Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 31173 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 31173 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4098/2024 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE e per essa, quale mandataria, RAGIONE_SOCIALE, rappresentata
e
difesa da
ll’
AVV_NOTAIO
NOME
NOME
(CODICE_FISCALE) per procura speciale in atti
– ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, rappresentata e difesa da ll’ AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE per procura speciale in atti
– controricorrente e ricorrente incidentale – avverso la sentenza della Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALEo n. 51/2024 depositata il 9/1/2024;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/11/2025 dal consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALEo, con decreto del 29 luglio 2022, dichiarava inammissibile l’istanza di fallimento di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e concordato preventivo (di seguito, per brevità, RAGIONE_SOCIALE) presentata da RAGIONE_SOCIALE, attraverso la sua mandataria RAGIONE_SOCIALE e in qualità di cessionaria del credito già nella titolarità
di RAGIONE_SOCIALE, ritenendo fondata l’eccezione di prescrizione sollevata dalla debitrice.
La Corte d’ appello di RAGIONE_SOCIALEo, con decreto in data 14 febbraio 2023, accoglieva il reclamo presentato ex art. 22 l. fall. da RAGIONE_SOCIALE e rimetteva gli atti al Tribunale di RAGIONE_SOCIALEo, che dichiarava il fallimento di RAGIONE_SOCIALE con sentenza n. 271/2023 del 27 aprile 2023.
La medesima Corte distrettuale , a seguito dell’impugnazione presentata da RAGIONE_SOCIALE ex art. 18 l. fall., rilevava che la reclamante aveva riproposto l’eccezione della carenza di legittimazione attiva di NOME NOME, creditore procedente cessionario, per intervenuta prescrizione del credito principale (quello della banca nei confronti di NOME COGNOME persona fisica), che faceva venir meno anche il credito (concesso in garanzia alla banca dal COGNOME, da lui vantato nei confronti della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e di cui al D.I. n. 15673/2013 divenuto definitivo) dedotto da RAGIONE_SOCIALE all’interno dell’istanza di fallimento e ammesso al concordato.
Sosteneva che se è vero che le attestazioni della cancelleria che riguardano i dati relativi al deposito degli atti estratti dai registri informatici hanno efficacia di certezza legale analoga a quella delle annotazioni del cancelliere sugli atti medesimi, sulla base del combinato disposto dell’art. 4 l. 399/1991 e 2 D.M. Giustizia 27/3/2000, nel caso di specie, tuttavia, mancava una simile attestazione.
Osservava in particolare, da un lato, che le annotazioni presenti nella sezione ‘storico fascicolo’ di ogni singola causa non sono un ‘apposito registro tenuto dalla cancelleria’, bensì delle mere annotazioni prive di valore certificativo, dall’altro che l’attestazione di conformità all’originale apposta dal cancelliere sulla fotocopia dello storico del fascicolo, prodotta in giudizio quale documento nNUMERO_DOCUMENTO, attestava la veridicità non della data di deposito dell’atto di intervento, ma soltanto la conformità della fotocopia del documento all’originale dello storico.
Riteneva, pertanto, che in presenza di contestazioni di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE circa la data del 30 giugno 2010 come data di deposito dell’atto di intervento e in mancanza della produzione, da parte della società istante, della copia autentica dell’atto cartaceo recan te il timbro di deposito con la data, o la fotocopia dell’atto di intervento, l’unico documento che poteva essere considerato ai fini della prova della data di deposito dell’atto di intervento da parte di RAGIONE_SOCIALE fosse l’atto notarile dell’ 11 luglio 2012, che attestava la data del 18 maggio 2010 e non quella del 30 giugno 2010.
Aggiungeva che la data del 30 giugno 2010, come data di deposito dell’atto di intervento, appariva anche contrastante sul piano della logica con la copia dell’atto, incompleta, ma recante la firma del difensore e data del 15 maggio 2010, prodotta in giudizio da RAGIONE_SOCIALE.
Evidenziava che l’incertezza sull’epoca in cui si era verificato l’atto interruttivo non poteva che ricadere sul creditore istante, sul quale, quale parte che aveva esercitato il diritto soggetto a prescrizione, gravava l’onere della prova.
Escludeva, infine, l’esistenza di ulteriori atti interruttivi della prescrizione, perché la notifica della sentenza n. 9718/2003 munita di formula esecutiva apposta in data 21 gennaio 2008, effettuata impersonalmente e collettivamente in favore degli eredi del COGNOME, non era stata accompagnata da espressioni idonee a manifestare la volontà di far valere il credito e/o costituire in mora il debitore e le dichiarazioni di debito rese all’interno del verbale d’inventario del 3 febbraio 2012 dagli accettanti con beneficio configuravano atti dovuti, con funzione dichiarativa e descrittiva di una situazione patrimoniale, prescindevano da ogni ammissione dell’attuale vigenza del corrispondente credito e non erano qualificabili come riconoscimento di debito.
Pertanto, accoglieva il reclamo, stante la carenza di legittimazione attiva di RAGIONE_SOCIALE, e, di conseguenza, revocava la dichiarazione di fallimento di RAGIONE_SOCIALE.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso avverso questa sentenza, pubblicata in data 9 gennaio 2024, prospettando quattro motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso RAGIONE_SOCIALE, la quale, a sua volta, ha presentato ricorso incidentale, affidato a quattro motivi.
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La compagine controricorrente ha eccepito la mancanza di prova dei poteri di firma della persona che ha dato incarico al legale di presentare ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 51/2024 della Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALEo, poiché parte ricorrente ha sì prodotto la procura (in data 19 ottobre 2022) in virtù della quale il procuratore speciale ha agito, ma nel contempo ha depositato una visura camerale (del 7 febbraio 2022) non aggiornata alla data del conferimento del mandato professionale al difensore, cosicché non risulta dimostrato – in tesi di parte controricorrente – se il conferente la procura fosse ancora procuratore speciale di RAGIONE_SOCIALE in quel frangente.
L’eccezione non è condivisibile.
Invero, non è in contestazione che parte ricorrente abbia prodotto l’atto in forza della quale il procuratore speciale ha conferito la procura speciale alle liti al difensore che ha predisposto il ricorso per cassazione.
Ora, secondo la giurisprudenza di questa Corte in tema di rappresentanza processuale della persona giuridica, ove il potere rappresentativo derivi da un atto soggetto a pubblicità legale, non spetta a colui che abbia rilasciato la procura fornirne la prova, ma alla parte che ne contesti i poteri l’onere di dimostrarne l’inesistenza
(si vedano in questo senso, per tutte, Cass. 13365/2023, Cass. 6799/2020, Cass. 20563/2014).
Competeva, quindi, a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE la dimostrazione dell’irregolarità dell’atto di conferimento della procura speciale al difensore di parte ricorrente.
6.1 Il primo motivo del ricorso principale assume, ex art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. in relazione agli artt. 116 e 57 cod. proc. civ., in combinato disposto con gli artt. 4 l. 399/1991, 2 D.M. (giustizia) 27 marzo 2000 n. 264, 2699, 2700 e 2714 cod. civ., la nullità della decisione impugnata perché la Corte distrettuale, oltre a ignorare diversi atti e riconoscimenti utilmente funzionali ad interrompere il corso della prescrizione, nel valutare la prova di cui al NUMERO_DOCUMENTO prodotto da RAGIONE_SOCIALE (copia con certificazione di conformità dello storico degli eventi riguardanti il procedimento RGE 2167/2000, ove era evidenziato che l’intervento era stato depositato in data 30 giugno 2010), ha preteso di attribuirle un valore diverso da quello di prova legale previsto per legge.
6.2 Il secondo mezzo adduce, ex art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. in relazione agli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata, con riferimento sia all’errore percettivo caduto sul contenuto oggettivo della prova in relazione al NUMERO_DOCUMENTO prodott o da RAGIONE_SOCIALE, sia all’errore percettivo caduto sul contenuto della prova in relazione al contratto di cessione del credito dell’11 luglio 2012 (prodotto in primo grado quale documento NUMERO_DOCUMENTO): la dichiarazione resa d a CFT RAGIONE_SOCIALE nell’atto notarile dell’11 luglio 2012, attestante la data del 18 maggio 2010 quale momento di deposito dell’atto di intervento, non aveva natura di confessione stragiudiziale, né faceva piena prova ex art. 2700 cod. civ., cosicché la mera discrasia esistente fra la data dedotta nella dichiarazione resa dalla parte nell’atto pubblico e il contenuto dell’estratto che attestava con valore fidefacente l’avvenuto deposito in data 30 giugno 2010 dell’atto di intervento pubblico non poteva
costituire elemento di ‘incertezza’ idoneo ad elidere (o addirittura a soverchiare) il contenuto oggettivo dell’attestazione di cancelleria.
I motivi, da esaminare congiuntamente, sono fondati.
7.1 Va premesso che è senza dubbio possibile contestare la mancata attribuzione del valore di prova legale a una risultanza probatoria prodotta dalla parte che abbia, invece, queste caratteristiche.
Infatti, in materia di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento (Cass, Sez. U., 20867/2020).
7.2 Occorre nel contempo ricordare che allorquando la data del deposito di un atto in cancelleria deve risultare da annotazione del cancelliere sull’atto medesimo (e dal suo inserimento nell’apposito registro cronologico), l ‘ eventuale omissione o assoluta incertezza sull’esteriorità di tale annotazione (e del suo inserimento nel richiamato registro), non può tradursi in prova dell’inosservanza del termine stabilito per detto deposito, perché questa omissione costituisce un’irr egolarità imputabile unicamente al cancelliere, dalla quale non si può dedurre la tardività del deposito stesso, non potendosi escludere che, nonostante l’anzidetta omissione, la parte abbia provveduto a depositare l’atto nel termine stabilito qualora quest’ultima circostanza sia comunque avvalorata da emergenze documentali oggettive riconducibili all’ufficio giudiziario e riferibili allo specifico processo (Cass. 10389/2011, nella cui motivazione si legge: « il deposito in cancelleria di un atto del processo è un fatto
(processuale) rilevante ai fini della decisione e nessuna disposizione di legge prevede, per tale fatto, un regime probatorio speciale, che ne consenta la dimostrazione in giudizio solo attraverso l’attestazione del cancelliere; cosicché, se, quando tale attestazione vi sia, la sua efficacia probatoria può essere vinta solo dalla querela di falso (Cass. 4092/85, Cass. 9622/09), quando, per contro, essa manchi, nulla impedisce che la data di deposito di un atto possa essere aliunde dimostrata sulla scorta di elementi ufficiali ed inequivoci oggettivamente riconducibili all’ufficio giudiziario »; nello stesso senso si vedano Cass. 21704/2011, Cass. 19019/2011).
7.3 L’art. 28 disp. att. cod. proc. civ. stabilisce che « con decreto del AVV_NOTAIO di grazia e giustizia, ovvero con decreto del AVV_NOTAIO delle finanze, nei casi di sua competenza, di concerto con il AVV_NOTAIO di grazia e giustizia, sono stabiliti i registri che devono essere tenuti, a cura delle cancellerie, presso gli uffici giudiziari ».
L’art. 13 D.M. (giustizia) 27 marzo 2000 n. 264 individua nell’elenco di questi registri, al n. 19), il ruolo generale delle esecuzioni civili.
L’art. 2 del medesimo decreto ministeriale prevede che i registri sono tenuti su base annuale ed in modo da garantire l ‘ integrità, la completezza, la disponibilità e la riservatezza di iscrizioni ed annotazioni nonché l ‘ identificazione del soggetto che accede ai registri.
Il registro di cancelleria fa piena prova dei fatti che il pubblico ufficiale attesta come da lui compiuti e costituisce prova legale ex art. 2700 cod. civ.
7.4 Ciò posto, l’affermazione della Corte d’appello secondo cui « le annotazioni nella sezione ‘Storico fascicolo’ di ogni singola causa non sono un ‘apposito registro tenuto dalla cancelleria’ bensì, delle mere annotazioni prive di valore certificativo », non è corretta, perché lo ‘Storico’ fa comunque parte del registro delle esecuzioni civili che è un registro tenuto dalla cancelleria in applicazione delle
norme sopra richiamate, al fine di garantire la completezza delle informazioni relative a ciascun procedimento iscritto al suo interno. Le certificazioni contenute nel registro di cancelleria per dar completo conto dello sviluppo del procedimento hanno valore certificativo di ciò che è accaduto nel processo e sono, di per sé, « un’emergenza documentale oggettiva riconducibile all’ufficio giudiziario e riferibile allo specifico processo » (cfr. Cass. 26010/2010).
Del pari, l’attestazione di conformità all’originale (informatico) della copia (analogica) prodotta non ha altra funzione che quella di effettuare una simile certificazione di corrispondenza ai sensi dell’art. 57 cod. proc. civ.
7.5 La dichiarazione contenuta nell’atto pubblico di cessione del credito non poteva costituire elemento di ‘incertezza’ idoneo a inficiare o superare il contenuto oggettivo dell’attestazione del registro di cancelleria, in ragione della data dichiarata dal cedente nell’occasione, dato che i due documenti non avevano lo stesso valore probatorio.
Infatti, l’efficacia probatoria privilegiata dell’atto pubblico è limitata ai fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza e alla provenienza delle dichiarazioni, senza implicare l’intrinseca veridicità di esse (Cass. 11012/2013; nello stesso senso Cass. 22903/2017, Cass. 12386/2006).
7.5 L’accoglimento delle prime due doglianze comporta l’assorbimento degli ulteriori motivi di ricorso presentati dal ricorrente principale.
Il primo motivo del ricorso incidentale lamenta che la Corte d’appello abbia omesso di decidere sull’eccezione sollevata da RAGIONE_SOCIALE di carenza di legittimazione di RAGIONE_SOCIALE, e quindi della procuratrice RAGIONE_SOCIALE, per difetto di prova del perfezionamento del contratto di cessione dei crediti, asseritamente stipulato in data 27 marzo 2015 tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE ai sensi
della legge n. 130/1999, ritenendo l’eccezione assorbita e superata dall’accoglimento del primo motivo di impugnazione.
9. Il motivo è inammissibile.
Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte risulta inammissibile per carenza di interesse il ricorso incidentale condizionato allorché proponga censure che, come nel caso di specie, non sono dirette contro una statuizione della sentenza di merito, ma sono relative a questioni sulle quali il giudice non si è pronunciato, ritenendole assorbite, atteso che in relazione a tali questioni (che possono essere riproposte nel giudizio di rinvio) manca la soccombenza, la quale costituisce il presupposto dell’impugnazione (Cass. 22501/2006; nello stesso senso Cass. 16016/2010, Cass. 10285/2009).
10. Gli ulteriori motivi di ricorso incidentale (con cui COGNOME lamenta che la Corte territoriale non abbia accolto la domanda avanzata ex art. 96 cod. proc. civ. e non abbia condannato in solido RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese di lite e della procedura fallimentare e del compenso da liquidare ai curatori fallimentari) rimangono assorbiti dall’accoglimento dei primi due motivi del ricorso principale.
11. In conclusione, per tutto quanto sopra esposto, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio della causa alla Corte distrettuale, la quale, nel procedere al suo nuovo esame, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso principale, dichiara assorbiti il terzo e il quarto motivo del ricorso principale, dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso incidentale, dichiara assorbiti gli ulteriori motivi del ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’ appello di RAGIONE_SOCIALEo in diversa
composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma in data 12 novembre 2025.
Il Presidente