Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 30744 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 30744 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 21/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso 7774-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 101/2020 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 07/01/2021 R.G.N. 238/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/06/2025 dal AVV_NOTAIO.
Oggetto
RNUMERO_DOCUMENTO.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 25/06/2025
CC
RILEVATO CHE
1.La Corte d’appello di Brescia ha riformato la sentenza di primo grado che in accoglimento del ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE, aveva annullato l’avviso bonario emesso da RAGIONE_SOCIALE per complessivi Euro 5.889,32 inerente alla regolarizzazione delle posizioni contributive ed assicurative di due lavoratori, NOME COGNOME e NOME COGNOME, per gli anni 2012, 2013 e 2014, inizialmente assunti con contratto di ‘accompagnatori sportivi’, svolgendo attività di ausilio alle necessità dei soci in accompagnamento durante le competizioni ippiche, senza il rispetto di orari predeterminati, e di seguito, dal 2014, assunti con contratto parttime di ‘artieri ippici’ per le attività di gestione e pulizia dei box, oltre che di alimentazione dei cavalli.
La ricostruzione fattuale derivava da un verbale della Guarda di Finanza che aveva originato anche un procedimento per crediti RAGIONE_SOCIALE, pendente innanzi ad altro ufficio giudiziario, con il quale il giudice di primo grado aveva ravvisato pregiudizialità dispo nendo la sospensione ex art. 295 cpc. In appello l’RAGIONE_SOCIALE lamentava l’erronea valutazione dei fatti, l’illogicità ed insufficienza della motivazione del tribunale, ed il mancato esercizio di poteri istruttori, a fronte di mancanza di documentazione relativa alle dichiarazioni rese dai lavoratori in sede ispettiva.
La Corte di merito, respinta l’eccezione di inammissibilità per la doluta mancanza dei requisiti dell’art. 434 c.p.c., ravvisandosi invece nell’atto di appello una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza, ha ritenuto che, utilizzata ex art. 437 cpc la documentazione richiesta da RAGIONE_SOCIALE
relativa alle dichiarazioni rese in sede ispettiva dai lavoratori, questi ultimi siano stati correttamente inquadrati dall’Istituto come lavoratori subordinati a tempo pieno, e come tali dovessero essere assicurati contro infortuni e malattie professionali ai sensi degli artt. 1 e 4 DPR 1124/65; dalle dichiarazioni testimoniali era infatti emerso che i due lavoratori avevano sempre svolto mansioni di artiere ippico, in quanto dediti alla pulizia degli animali e dei box, alla movimentazione dei cavalli e preparazione in occasione delle gare ed alla loro alimentazione dei cavalli, ricevendo direttive ed ordini dai soci, in totale dipendenza dalle loro esigenze, remunerati di volta in volta con mance e svolgendo attività rivolte in favore degli associati per qu anto organizzate dall’RAGIONE_SOCIALE, mansioni e modalità mai mutate. E si trattava, come già osservato in altre pronunce di merito richiamate in sentenza, di attività diverse da quelle dell’accompagnatore RAGIONE_SOCIALE, come indicato dall’RAGIONE_SOCIALE, per le qu ali occorre che il lavoratore sia titolare di specifico brevetto.
Avverso la sentenza di rigetto propone ricorso l ‘ RAGIONE_SOCIALE, affidandosi ad unico articolato motivo, a cui RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso; entrambe le parti depositano memorie in prossimità di udienza, riportandosi alle rispettive conclusioni.
La causa è stata trattata e decisa all’adunanza camerale del 25/6/2025.
CONSIDERATO CHE
1.Con l’unico motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione de ll’art. 437 c.p.c., per avere la Corte d’appello consentito l’accesso agli atti di causa della documentazione richiesta da RAGIONE_SOCIALE relativa alle dichiarazioni rese in sede
ispettiva dai due lavoratori, parte integrante del verbale della Guardia di Finanza del 18/6/2015, senza che ricorressero i requisiti di novità ed indispensabilità della prova ammessa. I verbali contenenti le dichiarazioni dei lavoratori non costituirebbero nuovi mezzi di prova, ossia diverse istanze istruttorie relative a fatti già allegati al processo di primo grado, la cui produzione tardiva potrebbe essere giustificata in ragione del tempo di formazione del documento o dell’evoluzione della vicenda processuale; l’RAGIONE_SOCIALE aveva invece affermato in atto di appello di non aver rinvenuto nel proprio fascicolo di parte le dichiarazioni ed i documenti indicati nella memoria di primo grado, sicché il giudice di appello, violando imparzialità e terzietà, aveva sopperito alla carenza di parte convenuta che aveva omesso, con negligenza a sé imputabile, di verificare la regolarità del proprio fascicolo in vista della decisione di primo grado. Inoltre, prosegue la ricorrente, il giudizio sulla indispensabilità della documentazione non attiene al merito della decisione ma al rito, ai fini dell’accertamento della preclusione processuale eventualmente formatasi in ordine ad una richiesta istruttoria di parte, e pertanto l’erronea ammissione della prova documentale in appello integrerebbe un error in procedendo che consente alla Corte di legittimità di esaminare direttamente gli atti di causa. A tal fine, ritenendo indispensabile una prova nuova, idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, andava affermata l’idoneità dell’impianto probatorio svolto in primo grado per dimostrare che i due lavoratori avessero svolto nel triennio 20122014 un’attività di collaborazione e non di lavoro subordinato. All’uopo , l’RAGIONE_SOCIALE ricorrente riproduce alcuni passaggi delle dichiarazioni testimoniali sull’attività svolta dai due lavoratori,
da cui era emerso che avevano accompagnato alcuni soci alle gare, gestendo i cavalli per la loro movimentazione, e che le loro mansioni erano cambiate nel 2014 in occasione dell’aumento del numero di soci.
Nel controricorso, RAGIONE_SOCIALE rileva che l’RAGIONE_SOCIALE aveva aperto la posizione assicurativa in data 18/2/14 per il personale addetto alla ‘manutenzione stalle’, ma a seguito di accertamento della Guardia di Finanza che aveva contestato l’irregola re rapporto con i due dipendenti, già da tempo inquadrati come ‘accompagnatori sportivi’ dissimulando il compenso loro corrisposto con indennità non soggette a contribuzione previdenziale e assicurativa, l’Istituto aveva poi proceduto a riqualificare il loro rapporto a decorrere dal 2012 emettendo avviso bonario. Eccepisce, quindi, la inammissibilità del motivo di ricorso in forza del principio espresso da Cass. Sez. Un. n. 10790/17, secondo il quale la prova nuova indispensabile è quella idonea a eliminare incertezza sulla ricostruzione del fatto o prova ciò che era rimasto indimostrato a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa in preclusione per negligenza; inoltre, rileva l’infondatezza delle censure mosse perché, se la documentazione era già presente in atti non si verterebbe nella previsione dell’art. 437 c .p.c., ma se per qualsiasi motivo, anche per negligenza di RAGIONE_SOCIALE, essa non era stata acquisita al giudizio, allora la Corte di merito aveva legittimamente fatto uso dei poteri officiosi dell’art. 437 co.2 c.p.c. Nel merito, spetta al giudice l’interpretazione della dichiarazione dei testi e, richiamate altre pronunce di merito locali, sulla distinzione fra artiere e accompagnatore, l’RAGIONE_SOCIALE segnala che i due lavoratori non avevano il brevetto per tale ultimo tipo di attività.
3. Il ricorso è infondato.
Nel giudizio di appello nel rito del lavoro vige la disposizione dell’art. 437 secondo comma c.p.c. a mente del quale non sono ammessi nuovi mezzi di prova salvo che il collegio, anche d’ufficio, li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa. In tale ambito processuale, il sistema delle preclusioni trova un contemperamento, ispirato alla esigenza della ricerca della ‘verità materiale’, nei poteri officiosi del giudice in materia di ammissione di nuovi mezzi di prova anche in appello, ove essi siano indispensabili ai fini della decisione (Cass. ord. 22371/21).
Occorre quindi precisare il contenuto della indispensabilità: è stato osservato da questa Corte, con ord. n. 16358/2024, che nel rito del lavoro costituisce prova nuova indispensabile, ai sensi dell’art. 437, comma 2, c.p.c., quella di per sé idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto non dimostrato o non sufficientemente dimostrato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado.
L’esigenza di rimozione della possibile incertezza deve , inoltre, coniugarsi con thema probandum , in quanto tale dovendosi rapportare con l’oggetto della controversia, in linea con la domanda ed in relazione con lo sviluppo probatorio come già emergente ex actis. Invero, da un lato il giudice ha il poteredovere di provvedere d’ufficio agli atti istruttori idonei a superare l’incertezza sui fatti costitutivi addotti dalle parti e decisivi per la definizione della lite, ma gli elementi probatori
così acquisiti possono fondare anche una ricostruzione fattuale diversa dalle allegazioni delle parti, purché nel rispetto del principio della domanda (cfr. Cass. Sent. 21410/19), dall’altro l’attivazione dei poteri istruttori d’ufficio del giudice non può mai essere volta a superare gli effetti derivanti da una tardiva richiesta istruttoria delle parti o a supplire ad una carenza probatoria totale, in funzione sostitutiva degli oneri di parte, in quanto, come osservato da Cass. ord. n.23605/2020, l’art. 421 c.p.c., in chiave di contemperamento del principio dispositivo con le esigenze di ricerca della verità materiale quale caratteristica precipua del rito speciale, consente l’esercizio dei poteri ufficiosi allorquando le risultanze di causa offrano già significativi dati di indagine, al fine di superare lo stato di incertezza dei fatti costitutivi dei diritti di cui si controverte. Ne consegue che tale potere non può tradursi in una pura e semplice rimessione in termini del convenuto, in totale assenza di fatti quantomeno indiziari che consentano al giudicante un’attività di integrazione degli elementi delibatori già ritualmente acquisiti.
In sintesi, nel rito del lavoro, il giudice deve vagliare l’ammissibilità di nuovi documenti prodotti in appello sotto il profilo della rilevanza degli stessi in termini di indispensabilità ai fini della decisione, valutandone la potenziale idoneità dimostrativa in rapporto al “thema probandum”, avuto riguardo allo sviluppo assunto dall’intero processo (cfr. Cass. ord. n.7883/19) e, dovendosi contemperare il principio dispositivo con quello di ricerca della verità, il giudice può ammettere il deposito di atti non prodotti tempestivamente -qualora li ritenga indispensabili ai fini della decisione- anche in grado d’appello,
ricorrendo ai poteri officiosi di cui all’art. 437 c.p.c. (Cass. sent. 22907/2024).
La parte ricorrente censura l ‘ impugnata pronuncia sotto un duplice profilo di violazione di legge riferita alla disposizione in esame: la documentazione prodotta da RAGIONE_SOCIALE in grado di appello non avrebbe il carattere di novità, e non sarebbe neppure indispensabile nel senso di finalizzata a eliminare incertezza nella ricostruzione dei fatti.
7.1 – Tuttavia, il richiamo alla novità è pertinente in relazione al mezzo di prova invocato dall’appellante ed introdotto in giudizio di appello, ma non all’oggetto, e di tanto dà atto la stessa ricorrente nel riferire che la documentazione RAGIONE_SOCIALE a cui il giudice d’appello ha fatto accesso consiste in verbali, con allegati, già preesistenti e prodotti in primo grado, di cui l’istituto soltanto successivamente alla decisione del tribunale ha constatato il mancato rinvenimento nel suo fascicolo di parte. Tecnicamente la documentazione non è nuova nel suo processo di formazione, l’oggetto che la resistente pretendeva di dimostrare non solo era inerente al tema di prova, ma rientrava nelle allegazioni difensive dell’istituto a sostegno della ricostruzione di un rapporto di lavoro subordinato risalente già al 2012, non cristallizzato alla sola formale stipula contrattuale del 2014. Il mancato rinvenimento della documentazione non soltanto non è stato contestato dalla ricorrente nel senso di rinnegarne l’esistenza (e di esso la controricorrente non fornisce spiegazioni ma adduce di aver prodotto in allegato alla propria memoria difensiva di primo grado il verbale della Guardia di Finanza con allegate dichiarazioni dei lavoratori) ma neppure ipotizza violazioni di tipo processuale sul un’ omessa pronuncia ammissiva del mezzo di prova o su un’ eventuale discussione fra
le parti in merito alla completezza o veridicità dell’elenco di documentazione prodotta.
7.2 – Il rilievo sulla negligenza imputabile all’ente che ha omesso di verificare la regolarità del proprio fascicolo in vista della decisione non è poi supportata né da una specifica violazione di norma di legge processuale in materia, né da alcun richiamo a verbali di udienza di trattazione e discussione contenenti le conclusioni rese dalla parte avversaria (da cui potesse evincersi la linea difensiva dell’ente , fondata o meno su documentazione rilevante).
Sotto il secondo profilo della indispensabilità la ricorrente richiama sia il principio di diritto espresso dalla sentenza SS.UU. n.10790/2017, sia il rilievo dell’error in procedendo nella valutazione di ammissibilità di una prova documentale ritenuta indispensabile. Si osserva, in primo luogo, che la citata pronuncia, resa in un contesto processuale di rito ordinario ex art. 345 co.3 c.p.c. antevigente alla riforma del 2012, ma come tale idonea a proiettare effetti sul medesimo concetto di indispensabilità della prova nuova in appello rimasto immutato nell’art. 437 comma 2 c.p.c., aveva precisato che ‘in linea di massima è nuova tanto la prova avente ad oggetto un fatto nuovo, ossia allegato per la prima volta in appello (perché sopravvenuto o perché, pur preesistente, divenuto rilevante solo grazie al tenore della sentenza di primo grado o ad una novità normativa sopraggiunta dopo che erano maturate le preclusioni istruttorie), quanto quella intesa a dimostrare un fatto già allegato in primo grado’ (cfr . sub par. 2.2 delle Ragioni della decisione). E nel principio di diritto espresso, è stato quindi ritenuto che nel giudizio di appello «Prova nuova indispensabile di cui al testo dell’art. 345, comma 3, cod. proc. civ., previgente
rispetto alla novella di cui all’art. 54, comma 1, lett. b), d.l. n. 83 del 2012, convertito in legge n. 134 del 2012, è quella di per sé idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto non dimostrato o non sufficientemente dimostrato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado». Quindi, per espressa enunciazione della Suprema Corte, la valutazione della ‘negligenza’ si pone al di fuori del rilievo di indispensabilità.
L’argomento è stato ribadito anche in ord. n.12574/2019 sulla ammissibilità della produzione di nuovi documenti in appello ‘a condizione che la parte dimostri di non avere potuto produrli prima per causa a sé non imputabile ovvero che essi, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado, siano indispensabili per la decisione, purché tali documenti siano prodotti, a pena di decadenza, mediante specifica indicazione nell’atto introduttivo del secondo grado di giudizio, salvo che la loro formazione sia successiva e la loro produzione si renda necessaria in ragione dello sviluppo assunto dal processo’.
Nel caso di specie è sufficiente considerare che RAGIONE_SOCIALE in primo grado non era incorsa in alcuna preclusione perché è incontestato che avesse prodotto la documentazione per sé rilevante.
Sul solco della citata pronuncia a Sezioni Unite, si è quindi consolidato l’orientamento secondo cui nel rito del lavoro, il
giudice d’appello, nell’esercizio dei suoi poteri istruttori d’ufficio, in applicazione del precetto di cui all’art. 437, comma 2, c.p.c., deve acquisire e valutare i documenti esibiti nel corso del giudizio dall’appellato, sia pure non in contestualità con il deposito della memoria di costituzione, ‘allorquando detti documenti siano indispensabili, perché idonei a decidere in maniera definitiva la questione controversa tra le parti sulla ammissibilità del gravame’ (cfr. ord. 11994/2018), e deve vagliarne la rilevanza e l’indispensabilità ai fini della decisione, ‘valutandone la potenziale idoneità dimostrativa in rapporto al thema probandum, avuto riguardo allo sviluppo assunto dall’intero processo’ (ord. 19829/2024).
10. La ricorrente prospetta, poi, la violazione della norma codicistica anche sotto il diverso profilo dell’error in procedendo ; ancorché in ricorso la doglianza non sia specificamente argomentata nel paradigma dell’art. 360 co.1 n. 4 c.p.c., è stato benvero osservato (Cass. n.32815/2023) che, qualora venga dedotta l’erroneità dell’ammissione o della dichiarazione di inammissibilità di una prova documentale in appello, la RAGIONE_SOCIALEC., in quanto chiamata ad accertare un “error in procedendo”, è giudice del fatto, ed è, quindi, tenuta a stabilire se si trattasse in astratto di prova indispensabile, ossia teoricamente idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione dei fatti di causa.
10.1- Seguendo tale indicazione, si noti che da quanto allegato al controricorso risulta che in primo grado fosse riportato, nell’indice di atti e documenti del fascicolo di parte, l’elenco la produzione documentale di cui si discute, comprensivo di verbali GdF, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, DTL ed allegati e che nella sentenza del tribunale di Bresci a sia stato segnalato che, ‘ nonostante il
processo verbale della Guardia di Finanza menzioni specificamente, quali allegati, i documenti posti a fondamento dell’attività ispettiva (nel caso che ci occupa rilevanti sono i documenti amministrativi e contabili afferenti la posizione del NOME e del NOME e i verbali delle dichiarazioni rese dagli stessi in sede di verifica), nel fascicolo della causa non risultano prodotti né da parte ricorrente né da parte resistente pur avendo prodotto entrambe il verbale di constatazione, discendendo da ciò l’esclus ione di prova diretta del verbale ‘. Il rilievo testé riportato è decisivo sulla dedotta indispensabilità della ‘nuova prova’ in appello: indiscusso l’ambito omogeneo del thema decidendum inerente alla prova della natura del rapporto di lavoro svolto nel triennio antecedente alla formale regolarizzazione contrattuale, al fine di una iscrizione di partita assicurativa RAGIONE_SOCIALE in caso di accertata subordinazione, emergono sia la traccia dell’e sistenza del processo verbale e dei suoi allegati -quale fonte primigenia dei conseguenti accertamenti ispettivi ed idonea pista probatoria di potenziale sviluppo ai fini della ricerca della ‘verità materiale’ dei fatti -, sia l’oggetto della prova mirato sulla posizione dei due lavoratori impiegati in mansioni di artiere ippico e non già di accompagnatori sportivi -con le conseguenti implicazioni contributive e assicurative di rispettiva competenza RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE-, sia la possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta in esito giudiziale di primo grado -che non ha tenuto conto del verbale basando la decisione sulle risultanze istruttorie della prova testimoniale-.
11. In conclusione, le censure mosse dalla ricorrente non sono fondate; correttamente la Corte d’appello, senza incorrere in alcuna violazione e/o falsa applicazione di norme di legge, ed in
linea con gli esposti principi di diritto espressivi di un consolidato orientamento giurisprudenziale, ha disposto l’acquisizione della documentazione richiesta da RAGIONE_SOCIALE, utilizzandola e valorizzandola ai fini di prova dei fatti in contestazione.
Il ricorso va pertanto respinto con compensazione delle spese processuali in ragione della non agevole individuazione del perimetro valutativo del comportamento processuale delle parti e dell’ambito intrinsecamente discrezionale, ed insindacabile in sede di legittimità, sulle risultanze dimostrative delle fonti di prova esaminate dal giudice di merito. Segue la pronuncia sul versamento del doppio del contributo unificato.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese fra le parti.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 25 giugno 2025.
La Presidente
NOME COGNOME