SENTENZA CORTE DI APPELLO DI ANCONA N. 361 2025 – N. R.G. 00000430 2024 DEPOSITO MINUTA 31 10 2025 PUBBLICAZIONE 31 10 2025
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DI APPELLO DI ANCONA SEZIONE LAVORO
in persona dei magistrati:
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME Presidente
dr. NOME COGNOME Consigliere rel.
dr. NOME COGNOME Consigliere
All’esito della camera di consiglio, tenutasi ai sensi dell’art.127 -ter c.p.c., lette le note illustrative, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. NUMERO_DOCUMENTO r. g. sezione lavoro, vertente
TRA
, in proprio e quale legale rappresentante della già
, rappresentato e difeso per procura alle liti in atti dall’AVV_NOTAIO
COGNOME del Foro di Pescara appellante
E
contumace appellata
-in persona del
Presidente pro tempore, rappresentato e difeso per procura generale alle liti dagli AVV_NOTAIO, NOME COGNOME e NOME COGNOME appellato
Conclusioni come in atti
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso al Tribunale di Ascoli Piceno in funzione di Giudice del Lavoro chiedeva la condanna di , quale datore di lavoro e titolare della RAGIONE_SOCIALE , poi divenuta al pagamento della somma di euro 16.591,53 lordi a titolo di differenze retributive maturate in relazione alla prestazione lavorativa svolta in orario eccedente le 24 ore settimanali stabilite in contratto e con mansioni di fatto corrispondenti al IV livello, superiore al V di formale inquadramento.
L’adito Tribunale accoglieva per quanto di ragione la domanda con sentenza del 15 novembre
2024, disponendo, altresì, la condanna della parte convenuta al versamento in favore dell’ pure parte in causa, dei contributi spettanti sulle riconosciute differenze retributive, nonché al pagamento delle spese di lite.
Avverso la suddetta sentenza , nella spiegata qualità, ha proposto appello con atto depositato il 20 dicembre 2024, deducendo l’errore del Tribunale nel valutare i contenuti delle deposizioni testimoniali, alla stregua dei quali era emersa unicamente la circostanza che le tabelle dei turni di lavoro nella produzione della ricorrente – peraltro, disconosciute e tardivamente acquisite fossero ‘del tipo’ in uso alla RAGIONE_SOCIALE resistente, ma non anche la circostanza che la lavoratrice avesse effettivamente svolto gli orari ivi riportati. L’appellante ha, quindi, evidenziato come non fosse stata raggiunta la prova dello svolgimento di lavoro straordinario, nei rigorosi termini imposti nella specifica materia dalla Giurisprudenza di legittimità. Quanto al riconosciuto superiore livello di inquadramento, l’appellante ha criticato la contraddittorietà della decisione, che pur partendo dai consolidati principi giurisprudenziali in tema di analisi ed apprezzamento delle risultanze istruttorie se ne era discostata, valorizzando immotivatamente le sole dichiarazioni di un testimone inattendibile, in posizione di provata inimicizia con la comune datrice di lavoro. L’appellante ha chiesto, pertanto, in riforma della sentenza impugnata, rigettarsi la domanda attorea con vittoria di spese di lite del doppio grado.
non si è costituita. L’ si è rimesso alle valutazioni di questa Corte.
Allo scadere del termine assegnato alle parti per il deposito delle note in sostituzione d’udienza, la causa è stata trattenuta in decisione
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, va dichiarata la contumacia di , non costituita nel presente grado nonostante la rituale notifica del gravame.
Nel merito, l’appello è fondato e va accolto per le ragioni di seguito esposte.
Quanto alla domanda di accertamento della prestazione di lavoro straordinario, dall’esame delle buste paga prodotte dall’originaria ricorrente si evince che quest’ultima ha sistematicamente ricevuto determinate somme a titolo di lavoro supplementare o comunque a titolo di maggiorazione al 30% legata all’osservanza di un certo orario, evidentemente in eccedenza rispetto alle 24 ore settimanali fissate nel contratto di assunzione.
Siffatta circostanza avrebbe richiesto ben più accurata e scrupolosa indagine circa la spettanza alla lavoratrice delle ulteriori somme pretese al titolo richiesto, in rapporto alla quantità di lavoro effettivamente prestato non soltanto oltre i limiti contrattuali, ma anche oltre i limiti della retribuzione già riconosciutale dalla datrice di lavoro in busta paga mediante le maggiorazioni suddette.
Ed invero, nessuno dei testi escussi ha saputo riferire alcunché in ordine all’orario di lavoro effettivamente osservato dall’originaria ricorrente e solo il teste ha apoditticamente risposto in senso affermativo alle domande di cui ai capitoli di prova, in maniera avulsa da minimi riferimenti specifici a concrete circostanze di tempo e di luogo; con precipuo riferimento poi, al capitolo di prova n. 4: ‘Vero è che la ‘ organizzava settimanalmente i turni di lavoro di tutti i dipendenti e per ogni reparto e che i turni sono quelli che si rammostrano , vi è da considerarne l’inidoneità a sorreggere la domanda attorea, posto che i prospetti dei turni di lavoro prodotti in giudizio e offerti in visione al teste, a prescindere dalla loro provenienza dalla datrice di lavoro, si sostanziano in un mero programma di turnazione settimanale dei dipendenti addetti ai vari reparti del , come tale puramente indicativo di ‘ orari soggetti a variazioni’, secondo l’espressa dicitura stampigliata in calce a molti dei fogli in questione.
Manca, pertanto, in primo luogo la prova che l’articolazione dell’orario di lavoro indicata nei suddetti tabulati sia coincisa perfettamente con gli orari poi concretamente ed effettivamente osservati dalla lavoratrice nei periodi di riferimento.
Oltretutto, la deposizione del teste patisce una valutazione di non elevata attendibilità, in ragione dell’interesse di fatto di costui ad un certo esito dell’odierna lite, adeguatamente documentato dall’appellante mediante deposito di copia del ricorso già intentato dal medesimo nell’anno 2017 nei confronti della datrice di lavoro per rivendicare differenze retributive.
In conclusione, il materiale probatorio complessivamente acquisito alla causa non soddisfa i rigorosi criteri probatori unanimemente riconosciuti dai Giudici di legittimità nella specifica materia (vedi per tutte, Cass., sez. lav., sent.n.16150/2018), tenuto conto, per giunta, del lungo lasso temporale oggetto dell’accertamento, rispetto al quale ancor più stringente diviene l’esigenza di ottenere informazioni precise e dettagliate.
Analoghe considerazioni presiedono alla valutazione degli esiti istruttori rispetto alla domanda di superiore inquadramento.
Ad eccezione dell’apodittica asserzione di verità resa del teste nessun altro teste è stato in grado di riferire sui concreti aspetti qualitativi della prestazione svolta dalla ricorrente, né sulla circostanza che la stessa effettivamente fosse addetta in via prevalente e sistematica alla vendita al pubblico o che comunque di regola svolgesse le varie attività demandatele in piena autonomia operativa, e men che meno in funzione di coordinamento degli altri addetti al reparto.
In forza delle suesposte considerazioni, la sentenza deve essere riformata in senso favorevole alle istanze dell’appellante, cui va riconosciuto il diritto alla restituzione delle somme versate in esecuzione della decisione impugnata.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo in favore della RAGIONE_SOCIALE appellante
P.Q.M.
La Corte così provvede: 1) accoglie l’appello e, in riforma della sentenza impugnata, rigetta la domanda proposta in primo grado da ordina a quest’ultima di restituire all’appellante le somme eventualmente percepite in esecuzione della sentenza medesima; 2) condanna l’appellata al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in favore della RAGIONE_SOCIALE appellante in euro 2.600,00 per il primo grado ed in euro 2.100,00 per il presente grado, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, I.V.A. e CNPAF nella misura di legge; compensa le spese di lite nei confronti dell’
Ancona, 30 ottobre 2025
Il Consigliere est.
Il Presidente