Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 2644 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2   Num. 2644  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8281/2021 R.G. proposto da: COGNOME  NOME,  domiciliato ex  lege in  ROMA,  INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso  dagli  avvocati  COGNOME,  NOME, COGNOME NOME;
– ricorrente-
contro
NOME  COGNOME,  domiciliato ex  lege in  ROMA,  INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME;
– controricorrente-
avverso la SENTENZA  della CORTE  D’APPELLO  CATANZARO  n. 1788/2020 depositata il 29/12/2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/06/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
 COGNOME  NOME  conveniva  dinanzi  al  Tribunale  di  Rossano NOME  NOME,  esponendo  di  aver  acquistato  dal  NOME,  nel  1995,
un’autovettura Opel Corsa usata di provenienza estera, al prezzo di L.12.700.000, pagato con due diversi assegni bancari consegnati al COGNOME. L’autovettura veniva immatricolata a Napoli, NOME COGNOME consegnava il libretto di circolazione a NOME COGNOME ma non avrebbe mai consegnato il certificato di proprietà. Stante l’inutilizzabilità del veicolo, NOME COGNOME riconsegnava al venditore l’autovettura, chiedeva al Tribunale di Rossano la risoluzione del contratto di compravendita e il conseguente risarcimento del danno.
1.1. Il Tribunale di Rossano, nelle more accorpato dal Tribunale di Castrovillari, rigettava la domanda sostenendo che l’attore non aveva fornito la prova scritta del contratto di compravendita posto a fondamento della pretesa azionata, che avrebbe acquistato direttamente l’autovettura dalla concessionaria tedesca e direttamente provveduto all’iscrizione della vettura presso il PRA; dichiarava, altresì, inammissibile la prova testimoniale dedotta a supporto della domanda attorea in violazione degli artt. 2721 ss. cod. civ., in quanto avente ad oggetto la dimostrazione dell’esistenza di un contratto.
 NOME  COGNOME  impugnava  la  decisione  innanzi  alla  Corte d’Appello di Catanzaro, che rigettava il gravame così argomentando, per quel che qui ancora rileva:
premesso che si profila corretta la qualificazione giuridica della domanda proposta dal COGNOME come domanda di risoluzione contrattuale, nel caso di specie la documentazione prodotta ha fatto chiaramente emergere il dato che tra NOME COGNOME e NOME COGNOME non è stato stipulato alcun contratto di compravendita avente ad oggetto la vettura per cui è causa, essendo il contratto di acquisto dell’auto intervenuto direttamente tra l’appellante e la concessionaria tedesca;
-il  contratto  d’acquisto,  prodotto in lingua tedesca e tradotto in lingua  italiana  con  espletamento  di  CTU,  contiene  l’indicativo  del
NOME COGNOME quale acquirente e risulta sottoscritto da tale NOME COGNOME:  pertanto,  correttamente  il  Tribunale  ha  relegato  il  ruolo dell’appellato a quello di mero intermediario;
-quanto alla disciplina sostanziale della prova testimoniale contenuta nel codice civile, il Tribunale ha fatto corretta applicazione dei  principi  precisati  dalla  Corte  di  legittimità,  in  virtù  dei  quali  ove venga in essere la contestazione dell’esistenza del contratto, e non il mero fatto storico della sua stipulazione, la prova per testi è vietata ai sensi degli artt. 2721 ss. cod. civ.
Avverso detta pronuncia NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, affidandolo a due motivi.
Si difendeva NOME depositando controricorso.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione delle norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ. Illegittimità e rilevata nullità della sentenza per violazione dell’art. 111 Cost., degli artt. 2721, 2724 e 2725 cod. civ. e dell’art. 157 cod. proc. civ. Premesso che la prova orale di cui si discute conduce a dimostrare l’avvenuta compravendita della vettura Opel Corsa intercorsa tra NOME e COGNOME, il ricorrente lamenta l’illegittimità della rilevazione d’ufficio dell’inammissibilità della prova testimoniale sostenuta dal giudice d’appello. La Suprema Corte di Cassazione ha sempre affermato che le limitazioni poste degli artt. 2721 ss. cod. civ. (Cass. Sez. U, n. 16723 del 05.08.2020) circa l’ammissibilità della prova testimoniale non attengono a ragioni di ordine pubblico, ma sono dettate a tutela di interessi di natura privatistica: se ne deduce che la violazione delle suddette norme non poteva essere rilevata d’ufficio dal giudice; anche le parti avrebbero potuto opporsi alla richiesta di ammissione della prova, ma qualora -nonostante la preventiva eccezione di
inammissibilità – la prova testimoniale fosse stata ugualmente assunta, la correlata nullità doveva essere opposta dalla medesima parte nel cui interesse  sostanziale  è  stabilito  il  requisito  inosservato,  secondo  la scansione articolata all’art. 157, comma 2, cod. proc. civ., verificandosene in difetto la sanatoria. Quanto detto vale a maggior ragione, se si tratta di contratti per i quali non è richiesta la forma ad substantiam ma solo quella ad probationem , come nel caso di specie.
1.1. Il motivo è inammissibile.
E’ sufficiente a riguardo rilevare che la Corte del merito, dopo avere ritenuto inammissibile la prova testimoniale assunta, ha aggiunto, a pag.9, che ‘in ogni caso’, stante il forte elemento indiziario costituito dal  contratto,  pur  avente  solo  efficacia  probatoria  e  non  costitutiva, non influivano in alcun modo le “generiche deposizioni dei testi’.
La Corte territoriale si è quindi espressa anche per l’inconferenza della prova testimoniale espletata e tale specifica e concorrente ratio decidendi non è stata impugnata dal ricorrente.
Si ricorda, invero, al riguardo il principio consolidato, secondo cui, ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza ( tra le tante, Cass. 16 luglio 2020, n.17182; Cass.18 aprile 2019, n. 10815; Cass. 15 marzo 2019, n. 7499; Cass. 13 giugno 2018, n. 15399; Cass. 18 aprile 2017, n. 9752; Cass. 14 febbraio 2012, n. 2108).
Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione delle norme di diritto ex art. 360, comma 1, nn. 3), 4) e 5) cod. proc.
civ. – Vizio di motivazione per omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione – motivazione assente, apparente, manifestamente ed irriducibilmente contraddittoria, perplessa od incomprensibile -violazione degli artt. 111, comma 6, Cost., 132, comma 2, n. 4) cod. proc. civ., 116 cod. proc. civ., 2697, comma 2, cod. civ. Nel caso che ci occupa, la sentenza è colpita da nullità perché la motivazione è del tutto assente, ovvero perplessa ed obiettivamente incomprensibile, meramente apparente: la motivazione addotta dal giudice è tale da non consentire di comprendere le ragioni della sua genesi e l’ iter logico seguito per pervenire al risultato enunciato. Il giudice d’appello ha asserito che non si può dubitare del fatto che NOME COGNOME fosse un mero intermediario, e che non si può dubitare del fatto che egli non avesse incassato gli assegni ricevuti dal COGNOME: in realtà, è rimasto del tutto indimostrato nel corso del giudizio chi fosse stato il diverso beneficiario dei due assegni emessi dal COGNOME, quale relativa quietanza anche di natura fiscale fosse stata a riguardo rilasciata per la somma incassata di vecchie L.12.700.000, ovvero quale altra diversa destinazione e causale gli stessi assegni avrebbero avuto. Inoltre, il contratto di compravendita allegato da parte convenuta, scritto in tedesco e poi tradotto in italiano dal nominato CTU, risulta intestato come parte acquirente a NOME COGNOME, ma sottoscritto inequivocabilmente da tal NOME COGNOME: ebbene, riguardo a tale atto la Corte d’Appello afferma incomprensibilmente che fu il COGNOME ad aver acquistato direttamente la vettura di cui si discute, senza però spiegare nella dovuta maniera su quali basi si fonda il suo discutibile iter argomentativo.
2.1.  Il  motivo  è  in  parte  inammissibile,  in  parte  infondato. E’ inammissibile con riferimento al n. 5) dell’art. 360, comma 1, nn. 3), 4)  e  5)  cod.  proc.  civ.:  v a  rilevato  che,  nell’ipotesi  di  «doppia
conforme», prevista dall’art. 348 -ter , comma 5, cod. proc. civ. (applicabile, ai sensi dell’art. 54, comma 2, del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012, e quindi applicabile anche al giudizio in esame introdotto con atto di citazione in appello notificato il 02.12.2016), il ricorrente per cassazione, al fine di evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5), cod. proc. civ. per difetto di specificità, deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro d iverse ( ex plurimis : Cass. Sez. 6-2, n. 8320 del 2022-Rv. 664432 – 01; Cass., Sez. 3, 14.07.2022, n. 22244; Cass., Sez. L, 20.07.2022, n. 22782; Cass., Sez. 6-2, 15.03.2022, n. 8320; Cass., Sez. L, 06.08.2019, n. 20994). Nella specie, il ricorrente non ha indicato le ragioni di diversità fra le due pronunce e, inoltre, non ha minimamente richiamato il fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti il cui esame sarebbe stato omesso dalla Corte distrettuale.
2.2. Il motivo è infondato nella parte in cui deduce un vizio di motivazione apparente o addirittura assente: la costante giurisprudenza di legittimità ritiene che il vizio ricorre quando la motivazione, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (v. tra le tante: Cass Sez. U, Ordinanza n. 2767 del 30/01/2023, Rv. 666639 -01; Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 23123 del 28/07/2023, Rv. 668609 -01; Cass.
Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022, Rv. 664061; Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 13977 del 23/05/2019, Rv. 654145; Cass. Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526; Cass. Sez. U, Sentenza n. 16599 del 2016). Nel caso di specie, la Corte distrettuale ha ritenuto di escludere la sussistenza di un contratto di compravendita intercorso tra il COGNOME e il NOME sulla base delle risultanze documentali disponibili (v. sentenza p. 8, 1° capoverso; p. 9, penultimo capoverso): con ciò chiarendo perché fu il COGNOME ad aver acquistato direttamente la vettura di cui si discute dalla concessionaria tedesca, senza che in questa sede possa ancora essere sindacata tale deduzione logica.
In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso, liquida le spese secondo soccombenza come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso, condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore del controricorrente, che liquida in €2.200,00 per compensi, oltre ad €200,00 per esborsi e agli accessori di le gge nella misura del 15%.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma  1quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così  deciso  in  Roma,  nella  camera  di  consiglio  della  Seconda