Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8551 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8551 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 33042/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ANCONA n. 741/2018 depositata il 12/09/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il tribunale di Fermo ha respinto la domanda proposta dal Fallimento della ditta individuale RAGIONE_SOCIALE contro la RAGIONE_SOCIALE, finalizzata a ottenere la revocatoria di pagamenti eseguiti nell’anno anteriore alla sentenza dichiarativa.
Il gravame della curatela è stato respinto dalla corte d’appello di Ancona con sentenza in data 1-6-2018.
La corte d’appello ha ritenuto inammissibile la produzione , in quella sede, di documenti relativi alla domanda di ammissione al passivo presentata dalla RAGIONE_SOCIALE, poiché tale ammissione era stata già chiesta, tardivamente, nel giudizio di primo grado, così che la prova documentale non poteva considerarsi ‘ nuova ‘ .
Ne ha tratto che la prova dell’elemento soggettivo dell’azione non era stata fornita, giacché (i) i pagamenti erano risultati relativi a somme esigue e limitati nel tempo (da fine novembre 2003 all’inizio di gennaio 2004) ; (ii) l’ accipiens aveva sede in Bergamo, sicché era da ritenere che non avesse avuto contezza della pubblicazione dei protesti nel bollettino fermano; (iii) la prima iniziativa giudiziaria per il recupero dei crediti era stata avviata da RAGIONE_SOCIALE a settembre 2004.
La corte d’appello ha concluso nel senso che ‘ il basso profilo economico rivestito dalla RAGIONE_SOCIALE all’inizio dei rapporti commercial i consente di ritenere che la ditta appellata non abbia assunto precise informazioni sulle effettive condizioni della controparte che nel periodo di cui sopra ha sistematicamente adempiuto alle proprie obbligazioni nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, sicché non assume alcun valore la pubblicazione dei protesti in un bollettino che riguardava un territorio particolarmente distante da quello che era il centro degli interessi della appellata ‘ .
Il Fallimento ha proposto ricorso per cassazione in cinque mezzi.
L’intimata ha replicato con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
Ragioni della decisione
I -Col primo mezzo il Fallimento denunzia la nullità della sentenza e del procedimento per errata interpretazione dell’art. 345, terzo comma, cod. proc. civ. (testo pro tempore ) in relazione agli artt. 24 e 111 cost., 115 cod. proc. civ. e 67 legge fall., avendo la corte territoriale disatteso i principi resi dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 10790 del 2017 a proposito della possibilità di produzione in appello di documenti nuovi.
Col secondo, denunzia la nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 345, terzo comma, cod. proc. civ. anche in relazione all’art. 2697 cod. civ., oltre che alle norme già richiamate, essendo la produzione funzionale a stabilire la rilevanza degli inadempimenti rispetto alla valutazione di ‘basso profilo economico’ viceversa svolta dal giudice a quo .
Col terzo motivo il ricorrente assume la violazione del principio di cui agli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., 2727 e 2729 cod. civ., 2697 cod. civ., in relazione all’art. 67 legge fall., a proposito dell’affermazione secondo la quale la presenza dei protesti non sarebbe stata, nel caso concreto, elemento suffic iente a suffragare la tesi della conoscenza dello stato d’insolvenza nonostante il rilevante numero e la sequenza dei medesimi.
Col quarto motivo aggiunge la censura di omesso esame di fatti decisivi a proposito di quanto evidenziato in ordine, appunto, al numero, alla consistenza e alla sequenza dei protesti medesimi.
Infine, col quinto mezzo censura la sentenza per errata interpretazione e applicazione dell’art. 345 cod. proc. civ. in relazione agli artt. 24 e 111 cost., 115 cod. proc. civ. e 67 legge fall., da ritenere convertita in violazione dei principi del giusto processo in mancanza dell’ acquisizione dei documenti, attesa l’infondata ragione che essi avrebbero perduto il carattere di novità .
II. -I motivi primo, secondo e quinto possono essere esaminati unitariamente, e vanno accolti per le ragioni che seguono.
III. – Dal ricorso risulta che i documenti dei quali ulteriormente era stata chiesta l’ammiss ione in appello erano quelli allegati alla domanda di RAGIONE_SOCIALE di ammissione allo stato passivo del fallimento.
Secondo la tesi dell’appellante, ta li documenti avrebbero dovuto attestare i pagamenti solo parziali, ricevuti nei sette mesi successivi alle forniture, nonostante crediti di importo cospicuo (102.000,00 EUR); sicché l’inadempimento si sarebbe dovuto considerare grave, per il ritardo e per la rilevanza degli importi.
Ciò, sempre in base a quanto sostenuto dalla curatela, si sarebbe dovuto apprezzare in correlazione con la circostanza che nei confronti della ditta RAGIONE_SOCIALE già al momento risultavano plurimi protesti.
IV. La corte d’appello non ha ritenuto ammissibile la produzione dei documenti in questione, in quanto la prova non poteva considerarsi ‘nuova’ ai sensi dell’art. 345, terzo comma, cod. proc. civ. , perché era stata già chiesta, tardivamente, in primo grado (per quel che si apprende con la memoria di replica).
Pertanto non ne ha tenuto conto, omettendo di svolgere ogni valutazione di indispensabilità o meno della prova stessa secondo il testo pro tempore della norma processuale richiamata.
Dopodiché, in mancanza di idonea documentazione, ha negato ogni rilevanza alla pubblicazione dei protesti, ipotizzando che, per ‘il basso profilo economico rivestito dalla RAGIONE_SOCIALE all’inizio dei rapporti commerciali’ , la creditrice, con sede in Bergamo, non avesse ritenuto necessario consultare il bollettino dei protesti del territorio fermano.
È ovvio che l ‘assunto finale della corte territoriale, nel quale si esprime la ratio decidendi a proposito della insussistenza della prova della scientia decoctionis , è sorretto dalla prima affermazione circa il non essere, i documenti de quibus , annoverabili tra le prove ‘nuove’ in appello , al punto da non potersene tenere conto.
V. Ratione temporis , il testo dell’art. 345, terzo comma, cod. proc. civ. che interessa è quello anteriore alle modifiche di cui al d.l. n. 83 del 2012 come convertito.
La sentenza di primo grado risulta infatti pubblicata il 16-11-2011, e la nuova formulazione dell’art. 345, terzo comma, introdotta dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modificazioni dalla l. n. 134 del 2012, che prevede il divieto di ammissione, in appello, di nuovi mezzi di prova e documenti, salvo che la parte dimostri di non avere potuto proporli o produrre per causa non imputabile, trova applicazione per i giudizi d’appello introdotti dal trentesimo giorno successivo a quello (11-9-2012) di entrata in vigore della legge di conversione suddetta.
Il testo anteriore dell’art. 345 supponeva che la nuova prova documentale fosse ammissibile anche (e solo) se indispensabile ai fini della decisione, così come era da evincere dall’uso della particella disgiuntiva ‘ ovvero ‘ rispetto all’altra ipotesi poi mantenuta nel testo novellato (‘ che la parte dimostri di non avere potuto proporli o produrre nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile ‘) .
VI. – Erroneamente la corte d’appello ha negato il carattere di novità alla prova documentale in questione, per essere stati i documenti già chiesti, tardivamente, in primo grado, dopo le preclusioni istruttorie.
Ciò è in contrasto con l’ins egnamento delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. Sez. U n. 10790-17), secondo cui, nel giudizio di appello, costituisce ‘prova nuova indispensabile’, ai sensi dell’art. 345 citato , ‘quella di per sé idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto indimostrato o non sufficientemente provato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado’.
VII. – Va detto che di tale decisione la parte controricorrente ha dato una differente lettura, e che ben vero anche presso questa Corte si sono registrate recenti esegesi difformi della stessa.
Tali esegesi non sono però giustificate perché si basano su un passaggio -certo non chiarissimo, ma non essenziale – della motivazione della sentenza
n. 10790 del 2017, che in vero è stato sopravvalutato nella sua autonoma rilevanza.
Il passaggio è che non si mette in dubbio ‘ la natura del giudizio d’appello come mera revisio prioris instantiae anziché come iudicium novum ‘ , e che ‘ in nessun caso il potere del giudice d’appello di ammettere la prova indispensabile potrebbe essere esercitato riguardo a prove già in prime cure dichiarate inammissibili perché dedotte in modo difforme dalla legge o a prove dalla cui assunzione il richiedente sia decaduto a seguito di particolari vicende occorse nel giudizio di primo grado, non essendo queste – a rigore – neppure prove «nuove» ‘.
VIII. – Ora non può certo negarsi l ‘oscurità del testo appena riportato.
La coerenza del passaggio è minata dalla considerazione che, nel redigerlo, le Sezioni Unite hanno richiamato anteriori decisioni (Cass. Sez. 2 n. 26009-10 e Cass. Sez. 3 n. 10487-04) nettamente orientate a escludere il carattere di novità della prova già oggetto di una decadenza (salva la rimessione in termini), nonostante che tali decisioni siano annoverabili nell’ambito dell’indirizzo giurisprudenziale opposto a quello infine recepito dalla sentenza.
È quindi abbastanza evidente che la parte della motivazione appena citata può indurre in equivoco, tanto è vero che recentemente una sezione di questa Corte ha ritenuto di porre quella medesima parte a fondamento della conclusione per cui, nel giudizio di appello, il potere del giudice di ammettere una prova nuova indispensabile, ai sensi dell’art. 345, terzo comma, cod. proc. civ. nel testo previgente rispetto alla novella di cui al d.l. n. 83 del 2012, conv., con modificazioni, dalla l. n. 134 del 2012, ‘ non può essere esercitato rispetto a prove già in prime cure dichiarate inammissibili, perché dedotte in modo difforme dalla legge, o a prove dalla cui assunzione il richiedente sia decaduto o per la cui deduzione siano maturate preclusioni, le quali non possono essere qualificate prove nuove ‘ (Cass. Sez. 3 n. 11804-21).
Razionalmente però il citato passaggio motivazionale della sentenza n. 10790-17 non può essere valutato per inficiare il principio di diritto.
Il principio dalle stesse affermato implica la necessità di porre il concetto di ‘ prova nuova ‘ , nel ve cchio testo dell’art. 345 cod. proc. civ., come elemento di un giudizio unitario di indispensabilità, tale da contenere la rilevanza delle stesse preclusioni istruttorie.
IX. – Due elementi concorrono in questa prospettiva.
Il primo è che nel formulare il principio di diritto le Sezioni Unite hanno dichiarato esplicitamente di aderire all’orientamento meno restrittivo del concetto di indispensabilità della prova già anteriormente ritenuto (dalle medesime Sezioni Unite) in un ambito di contemperamento del regime di preclusione ispirato all ‘ esigenza di ricerca della verità.
Tale funzione materiale, propria del rito del lavoro (v. già Cass. Sez. U n. 8202-05), è stata ritenuta rilevante pure nel rito ordinario di cognizione.
Nel rito ordinario, con riguardo alla produzione di nuovi documenti in grado di appello, l’anteriore sentenza delle stesse Sezioni Unite n. 8203 -05 aveva affermato che l’art. 345, terzo comma, cod. proc. civ. andasse interpretato nel senso che esso fissa sul piano generale il principio della inammissibilità di mezzi di prova ‘ nuovi ‘ – la cui ammissione, cioè, non sia stata richiesta in precedenza – e, quindi, anche delle produzioni documentali, indicando nello stesso tempo i limiti di tale regola, con il porre in via alternativa i requisiti che tali documenti, al pari degli altri mezzi di prova, devono presentare per poter trovare ingresso in sede di gravame (sempre che essi siano prodotti, a pena di decadenza, mediante specifica indicazione degli stessi nell’atto introduttivo del giudizio di secondo grado, a meno che la loro formazione non sia successiva e la loro produzione non sia stata resa necessaria in ragione dello sviluppo assunto dal processo).
I requisiti consistono ‘ nella dimostrazione che le parti non abbiano potuto proporli prima per causa a esse non imputabile, ovvero nel convincimento del giudice della indispensabilità degli stessi per la decisione ‘ . Con questa sola differenza rispetto al rito del lavoro: che nel rito ordinario, risultando il ruolo del giudice nell’impulso del processo meno incisivo che nel rito del lavoro, l’ammissione di nuovi mezzi di prova ritenuti indispensabili non può comunque prescindere dalla richiesta delle parti (v. Cass. Sez. U n. 8203-05).
La sentenza n. 10907 del 2017 ha esplicitamente dichiarato di volersi allineare a tale ricostruzione, al punto da aver citato le anteriori pronunce del 2005 come base della motivazione. E quindi non può dirsi che la stessa abbia avuto come presupposto che la prova non sia stata già malamente dedotta o dichiarata inammissibile in rapporto al regime di preclusioni del primo grado, per l’elementare ragione che, in un regime del genere, l’inammissibilità (per decadenza) colpirebbe anche la prova non dedotta, visto che ogni deduzione istruttoria -salva la rimessione in termini -impone il rispetto del termine perentorio a tal fine accordato e infruttuosamente decorso.
X. – Il secondo elemento è che la frase per prima menzionata, sulla quale fa leva anche l’odierna controricorrente , non ha assunto una specifica rilevanza a livello di ratio .
La funzione è invero chiarita da quanto precisato dalle medesime Sezioni Unite nel periodo sintattico immediatamente successivo: ‘ non si tratta di vanificare od alterare il regime delle preclusioni istruttorie del primo grado, ma di contemperarlo con il principio della ricerca della verità materiale ‘.
In tale precisazione può esser rinvenuta l’essenza del ragionamento, condivisibile perché sintonico con le anteriori sentenze citate (Cass. Sez. U n. 8202-05 e Cass. Sez. U n. 8203-05), mercé il rilievo che ‘s i tratta d’un contemperamento già da lungo tempo affermato dalla giurisprudenza di questa Corte (..) che certamente non può pregiudicare la terzietà del giudice, come d’altronde è reso palese dall’esperienza storica e dai sempre più numerosi casi di positivizzazione dei poteri inquisitori del giudice civile, che spaziano – ad esempio – dall’art. 421, comma 2, cod. proc. civ. agli artt. 738, comma 3, e 669-sexies, comma 2, stesso codice ‘ .
Da ciò, quindi, è sorretta la sintesi finale, per cui ‘ il regime delle preclusioni istruttorie non è un carattere tanto coessenziale al sistema da non ammettere alternative, essendo soltanto una tecnica elaborata per assicurare rispetto del contradditorio, parità delle parti nel processo e sua ragionevole durata, tecnica che ben può essere contemperata (secondo modalità pur sempre rimesse alla discrezionalità del legislatore) con il principio della ricerca della verità materiale ‘ .
XI. -In questa sede, va affermato il principio seguente:
-‘prova nuova indispensabile’, ai sensi dell’art. 345 cod. proc. civ. nel testo previgente rispetto alla novella di cui al d.l. n. 83 del 2012, conv., con modificazioni, dalla l. n. 134 del 2012, è un concetto unitario, che implica che sia tale la prova di per sé idonea a eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto indimostrato o non sufficientemente provato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, qualunque ne sia la causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado.
XII. – L ‘impugnata sentenza, nell’affermare che la documentazione prodotta in appello dalla curatela fallimentare era preclusa dall’art. 345, terzo comma, citato, perché la relativa ammissione era stata già chiesta ‘tardivamente’ in primo grado, così da non potersene tener conto in vista della valutazione di indispensabilità, è in contrasto col principio.
Va quindi cassata perché la ritenuta carenza di prove della scientia decoctionis si è basata essenzialmente sul diniego della prova documentale medesima.
XIII. -Il terzo e il quarto motivo restano assorbiti.
Alla cassazione segue il rinvio alla medesima corte d’appello che, in diversa composizione, si uniformerà al principio esposto e rinnoverà l’esame del merito, provvedendo anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, il secondo e il quinto motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla corte d’appello di Ancona , in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile, addì