Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1263 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1263 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 19/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 25032 – 2021 proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato presso l’avv. NOME COGNOME dal quale è rappresentato e difeso, giusta procura allegata al ricorso, con indicazione de ll’ indirizzo pec;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Salerno, presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME dal quale è rappresentata e difesa con l’avv. NOME COGNOME giusta procura allegata al controricorso, con indicazione degli indirizzi pec;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1809/2021 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, pubblicata il 28/6/2021, notificata il 1/7/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/11/2024 dal consigliere NOME COGNOME lette le memorie delle parti.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 1491/2016, il Tribunale di Verona accolse l’opposizione proposta da RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto ingiuntivo ottenuto nei suoi confronti da NOME COGNOME titolare dell’impresa individuale RAGIONE_SOCIALE per Euro 188.281,67, a titolo di provvigioni asseritamente maturate nel corso del rapporto di procacciamento di affari intercorso.
Per quel che qui ancora rileva, il Tribunale rilevò che, a fronte della contestazione sufficientemente dettagliata di parte opponente delle fatture poste a sostegno del decreto ingiuntivo, il convenuto aveva articolato una prova per testi inidonea a comprovare la sua pretesa e che, d’altro canto, non aveva specificamente neppure documentato gli ordini fatturati, limitandosi a produrre le fatture emesse dalla società opponente nei confronti di soggetti terzi, evidentemente invece non utili a provare l’attivi tà di procacciamento d’affari svolta dall’opposto.
Con sentenza n. 1809/2021, la Corte di appello di Venezia rigettò l’impugnazione di COGNOME: per quel che qui ancora rileva, confermò la mancanza di adeguata prova della attività di mediazione svolta per ciascun affare considerato nel calcolo della pretesa e la inammissibilità della prova testimoniale come ritenuta in primo grado.
In particolare, la Corte d’appello rilevò che «il problema della prova continua a porsi, giacché questi mai (COGNOME, n.d.r.) documentava per iscritto gli ordini in relazione ai quali emetteva le
fatture su cui si era fondato il decreto opposto» e ribadì che la chiesta prova per testi era inammissibile «in quanto le dichiarazioni testimoniali non possono sopperire alla mancanza di prova scritta».
Avverso questa sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a tre motivi, a cui RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo NOME COGNOME ha denunciato, in riferimento al n. 4 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 132 cod. proc. civ. e 111 Cost., per motivazione meramente apparente e comunque al di sotto del cd. minimo costituzionale. In particolare, la Corte d’Appello avrebbe del tutto omesso di spiegare perché fosse necessaria una prova documentale e perché la documentazione prodotta dal ricorrente non costituisse prova idonea; ugualmente non risulterebbe adeguata motivazione del giudizio di inammissibilità della istanza di prova testimoniale, né risulterebbe una motivazione per relationem .
Con il secondo motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., il ricorrente ha lamentato la violazione degli artt. 1362, 1363 e 1366 cod. civ., nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 2702, 2722,2724 e 2729 cod. civ.: in particolare, la Corte d’appello avrebbe dapprima ritenuto necessaria, per la sussistenza di un diritto alla provvigione, una prova scritta del rapporto senza, tuttavia, spiegare perché; in conseguenza, senza alcuna motivazione giuridica, avrebbe ritenuto inammissibile la prova testimoniale per indispensabilità della piena prova documentale; l’esecuzione della pres tazione, invece, dava comunque diritto ad un compenso e, dunque, oggetto dell’accertamento avrebbe dovuto essere soltanto l’avvenuta conclusione degli affari.
2.1. I primi due motivi, che possono essere trattati congiuntamente per continuità di argomentazione, sono fondati nei limiti di seguito precisati.
La Corte territoriale, richiamando esplicitamente la motivazione «stringata» del Tribunale, ha esplicitato che a mancare è la prova che gli acquisti dei prodotti caseari fossero avvenuti per tramite dell’istante NOME COGNOME sul punto, il primo Giudice aveva affermato che il convenuto non avesse «mai precisato né tanto meno documentato per iscritto, come avrebbe dovuto necessariamente fare, gli ordini in relazione ai quali ha emesso le fatture sulle quali si fonda il decreto opposto» e che a tale omissione non poteva certo ovviare la produzione delle fatture emesse dalla società opponente nei confronti di soggetti terzi perché non era possibile desumervi l’attività di procacciamento prospettata dall’opposto. La Corte d’appello ha poi, relativamente alla mancata ammissione della prova per testi, ribadito che la prova chiesta era inammissibile «perché le dichiarazioni testimoniali non possono sopperire alla mancanza di prova scritta».
La motivazione -che, peraltro, prescinde dalla qualificazione del rapporto giuridico intercorso tra le parti, invece necessario presupposto – non è coerente in diritto.
Secondo la consolidata interpretazione di questa Corte, i caratteri distintivi del contratto di agenzia sono la continuità e la stabilità dell’attività dell’agente di promuovere la conclusione di contratti in una zona determinata per conto del preponente (art. 1742 cod. civ.), realizzando in tal modo con quest’ultimo una non episodica collaborazione professionale autonoma, con risultato a proprio rischio e con l’obbligo naturale di osservare, oltre alle norme di correttezza e di lealtà, le istruzioni ricevute dal preponente medesimo; invece il rapporto del procacciatore d’affari si concreta nella più limitata attività di chi, senza vincolo di stabilità ed in via del tutto episodica, raccoglie
le ordinazioni dei clienti, trasmettendole all’imprenditore da cui ha ricevuto l’incarico di procurare tali commissioni; mentre la prestazione dell’agente è stabile, avendo egli l’obbligo di svolgere l’attività di promozione dei contratti, la prestazione del procacciatore è occasionale nel senso che dipende esclusivamente dalla sua iniziativa; in conseguenza, il rapporto di agenzia e il rapporto di procacciamento di affari non si distinguono soltanto per il carattere stabile del primo e precario del secondo, ma anche perché il rapporto di procacciamento d’affari è episodico, ovvero limitato a singoli affari determinati, è occasionale, ovvero di durata limitata nel tempo ed ha ad oggetto la mera segnalazione di clienti o sporadica raccolta di ordini e non l’attività promozionale stabile di conclusione di contratti (Cass. Sez. L, n. 2828 del 2016).
Sin dal primo grado è stato dedotto un rapporto di procacciamento d’affari e, con le circostanze da sottoporre ai testi, NOME COGNOME intendeva proprio provare non già un contratto, con i conseguenti limiti fissati dal codice (peraltro nell’interesse delle parti e, perciò, non rilevabili d’ufficio -cfr. Sez. U, n. 16723 del 05/08/2020 ), ma il fatto dell’attività di intermediazione espletata nell’interesse della società La perla del mediterraneo per ciascuno dei contratti stipulati, cui le fatture acquisite erano relative.
In tal senso, allora, la sentenza ha erroneamente ritenuto inammissibile la prova e sul punto deve essere cassata perché l’attività di intermediazione non era riconducibile ad alcuna necessaria prova documentale: la censura sul punto è, perciò, fondata.
È, invece, del tutto inammissibile perché inconferente e priva di argomentazione la denuncia di violazione degli art. 1362, 1363 e 1366 cod. civ.: non si comprende, infatti, neppure quale sia l’oggetto dell’attività di interpretazione censurata e perché si a ritenuta erronea.
Dall’accoglimento parziale dei due primi motivi deriva, in logica conseguenza, l’assorbimento del terzo motivo, articolato in riferimento al n. 5 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ. , con cui NOME COGNOME ha infine sostenuto l’omesso esame della documentazione prodotta, che ha indicato in dettaglio, invece decisiva per la prova dell’avvenuta conclusione delle vendite, come peraltro riconosciuto dalla stessa società opponente.
Il ricorso è perciò accolto nei suesposti limiti e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, perché riesamini l’istanza di prova testimoniale chiesta da COGNOME secondo quanto rilevato.
Statuendo in rinvio, la Corte deciderà anche sulle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, anche per le spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda