Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 29200 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 29200 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14886/2021 R.G. proposto
da
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che l a rappresenta e difende
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME V.NOMERAGIONE_SOCIALE che l a rappresenta e difende
-controricorrente – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO ROMA n. 5790/2020 depositata il 23/11/2020.
Oggetto:
Appalto
pubblico
–
Esecuzione
lavori –
Prova
–
Certificato
esecuzione
lavori –
Assenza
–
Rilevanza
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO2021
Ud. 28/10/2025 CC
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 28/10/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 5790/2020, pubblicata in data 23 novembre 2020, la Corte d’appello di Roma, nella regolare costituzione dell’appellata RAGIONE_SOCIALE , ha respinto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 16845/2016, la quale, a propria volta, in accoglimento dell’opposizione proposta da RAGIONE_SOCIALE, aveva revocato il decreto ingiuntivo n. 24250/2010 chiesto ed ottenuto da RAGIONE_SOCIALE – poi incorporata in RAGIONE_SOCIALE -per un importo pari ad € 7.251,08 , a titolo di pagamento del corrispettivo per interventi di manutenzione periodica in favore di RAGIONE_SOCIALE
La Corte d’appello ha disatteso il gravame condividendo il giudizio del Tribunale in ordine all’assenza di adeguata prova dell’esecuzione dei lavori dedotti dall’odierna ricorrente.
La Corte territoriale, infatti, ha richiamato le previsioni del contratto concluso dalle parti, evidenziando l’assenza del certificato di regolare esecuzione dei lavori e quindi l’assenza di adeguata prova dell’esecuzione dei medesimi, risultando, consegue ntemente, inammissibili le prove orali sul punto.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma ricorre RAGIONE_SOCIALE.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
Le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a due motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 115, 116, 157 c.p.c.
La ricorrente censura in primo luogo la decisione impugnata, evidenziando che la stessa Corte d’appello aveva proceduto all’assunzione di prove dichiarate invece inammissibili dal giudice di prime cure -senza che venisse sollevata alcuna eccezione di nullità ex art. 157 c.p.c. in ordine all’assunzione delle prove medesime .
Argomenta, quindi, che erroneamente la Corte territoriale:
-sarebbe giunta solo in sede di decisione a dichiarare le prove nuovamente inammissibili, omettendo in tal modo di valutarne il contenuto – dalla ricorrente indicato come confermativo delle proprie allegazioni -ed in tal modo incorrendo nella violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.;
-avrebbe affermato la necessità di provare unicamente per iscritto l’esecuzione dei lavori di un appalto pubblico.
La ricorrente censura ulteriormente la decisione impugnata, nella parte in cui quest’ultima ha ritenuto che la prova dell’esecuzione dei lavori fosse stata fornita esclusivamente con la produzione delle fatture , richiamando l’art. 5, Legge n. 741/1981, a mente del quale, nel caso di lavori di importo sino a 150 milioni di lire, il certificato di collaudo è sostituito da quello di regolare esecuzione, da emettersi entro tre mesi dalla data di ultimazione dei lavori, termine che nella specie sarebbe inutilmente decorso, legittimando in tal modo la ricorrente ad agire per il corrispettivo.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti.
Argomenta, in particolare, il ricorso che la Corte territoriale avrebbe omesso di esaminare il contenuto delle prove testimoniali assunte in corso di giudizio così come avrebbe omesso di valutare un documento di provenienza della controricorrente, nel qual e quest’ultima veniva a riconoscere il proprio debito.
I due motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente -risultando correlati -e sono inammissibili.
2.1. Inammissibili, in primo luogo, appaiono le doglianze sviluppate nel primo motivo in relazione al rilievo d’ufficio della inammissibilità delle prove offerte dalla parte, dal momento che le considerazioni svolte sul punto dalla Corte territoriale non costituiscono ratio fondamentale della decisione, la quale, invece, si è essenzialmente basata -come anche la decisione di prime cure -su un giudizio di assenza di adeguata prova in ordine alla effettiva esecuzione dei lavori, peraltro in conformità al principio espresso da questa Corte per cui solo con l’approvazione del collaudo da parte della pubblica A mministrazione si viene a determinare il diritto dell’appaltatore al compenso (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 2307 del 05/02/2016; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1832 del 26/01/2011).
Non può, in ogni caso, costituire vizio della decisione il mero contrasto fra un’ordinanza istruttoria e la successiva sentenza di merito, costituendo tale ipotesi espressione del principio di cui all’art. 177, primo comma, c.p.c., secondo cui le ordinanze comunque motivate non possono mai pregiudicare la decisione della causa e valendo, quindi, il principio per cui le ordinanze con cui il giudice istruttore o il collegio decidono in ordine alle richieste di ammissione delle prove e dispongono in ordine all’istruzione della causa sono di norma revocabili, anche implicitamente, e non pregiudicano il merito della decisione della controversia, non essendo pertanto idonee ad
acquistare efficacia di giudicato, né per altro verso spiegano alcun effetto preclusivo, qualsiasi questione potendo essere nuovamente trattata in sede di decisione e diversamente delibata (Cass. Sez. 3 Ordinanza n. 30161 del 22/11/2018), fermo restando che -come anche prima rilevato -il giudizio espresso dalla Corte territoriale in ordine alla ammissibilità delle prove costituisce mera argomentazione supplettiva rispetto alla fondamentale conferma del giudizio del Tribunale circa l’ass enza di prova del la esecuzione dell’appalto.
2.2. Risulta inammissibile anche la deduzione del vizio ex art. 360, n. 5), c.p.c. in relazione al mancato esame delle prove assunte in prime cure -profilo di cui si occupa il secondo motivo di ricorso – operando, sul punto, la preclusione di cui all’art. 348 -ter c.p.c., proprio in quanto -come visto in precedenza – la valutazione di inidoneità probatoria è stata espressa in modo conforme sia dal Tribunale, sia dalla Corte territoriale.
Va, del resto, rammentato che l’ipotesi di cui all’art. 360, n. 5), c.p.c. deve intendersi riferita a un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni -risultando quindi inammissibili le censure che, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 22397 del 06/09/2019; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 26305 del 18/10/2018; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 14802 del 14/06/2017) -e che quindi il ricorrente che venga a dedurre tale ipotesi non può limitarsi a denunciare l’omesso esame di elementi istruttori, ma deve indicare l’esistenza di uno o più fatti specifici, il cui esame è stato omesso, il dato, testuale o extratestuale, da cui essi risultino, il ‘come’ ed il ‘quando’ tali fatti sian o stati oggetto di discussione processuale tra le
parti e la loro decisività (Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 7472 del 23/03/2017).
2.3. Inammissibili, infine, risultano le deduzioni della parte sia quanto all’applicabilità dell’art. 5, Legge n. 741/1981, sia quanto alla sussistenza di un documento avente valore ricognitivo del debito a provenienza dell’odierna controricorrente.
Rileva, infatti, questa Corte che i due profili in questione non risultano essere stati in alcun modo affrontati nella decisione impugnata, né parte ricorrente ha adeguatamente dedotto di averli sollevati nei precedenti gradi di giudizio, individuando, in ossequio all’art. 366 c.p.c., l’atto o gli atti nei quali sarebbe avvenuta tale deduzione.
Deve, conseguentemente, trovare applicazione il principio, reiteratamente enunciato da questa Corte, per cui qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito né rilevabili di ufficio (Cass. Sez. L – Ordinanza n. 18018 del 01/07/2024; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 20694 del 09/08/2018; ed anche Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 2193 del 30/01/2020; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 14477 del 06/06/2018; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 15430 del 13/06/2018; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 23675 del 18/10/2013).
Conclusione, questa, che peraltro non impedisce di rammentare ulteriormente , da un lato, che la previsione di cui all’art. 5, Legge n. 741/1981 consente all’appaltatore di agire per il pagamento del corrispettivo pur in assenza del certificato di regolare esecuzione o del certificato di collaudo, ma non lo esonera dal fornire prova del corretto adempimento dell’obbligazione assunta con il contratto di appalto e, dall’altr o lato, che è riservata al giudice del merito e sottratta al sindacato di legittimità l’indagine sul contenuto e sul significato delle dichiarazioni della parte, al fine di stabilire se esse importino una ricognizione di debito ai sensi dell’art. 1988 c.c. (Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 20422 del 29/07/2019; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 2205 del 01/02/2007).
Il ricorso deve quindi dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 2.700,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il giorno 28 ottobre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME