Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9285 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 9285 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 21208-2023 proposto da:
COGNOME domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE COGNOME;
– intimata – avverso la sentenza n. 237/2023 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 15/06/2023 R.G.N. 169/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
04/02/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
Oggetto
Lavoro privato retribuzione -prova pagamento
R.G.N. 21208/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 04/02/2025
CC
RILEVATO CHE
NOME COGNOME otteneva dal Tribunale di Pescara decreto ingiuntivo n. 71/2020 nei confronti di NOME COGNOME titolare dell’omonima ditta individuale, esercente attività di falegnameria, per il pagamento della somma di € 26.642,69 lordi a titolo di differenze retributive e TFR per il periodo giugno 2018 – maggio 2019;
a seguito di opposizione, il giudice del lavoro revocava il decreto ingiuntivo opposto e condannava l’opponente al pagamento della minor somma di € 735,87, ritenendo provato il pagamento delle retribuzioni e di acconti sul TFR;
la Corte d’Appello dell’Aquila, accogliendo parzialmente l’appello del lavoratore, in riforma dell’impugnata sentenza revocava il decreto ingiuntivo e condannava l’appellato al pagamento in favore dell’appellante della somma di € 2.438,24, al netto delle ritenute di legge, a titolo di differenze retributive e TFR per il periodo dall’1.7.2018 in poi, oltre oneri accessori;
in particolare, la Corte di merito respingeva l’eccezione di inammissibilità, in base al divieto ex artt. 2721 e 2726 c.c., della prova testimoniale del pagamento in contanti delle retribuzioni per cui è causa, non applicandosi alle controversie di lavoro i limiti probatori di cui agli artt. 2721 ss. c.c., e ritenendo plausibile la dedotta prassi aziendale di provvedere al pagamento delle retribuzioni in contanti fino all’entrata vigore della legge n. 205/2017, in considerazione della qualità di piccolo imprenditore dell’appellato e dell’entità non elevata delle retribuzioni mensili; valorizzava, inoltre, la sottoscrizione dei fogli paga da parte del lavoratore e delle dichiarazioni fiscali CUD consegnategli, rilevando che, sebbene la formula per ricevuta non sia di per sé sufficiente per ritenere delibato l’effettivo pagamento, tuttavia, in presenza di prospetti paga
contenenti tutti gli elementi della retribuzione e una regolare dichiarazione autografa di quietanza del lavoratore, l’onere della prova della non corrispondenza tra l’annotazione della busta paga e la retribuzione effettivamente erogata grava sul dipendente; in base ai medesimi principi riteneva che, dall’entrata in vigore del divieto di pagamenti in contanti delle retribuzioni, a decorrere dal luglio 2018, le risultanze probatorie acquisite non costituissero prova sufficiente dell’integrale pagamento delle retribuzioni in misura ulteriore rispetto a quanto risultante dai bonifici bancari acquisiti;
il lavoratore propone ricorso per la cassazione della predetta sentenza con due motivi; il datore di lavoro non si è costituito nel giudizio di cassazione; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo, parte ricorrente deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 2721 e 2726 c.c. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.) per la parte in cui l’impugnata sentenza ha ritenuto la prova pienamente ammissibile ex art. 421 c.p.c., reputando non applicabili alle controversie di lavoro i limiti probatori di cui agli artt. 2721 ss. c.c., nonché essenziale ai fini della decisione, e ha ritenuto che il giudice di primo grado abbia correttamente ammesso la prova ex art. 2721 c.c.;
il motivo non è fondato;
esso ripete corrispondente motivo di appello, in relazione al quale la Corte di merito ha richiamato il chiaro dettato normativo e pertinente giurisprudenza di legittimità, esplicitando, altresì, le ragioni sottostanti all’ammissione della prova ed alla sua valutazione;
4. spettano al giudice di merito la selezione e valutazione delle prove a base della decisione, l’individuazione delle fonti del proprio motivato convincimento, l’assegnazione di prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, la facoltà di escludere, anche attraverso un giudizio implicito, la rilevanza di una prova, senza necessità di esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga non rilevante o di enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni; infatti, il giudizio di Cassazione non è strutturato quale terzo grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi, al fine di un loro riesame (v. Cass. n. 15568/2020, e giurisprudenza ivi richiamata; Cass. n. 20814/2018, n. 20553/2021);
5. con il secondo motivo, la sentenza impugnata viene censurata per violazione o falsa applicazione della legge n. 4 del 1953, artt. 1 e 3, e dell’art. 2697 c.c., (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.) nella parte in cui ha ritenuto che, in presenza di prospetti paga contenenti tutti gli elementi della retribuzione, e altresì di una regolare dichiarazione autografa di quietanza del lavoratore, l’onere della prova della non corrispondenza tra le annotazioni della busta paga e la retribuzione effettivamente erogata gravi sul dipendente, e che tali risultanze probatorie costituiscan o prova piena, puntuale e rigorosa dell’avvenuto integrale pagamento delle retribuzioni;
6. il motivo risulta inammissibile;
la violazione dell’art. 2697 c.c. è censurabile per cassazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne fosse onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla
differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni, e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass. n. 15107/2013, n. 13395/2018); nella specie parte ricorrente critica, in realtà, l’apprezzamento operato dai giudici del merito circa il raggiungimento della prova in ordine alla valutazione dei documenti e dei dati probatori rilevanti e acquisiti;
non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio, per la mancata costituzione della controparte;
il rigetto dell’impugnazione determina il raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 4 febbraio 2025.