Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 2552 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 2552 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 25143-2020 proposto da:
COGNOME, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE;
– intimato – avverso la sentenza n. 35/2020 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 22/01/2020 R.G.N. 89/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/01/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
Con sentenza del giorno 22.1.2020 n. 35, la Corte d’appello di Messina rigettava l’appello di COGNOME
Oggetto
R.G.N. 25143/2020
COGNOME
Rep.
Ud.17/01/2025
CC
avverso la sentenza del tribunale di Patti che, previo rigetto dell’eccezione di decadenza, aveva accertato che quest’ultima aveva lavorato come bracciante agricolo alle dipendenze di COGNOME NOME, negli anni 2005 e 2006, rispettivamente per 102 e 51 giornate, ordinando all’Inps la reiscrizione di costei negli elenchi dei lavoratori agricoli, per detti anni.
La Corte d’appello, per quanto ancora d’interesse, superata anch’essa, l’eccezione di decadenza (in quanto, il ripristino dell’istituto della decadenza da parte dell’art. 38 comma 5 del d.l. n. 98/11, faceva decorrere il termine dei 120 gg. per impugnare i provvedimenti di cancellazione, ex art. 22 del d.l. n. 7/70, convertito con modificazioni nella legge n. 83/70, a partire dall’entrata in vigore di quest’ultima norma, e cioè, ex art. 252 disp. att. c.c. dal 6.7.11, per i provvedimenti comunicati anteriormente a tale epoca e per i quali la decadenza non er a ancora maturata al 21.12.2008), rigettava l’originaria domanda del ricorrente, in quanto la prova testimoniale raccolta nel giudizio di primo grado non era idonea a suffragare le ragioni della ricorrente circa il dedotto svolgimento del rapporto di lavoro agricolo, così come risultava insufficiente il restante materiale probatorio (in particolare, i testi avevano solo acriticamente confermato il numero delle giornate lavorate nell’anno 2005 e 2006, senza indicare le mansioni svolte, l’ammontare della retribuzione, la durata giornaliera della prestazione e quant’altro).
Avverso la sentenza della Corte d’appello, COGNOME ricorre per cassazione, sulla base di due motivi, mentre l’Inps non ha spiegato difese scritte.
Il collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della decisione in camera di consiglio.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta il vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 primo comma nn. 3 e 5 c.p.c., perché la Corte di appello aveva omesso di valutare la sentenza penale di assoluzione della ricorrente dal reato di truffa, depositata fin dal primo grado di giudizio, con conseguente omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio stesso; in ogni caso, la prova testimoniale acquisita avrebbe dovuto valutarsi unitamente alla predetta sentenza di assoluzione, passata in giudicato, che menzionava l’esistenza di quel rapporto di lavoro subordinato in agricoltura, oggetto di controversia.
Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta il vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116 e 416 comma 2 c.p.c., e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 primo comma nn. 3 e 5 c.p.c., perché l’Istituto previdenziale ch e aveva originariamente disconosciuto l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato con l ‘impresa COGNOME, aveva l’onere probatorio, ai sensi dell’art. 2697 c.c., di dimostrare il proprio assunto con qualsiasi mezzo, anche con il deposito del verbale ispettivo su cui aveva fondato la contestazione del rapporto di lavoro agricolo.
Il primo motivo è inammissibile, in quanto il giudice seleziona discrezionalmente le fonti di prova su cui basare il proprio convincimento (cfr. Cass. n. 25608/13) ed il cattivo apprezzamento delle prove, ai sensi degli artt. 115 e 116 c.p.c., è denunciabile solo in termini di anomalia motivazionale che si tramuti in termini di violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. nn. 11892/16 e 27000/16)
Il secondo motivo, in disparte i profili d’inammissibilità, in quanto la censura mira, senza aver neppure riportato in ricorso il verbale ispettivo (art. 366 primo comma n. 6 c.p.c.), a una
nuova valutazione delle risultanze istruttorie e del merito della causa, è infondato.
Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte , ‘ in tema di indennità di disoccupazione agricola, l’iscrizione negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli costituisce presupposto per l’attribuzione della prestazione previdenziale, che, pertanto, non può essere riconosciuta in difetto di impugnazione del provvedimento amministrativo di esclusione da tali elenchi nel termine decadenziale di cui all’art. 22 del d.l. n. 7 del 1970, conv. con modif. in l. n. 83 del 1970’ (Cass. n. 6229/19, 13877/12).
Nella specie, la Corte d’appello ha accertato che la ricorrente -in presenza di un disconoscimento dell’esistenza di attività di lavoro subordinato agricolo da parte dell’Istituto previdenziale -non aveva dimostrato, per quanto presente in atti, l’esistenza e lo svolgimento del predetto rapporto di lavoro agricolo, che costituiva il necessario presupposto per richiedere la reiscrizione negli elenchi dei braccianti agricoli, per beneficiare delle conseguenti prestazioni assicurative, peraltro senza avere mai assolto ai corrispondenti obblighi contributivi.
La mancata predisposizione di difese scritte da parte dell’Inps, esonera il Collegio dal provvedere sulle spese.
Sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo, rispetto a quello già versato a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno