Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15288 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15288 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/05/2024
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
C.C. 22/5/2024
Appalto di servizi di vigilanza -Pagamento del compenso
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.NUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO) proposto da: COGNOME RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA), in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , incorporante per fusione della RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: CODICE_FISCALE), in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende, unitamente all’AVV_NOTAIO, giusta procura in calce al controricorso;
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna n. 1119/2020, pubblicata il 28 aprile 2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22 maggio 2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME;
lette le memorie illustrative depositate nell’interesse delle parti, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. -Con decreto ingiuntivo n. 1425/2012, depositato l’11 aprile 2012, il Tribunale di Reggio Emilia ingiungeva il pagamento, a carico dell’RAGIONE_SOCIALE e a favore della RAGIONE_SOCIALE, della somma di euro 26.587,69, a titolo di compenso spettante per l’esecuzione del servizio di piantonamento fisso effettuato dal 1° giugno 2009 sino al 30 settembre 2009 e del servizio di vigilanza ispettiva svolto dal 1° settembre 2009 sino al 31 agosto 2010 presso un cantiere in cui operava la RAGIONE_SOCIALE, sito in TorvaianicaINDIRIZZO INDIRIZZO
Proponeva opposizione l’RAGIONE_SOCIALE e, per l’effetto, conveniva, davanti al Tribunale di Reggio Emilia, la RAGIONE_SOCIALE, al fine di ottenere la revoca del decreto ingiuntivo opposto, in ragione della mancata prestazione dei servizi di cui era richiesto il pagamento del corrispettivo. Esponeva, infatti, che con contratto stipulato il 13 marzo 2009 era stato pattuito il solo servizio ispettivo di zona dal 13 marzo 2009 al 31 agosto 2009, il cui compenso era stato debitamente corrisposto.
Si costituiva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE, la quale chiedeva il rigetto della spiegata opposizione, sostenendo che le parti avevano altresì concordato i servizi di cui era stata chiesta la remunerazione in sede monitoria.
Nel corso del giudizio era assunta la prova orale ammessa per interpello e per testimoni.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 994/2015, depositata il 2 luglio 2015, accoglieva l’opposizione e, per l’effetto, revocava il decreto ingiuntivo opposto, in quanto la società opposta non aveva dimostrato l’esistenza e il contenuto del contratto relativo alla prestazione del servizio di piantonamento fisso, né la prestazione del servizio di vigilanza ispettiva per il periodo successivo all’agosto 2009.
2. -Con atto di citazione notificato il 2 febbraio 2016, proponeva appello avverso la pronuncia di primo grado la RAGIONE_SOCIALE, la quale lamentava: 1) l’errata ricostruzione dei fatti di causa, con il malgoverno delle risultanze istruttorie, anche in ordine all’applicazione dei meccanismi presuntivi sull’esecuzione del servizio di piantonamento fisso, come da rapporti compilati dalle guardie giurate al termine del servizio e da schede del servizio da ciascuna guardia prestato; 2) l’omessa pronuncia sulla domanda relativa al pagamento dei corrispettivi per il servizio di vigilanza ispettiva o comunque l’errata ricostruzione dei fatti di causa, con il travisamento delle risultanze istruttorie, quanto alla durata del servizio di vigilanza semplice, che si era protratta sino all’agosto 2010; 3) la conseguente erronea regolamentazione delle spese di lite.
Si costituiva nel giudizio di impugnazione l’RAGIONE_SOCIALE, la quale concludeva per l’inammissibilità o il rigetto del gravame, con la conseguente conferma della sentenza impugnata.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Bologna, con la sentenza di cui in epigrafe, accoglieva per quanto di ragione l’appello proposto e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, condannava l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE, della somma di euro 18.034,81, oltre interessi legali.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che il teste COGNOME COGNOME, quale guardia giurata dipendente dalla RAGIONE_SOCIALE, aveva dichiarato di aver svolto il servizio di piantonamento fisso per una notte nell’estate 2009 (e segnatamente nella notte del 29 luglio 2009) ed aveva ancora riferito che altri colleghi avevano svolto lo stesso servizio, in quanto i loro nominativi erano riportati in un documento di RAGIONE_SOCIALE (c.d. brogliaccio), di cui confermava il contenuto all’esito della visione; b ) che anche il teste COGNOME NOME, quale RAGIONE_SOCIALE lavoratore ed anche guardia giurata dipendente della RAGIONE_SOCIALE, addetto altresì a mansioni commerciali, aveva dichiarato che l’amministratore della RAGIONE_SOCIALE aveva telefonato al COGNOME, riferendo di aver subito un furto nel cantiere sito in Torvaianica e chiedendo di implementare il servizio di vigilanza mediante un piantonamento fisso; c ) che anche il terzo teste COGNOME NOME, quale RAGIONE_SOCIALE lavoratore e guardia giurata dipendente della RAGIONE_SOCIALE, aveva confermato di aver svolto il servizio di vigilanza ispettiva da luglio ad agosto
2009, svolgendo, al contempo, sei giorni di piantonamento fisso, risultanti dal brogliaccio che gli era stato esibito; d ) che, per converso, era inattendibile la deposizione resa da NOME COGNOME, quale lavoratore subordinato della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nonché cognato del suo amministratore, avente un rilevante interesse a favorire la tesi della società ingiunta; e ) che, in ragione delle deposizioni testimoniali raccolte, doveva concludersi nel senso che -nonostante per il servizio di piantonamento fisso non fosse stata data prova scritta del contratto, che nondimeno doveva ritenersi esistente, alla stregua delle testimonianze rese -vi era prova dello svolgimento del piantonamento nelle seguenti giornate: 23-27 e 30 settembre 2009 a cura del COGNOME; 29 luglio 2009 a cura del COGNOME; dal che poteva desumersi che, benché non fossero stati assunti gli altri testi, i cui nominativi comparivano nel brogliaccio, il servizio di piantonamento fisso fosse stato continuativamente prestato sino a tutto il mese di settembre 2009; f ) che il prezzo orario di tale prestazione era stato riferito dal teste COGNOME, nella misura di euro 19,00, prezzo orario che appariva comunque congruo rispetto all’attività svolta; g ) che, per contro, non vi era prova che il servizio di vigilanza ispettiva avesse superato la durata concordata fino al 31 agosto 2009.
3. -Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, la RAGIONE_SOCIALE, quale incorporante per fusione della RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Ha resistito, con controricorso, l’intimata RAGIONE_SOCIALE per RAGIONE_SOCIALE.
4. -Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere la Corte di merito dedotto -dalla circostanza ritenuta provata per testimoni dell’espletamento del servizio di piantonamento fisso per 7 giorni del 23-27 settembre 2009, 30 settembre 2009 e 29 luglio 2009, rispettivamente con i testi COGNOME e COGNOME -la conseguenza, non supportata da prova testimoniale o da indizi gravi, precisi e concordanti, dell’espletamento continuativo del servizio di piantonamento fisso per tutto il periodo dal 1° giugno 2009 al 30 settembre 2009, in violazione dei meccanismi di applicazione della prova presuntiva.
Obietta l’istante che, relativamente al servizio di piantonamento fisso, ritenuto sussistente e stipulato oralmente ad integrazione di quello di vigilanza ispettiva stipulato per iscritto e in atti, la Corte distrettuale, sulla base della deposizione dei testi escussi COGNOME, COGNOME e COGNOME, avrebbe considerato provata, non solo la sussistenza del contratto pur in mancanza di prova scritta, ma anche l’esecuzione per tutto il periodo compreso tra il 1° giugno 2009 e il 30 settembre 2009, benché i testi avessero riferito del piantonamento prestato esclusivamente per 7 giorni, mentre il compenso riconosciuto di euro 18.034,81, riferito a tutto il periodo emarginato, comprendeva ben 122 giorni.
Sicché sarebbe stata preclusa la possibilità di estendere l’esecuzione della prestazione per gli altri 115 giorni, in difetto dell’escussione dei testi che in tesi avrebbero attuato tale piantonamento, prova ulteriore che non sarebbe stata chiesta nelle memorie istruttorie e, quand’anche fosse stata chiesta, avrebbe dovuto ritenersi rinunciata in ragione dell’istanza di rinvio della causa per la precisazione delle conclusioni.
2. -Con il secondo motivo la ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 115 c.p.c., per avere la Corte territoriale giudicato sulla base di prove non proposte dalla parte sulla quale incombeva il relativo onere probatorio, ritenendo dimostrata l’esecuzione del servizio di piantonamento fisso per tutto il periodo compreso tra il 1° giugno 2009 e il 30 settembre 2009 e per le giornate ulteriori rispetto a quelle indicate del 23-27, 30 settembre 2009 e 29 luglio 2009, in mancanza di richiesta di ammissione e di espletamento di prova sul punto.
Osserva l’istante che la conclusione sull’estensione del piantonamento fisso eseguito si sarebbe basata sulla presunzione illogica secondo la quale dall’attuazione del servizio per 7 giorni si potesse dedurre che il servizio era stato espletato per quattro mesi.
3. -I due motivi -che possono essere scrutinati congiuntamente, in quanto aventi lo stesso contenuto, sebbene rubricati sotto voci diverse (rispettivamente di cui all’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 4, c.p.c.) -sono infondati.
E tanto perché la prova sulla esecuzione del piantonamento fisso per tutto il periodo indicato non è stata affatto desunta in
spregio alle deposizioni testimoniali rese dai tre testi escussi, ma in conformità al tenore delle loro deposizioni e alla luce dei riscontri documentali in atti.
In specie, secondo la pronuncia impugnata, il teste COGNOME NOME ha riferito che altri colleghi avevano svolto lo stesso servizio, in quanto i loro nominativi erano riportati nel brogliaccio visionato e confermato (anche quanto all’indicazione del giorno in cui aveva prestato tale servizio).
E in ordine all’esistenza del contratto di prestazione del servizio di piantonamento stipulato verbalmente, il teste COGNOME NOME, sempre secondo le risultanze di cui alla sentenza impugnata, ha dichiarato che l’amministratore della RAGIONE_SOCIALE aveva richiesto telefonicamente che il servizio prestato nel cantiere sito in Torvaianica fosse implementato con la vigilanza mediante piantonamento fisso.
Solo all’esito di queste risultanze la Corte felsinea ha ritenuto che, benché i testi sentiti avessero dichiarato di avere personalmente prestato il servizio di piantonamento fisso nei giorni 23-27 e 30 settembre 2009 (quanto al teste COGNOME) e 29 luglio 2009 (quanto al teste COGNOME), si potesse arguire che anche nel residuo periodo indicato il servizio era stato prestato da altre guardie giurate della RAGIONE_SOCIALE, i cui nominativi comparivano sul prodotto brogliaccio.
Con l’effetto che il ricorso al meccanismo inferenziale risulta adeguatamente e logicamente motivato.
A fronte di tale quadro descrittivo nessuna contestazione può essere mossa in questa sede avverso il ragionamento presuntivo articolato in sede di merito.
In primis , si rileva che, in tema di prova presuntiva, il giudice è tenuto, ai sensi dell’art. 2729 c.c., ad ammettere solo presunzioni ‘gravi, precise e concordanti’, laddove il requisito della ‘precisione’ è riferito al fatto noto, che deve essere determinato nella realtà storica, quello della ‘gravità’ al grado di probabilità della sussistenza del fatto ignoto desumibile da quello noto, mentre quello della ‘concordanza’, richiamato solo in caso di pluralità di elementi presuntivi (sulla mera eventualità, ma non necessità, del concorso di più elementi presuntivi: Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 11162 del 28/04/2021; Sez. 6-2, Ordinanza n. 2482 del 29/01/2019; Sez. 1, Ordinanza n. 23153 del 26/09/2018; Sez. 5, Sentenza n. 656 del 15/01/2014; Sez. 5, Sentenza n. 17574 del 29/07/2009; Sez. 1, Sentenza n. 19088 del 11/09/2007), richiede che il fatto ignoto sia -di regola -desunto da una pluralità di indizi gravi, precisi e univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza, e ad articolare il procedimento logico nei due momenti della previa analisi di tutti gli elementi indiziari, onde scartare quelli irrilevanti, e nella successiva valutazione complessiva di quelli così isolati, onde verificare se siano concordanti e se la loro combinazione consenta una valida prova presuntiva (c.d. convergenza del molteplice), non raggiungibile, invece, attraverso un’analisi atomistica degli stessi.
Ne consegue che la denuncia, in cassazione, di violazione o falsa applicazione del citato art. 2729 c.c., ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., può prospettarsi solo quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero fondi la
presunzione su un fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta e applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 28261 del 09/10/2023; Sez. 1, Ordinanza n. 27266 del 25/09/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 22903 del 27/07/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 20898 del 18/07/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 8829 del 29/03/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 9054 del 21/03/2022; Sez. 6-5, Ordinanza n. 34248 del 15/11/2021; Sez. L, Ordinanza n. 22366 del 05/08/2021; Sez. 2, Ordinanza n. 20553 del 19/07/2021; Sez. L, Sentenza n. 18611 del 30/06/2021; Sez. 1, Ordinanza n. 10253 del 19/04/2021; Sez. 61, Ordinanza n. 5279 del 26/02/2020; Sez. 6-3, Ordinanza n. 3541 del 13/02/2020; Sez. 5, Sentenza n. 15454 del 07/06/2019; Sez. 6-2, Ordinanza n. 2482 del 29/01/2019; Sez. L, Sentenza n. 29635 del 16/11/2018; Sez. 3, Ordinanza n. 17720 del 06/07/2018; Sez. 3, Ordinanza n. 9059 del 12/04/2018; Sez. 3, Sentenza n. 19485 del 04/08/2017; Sez. L, Sentenza n. 27671 del 15/12/2005; Sez. 2, Sentenza n. 3646 del 24/02/2004; Sez. L, Sentenza n. 11906 del 06/08/2003).
Ebbene, rispetto ai dati indiziari utilizzati, la doglianza prospettata dalla ricorrente mira, in realtà, ad un’alternativa ricostruzione probabilistica della prova critica, che non può essere rimessa alla sede di legittimità, bastando che l’inferenza motivata
dalla sentenza impugnata abbia una sua dignità e coerenza logica e non certamente che essa sia l’unica ipotesi possibile.
Per la configurazione di una presunzione giuridicamente valida non occorre, infatti, che l’esistenza del fatto ignoto rappresenti l’unica conseguenza possibile di quello noto, secondo un legame di necessarietà assoluta ed esclusiva, sulla scorta della regola della inferenza necessaria, ma è sufficiente che dal fatto noto sia desumibile univocamente quello ignoto, alla stregua di un giudizio di probabilità basato sull’ id quod plerumque accidit , in virtù della regola dell’inferenza probabilistica (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 21403 del 26/07/2021; Sez. 6-3, Ordinanza n. 20342 del 28/09/2020; Sez. 3, Sentenza n. 1163 del 21/01/2020; Sez. 2, Sentenza n. 3513 del 06/02/2019; Sez. L, Sentenza n. 2632 del 05/02/2014; Sez. 2, Sentenza n. 22656 del 31/10/2011; Sez. 3, Sentenza n. 24211 del 14/11/2006; Sez. 3, Sentenza n. 26081 del 30/11/2005; Sez. 3, Sentenza n. 23079 del 16/11/2005).
4. -In definitiva, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese e compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla refusione, in favore della controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 2.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda