Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 17646 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 17646 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14098/2023 R.G. proposto da : COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME unitamente all’avvocato COGNOME domiciliato ex lege all’indirizzo Pec in atti.
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ricorrente – contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME domiciliato ex lege all’indirizzo Pec in atti.
–
contro
ricorrente –
nonchè contro
COGNOME in qualità di procuratrice generale di COGNOME VAL DI CHIENTI RAGIONE_SOCIALE CONSORTILE PER AZIONI.
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intimati –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ANCONA n. 624/2023 depositata il 13/04/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/03/2025
dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
COGNOME NOME propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza n. 624 del 13 aprile 2023, con cui la Corte d’Appello di Ancona, in riforma della sentenza di prime cure, ha accolto la domanda ex art. 2901 cod. civ. proposta da COGNOME NOME ed ha dichiarato nei suoi confronti l’inefficacia della scrittura privata con la quale COGNOME NOME aveva ceduto a COGNOME COGNOME un credito vantato verso la Val di Chienti s.c.p.a.
In particolare, la corte dorica riteneva esistenti nel caso di specie tutti i presupposti della revocatoria, tra cui quello della scientia damni in capo al terzo, ritenuto accertato e provato in via presuntiva.
Il consigliere delegato (ed odierno relatore: v. Cass., Sez. Un., 10/04/2024, n. 9611) formulava proposta di definizione accelerata del ricorso; il difensore dei ricorrenti, munito di procura speciale, insisteva per la decisione; pertanto, il ricorso veniva avviato alla trattazione in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
Resiste con controricorso COGNOME NOME.
Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia ‘Violazione dell’art. 342 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.’.
Lamenta che la corte d’appello ha erroneamente rigettato la sua preliminare eccezione di inammissibilità del gravame per violazione dell’art. 342 cod. proc. civ.
1.1. Il motivo è inammissibile ex art. 360bis cod. proc. civ.
Dalla lettura dell’impugnata sentenza risulta che la corte di merito ha rigettato l’eccezione facendo puntuale applicazione del consolidato orientamento di legittimità, secondo cui ‘gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di ‘revisio prioris instantiae’ del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata’ (v. Cass., Sez. Un., 16/11/2017, n. 27199; Cass., Sez. Un., 13/12/2022, n. 36481).
2. Con il secondo motivo il ricorrente denunzia ‘V iolazione di legge, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3) c.p.c., degli artt. 112 c.p.c., 2697 c.c., 2901 c.c., 2727 c.c. e 2729 c.c.’.
Censura l’impugnata sentenza, là dove (v. p. 3) ha così statuito: ‘Il corrispettivo pagato dal COGNOME è infatti pari a € 100.000,00, a fronte di un valore nominale del credito di € 293.827,00 e pur non essendo la pronuncia al momento della cessione passata in giudicato, il prezzo pagato, per un credito di fonte giudiziale, è pari a circa 13 del valore nominale, senza che dal contenuto dell’atto di cessione sia desumibile alcun elemento idoneo a fornire alcuna giustificazione ad una così rilevante sproporzione tra le prestazioni; non sono state previste condizioni sospensive/risolutive, pur a fronte di un pagamento rateale, né vi è alcun cenno ad una eventuale natura aleatoria del negozio’ .
Lamenta che, a fondamento della sua decisione, la corte di merito ha svolto una motivazione scarna, al limite del cd. ‘minimo costituzionale’ e pressoché apparente, e comunque in oggettiva violazione degli artt. 2901 e 2729 cod. civ.
2.1. Il motivo è fondato, nei termini e per le ragioni che seguono.
2.2. Va anzitutto ricordato che, ai sensi dell’art. 2901 cod. civ., il creditore può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti, a titolo oneroso, di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni quando, oltre alla conoscenza in capo al debitore del pregiudizio che l’atto avrebbe arrecato al creditore (art. 2901, 1° comma, n. 1), sia fornita puntuale dimostrazione che anche il terzo fosse consapevole del pregiudizio arrecato dal debitore alla garanzia patrimoniale dei creditori (art. 2901, 1° comma, n. 2).
Si tratta di quella che da sempre viene qualificata quale scientia fraudis , risultando, in ogni caso, a carico del creditore che agisce in giudizio dimostrare che vi fosse questa ‘consapevolezza’ in capo al terzo al momento dell’atto.
Una prova siffatta ben può essere data anche mediante presunzioni semplici, dato che, al di là delle ipotesi delle prove legali e delle presunzioni legali, non esiste nel nostro ordinamento una gerarchia delle prove.
Valga tuttavia ricordare, al riguardo, che in tema di prova per presunzioni questa Corte ha già avuto modo di affermare che ‘il giudice è tenuto, ai sensi dell’art. 2729 cod. civ., ad ammettere solo presunzioni ‘gravi, precise e concordanti’, laddove il requisito della ‘precisione’ è riferito al fatto noto, che deve essere determinato nella realtà storica, quello della ‘gravità’ al grado di probabilità della sussistenza del fatto ignoto desumibile da quello noto, mentre quello della ‘concordanza’, richiamato solo in caso di pluralità di elementi presuntivi, richiede che il fatto ignoto sia –
di regola – desunto da una pluralità di indizi gravi, precisi e univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza, e ad articolare il procedimento logico nei due momenti della previa analisi di tutti gli elementi indiziari, onde scartare quelli irrilevanti, e nella successiva valutazione complessiva di quelli così isolati, onde verificare se siano concordanti e se la loro combinazione consenta una valida prova presuntiva (c.d. convergenza del molteplice), non raggiungibile, invece, attraverso un’analisi atomistica degli stessi. Ne consegue che la denuncia, in cassazione, di violazione o falsa applicazione del citato art. 2729 c.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., può prospettarsi quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma’ (v., tra le tante, Cass. n. 9054 del 2022; Cass., n. 11690/2024; Cass., n. 1903/2025).
E’ stato inoltre precisato che ‘La valutazione della prova presuntiva esige che il giudice di merito esamini tutti gli indizi di cui disponga non già considerandoli isolatamente, ma valutandoli complessivamente ed alla luce l’uno dell’altro, senza negare valore ad uno o più di essi sol perché equivoci, cosi da stabilire se sia comunque possibile ritenere accettabilmente probabile l’esistenza del fatto da provare’ (v., tra le tante, Cass., n. 5787/2014; Cass., n. 18327/2023).
2.3. Orbene, nel caso di specie, la corte di merito ha omesso qualsiasi verifica dell’esistenza di più presunzioni gravi, precise e
concordanti.
Nella assai stringata motivazione, infatti, la corte territoriale: -) prende in considerazione soltanto l’importo del prezzo pagato quale corrispettivo della cessione del credito; -) svolge ulteriori affermazioni -quelle circa l’esistenza di una ‘ rilevante sproporzione tra le prestazioni’ e la mancata previsione di condizioni sospensive o risolutive ‘ pur a fronte di un pagamento rateale’ -in maniera puramente generica ed assertiva, senza motivare in ordine alla loro rilevanza; -) formula, infine, un rilievo circa il mancato riferimento alla ‘ eventuale natura aleatoria del negozio’ , del quale, tuttavia, non è data comprendere la decisività, giusta, per un verso, la disciplina codicistica della diversa garanzia prestata dal cedente a seconda che la cessione del credito sia avvenuta pro soluto o pro solvendo , ed a mente, per altro verso, del consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, poiché non esiste una norma che vieti la disponibilità dei diritti futuri perché meramente eventuali, la venuta in essere del credito futuro integra un requisito di efficacia della cessione, ma non della sua validità (v., tra le tante, Cass., n. 27690/2023).
Pertanto, la motivazione dell’impugnata sentenza, per un verso risulta svolta in violazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ. in tema di presunzioni, per altro verso si risolve in una motivazione ‘apparente’, ‘perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Cass., Sez. Un., n. 8053/2014), che non rende percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito dal giudice per la formazione del convincimento (cfr. Cass., n. 25866 del 2010; Cass., n. 12664 del 2014).
Alla fondatezza nei suindicati termini del secondo motivo consegue l’ accoglimento del ricorso e la cassazione in relazione del l’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte d’Appello di
Ancona, che in diversa composizione procederà a nuovo esame facendo applicazione dei suindicati disattesi principi.
Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione; dichiara inammissibile il primo motivo. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia , anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Ancona, in diversa composizione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza