Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15899 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15899 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/06/2024
ha pronunciato la seguente
ordinanza
sul ricorso 11177/2020 proposto da:
COGNOME NOME, difesa dall’AVV_NOTAIO NOME e domiciliata a Roma presso lo studio dell’AVV_NOTAIO;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME NOME, difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
-controricorrente –
RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, NOME COGNOME;
-intimate- avverso la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria n. 638/2019 depositata il 1/8/2019.
Ascoltata la relazione del consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
Nel giugno 2002 NOME COGNOME (a cui subentra successivamente l’erede NOME) conviene dinanzi al Tribunale di Palmi NOME, NOME e NOME COGNOME per l’accertamento (oppure il trasferimento) della proprietà esclusiva di due appartamenti. Narra l’attore: nel 1988 ha stipulato con i
sindacabilità.
Adunanza
camerale
15/5/24
convenuti una transazione relativa alla titolarità di un’azienda e alla proprietà di un fabbricato, ove in suo favore sono disposti il diritto di abitazione per tutta la vita di un appartamento al primo piano e l’intestazione della proprietà di due apparta menti all’ultimo piano (terzo piano fuori terra), previo accatastamento incombente a NOME COGNOME entro la fine del 1992, inadempiuto. NOME COGNOME contesta sotto diversi profili. Nel 2004, NOME e NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE instaurano un secondo giudizio nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME e domandano l’accertamento della proprietà degli appartamenti all’ultimo piano (in capo ai primi due in comproprietà) e dell’appartamento al primo piano (in capo alla società), nonché la condanna alla restituzione dei beni controversi e al risarcimento danni da illegittima occupazione. Riunite le cause, il Tribunale accoglie le domande della parte attrice nel secondo giudizio e condanna NOME COGNOME alla restituzione e al risarcimento del danno. L’esito del primo grado è confermato sostanzialmente in appello, tranne che per gli importi da risarcire, che sono diminuiti correggendo un errore materiale compiuto dal Tribunale.
Ricorre in cassazione NOME COGNOME con quattro motivi. Resiste la controparte con controricorso e memoria.
Ragioni della decisione
Il primo motivo (p. 23) denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo, cioè il mancato disconoscimento della scrittura privata autenticata (del 9/12/1988) che documenta la transazione, prodotta dalla parte attrice. Si censura pertanto la mancata applicazione degli artt. 2719 c.c.
Il secondo motivo (p. 25) denuncia che non è atto efficace di disconoscimento della scrittura privata menzionata quello compiuto da NOME COGNOME nella comparsa di risposta. Si deduce violazione dell’art. 2719 c.c., degli artt. 115, 116, 214, 215 c.p.c.
Il terzo motivo (p. 28) denuncia l’omesso esame della scrittura privata menzionata. Si deduce violazione dell’art. 18 d.p.r. 445/2000, dell’art. 2700 c.c. e dell’art. 221 c.p.c., degli artt. 1967 e 1350 c.c.
Il quarto motivo denuncia l’apprezzamento circa l’illeggibilità delle copie della scrittura privata menzionata. Si deduce violazione degli artt. 115, 116 c.p.c., in relazione all’art. 167 c.p.c., nonché dell’art. 112 c.p.c.
2. – I quattro motivi sono da esaminare contestualmente e da disattendere. Essi scambiano il ruolo di una corte di legittimità con quello di una terza istanza di merito pieno. In altre parole, essi sono animati dal convincimento che si possa adire una corte di legittimità per dischiudere un grado ulteriore di giudizio di accertamento dei fatti rilevanti, prospettando come errore di diritto un preteso errore nella ricostruzione dei fatti. In questo caso si tratta di un preteso accertamento conforme nei gradi precedenti in relazione agli aspetti tratti ad oggetto del giudizio di legittimità, per cui opera anche l’art. 348 -ter co. 5 c.p.c. per le censure ex art. 360 n. 5 c.p.c. (il giudizio di appello è stato instaurato nel 2013; la Corte di appello a INDIRIZZO si limita ad aggiungere argomenti ulteriori a conforto della decisione).
Scendendo nel dettaglio della cognizione dei vari motivi di ricorso, per priorità logica si anticipa la cognizione del quarto motivo. Premesso che la parte oggi ricorrente ha agito in giudizio per l’esecuzione in forma specifica della scrittura privata del 9/12/1988, di cui costei ha prodotto la fotocopia di contenuto identico alla copia, autenticata e dichiarata conforme all’originale dal delegato del Comune di Palmi il 31/01/2002, la sentenza impugnata afferma in più luoghi che tale fotocopia è «del tutto illeggibile», per cui di essa «non è possibile, in alcun modo, rinvenire l’effettivo contenuto». Pertanto, essa viene destituita di qualsiasi efficacia probatoria. Tale accertamento non può essere in alcun modo scalfito dalla affermata riproduzione del contenuto della scrittura negli atti della parte ricorrente (cfr. ricorso, p. 32). Tale gesto equivale semplicemente a giustapporre l’apprezzamento di
parte a quello del giudice, che non presta il fianco a censure in sede di legittimità.
Ne discende quindi l’i nammissibilità del quarto motivo di ricorso.
– Ciò reca con sé, in via consequenziale , l’inammissibilità dei primi tre motivi.
Essi sono accomunati dal tentativo (svolto sotto diversi punti di vista) di recuperare l’efficacia della scrittura privata menzionata . Ciascuno dei profili che essi traggono ad oggetto è privo del carattere della decisività. Inoltre, il primo motivo è inammissibile già ex art. 348-ter co. 5 c.p.c.; infatti, l’esame della censura di mancata applicazione dell’art. 2719 c.c. presuppone la cognizione della censura ex art. 360 n. 5 c.p.c., che è preclusa appunto dall’operatività dell’art. 348 -ter co. 5 c.p.c.
– Il ricorso è inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo uni ficato a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio in favore della parte controricorrente, che liquida in € 8.500 , oltre a € 200 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi e agli accessori di legge.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso a Roma il 15/5/2024.
Il presidente NOME COGNOME