Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3445 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3445 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/02/2025
Oggetto: brevetto legittimazione ad agire
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22783/2023 R.G. proposto da COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME
-controricorrente –
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Roma n. 5437/2023, depositata il 1° agosto 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 gennaio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME in proprio e quale erede di NOME COGNOME, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Roma, depositata il 1° agosto 2023, di reiezione dell’appello avanzato da quest’ultimo per la riforma della sentenza del locale Tribunale che, in accoglimento delle domande formulate dall’attrice RAGIONE_SOCIALE e dalla terza intervenuta volontariamente RAGIONE_SOCIALE aveva: dichiarato la nullità del brevetto italiano NUMERO_DOCUMENTO (IT ‘249), di titolarità d el predetto NOME COGNOME respinto le domande di inibitoria e di risarcimento dei danni proposte da quest’ultimo nei confronti della RAGIONE_SOCIALE accertata la responsabilità di NOME COGNOME per atti di concorrenza sleale ex art. 2598, nn. 2 e 3 cod. civ., con conseguente pronuncia inibitoria;
-dall’esame della sentenza impugnata si evince che la nullità del brevetto era stata pronunciata per mancanza dei requisiti dell’altezza inventiva delle caratteristiche non precedentemente divulgate e nella insufficiente descrizione della rivendicazione 8 e che la responsabilità per atti di concorrenza sleale era stata accertata in relazione a ll’ «invio di diffide presumibilmente infondate alla RAGIONE_SOCIALE, alla RAGIONE_SOCIALE e ai loro clienti»;
il giudice di appello ha disatteso il gravame articolato da NOME COGNOME confermando integralmente la decisione di prime cure;
il ricorso è affidato a quattro motivi;
resistono, con distinti controricorsi, sia la RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), sia la RAGIONE_SOCIALE; .1 cod.
-queste ultime depositano memoria ai sensi dell’art. 380 -bis proc. civ.;
CONSIDERATO CHE:
va preliminarmente esaminata la questione della legittimazione attiva del ricorrente, eccepita dalla RAGIONE_SOCIALE e, comunque, rilevabile d’ufficio;
il ricorrente allega di impugnare la sentenza di appello, resa tra NOME COGNOME quale parte appellante, e la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE quali parte appellate, «in proprio e nella qualità di erede del sig. NOME COGNOME;
sotto il primo profilo, si osserva che la legittimazione al ricorso per cassazione -e all’impugnazione in genere, fatta eccezione per l’opposizione di terzo -spetta solo a chi ha formalmente assunto la qualità di parte (non rileva se presente o contumace, originaria o intervenuta) nel precedente grado conclusosi con la decisione impugnata, indipendentemente dall’effettiva titolarità del rapporto giuridico sostanziale dedotto in giudizio, poiché con l’impugnazione non si esercita un’azione, bensì un potere processuale che è attribuito solo a chi ha partecipato al processo (cfr. Cass. 18 dicembre 2024, n. 22135; Cass. 11 settembre 2015, n. 17974);
-da ciò consegue l’inammissibilità del ricorso per cassazione proposto dal ricorrente in proprio;
quanto alla qualità spesa di erede del sig. NOME COGNOME parte del giudizio di appello e titolare del brevetto dichiarato nullo, il ricorrente si limita a depositare in giudizio una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà di cui agli artt. 46 e 47 d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, resa con riferimento al trasferimento di quote di una società a responsabilità limitata (la RAGIONE_SOCIALE per successione a causa di morte;
la controricorrente RAGIONE_SOCIALE contesta l’idoneità di tale documento a provare la qualità di erede, evidenziando che la dichiarazione ivi contenuta è resa con riferimento esclusivo al trasferimento di quote sociali e che il ricorrente non dà conto, attraverso le opportune certificazioni anagrafiche, della natura e del grado di parentela, nonché della assenza di altri eredi;
si osserva, sul punto, che colui che, assumendo di essere erede di una delle parti originarie del giudizio, proponga impugnazione deve fornire la prova, ai sensi dell’art. 2697 cod. civ., oltre che del decesso
della parte originaria, anche della sua qualità di erede di quest’ultima e, a tal riguardo, la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà di cui agli artt. 46 e 47 d.P.R. n. 445 del 2000, non costituisce di per sé prova idonea di tale qualità, esaurendo i suoi effetti nell’ambito dei rapporti con la pubblica amministrazione e nei relativi procedimenti amministrativi, dovendo tuttavia il giudice, ove la stessa sia prodotta, adeguatamente valutare il comportamento in concreto assunto dalla parte nei cui confronti la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà viene fatta valere, con riferimento alla verifica della contestazione o meno della predetta qualità di erede e, nell’ipotesi affermativa, al grado di specificità di tale contestazione, strettamente correlato e proporzionato al livello di specificità del contenuto della dichiarazione sostitutiva suddetta (cfr. Cass., Sez. Un., 29 maggio 2014, n. 12065); – orbene, ritiene questo Collegio che la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà prodotta dal ricorrente non sia idonea a provare la vantata qualità di erede del ricorrente, utile per la proposizione della impugnazione in esame, avuto riguardo, da un lato, alla specificità della contestazione della RAGIONE_SOCIALE e, dall’altro, alla genericità del contenuto della dichiarazione, resa, peraltro, per fini specifici diversi da quelli attinenti alla gestione dei diritti interessati dal presente giudizio;
per le suesposte considerazioni, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile;
le spese del giudizio seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo;
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio di legittimità, che, in favore di ciascuna delle parti controricorrenti, in euro 6.000,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, euro 200,00 per esborsi e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , t.u. spese giust., dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Rom a, nell’adunanza camerale de l 14 gennaio 2025.