Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 13668 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 13668 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3373/2024 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legarle rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in ANCONA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME che la rappresenta e difende
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legarle rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in Ancona INDIRIZZO
Oggetto: Contratti bancari -Apertura credito -Conclusione per facta concludentia -Prova -Valutazione giudice di merito – Insindacabilità
R.G.N. 3373/2024
Ud. 06/05/2025 CC
INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che l a rappresenta e difende
-controricorrente – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO ANCONA n. 1042/2023 depositata il 30/06/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 06/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 1042/2023, pubblicata in data 30 giugno 2023, la Corte d’appello di Ancona, nella regolare costituzione di RAGIONE_SOCIALE ha respinto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso le sentenze del Tribunale di Ancona: non definitiva n. 1193 del giorno 11 luglio 2018 e definitiva n. 1936 del giorno 18 novembre 2019.
RAGIONE_SOCIALE aveva agito al fine di ottenere la declaratoria di nullità delle previsioni economiche contenute in un contratto di conto corrente ed in un contratto di apertura di credito -conclusi con Banca Popolare di Ancona s.p.a. (poi UBI s.p.a. e poi INTESA SANPAOLO S.P.A.) – nonché di ottenere la restituzione delle somme indebitamente percepite dalla convenuta.
Accolta solo parzialmente la domanda in prime cure e proposto appello da parte di RAGIONE_SOCIALE, la Corte territoriale ha disatteso tutti i motivi di gravame, osservando -per quanto ancora rileva nella presente sede – che:
-in assenza di prova del carattere ripristinatorio e non solutorio dei versamenti -prova gravante sull’appellante risultava fondata l’eccezione sollevata dalla Banca – di prescrizione
decennale degli addebiti effettuati fino al 31/3/2005, non essendo stata fornita adeguata prova della esistenza di una apertura di credito, peraltro neppure disciplinata nel contratto di conto corrente, nonostante fosse già vigente l’obbligo di forma scritta;
-parimenti infondato era il motivo di doglianza col quale era stata dedotta la nullità dell’originario contratto di conto corrente perché non sottoscritto dalla Banca, risultando che il contratto era sottoscritto dalla stessa appellante e che nel medesimo si dava atto della consegna di copia di detto contratto alla correntista;
-non poteva trovare applicazione nella specie il criterio del c.d. ‘saldo zero’, essendo stata la stessa appellante ad agire per la ripetizione di indebito.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Ancona ricorre RAGIONE_SOCIALE
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
Le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a cinque motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, nn. 3 e 4, c.p.c., la violazione art. 115 c.p.c., ‘per non avere la Corte del merito considerato che la banca convenuta non aveva tempestivamente contestato che il conto corrente era sempre stato affidato ed anzi aveva ammesso che le rimesse affluite sul coto
avevano avuto natura ripristinatoria e non solutoria e quindi non incorrevano nella prescrizione’ .
Argomenta, in particolare, il ricorso che la Corte d’appello avrebbe violato l’art. 115 c.p.c. in quanto la banca convenuta non solo non aveva contestato ed eccepito, con la costituzione in primo grado, che il conto corrente era sempre stato affidato ma anzi ammesso l’esistenza di un affidamento e la natura ripristinatoria delle rimesse sul medesimo affluite.
Deduce, quindi, la ricorrente che la Corte territoriale sarebbe incorsa anche in un ‘travisamento delle prove, dei fatti non contestati e dei fatti notori, consistente in un errore di percezione, come in questo caso, rispetto a un elemento di prova rappresentato da una precisa affermazione del difensore, con valore confermativo vincolante, della natura ripristinatoria delle rimesse in un conto affidato, concretizza violazione dell’art. 115 c.p.c., che obbliga il giudice a porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti ed acquisite al processo, i fatti notori e i fatti non contestati’ .
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione artt. 2697 e 1842 c.c., e artt. 117, commi 1 e 3, e 127, comma 2, D.Lg. 1° settembre 1993, n. 385, ‘per avere la Corte di appello di Ancona affermato che, tenuto conto che il contratto di conto corrente stato stipulato il 7 marzo 1995 occorreva la forma scritta per un contratto di apertura di credito e, in sua assenza, non poteva affermarsene l’esistenz a con ciò dovendosi escludere la possibilità di attribuire ai versamenti effettuati lungo il corso del rapporto natura ripristinatoria e quindi di considerarli sottratti alla prescrizione, dovendosi invece applicare il principio di diritto per cui il correntista può provare anche per facta concludentia l’esiste nza del
fido di fatto, tenuto conto che le nullità in materia bancaria sono ‘di protezione’ e possono essere fatte valere solo dal cliente’ .
Si censura la decisione impugnata in quanto la stessa non solo avrebbe affermato che, essendo nel 1995 imposta la forma scritta dei contratti bancari a pena di nullità, l’assenza di qualsiasi riferimento nel contratto di conto corrente a una disciplina del rapporto di apertura di credito portava alla conclusione della inesistenza di un contratto di apertura di credito, ma anche, e conseguentemente, avrebbe omesso di esaminare tutti gli elementi sintomatici che valevano ad evidenziare nello specifico l’esistenza di un’apertura di credito.
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ‘rappresentato dalle risultanze degli estratti conto, di cui era stato omesso totalmente l’esame per l’assorbente considerazione dell’assenza di forma scritta, che comprovavano l’esistenza di spese di istruttoria pratica fido e commissioni di massimo scoperto costituenti prova dell’affidamento e dei limiti del fido’ .
1.4. Con il quarto motivo il ricorso deduce ‘violazione artt. 115 in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. e violazione art. 116 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c.’ , ” .
Argomenta, in particolare, il ricorso che la Corte d’appello:
-non avrebbe ‘considerato il fatto non contestato della mancata consegna al cliente del contratto di conto corrente, indipendentemente dal fatto che fosse o meno monofirma’ ;
-avrebbe violato l’art. 116, ‘posto che l’omessa considerazione della prova a contenuto confessorio circa la mancata consegna al cliente del contratto concretizzava anche violazione dell’art. 116 c.p.c., e sebbene la valutazione delle prove da parte del giudice costituisca questione di merito, ciò
non vale ad escludere il vizio di legittimità allorché essa risulti del tutto omessa per effetto di un manifesto travisamento del tema oggetto di discussione che verteva sulla omessa consegna della copia del contratto al cliente e non sul fatto che fosse f irmato anche dalla banca o monofirma’ ;
-sarebbe incorsa in travisamento della prova in quanto avrebbe assunto ‘che la questione era circoscritta alla validità del contratto monofirma, cosa processualmente non vera perché invece si discuteva della omessa consegna di una copia del contratto al cliente’ , concretizzando ‘un errore di percezione della realtà stessa processuale’ .
1.5. Con il quinto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione art. 1832, 1857 e 2697 c.c. e art. 115 c.p.c., ‘per avere la Corte di appello di Ancona richiamato in modo decontestualizzato il principio per cui il criterio del ‘saldo zero’ non può essere utilizzato per la ricostruzione del rapporto quando la Banca è convenuta poiché costituisce in tal caso onere de ll’attore ricostruire e produrre la documentazione integrale dal primo estratto conto, quado in realtà la questione era diversa perché la ricorrente, RAGIONE_SOCIALE aveva fatto richiesta anche prima del promovimento del giudizio del contratto e degli estratti conto dall’inizio del rapporto specificando, senza essere smentita, che non c ‘era mai stato alcun invio di detta documentazione in costanza di rapporto da parte della Banca, ragione per cui l’onere della prova di avere inviato lungo il corso del rapporto gli estratti conto gravava sulla Banca’ .
I motivi di ricorso sono, nel loro complesso, inammissibili.
2.1. Duplice è il profilo di inammissibilità del primo motivo.
In primo luogo, invero, esso offre una ricostruzione delle difese dell’odierna controricorrente del tutto sommaria e non rispettosa della
regola di specificità di cui all’art. 366, n. 6), c.p.c., in tal modo precludendo a questa Corte di operare una concreta valutazione in ordine alla effettiva sussistenza di una non contestazione da parte dell’odierna controricorrente nel giudizio di prime cure.
Tale carenza -si osserva -vale a precludere anche l’esercizio, ad opera del giudice di legittimità, del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, in quanto è necessariamente d all’ammissibilità del motivo di ricorso -seppur declinata secondo gli approdi raggiunti da questa Corte in conformità alle indicazioni della sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 (causa COGNOME ed altri c/Italia), e quindi secondo criteri di sinteticità e chiarezza, realizzati dalla trascrizione essenziale degli atti e dei documenti per la parte d’interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l’attività del giudice di legittimità e garantire al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ed il diritto di accesso della parte ad un organo giudiziario in misura tale da non inciderne la stessa sostanza (Cass. Sez. L – Ordinanza n. 3612 del 04/02/2022; ma cfr. anche Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 24048 del 06/09/2021) – che viene ad essere subordinato l’esercizio del potere -dovere del giudice di legittimità di accertare la sussistenza del denunciato vizio attraverso l’esame diretto degli atti (Cass. Sez. U – Sentenza n. 20181 del 25/07/2019; Cass. Sez. 5 – Sentenza n. 27368 del 01/12/2020; Cass. Sez. U, Sentenza n. 8077 del 22/05/2012; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 15071 del 10/09/2012).
In secondo luogo, si deve osservare che il motivo mira inammissibilmente a sollecitare a questa Corte una vera e propria valutazione ex novo in ordine alla sussistenza di una condotta di non contestazione, laddove – come chiarito da questa Corte – spetta al
giudice del merito apprezzare, nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l’esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte, la quale, ex art. 115 c.p.c., produce l’effetto della relevatio ab onere probandi (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 27490 del 28/10/2019; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 3680 del 07/02/2019), in quanto tale apprezzamento esige l’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza della domanda e delle deduzioni delle parti da ciò derivando che l’accertamento della sussistenza di una contestazione ovvero d’una non contestazione risulta sindacabile in cassazione solo per solo per difetto assoluto o apparenza di motivazione o per manifesta illogicità della stessa (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 27490 del 28/10/2019; Cass. Sez. L, Sentenza n. 10182 del 03/05/2007).
2.2. L’inammissibilità del secondo motivo discende d irettamente dal suo inadeguato confrontarsi con la ratio della decisione impugnata.
Diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, infatti, la Corte territoriale non ha affatto affermato che l’esistenza di un’a pertura di credito doveva essere esclusa semplicemente per effetto dell’assenza di una pattuizione conclusa per iscritto, ma -con un ragionamento che è invece indice di un’impostazione esattamente opposta ha escluso che nel concreto sussistessero elementi sufficienti per affermare la conclusione di un contratto di apertura di credito per facta concludentia , così implicitamente riconoscendo che tale ultima possibilità sarebbe stata astrattamente configurabile.
Pur essendo richiamat o l’obbligo di conclusione in forma scritta di cui al l’art. 117, D. Lgs. n. 385/1993, quindi, il fulcro della decisione è costituito non dalla semplice equazione ‘assenza di forma scritta = assenza di apertura di credito’, bensì dall a diversa affermazione in ordine alla complessiva assenza di adeguati elementi sintomatici che
consentissero di ritenere raggiunta la prova della conclusione di un contratto di apertura di credito per facta concludentia .
2.3. Quanto al terzo motivo, lo stesso, nel dedurre il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo, viene ad incorrere direttamente nella preclusione di cui all’art. 348 -ter c.p.c., in quanto il giudizio di appello è stato instaurato nel 2020 e la decisione della Corte d’Appello non risulta in alcun modo essersi distaccata dal ragionamento del giudice di primo grado, né parte ricorrente ha indicato le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. Sez. L – Sentenza n. 20994 del 06/08/2019; Cass. Sez. 1 Sentenza n. 26774 del 22/12/2016; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5528 del 10/03/2014).
2.4. Il quarto motivo risulta invece inammissibile perché anche in questo caso la ricorrente non si è venuta a confrontare con la ratio decidendi della sentenza impugnata.
Afferma invero la ricorrente (pag. 14 del ricorso, ma si veda anche pag. 9 segg. della memoria ex art. 380bis .1 c.p.c.) che il ‘ tema oggetto di discussione (…) non verteva sulla validità o meno del contratto monofirma, bensì sul ben diverso fatto che la Banca aveva trasgredito all’obbligo di consegnare al cliente una copia del contratto’ e che quindi la Corte territoriale avrebbe errato a pronunciarsi solo sul diverso profilo della validità del contratto c.d. ‘monofirma’.
Il motivo non sembra cogliere uno specifico passaggio della sentenza impugnata (pag. 9, secondo capoverso), nel quale si afferma, testualmente, ‘ Inoltre occorre rilevare come la copia del contratto versata in atti dalla stessa società appellante reca in calce la dichiarazione della medesima di avere ricevuto copia del contratto de
quo (cfr. pag. 3 della copia del contratto id c/c allegata alla perizia di parte) ‘ .
Diversamente da quanto opinato dalla ricorrente, quindi, la Corte ha esattamente inquadrato il problema che in questa sede viene riproposto sotto forma di censura ex art. 360, n. 3), c.p.c. e lo ha risolto ritenendo invece dimostrata l’avvenuta consegna di copia del contratto sulla base della dichiarazione ricognitiva resa dalla stessa ricorrente.
Significativamente, del resto, il residuo contenuto del motivo di ricorso viene a registrare uno slittamento da una censura di erroneo inquadramento della doglianza formulata con l’appello ad una serie di considerazioni che investono invece profili eterogenei – come quello della non contestazione e del travisamento della prova – dai quali, tuttavia è dato agevolmente evincere che la vera sostanza del motivo è costituita da una inammissibile censura concernente direttamente la valutazione del materiale probatorio da parte della Corte territoriale, valutazione rimessa al giudice del merito e non sindacabile in sede di legittimità (Cass. Sez. 5 – Ordinanza n. 32505 del 22/11/2023; Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 13918 del 03/05/2022; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 6774 del 01/03/2022; Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 20553 del 19/07/2021; Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 21187 del 08/08/2019; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1554 del 28/01/2004).
2.5. Inammissibile, infine, è anche il quinto motivo, perché lo stesso, dietro l’apparente censura di violazione di legge, viene in realtà ad imperniarsi su un fatto storico -la mancata consegna degli estratti conto -che non può essere oggetto di accertamento in sede di legittimità ed in relazione al quale si sarebbe dovuta, semmai, dedurre l’ipotesi di omesso esame di fatto decisivo ex art. 360, n. 5), c.p.c., nella specie tuttavia preclusa -come già visto -dall’art. 348 -ter c.p.c.
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 6.700,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il giorno 6 maggio 2025.
Il Presidente
NOME COGNOME