Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16014 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 16014 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3564/2022 R.G. proposto da :
NOME COGNOME con diritto di ricevere le notificazioni preso la PEC dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende
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ricorrente – contro
COGNOME -CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA E ASSISTENZA PER GLI INGEGNERI E ARCHITETTI LIBERI PROFESSIONISTI , in persona del legale rappresentante por tempore, elettivamente domiciliata INDIRIZZO ROMA, presso lo studio dell’avvocato COGNOME e la rappresenta e difende
–
contro
ricorrente –
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO PALERMO n. 735/2021 pubblicata il 21/07/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/05/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Palermo, con la sentenza n.735/2021 pubblicata il 21/07/2021, ha rigettato il gravame proposto da NOME COGNOME nella controversia con RAGIONE_SOCIALE e, in accoglimento dell’appello incidentale, ha riformato la sentenza appellata rigettando l’opposizione a decreto ingiuntivo già proposta dal COGNOME.
La controversia ha per oggetto il pagamento dei contributi dovuti alla gestione professionisti riguardanti gli anni dal 2002 al 2008 e dal 2010 al 2016, pretesi da RAGIONE_SOCIALE a mezzo di decreto ingiuntivo, opposto dal Gentile.
Il Tribunale di Marsala accoglieva in parte l’opposizione, ritenendo fondata l’eccezione di prescrizione dei contributi maturati tra il 2002 e il 2005.
Con riferimento alla materia ancora viva in cassazione, la corte territoriale ha ritenuto provato il compimento dell’atto interruttivo della prescrizione costituito dalla notificazione a mezzo PEC dell’invito alla regolarizzazione contributiva ricevuto il 26/5/2014.
Per la cassazione della sentenza ricorre il Gentile, con ricorso affidato a un unico motivo. COGNOME resiste con controricorso. Le parti hanno depositate memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo il ricorrente lamenta la «nullità della sentenza e/o del procedimento per error in procedendo per violazione o falsa applicazione dell’art. 437 c.p.c. », con riferimento all’art.360 comma primo n.4 cod. proc. civ.
Il ricorrente deduce che la corte territoriale avrebbe dovuto rilevare l’inammissibilità della prova documentale (file formato eml) cui COGNOME attribuisce il rilievo di atto interruttivo della prescrizione, in quanto prodotta per la prima volta nel giudizio d’appello senza che l’appellante incidentale abbia mai esplicitato le ragioni che ne hanno impedito la tempestiva produzione e allegazione sin dal primo grado di giudizio. Richiama l’orientamento di Cass. S.U. 8202/2005 e Cass. 14820/2015 secondo il quale l’omessa indicazione, nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, dei documenti, e l’omesso deposito degli stessi contestualmente a tale atto determina la decadenza del diritto alla produzione dei documenti stessi, salvo che la produzione non sia giustificata dal tempo della loro formazione e dall’evolversi della vicenda processuale successivamente al ricorso ed alla memoria di costituzione.
In via pregiudiziale deve dichiararsi la inammissibilità dei tre motivi articolati dal ricorrente nella memoria ex art.380 bis 1 comma primo cod. proc. civ., siccome nuovi rispetto a quello che forma oggetto del ricorso per cassazione.
La proposizione del ricorso determina la consumazione del diritto di impugnazione, con la conseguenza che il ricorrente non può introdurre nuovi e diversi motivi di censura (Cass. S.U. 22/02/2012 n. 2568). In coerenza a questo principio generale l’art.380 bis 1 comma primo cod. proc. civ. prevede che la memoria debba limitarsi a illustrare la censura già proposta, senza travalicare nella proposizione di una censura nuova o aggiuntiva, che nemmeno può essere giustificata in ragione delle difese spiegate dal controricorrente.
Tanto premesso, il motivo è infondato. La corte territoriale ha rilevato che il giudice di prime cure aveva ritenuto provato il compimento dell’atto interruttivo sulla base della « scansione elettronica della ricevuta di avvenuta consegna all’indirizzo di posta
elettronica certificata del contribuente generata dal sistema di notificazione». La corte territoriale ha ritenuto che il compimento di tale attività fosse stata «tempestivamente allegata e documentata -sia pure con modalità non consone -nel giudizio di primo grado».
Sulla base di queste premesse la corte ha ritenuto di esercitare i «poteri ufficiosi di acquisizione istruttoria coerenti con il fine di accertamento della verità materiale che il rito del lavoro riconosce al giudice, così da superare l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla controparte nel corso della trattazione».
Si intende dare continuità a ll’orientamento secondo il quale n el giudizio di legittimità, qualora venga dedotta l’erroneità dell’ammissione o della dichiarazione di inammissibilità di una prova documentale in appello, la Corte, in quanto chiamata ad accertare un error in procedendo , è giudice del fatto, ed è, quindi, tenuta a stabilire se si trattasse in astratto di prova indispensabile, ossia teoricamente idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione dei fatti di causa (Cass. 27/11/2023 n.32815).
8 . Nel caso in esame l’atto interruttivo della prescrizione era già stato ritualmente allegato avanti al giudice di prime cure, e COGNOME aveva prodotto in quel giudizio un documento, seppure in formato PDF e non EML, come invece richiesto dalla natura dell’atto da provare.
9 . La produzione in appello della notifica dell’atto interruttivo in formato EML aveva lo scopo di eliminare ogni incertezza con riferimento alla fondatezza della eccezione di prescrizione, con riferimento alla contestazione sollevata sul punto solo in grado di appello da parte del Gentile. La corte territoriale ha fatto dunque corretta applicazione dell’art.437 cod. proc. civ., e per l’effetto il ricorso deve essere rigettato.
Il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 5.000,00 per compensi
oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.000,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo un ificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 13/05/2025.