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Prova del quantum: WhatsApp e testimoni sono validi

Un fornitore ha citato in giudizio un cliente per il mancato pagamento di serramenti. Il cliente ha contestato l’importo. La Corte di Cassazione ha confermato l’obbligo di pagamento del cliente, convalidando l’uso della testimonianza, corroborata da messaggi WhatsApp, come prova del quantum dovuto, anche in assenza di un contratto scritto.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Prova del Quantum: WhatsApp e Testimoni Decisivi per il Pagamento

In assenza di un contratto scritto, come si può dimostrare l’importo dovuto per una prestazione? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, offre un’importante chiarimento sulla prova del quantum, affermando la validità delle testimonianze supportate da elementi digitali come i messaggi WhatsApp. Questa decisione sottolinea l’adattamento del diritto alle moderne forme di comunicazione.

Il Contesto: Fornitura di Serramenti e Corrispettivo Contestato

La vicenda ha origine da un decreto ingiuntivo emesso a favore di una società fornitrice di serramenti contro un cliente privato per un importo di circa 28.000 euro. Il cliente si opponeva, sostenendo di aver pattuito un prezzo di favore, molto più basso (tra 8.000 e 10.000 euro), in virtù di un rapporto personale con la famiglia dei titolari dell’azienda, e di aver già versato 10.000 euro.

Il Tribunale di primo grado accoglieva l’opposizione, revocando il decreto per mancanza di prove certe sull’importo. La Corte d’Appello, tuttavia, ribaltava la decisione. I giudici di secondo grado ritenevano provato l’accordo sull’importo originario grazie alla deposizione di una testimone, la cui dichiarazione era stata corroborata da un messaggio WhatsApp inviato dallo stesso cliente, in cui confermava la debenza dell’importo indicato in fattura una volta completata l’installazione.

L’Analisi della Cassazione sulla Prova del Quantum

Il cliente ha quindi presentato ricorso in Cassazione, lamentando un’errata valutazione delle prove da parte della Corte d’Appello. In particolare, contestava la violazione delle norme sulla valutazione delle prove (artt. 115 e 116 c.p.c.) e l’utilizzo di una copia fotografica di un messaggio WhatsApp senza certezza sulla sua provenienza.

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, fornendo due chiarimenti fondamentali sulla prova del quantum:

1. Valutazione delle Prove: Il sindacato della Cassazione non può entrare nel merito della valutazione delle prove effettuata dal giudice. Una censura è ammissibile solo se il giudice ha fondato la sua decisione su prove inesistenti, non proposte dalle parti o disposte d’ufficio fuori dai casi previsti dalla legge, e non per una semplice, seppur presunta, erronea valutazione del materiale probatorio.
2. Convergenza delle Prove: Nel caso specifico, la prova dell’importo dovuto non derivava da un singolo elemento, ma dalla convergenza di più fonti: la testimonianza precisa sui prezzi pattuiti e il contenuto del messaggio WhatsApp. Quest’ultimo, sebbene non decisivo da solo, ha agito come un forte elemento di riscontro, rafforzando l’attendibilità della testimone.

Validità Probatoria dei Messaggi WhatsApp

Un punto cruciale della decisione riguarda l’ammissibilità dei messaggi di chat come prova. La Corte ha ribadito un orientamento ormai consolidato: i messaggi WhatsApp e gli SMS, conservati nella memoria di un telefono, sono a tutti gli effetti prove documentali. La loro acquisizione tramite riproduzione fotografica (il comune “screenshot”) è legittima.

Questi documenti informatici rientrano nella categoria delle riproduzioni meccaniche di cui all’art. 2712 c.c. e formano piena prova dei fatti che rappresentano, se la parte contro cui sono prodotti non ne disconosce la conformità. Nel caso in esame, il ricorrente aveva contestato l’utilizzabilità del documento in sé, piuttosto che la sua veridicità o provenienza, rendendo la sua obiezione inefficace.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso ritenendo che la decisione della Corte d’Appello fosse correttamente motivata e giuridicamente fondata. I giudici di legittimità hanno sottolineato che la determinazione del corrispettivo era stata raggiunta attraverso una valutazione logica e coerente di più elementi probatori. La testimonianza forniva i dettagli dell’accordo economico, mentre il messaggio WhatsApp, inviato dal debitore stesso, fungeva da conferma scritta del suo impegno a pagare l’importo fatturato. Questo insieme di prove è stato considerato sufficiente a superare le contestazioni del cliente e a formare la prova del quantum richiesto dal fornitore. Inoltre, la Corte ha specificato che la qualificazione giuridica del contratto (contratto d’opera o appalto) era irrilevante ai fini della decisione, poiché l’obbligo di pagamento e la sua misura erano stati provati indipendentemente da essa.

le conclusioni

L’ordinanza in esame offre preziose indicazioni pratiche. In primo luogo, conferma che l’assenza di un contratto scritto non è un ostacolo insormontabile per il recupero di un credito, a patto di poter fornire prove alternative concrete. In secondo luogo, consolida il valore probatorio delle comunicazioni digitali, come le chat di WhatsApp. Uno screenshot può diventare un elemento cruciale in un contenzioso, specialmente se il suo contenuto è supportato da altre prove, come le deposizioni testimoniali. Questa decisione rappresenta un monito per chi crede di poter eludere i propri obblighi contrattuali assunti verbalmente o tramite canali informali: nel processo civile moderno, anche una chat può avere il peso di un contratto.

Un messaggio WhatsApp può essere usato come prova in tribunale per dimostrare un debito?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che i messaggi WhatsApp, anche tramite riproduzione fotografica (screenshot), possono essere utilizzati come prova documentale. Non hanno il valore di una scrittura privata, ma il loro contenuto può essere liberamente valutato dal giudice, specialmente se corroborato da altre prove come le testimonianze.

Se non c’è un contratto scritto, come si determina il prezzo di un’opera o servizio?
In assenza di un contratto scritto, il prezzo può essere provato attraverso altri mezzi, come le testimonianze. In questo caso, la testimonianza sui patti conclusi è stata ritenuta sufficiente per stabilire la prova del quantum dovuto, supportata da messaggi e dalla congruità della richiesta rispetto ai costi di mercato.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove fatta da un giudice?
No, di norma non è possibile. Il ricorso per cassazione serve a contestare violazioni di legge, non a chiedere una nuova valutazione dei fatti o dell’attendibilità delle prove (come le testimonianze). La valutazione delle prove rientra nel prudente apprezzamento del giudice di merito e può essere censurata solo in casi specifici, come l’uso di prove inesistenti o illegali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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