Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 238 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 238 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 13299/2019) proposto da:
Impresa individuale RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA, in persona del suo titolare COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE, nella qualità di subentrante nell’attività della cessata RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA, in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende, unitamente agli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura in calce al controricorso con ricorso incidentale condizionato;
-controricorrente e ricorrente incidentale –
R.G.N. 13299/19
C.C. 21/11/2024
Vendita – Pagamento prezzo – Garanzia per vizi Riduzione del
prezzo
avverso la sentenza della Corte d’appello di Brescia n. 321/2018, pubblicata il 15 marzo 2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21 novembre 2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
lette le memorie illustrative depositate nell’interesse delle parti, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
-Con decreto ingiuntivo n. 548/2002 del 15 maggio 2002, notificato il 21 giugno 2002, il Tribunale di Mantova ingiungeva il pagamento, a carico della RAGIONE_SOCIALE e a favore della RAGIONE_SOCIALE.p.A., della somma di euro 51.339,76, a titolo di saldo del corrispettivo dovuto per la fornitura di climatizzatori.
Proponeva opposizione la RAGIONE_SOCIALE, la quale chiedeva che il decreto ingiuntivo opposto fosse revocato, spiegando contestualmente domanda riconvenzionale di riduzione del prezzo della fornitura, nella misura corrispondente al prezzo non pagato, nonché il risarcimento dei danni cagionati dall’inadempimento della venditrice, da quantificarsi in separata sede.
Si costituiva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE la quale contestava, in fatto e in diritto, la fondatezza delle domande avversarie, negando la sussistenza di una valida denunzia dei vizi, per la quale sarebbe stata necessaria una dettagliata relazione tecnica sulla loro natura.
Nel corso del giudizio era concessa la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto.
Nel prosieguo era assunta la prova testimoniale ammessa mentre era disattesa la richiesta di ammissione di consulenza tecnica d’ufficio.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 633/2005, depositata il 12 maggio 2005, notificata il 28 giugno 2005, rigettava l’opposizione proposta, adducendo la genericità della denuncia dei vizi e l’inutilità di una consulenza tecnica d’ufficio a distanza di un notevole lasso di tempo dalla consegna dei beni venduti.
-La RAGIONE_SOCIALE proponeva appello (dapprima presso la Corte d’appello di Milano, che si dichiarava incompetente con sentenza n. 2953/2005, depositata il 28 dicembre 2005, poi con riassunzione presso la Corte d’appello di Brescia).
Si costituiva nel giudizio di impugnazione la RAGIONE_SOCIALE la quale insisteva per il rigetto dell’appello proposto e per la conferma della decisione impugnata.
Decidendo sul gravame interposto, con sentenza n. 398/2010, depositata il 3 maggio 2010, notificata il 1° dicembre 2010, la Corte d’appello di Brescia respingeva l’impugnazione spiegata.
-Spiegava ricorso di legittimità avverso la sentenza d’appello la RAGIONE_SOCIALE, svolgendo sette motivi: A) violazione e falsa applicazione dell’art. 1495 c.c., contestando che la denuncia dovesse essere necessariamente analitica, in quanto il compratore sarebbe stato tenuto a denunziare i vizi, non già a descriverli, né a spiegarne le cause e
le caratteristiche; B) violazione e falsa applicazione dell’art. 1495 c.c., in ragione della non necessità della denuncia dei vizi allorché il venditore, anche per facta concludentia , avesse riconosciuto la loro esistenza; C) violazione e falsa applicazione degli artt. 1494, 1512 e 2697 c.c., in ragione della prova dei vizi, alla luce della garanzia di buon funzionamento dei climatizzatori fornita e dovuta dalla venditrice, e della pacifica ricorrenza del fatto che essi non funzionassero, condizioni rispetto alle quali sarebbe stato onere dell’Unical dimostrare la rottura del nesso eziologico tra la garanzia e il mancato funzionamento e non onere dell’acquirente dimostrare che tale nesso eziologico non si fosse interrotto; D) manifesta contraddittorietà della motivazione in ordine ad un fatto decisivo per il giudizio, quanto al contenuto della denuncia dei vizi delle cose alienate, avendo la sentenza impugnata, per un verso, sostenuto che i vizi non erano stati specificati e, per altro verso, evidenziato che essi consistevano nel mancato funzionamento dei climatizzatori; E) insufficiente motivazione in ordine ad un fatto decisivo per il giudizio, quanto all’accertamento di un dato tecnico mediante consulenza tecnica d’ufficio, poiché, a fronte del riconoscimento del mancato funzionamento di alcuni degli apparecchi, il dato tecnico dell’imputabilità del mancato funzionamento a vizi redibitori, piuttosto che ad errori di installazione, non avrebbe che potuto essere dimostrato attraverso l’unico mezzo idoneo ad ac certarlo, ossia la richiesta consulenza tecnica d’ufficio; F) insufficiente motivazione in ordine ad un fatto decisivo per il giudizio quanto al mancato funzionamento dei climatizzatori e al riconoscimento dei vizi da parte di Unical, poiché, ove fossero state esaminate le
testimonianze raccolte e riprese nell’atto di appello, il giudice avrebbe rilevato l’incontestabile sussistenza dei vizi denunziati e il loro riconoscimento da parte di Unical; G) omessa motivazione in ordine ad un fatto decisivo per il giudizio quanto alla tenutezza di RAGIONE_SOCIALE alla garanzia per i rapporti tra RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME, poiché in ogni caso RAGIONE_SOCIALE sarebbe stata tenuta in regresso rispetto all’azione intentata verso RAGIONE_SOCIALE dall’installatore dei climatizzatori.
Resisteva al ricorso RAGIONE_SOCIALE
Con sentenza n. 25027/2015, depositata l’11 dicembre 2015, questa Corte accoglieva i primi cinque motivi del ricorso, dichiarando assorbiti i rimanenti motivi, e -per l’effetto cassava la pronuncia impugnata con rinvio.
Al riguardo, la pronuncia di legittimità affermava il seguente principio di diritto: la denuncia dei vizi della cosa venduta, ai sensi degli artt. 1492 e 1495 c.c., non richiede un’esposizione dettagliata, in quanto la finalità di avvisare il venditore sulle intenzioni del compratore e di consentirgli la tempestiva verifica della doglianza può essere assolta anche da una denuncia generica, purché essa renda il venditore edotto che il compratore ha riscontrato, sebbene in modo non ancora esauriente e completo, vizi che rendono la cosa inidonea all’uso cui è destinata o ne diminuiscono in modo apprezzabile il valore.
In conseguenza, considerata la non necessità di una denuncia dettagliata dei vizi della cosa venduta, la Corte di legittimità negava che fosse precluso accertarne, mediante consulenza tecnica d’ufficio, la natura intrinseca o meno e la loro sussistenza già al momento della consegna, potendo l’esatta identificazione
del vizio intervenire anche all’esito di un accertamento tecnico in sede giudiziale.
4. -Riassumeva il giudizio NOME NOME, in qualità di titolare dell’impresa individuale RAGIONE_SOCIALE, socio unico della cessata RAGIONE_SOCIALE, che ne aveva proseguito l’attività, il quale chiedeva che il decreto ingiuntivo opposto fosse revocato e che fosse accertato che la venditrice si era resa inadempiente all’obbligo di garanzia dei vizi dei beni venduti, con la conseguente disposizione della riduzione del prezzo e la condanna al risarcimento dei danni, oltre alla restituzione della somma versata in esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, pari ad euro 63.257,96; in via subordinata, chiedeva che la verifica dei vizi avvenisse a mezzo consulenza tecnica d’ufficio.
Si costituiva in giudizio RAGIONE_SOCIALE, chiedendo il rigetto delle avverse pretese ed eccependo il difetto di legittimazione attiva della RAGIONE_SOCIALE, che aveva proposto il ricorso per cassazione dopo la sua cessazione, nonché della impresa individuale RAGIONE_SOCIALE che aveva riassunto il giudizio in sostituzione dell’ex socio unico NOMECOGNOME
La Corte d’appello di Brescia, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’appello proposto da COGNOME NOME e, per l’effetto, confermava la sentenza del Tribunale di Mantova n. 633/2005, condannando l’appellante al pagamento delle spese di lite.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che l’esercizio dell’impresa individuale non costituiva titolo per la costituzione di una distinta soggettività giuridica, ma una semplice attività cui si
ricollegava una specifica condizione ovvero uno specifico statuto, che regolava esclusivamente l’esercizio di tale attività, ma non rappresentava certamente, tantomeno per la persona fisica, la costituzione di una distinta sfera giuridica soggettiva; b ) che, pertanto, Fonte NOME, in qualità di socio unico superstite della RAGIONE_SOCIALE, poteva proseguire il giudizio di opposizione già intrapreso da tale ultima società, senza che fosse impeditiva di tale prosecuzione la circostanza che parte appellante in riassunzione avesse ritenuto di coltivare l’azione indicando il nominativo dell’impresa individuale, che non costituiva appunto autonomo soggetto giuridico rispetto al titolare; c ) che, a fronte della stabilita carenza di portata preclusiva della mancata specificazione dei vizi nella denunzia a suo tempo svolta dalla rivenditrice nei confronti dell’azienda fornitrice, sulla base delle segnalazioni ricevute dalla clientela, essendo invece rilevante l’esecuzione dell’accertamento in fatto dei vizi lamentati, non era stato allegato nel giudizio di rinvio il fascicolo di parte appellante e, con lo stesso, tutte le produzioni svolte nelle fasi precedenti del giudizio; d ) che i vizi lamentati potevano materialmente accertarsi esclusivamente mediante una consulenza tecnica d’ufficio; e ) che, in base alla documentazione prodotta in atti, non risultavano tuttavia individuati i condizionatori che sarebbero risultati difettosi, così come la clientela di destinazione e il luogo di installazione dei medesimi; f ) che, in carenza del fascicolo di parte dell’appellante, non risultava inoltre dimostrata la promozione di azioni e comunque la formalizzazione di denunce da parte degli acquirenti finali nei confronti della rivenditrice (azioni che comunque avrebbero avuto
attinenza ad altra domanda di manleva nei confronti dell’ actio redhibitoria o quanti minoris promossa dalla clientela finale nei confronti del rivenditore) rispetto a quella concretamente proposta nel giudizio sotto forma di eccezione impeditiva nei confronti della pretesa monitoria; g ) che, in difetto di elementi identificativi dei beni affetti da vizi, la consulenza tecnica d’ufficio, per quanto astrattamente possibile, proprio alla stregua della carenza di allegazione nella domanda, risultava in concreto di contenuto del tutto generico ed esplorativo.
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, la RAGIONE_SOCIALE in persona del suo titolare NOMECOGNOME
Ha resistito, con controricorso, la RAGIONE_SOCIALE che -a sua volta -ha proposto ricorso incidentale condizionato, articolato in un unico motivo.
6. -Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 16 -bis del d.l. n. 179/2012, per avere la Corte di merito fondato l’esito decisorio sulla presunta mancata produzione, da parte del deducente, dei fascicoli dei precedenti gradi, fascicoli che invece sarebbero stati regolarmente depositati per via telematica.
Osserva ancora l’istante che l’omesso deposito delle copie cartacee non avrebbe potuto impedire al giudice di prendere in esame quanto depositato telematicamente.
1.1. -Il motivo è fondato.
E tanto perché, a fronte della riassunzione iscritta telematicamente il 17 marzo 2016, con deposito telematico dei fascicoli dei precedenti gradi di giudizio il 6 giugno 2016 (circostanza non contestata dagli stessi controricorrenti), la Corte d’appello avrebbe dovuto esaminare i documenti allegati ai fascicoli telematici, nonostante la mancata evasione dell’ordine di deposito di copia cartacea delle produzioni del deducente.
Ora, in materia di prova documentale nel processo civile, il principio di non dispersione (o di acquisizione) della prova -che opera anche per i documenti, prodotti con modalità telematiche o in formato cartaceo -comporta che il fatto storico in essi rappresentato si ha per dimostrato nel processo, costituendo fonte di conoscenza per il giudice e spiegando un’efficacia che non si esaurisce nel singolo grado di giudizio, e non può dipendere dalle successive scelte difensive della parte che detti documenti abbia inizialmente offerto in comunicazione (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 7923 del 23/03/2024; Sez. 3, Ordinanza n. 10202 del 17/04/2023; Sez. U, Sentenza n. 4835 del 16/02/2023).
Nella specie, il giudice del rinvio non avrebbe potuto disattendere la pretesa garanzia per i vizi della vendita, senza esaminare i documenti prodotti in via telematica o disporre la ricerca o la ricostruzione dei documenti eventualmente mancanti nel fascicolo (prodotto telematicamente), a fronte della possibilità che le circostanze decisive emergessero dai documenti ritualmente prodotti nel giudizio di prime cure, benché non rinvenuti tra gli atti dell’appello.
2. -Con il secondo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 384, secondo comma, c.p.c., per avere il giudice del rinvio ripetuto pedissequamente i contenuti della precedente sentenza annullata dalla Corte di legittimità, senza adeguarsi al dictum della sentenza di annullamento, avendo infatti sostenuto che, in carenza di elementi identificativi dei beni affetti da vizi, la garanzia non avrebbe potuto operare.
Obietta, ancora, l’istante che da detta carenza il giudice del rinvio avrebbe fatto discendere il rifiuto di procedere all’accertamento dei vizi mediante consulenza tecnica d’ufficio, erroneamente attribuendo alla Corte di legittimità un mero enunciato di astratta esperibilità dell’accertamento, a fronte del rilievo di questa Corte secondo cui non era precluso accertare mediante consulenza tecnica d’ufficio la natura intrinseca o meno e la sussistenza dei vizi, pur non essendo la denuncia dettagliata.
In ultimo, deduce il ricorrente che altro grave vulnus all’obbligo di adeguarsi al dictum della sentenza di legittimità si sarebbe manifestato nell’omessa disamina del riconoscimento dei vizi da parte del fornitore, in ragione degli interventi effettuati e dell’invio dei pezzi di ricambio.
3. -Con il terzo motivo il ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omesso esame delle testimonianze raccolte nel giudizio di primo grado e richiamate nell’atto di appello, da cui sarebbe emerso: – che la RAGIONE_SOCIALE aveva denunciato tempestivamente l’esistenza dei vizi riscontrati sui climatizzatori già installati nella sfera giuridica degli utilizzatori finali; – che un tecnico incaricato dalla Unical aveva
riscontrato il malfunzionamento di alcuni climatizzatori; – che lo stesso tecnico aveva richiesto alla casa madre alcuni pezzi per riparare i climatizzatori.
3.1. -I due motivi che precedono sono assorbiti dall’accoglimento del primo motivo.
-Con l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato la ricorrente incidentale si duole, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., della violazione dell’art. 110 c.p.c., per avere la Corte del gravame rigettato l’eccezione di difetto di legittimazione attiva dell’impresa individuale RAGIONE_SOCIALE a riassumere il giudizio, in quanto, per effetto della cancellazione dal registro delle imprese della RAGIONE_SOCIALE in data 9 giugno 2008, il giudizio avrebbe dovuto essere riassunto da NOMECOGNOME quale ex socio della cessata società in nome collettivo, in tale veste e non quale diverso soggetto giuridico.
Sicché l’atto di riassunzione del giudizio avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto da soggetto privo di legittimazione attiva.
E così anche il giudizio promosso da RAGIONE_SOCIALE davanti alla Corte di legittimità, notificato il 29 gennaio 2011, sarebbe stato proposto da soggetto privo di legitimatio ad causam , essendo stata appunto la società RAGIONE_SOCIALE cancellata dal registro delle imprese il 9 giugno 2008.
Espone l’istante che, ove il socio superstite avesse deciso di continuare l’attività della cessata società come impresa individuale, non si sarebbe integrata un’ipotesi di trasformazione in senso tecnico ai sensi dell’art. 2498 c.c., norma riferita alla
trasformazione di una società da un tipo ad un altro, bensì un rapporto di successione tra soggetti distinti, distinguendosi tra persona fisica e persona giuridica per natura e non solo per forma.
Infine, ad avviso dell’istante, il difetto di legittimazione attiva sarebbe stato rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio.
4.1. -Il motivo è infondato.
Quanto al difetto di legittimazione della RAGIONE_SOCIALE a proporre il giudizio di cassazione, sul punto si è formato il giudicato implicito.
Quanto alla legittimazione della RAGIONE_SOCIALE in persona del suo titolare NOME, la sentenza impugnata ha precisato che Fonte Antonio, in qualità di socio unico superstite della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, poteva proseguire il giudizio di opposizione già intrapreso da tale ultima società, senza che fosse impeditiva di tale prosecuzione la circostanza che parte appellante in riassunzione avesse ritenuto di coltivare l’azione indicando il nominativo dell’impresa individuale, che non costituiva appunto autonomo soggetto giuridico rispetto al titolare.
Ed invero all’impresa individuale non può essere riconosciuta alcuna soggettività, o autonoma imputabilità, diversa da quella del suo imprenditore, in quanto essa si identifica con il suo titolare tanto sotto l’aspetto sostanziale che processuale (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 19735 del 19/09/2014; Sez. 3, Sentenza n. 9260 del 19/04/2010; Sez. 5, Sentenza n. 28888 del
09/12/2008; Sez. 5, Sentenza n. 12757 del 30/05/2007; Sez. L, Sentenza n. 3052 del 13/02/2006).
Nella fattispecie si è dato adeguatamente conto, dunque, del fatto che NOME Antonio ha riassunto il giudizio quale unico socio della società cancellata, succeduto nella gestione dell’attività dapprima esercitata dalla società in nome collettivo, successione allegata e provata (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 17192 del 21/06/2024; Sez. 3, Ordinanza n. 34373 del 07/12/2023; Sez. 1, Ordinanza n. 24050 del 26/09/2019), con la correlata ricorrenza della sua legittimazione processuale.
-In conseguenza delle considerazioni esposte, il primo motivo del ricorso principale deve essere accolto, nei sensi di cui in motivazione, mentre i rimanenti motivi sono assorbiti e il ricorso incidentale deve essere respinto.
La sentenza impugnata va, dunque, cassata, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi agli enunciati principi di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il primo motivo del ricorso principale, dichiara assorbiti i rimanenti motivi, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda