Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8632 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 8632 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 34077-2019 proposto da:
COGNOME, COGNOME NOME in qualità di eredi di COGNOME NOME, domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME, NOME PREDEN;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 494/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 10/05/2019 R.G.N. 714/2017;
Oggetto
Previdenza
R.G.N.NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud.17/01/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/01/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 10.5.2019, la Corte d’appello di Catania ha confermato la pronuncia di primo grado che, disattendendo le risultanze della relazione peritale disposta d’ufficio, aveva rigettato, per difetto di prova di pregressa esposizione qualificata ad amianto, la domanda con cui NOME COGNOME aveva chiesto l’attribuzione dei benefici di cui all’art. 13, comma 8, l. n. 257/1992;
che avverso tale pronuncia gli eredi di NOME COGNOME indicati in epigrafe hanno proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura, successivamente illustrati con memoria; che l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso;
che, chiamata la causa all’adunanza camerale del 17.1.2025, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (articolo 380bis .1, comma 2°, c.p.c.);
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con il primo motivo di censura, i ricorrenti denunciano violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la Corte di merito ritenuto che essi non avessero specificamente censurato l’affermazione del primo giudice secondo cui il CTU, nel redigere l’elaborato peritale, aveva inammissibilmente utilizzato le dichiarazioni rese dal loro dante causa circa il periodo di esposizione ad amianto, laddove con il primo motivo del ricorso in appello essi avevano espressamente censurato la statuizione di rigetto adducendo che la prova dello svolgimento delle mansioni di addetto alla manutenzione degli impianti emergeva sia dalla certificazione di servizio rilasciata da RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE che dalla deposizione del teste NOME COGNOME, per modo che le
informazioni rese sul punto dal loro dante causa sarebbero state comunque ininfluenti ai fini della esattezza della relazione; che, con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano violazione dell’art. 111 Cost. e degli artt. 132 e 115 c.p.c. e conseguente nullità della sentenza per omessa, apparente e/o contraddittoria e/o illogica motivazione;
che, al riguardo, va premesso che i giudici territoriali, dopo aver rilevato che gli odierni ricorrenti non avevano censurato specificamente la statuizione di prime cure concernente l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dal loro dante causa circa il periodo di esposizione ad amianto, hanno ritenuto che, non potendo essere l’onere della prova eluso mediante una dichiarazione proveniente dalla parte, nessun elemento di prova poteva dirsi acquisito in merito ai periodi durante i quali erano state svolte le mansioni di insaccatore/riutilizzatore e di analista di laboratorio, reputando inattendibile la CTU nella parte in cui aveva riconosciuto un’esposizione qualificata dal 1976 al 1986 per avvenuto utilizzo di guanti di amianto che invece, per espressa ammissione del de cuius e del teste escusso, non venivano punto utilizzati (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata); che, tanto premesso, è evidente che i motivi di cui al ricorso, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione e falsa applicazione di legge e di mancanza assoluta di motivazione e/o di sua insufficienza e contraddittorietà, si propongono in realtà di denunciare lacune asseritamente commesse dai giudici di merito nella ricostruzione dei fatti per cui è causa, con specifico riguardo alla valenza probatoria asseritamente attribuibile alla certificazione di servizio rilasciata da RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e alla deposizione del teste NOME COGNOME;
che costituisce orientamento consolidato di questa Corte il principio secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione
che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge o di mancanza assoluta o contraddittorietà di motivazione, si proponga, in realtà, di sottoporre a questa Corte un riesame della valutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (cfr. per tutte Cass. Sez.Un. n. 34476 del 2019);
che nemmeno gioverebbe riqualificare i motivi di censura sub specie di omesso esame circa un fatto decisivo che abbia formato oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360 n. 5 c.p.c., atteso che, nel caso di specie, ogni censura del giudizio di fatto deve considerarsi preclusa in ragione del divieto di cui all’art. 34 8ter , ult. co., c.p.c., nel testo vigente ratione temporis , avendo i giudici territoriali integralmente confermato la valutazione dei fatti compiuta dal primo giudice;
che il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, che seguono la soccombenza;
che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, va dichiarata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in € 3.200,00, di cui € 3.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 17.1.2025.