Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3513 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2   Num. 3513  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/02/2025
R.G.N. 22250/2020
C.C. 29/01/2025
AZIONE DI RESTITUZIONE DI IMMOBILE
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.NUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO) proposto da:
COGNOME  NOME,  rappresentata  e  difesa,  in  virtù  di  procura speciale  apposta  a  margine  del  ricorso,  dall’AVV_NOTAIO  ed elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso Benevento Raffaele;
–
ricorrente –
contro
COGNOME  NOME  (nella  qualità  di  erede  di  COGNOME  NOME), rappresentata e difesa, in virtù di procura rilasciata su separato foglio materialmente  allegato  al  controricorso,  dagli  AVV_NOTAIOti  AVV_NOTAIO  e  NOME  COGNOME  ed  elettivamente  domiciliata  presso  lo studio del secondo, in Roma, INDIRIZZO;
– controricorrente –
nonché
COGNOME,  rappresentata  e  difesa,  giusta  procura  speciale apposta  a  margine  del  controricorso,  dall’AVV_NOTAIO  ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Roma, INDIRIZZO;
-altra controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Salerno n. 520/2020 (pubblicata il 22 maggio 2020);
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29 gennaio 2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
1. Con atto di citazione notificato nel gennaio 2006, COGNOME NOME conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Nocera Inferiore, COGNOME NOME, esponendo che: -era proprietaria, a titolo derivativo, di un terreno agricolo e del fabbricato ivi insistente, siti in San Valentino Torio (alla INDIRIZZO), in virtù di atto per AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO del 31.01.2003, mediante il quale aveva acquistato tutte le quote delle proprie sorelle comproprietarie (COGNOME NOME e COGNOME NOME), previa denuncia di successione del proprio genitore COGNOME NOME; -la citata COGNOME occupava illegittimamente i suddetti immobili; tanto premesso, chiedeva di riconoscere e statuire che la COGNOME NOME occupava abusivamente e senza titolo i menzionati immobili, ordinando alla stessa il loro rilascio in favore di essa attrice, con la ulteriore condanna della convenuta al risarcimento dei danni per il mancato godimento dei beni medesimi, oltre che del danno esistenziale/morale.
La convenuta si costituiva in giudizio, eccependo la sua carenza di legittimazione passiva per effetto della dedotta nullità degli atti in virtù dei quali l’attrice si era dichiarata proprietaria degli immobili che ne costituivano oggetto e del difetto di un idoneo atto di proprietà in capo all’indicato originario dante causa. Inoltre, la COGNOME proponeva domanda riconvenzionale diretta ad ottenere la declaratoria di nullità dello stesso atto e, quindi, della legittimità della sua disponibilità dell’immobile in contestazione.
La  stessa  instava  anche  per  la  chiamata  in  causa  di  COGNOME  NOME  e degli  eredi  di  COGNOME  NOME  (quali  parti  dell’atto  di cessione delle quote fondante la dedotta proprietà dell’attrice).
Dopo  una  prima  rimessione  della  causa  sul  ruolo,  la  stessa  veniva decisa dal Tribunale adito con sentenza n. 1050/2016 con il rigetto di entrambe  le domande,  sia di quella principale (qualificata  come domanda di rivendicazione) che di quella riconvenzionale.
Decidendo sull’appello formulato dalla COGNOME NOME, cui resistevano  la  RAGIONE_SOCIALE  e  la  RAGIONE_SOCIALE,  la  Corte  di appello di  Salerno,  con sentenza  n.  520/2020,  rigettava il gravame  e condannava l’appellante alla rifusione delle spese del grado.
A fondamento dell’adottata pronuncia, la Corte salernitana disattese le eccezioni di inammissibilità e di improcedibilità dell’appello rilevava che, in effetti, la COGNOME, con l’avanzata domanda riconvenzionale, aveva solo chiesto che fosse dichiarata la nullità, l’inesistenza e la ‘compiacenza’ sia della denuncia di successione n. 87/1133 del 27.12.1999 di COGNOME NOME che dell’atto per AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO del 31.03.2003 di cessione delle quote di cui alla stessa denuncia di successione, domanda che, tuttavia, era rimasta sfornita di prova, come già ritenuto dal giudice di primo grado.
 Avverso  la  suddetta  sentenza  di  appello  ha  proposto  ricorso  per cassazione -affidato a quattro motivi -la COGNOME NOME.
Hanno resistito con distinti controricorsi COGNOME NOME (nella qualità di erede di COGNOME NOME) e COGNOME NOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con il  primo motivo la ricorrente ha denunciato -ai  sensi  dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. -la violazione degli artt. 112, 163, 163-bis e 346 c.p.c., per aver la Corte di appello dichiarato inammissibile la sua domanda  riconvenzionale,  ritenendo,  erroneamente,  che,  in  primo grado, non fosse stata proposta domanda di ‘acquisto a non domino’.
Con  il  secondo  motivo  la  ricorrente  ha  dedotto -con  riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. la violazione degli artt. 214 e 215 c.p.c.,  nonché  dell’art.  2719  c.c.,  per  aver  la  Corte  di  appello  negato valore di prova legale al certificato, prodotto in copia, dell’RAGIONE_SOCIALE  dell’1.09.2003,  che  non  era
stato  espressamente,  ritualmente  e  tempestivamente  disconosciuto dalla controparte.
Con il terzo motivo la ricorrente ha lamentato -in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. -la violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., per aver la Corte territoriale, quanto alla richiesta di nullità dell’atto di cessione di quote per AVV_NOTAIO COGNOME del 31.03.2003, fornito una motivazione illogica, perplessa ed apparente, limitandosi ad affermare che la suddetta certificazione dell’RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, in capo ad NOME COGNOME, di assenza di trascrizioni ed iscrizioni non incideva ed era estranea al tema decisionale relativo all’accertamento della nullità dell’atto del 2003.
Con il quarto ed ultimo motivo la ricorrente ha prospettato -avuto riguardo all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché dell’art. 324 c.p.c., per aver la Corte salernitana disatteso delle prove legali (quali il suddetto certificato dell’RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE) ovvero per non aver considerato come facenti piena prova elementi di prova soggetti invece a valutazione, nonché non contestati dalle parti costituite e costituenti giudicato (con riferimento alla circostanza che COGNOME NOME non era stato mai proprietario dei beni dichiarati in successione dalle figlie e da queste ceduti alla sorella COGNOME NOME), i quali avrebbero dovuto condurre all’accoglimento della domanda riconvenzionale e dell’appello di essa ricorrente, invece respinto (essendosi trascurato, peraltro, che essa ricorrente aveva ottenuto due provvedimenti di reintegrazione nel possesso degli immobili oggetto di controversia). Inoltre, la ricorrente ha dedotto l’omesso esame di un documento determinante la carenza di motivazione su un punto decisivo della controversia.
Entrambe le parti controricorrenti hanno eccepito ‘l’improcedibilità del  ricorso  per  inesistenza  della  notificazione  dello  stesso  agli  eredi COGNOME NOME‘ e anche perché il ricorso sarebbe stato notificato  alle  intimate  NOME  COGNOME  e  NOME  COGNOME,  quale
sorelle pure coeredi della germana deceduta COGNOME NOME, solo come parti in proprio (presso il domicilio eletto) e non pure quali eredi di quest’ultima (con notificazione direttamente presso le stesse).
Risultano  costituite  nella  presente  sede  solo  COGNOME  NOME  (una  delle tre appellate nel giudizio di appello) e COGNOME NOME, una delle figlie ed eredi di COGNOME NOME.
Orbene, con riferimento alla seconda eccezione, risulta dagli atti che il ricorso  risulta  notificato  a  COGNOME  NOME  (a  mani  proprie)  e  COGNOME NOME (cui sono poi succeduti gli eredi), nella duplice qualità (in proprio e quali eredi della sorella COGNOME NOME).
Con  riguardo  alla  prima  eccezione,  accertata  l’avvenuta  costituzione della COGNOME NOME (quale erede di COGNOME NOME, pure poi ceduta), il ricorso risulta notificato anche agli altri due coeredi COGNOME.
L’altra eccezione sollevata dalla controricorrente COGNOME NOME per asserita  violazione  del  principio  di  specificità  dei  motivi  è  del  tutto infondata,  siccome  il  ricorso  risulta  rispondente  ai  requisiti  previsti dall’art. 366 c.p.c.
Ciò premesso, rileva il collegio che il primo motivo è infondato.
Infatti, per come ricavabile dal suo stesso svolgimento (v. pagg. 6-7) -effettivamente la COGNOME non aveva fatto valere, in via riconvenzionale, propriamente anche una domanda di accertamento di acquisto ‘a non domino’. In vero, per quanto inequivocamente riconducibile al ‘petitum’ indicato in correlazione con la dedotta ‘causa petendi’, la relativa domanda dell’attuale ricorrente era diretta solo ad ottenere la dichiarazione di nullità, di inesistenza e della ‘compiacenza’ sia della denuncia di successione n. 87/1133 del 27 dicembre 1999 di COGNOME NOME che dell’atto per AVV_NOTAIO COGNOME del 31 marzo 2003 di cessione delle quote di cui alla stessa denuncia di successione. Pertanto -come correttamente inteso dalla Corte di appello (v. pag. 7 della sentenza impugnata) -quanto fatto valere dalla COGNOME in via riconvenzionale non implicava la proposizione di una domanda di
dichiarazione di acquisto ‘a non domino’ da parte dell’attrice COGNOME NOME  della  quota  indivisa  di  1/3  proveniente  dalla  successione paterna per  assenza  in  capo  al  suo  dante  causa  (il  padre)  del  titolo abilitante  al  trasferimento  anche  delle  quote  delle  germane  come trasferite nel 2003.
Il secondo e terzo motivo -esaminabili congiuntamente, in quanto connessi -sono inammissibili.
Invero, attraverso la loro proposizione, la ricorrente ha manifestato di non aver colto la ‘ratio decidendi’ della sentenza impugnata con riferimento sia alla limitata efficacia della contestata denuncia di successione, siccome rilevante solo sul piano fiscale (cfr. Cass. n. 15716/2002 e Cass. n. 14395/2004), sia a quella del certificato dell’RAGIONE_SOCIALE del territorio –RAGIONE_SOCIALE pubblicità immobiliare di Salerno del 1° settembre 2003 perché -indipendentemente dal mancato tempestivo disconoscimento della conformità della copia prodotta al suo originale (su cui si appunta la seconda censura) -tale documento, limitantesi all’attestazione dell’assenza di iscrizioni e trascrizioni a favore e contro COGNOME NOME dalla sua nascita alla sua morte, era da considerarsi (come ritenuto dalla Corte di appello con motivazione certamente sufficiente e non apparente come prospettato dalla COGNOME, in conformità, del resto, all’avviso del giudice di primo grado) inidoneo sul piano probatorio a determinare l’accertamento della nullità dell’atto del 2003 (aspetto contestato con la terza censura). Sarebbe stata, infatti, necessaria l’allegazione di altri titoli idonei a comprovare la nullità del citato atto di trasferimento della proprietà dei beni cui all’atto per AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO del 31 gennaio 2003, con il quale la COGNOME NOME aveva acquistato le quote delle altre due sorelle (le quali avevano tacitamente accettato le quote di loro spettanza ereditate per effetto della successione paterna).
Il quarto ed ultimo motivo è privo di fondamento per le ragioni già esplicitate con riferimento al secondo e terzo motivo, insistendo -nella sostanza -la ricorrente nella  confutazione  mossa  alla  sentenza
impugnata  di  non  conferire  al  suddetto  certificato  la  prova  della mancanza di proprietà in capo al citato ‘de cuius’ relativamente ai beni di  cui  alla  indicata  denuncia  di  successione  e  all’atto  di  cessione  di quote  per  AVV_NOTAIO,  dovendo,  invece,  attribuirsi  al  certificato medesimo propriamente il valore di prova legale.
Non può poi discorrersi di (una supposta) formazione di giudicato, dal momento che -in virtù dell’effetto pienamente devolutivo conseguente all’appello della COGNOME restava, in ogni caso, controversa la titolarità dei beni in questione e, a tal fine, incombeva comunque alla COGNOME l’assolvimento dell’onere probatorio di riscontrare che la COGNOME NOME non avesse acquistato a titolo derivativo il terreno agricolo con il fabbricato ivi insistente costituente l’oggetto del contendere e, quindi, ‘a non domino ‘, non bastando certamente in proposito soltanto l’allegazione e produzione del suddetto certificato dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (ferme restando ancorché esterne ed estranee al giudizio de quo -le vicende possessorie intercorse tra le parti e che avevano visto riconoscere, ancorché solo a tali fini, le ragioni della COGNOME).
In definitiva, il ricorso deve essere respinto, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento – in favore di entrambe le parti controricorrenti (difese dallo stesso avvocato, le cui difese sono state essenzialmente sovrapponibili) -delle spese del presente giudizio (con il previsto aumento tabellare per l’attribuzione dell’incarico difensivo al medesimo avvocato), che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo, con distrazione a vantaggio dell’AVV_NOTAIO, per dichiarato anticipo.
Infine,  ai  sensi  dell’art.  13,  comma  1 -quater, del  d.P.R.  n.  115  del 2002, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo  di  contributo  unificato  pari  a  quello  previsto  per  il  ricorso,  a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La  Corte  rigetta  il  ricorso  e  condanna  la  ricorrente  al  pagamento,  in favore di entrambe  le  controricorrenti,  delle spese  del  presente giudizio, liquidate in complessivi euro 3.000,00, di cui euro 400,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e cpa nella misura e sulle voci come  per  legge, con distrazione a vantaggio dell’AVV_NOTAIO.
Ai  sensi  dell’art.  13,  comma 1 -quater ,  del  d.P.R.  n.  115  del  2002  dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte  della  ricorrente,  di  un  ulteriore  importo  a  titolo  di  contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile della