ispettive, non potevano ritenersi idonee a provare i fatti dedotti.
Con il terzo motivo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 primo comma n. 5 c.p.c., perché le dichiarazioni rese dai lavoratori erano contraddittorie e insufficienti a provare i fatti oggetto del verbale opposto.
Con il quarto motivo di ricorso, in via subordinata, il ricorrente deduce il vizio di nullità della sentenza, per violazione degli artt. 420 e 437 c.p.c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., per la mancata ammissione delle richieste istruttorie.
Con il quinto motivo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di nullità della sentenza, per violazione dell’art. 112 c.p.c., perché il giudice di primo grado aveva ritenuto che le circostanze riportate nella memoria di costituzione dell’Inps non erano st ate oggetto di specifica contestazione da parte della difesa del ricorrente (in punto di decorrenza del rapporto, orario di lavoro, ed altre modalità di effettuazione della prestazione), nella prima udienza di discussione dell’8.6.07 e tale questione era a ltresì rimasta assorbita nel giudizio di cassazione con rinvio.
Con il sesto motivo di ricorso, il ricorrente deduce sia il vizio di nullità della sentenza, per omessa pronuncia, in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., in ordine alla contestazione in merito al quantum debeatur , sia il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., sempre in riferimento al profilo del quantum debeatur .
In via preliminare, pur non essendo stata posta alcuna questione al riguardo, il Collegio rileva che il Presidente del collegio la dott.ssa NOME COGNOME consigliere di questa Sezione Lavoro, componeva il Collegio decidente, nell’udienza del 3/12/2019, a seguito della quale venne emanata la sentenza n. 5416 del 27/02/2020, di cassazione con rinvio della prima sentenza della Corte di Appello di Genova, la n. 4616/2013.
Ciò posto il Collegio non ritiene di ravvisare ragioni che possano condurre all’astensione, atteso che la partecipazione al giudizio di legittimità che abbia deciso nel senso della cassazione con rinvio non radica pregiudizio alla terzietà del magistrato (inteso quale persona fisica) chiamato nuovamente a comporre il Collegio, trattandosi in ogni caso di giudizio vertente sull’applicazione di norme di diritto e non di accertamento di fatti (Cass. n. 14655 del 18/07/2016 Rv. 640587-01): “Il
collegio che giudichi del ricorso per cassazione proposto avverso sentenza pronunciata dal giudice di rinvio può essere composto anche da magistrati che abbiano partecipato al precedente giudizio conclusosi con la sentenza di annullamento, senza che sussista alcun obbligo di astensione a loro carico ex art. 51 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto tale partecipazione non determina alcuna compromissione dei requisiti di imparzialità e terzietà del giudice, e ciò a prescindere dalla natura del vizio che ha determinato la pronuncia di annullamento, che può consistere indifferentemente in un “error in procedendo” o in un “error in iudicando”, atteso che, anche in quest’ultima ipotesi, il sindacato è esclusivamente di legalità, riguardando l’interpretazione della norma ovvero la verifica del suo ambito di applicazione, al fine della sussunzione della fattispecie concreta, come delineata dal giudice di merito, in quella astratta”.
Il primo motivo è infondato, in quanto la dichiarazione di genericità o non conformità, ex art. 244 c.p.c., dei capitoli di prova formulati in primo grado, così come espressa dalla Corte del merito, non viola il principio di diritto fissato dalla Cassazione in sede rescindente, ex art. 384 c.p.c., che aveva, invece, statuito che i capitoli di prova risultavano tempestivi perché già articolati all’udienza, ex art. 420 c.p.c., tenutasi in data 8.6.07, davanti al giudice di prime cure, senza alcun rilievo della asserita mancata contestazione da parte dell’opponente dei fatti costitutivi della pretesa contributiva contenuti nel verbale ispettivo.
Nella specie, invece, il ricorrente non ha censurato la statuizione del giudice del rinvio in riferimento all’assenza di genericità dei capitoli di prova, ex art. 244 c.p.c., infatti, la Corte d’appello si è nuovamente e differentemente pronunciata sui medesimi
capitoli di prova, e il ricorrente non ha attaccato la nuova statuizione sulla inammissibilità dei medesimi capitoli per genericità e non conformità alle prescrizioni di cui all’art. 244 c.p.c., argomentando sulla loro effettiva specificità.
I mezzi d’impugnazione da due a cinque sono inammissibili, perché tendono a sollecitare una nuova valutazione delle istanze istruttorie, circostanza non deducibile nel presente giudizio di legittimità ed inoltre il terzo motivo è, altresì, inammissibile, ex art. 348 ter c.p.c., trattandosi di doppia decisione ‘conforme’ sugli stessi fatti, con assorbimento dei restanti motivi attinenti al quantum debeatur .
Non si fa luogo a liquidazione delle spese, in quanto l’Inps non ha spiegato difese scritte.
Sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, rispetto a quello già versato a titolo di contributo unificato, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 26.9.2025
Il Presidente
NOME COGNOME