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Prova del pagamento: fattura con ‘pagato’ non firmata

La Corte di Appello di Genova ha stabilito che la semplice dicitura ‘pagato’ su una fattura non costituisce prova del pagamento se non è accompagnata dalla firma del creditore. Nel caso esaminato, un’azienda che si opponeva a un decreto ingiuntivo non è riuscita a dimostrare di aver saldato il debito, vedendo il proprio appello respinto. La sentenza sottolinea l’importanza della quietanza firmata per avere efficacia probatoria.

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Pubblicato il 13 dicembre 2024 in Diritto Commerciale, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Prova del Pagamento: Perché la Scritta ‘Pagato’ sulla Fattura Può Non Bastare

Quando si parla di transazioni commerciali, la corretta prova del pagamento è un elemento cruciale per evitare controversie legali. Una recente sentenza della Corte di Appello di Genova ha ribadito un principio fondamentale: la semplice dicitura ‘pagato’ apposta su una fattura, anche se accompagnata da un timbro, non ha valore probatorio se non è sottoscritta dal creditore. Analizziamo questo caso per capire le implicazioni pratiche per le aziende.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine da un ricorso per decreto ingiuntivo presentato da una società fornitrice di prodotti ittici nei confronti di un’azienda cliente, per un credito di oltre 65.000 euro. Il Tribunale emetteva il decreto, ordinando il pagamento.

L’azienda cliente si opponeva, sostenendo che l’importo richiesto non era corretto. Affermava di aver già versato una somma superiore in esecuzione provvisoria del decreto e chiedeva non solo la revoca dello stesso, ma anche la restituzione di circa 31.000 euro. Il Tribunale di primo grado, tuttavia, respingeva l’opposizione, confermando l’esecutività del decreto ingiuntivo. Di qui, il ricorso in appello da parte dell’azienda debitrice.

I Motivi dell’Appello

L’appellante basava il proprio gravame su cinque motivi principali:
1. Errata valutazione delle prove documentali, in particolare di due fatture che riportavano la dicitura ‘pagato’.
2. Mancata ammissione delle prove testimoniali relative a contestazioni sulla quantità della merce consegnata.
3. Insufficienza della prova del credito fornita dalla controparte, basata solo su fatture e documenti di trasporto (DDT).
4. Errato rigetto del disconoscimento delle firme apposte sui DDT.
5. Ingiusta condanna al pagamento totale delle spese di lite.

L’Importanza della Firma per la Prova del Pagamento

Il punto centrale della decisione della Corte riguarda il primo motivo di appello. L’appellante sosteneva che due fatture, per un totale di circa 1.800 euro, dovevano considerarsi saldate perché riportavano la dicitura ‘pagato’.

La Corte di Appello ha respinto questa argomentazione, richiamando un consolidato orientamento della Corte di Cassazione (sent. n. 2265/2011). I giudici hanno chiarito che, sebbene una quietanza di pagamento possa essere contenuta anche in una fattura, la sua efficacia probatoria dipende da un requisito essenziale: la sottoscrizione da parte del soggetto che l’ha emessa, ovvero il creditore. Un’annotazione come ‘pagato’, anche se apposta tramite timbro, senza una firma riconducibile al creditore, non è idonea a costituire una valida prova del pagamento con l’efficacia privilegiata di una scrittura privata, come previsto dall’art. 2702 del Codice Civile.

L’Analisi degli Altri Motivi di Appello

La Corte ha rigettato anche gli altri motivi di gravame, ritenendoli infondati:
* Contestazioni sulla merce: L’appellante non ha dimostrato di aver denunciato le presunte discrepanze nei quantitativi in modo tempestivo (entro 24 ore dalla consegna, come previsto) e circostanziato.
Prova del credito: Era stata la stessa appellante a contestare solo il quantum (l’ammontare) e non l’an* (l’esistenza) del debito, chiedendo la restituzione di una parte di quanto pagato. Questo atteggiamento implicava un riconoscimento parziale del debito.
* Firme sui DDT: La questione dell’autenticità delle firme è stata giudicata irrilevante, poiché il nodo del contendere era la presunta discrepanza di quantità, che andava provata con una tempestiva denuncia.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Corte si fonda sul principio dell’onere probatorio. L’appellante non è riuscito a fornire prove adeguate a sostegno delle proprie affermazioni. La pretesa prova del pagamento basata sulle fatture non firmate era giuridicamente inefficace. Le contestazioni sulla merce erano generiche e tardive, prive di riscontri concreti. L’atteggiamento processuale dell’appellante, che ammetteva implicitamente una parte del debito, ha ulteriormente indebolito la sua posizione. La Corte ha quindi concluso che la soccombenza in primo grado era totale e, di conseguenza, la condanna al pagamento integrale delle spese era corretta. L’appello è stato integralmente respinto, con ulteriore condanna alle spese del secondo grado di giudizio.

Conclusioni

Questa sentenza offre un importante monito per tutte le imprese. Per avere una prova inconfutabile di un avvenuto pagamento, non è sufficiente una semplice annotazione o un timbro su una fattura. È indispensabile ottenere una quietanza di pagamento formale e, soprattutto, firmata dal creditore. In assenza di tale sottoscrizione, si corre il rischio di dover pagare due volte lo stesso debito, non potendo dimostrare efficacemente in giudizio di aver già adempiuto alla propria obbligazione. Allo stesso modo, qualsiasi contestazione sulla fornitura deve essere sollevata immediatamente e in forma scritta, per non perdere il diritto di farla valere in un secondo momento.

La dicitura ‘pagato’ su una fattura è sufficiente come prova del pagamento?
No. Secondo la sentenza, la semplice annotazione ‘pagato’ su una fattura, anche se apposta con un timbro, non costituisce prova del pagamento se non è sottoscritta dal creditore. Solo la firma conferisce al documento l’efficacia probatoria di una scrittura privata.

Cosa deve fare un acquirente se contesta la quantità di merce ricevuta?
L’acquirente deve dimostrare di aver comunicato le proprie contestazioni al venditore in modo tempestivo, rispettando i termini previsti dal contratto (nel caso di specie, 24 ore) o, in assenza, un termine ragionevole. La denuncia deve essere circostanziata e non generica.

Chi paga le spese legali in caso di appello respinto?
Le spese legali seguono il principio della soccombenza. La parte che perde integralmente l’appello, come in questo caso l’appellante, è condannata a rimborsare tutte le spese legali sostenute dalla parte vincitrice nel grado di giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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