Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5694 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5694 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 36782/2018 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente a sé medesimo (CODICE_FISCALE) e all’ AVV_NOTAIO COGNOME NOME (CODICE_FISCALE); -ricorrente- contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO COGNOME
NOME (CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO COGNOME NOME (CODICE_FISCALE); -controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI, SEZ.DIST. DI SASSARI, n. 233/2018, depositata il 23/05/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
PREMESSO CHE
AVV_NOTAIO ha convenuto in giudizio la società RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME, deducendo di avere ricevuto un incarico congiunto per la definizione dei rapporti di NOME con i suoi creditori per ottenere la liberazione di un capannone industriale da trascrizioni e iscrizioni, capannone che sarebbe poi stato acquistato da COGNOME, che quest’ultimo gli aveva conferito l’incarico tramite NOME COGNOME e di essere già stato legale di fiducia della RAGIONE_SOCIALE, di COGNOME e di COGNOME in relazione ad altre vicende, ragione per la quale l’incarico non gli era stato conferito per iscritto. La società RAGIONE_SOCIALE è rimasta contumace; si è costituito COGNOME che, pur riconoscendo l’attività
svolta dall’attore e pur confermando il suo interesse all’affare, ha negato il conferimento dell’incarico da parte sua.
Il Tribunale di Sassari, con la sentenza n. 1097/2015, ha accolto la domanda dell’attore nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE, che è stata condannata a pagare euro 26.000, ma l’ha rigettata nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, avendo ritenuto non provato il conferimento dell’incarico da parte di quest’ultimo.
La sentenza è stata impugnata da NOME. Con la sentenza n. 233/2018, la Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, ha rigettato il gravame.
Avverso la sentenza NOME COGNOME ricorre per Cassazione.
Resiste con controricorso NOME COGNOME. L’intimata RAGIONE_SOCIALE non ha proposto difese. Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in cinque motivi:
Il primo motivo contesta violazione o falsa applicazione degli artt. 1703 e segg., 1388 e segg., 2697 e 2730 c.c. in quanto, nel ritenere ‘non sufficientemente integrative’ le prove testimoniali, la Corte d’appello ha violato le norme che disciplinano il mandato e la rappresentanza, in quanto non ha considerato la distinzione tra rapporto interno (tra mandante e mandatario) e rapporto esterno (tra mandante e terzo), rapporto esterno caratterizzato dalla contemplatio domini e per non avere, in ogni caso, considerato che il ricorrente ha
fornito piena prova del conferimento dell’incarico da parte di COGNOME, con la spendita del nome di COGNOME.
Il secondo motivo contesta violazione o falsa applicazione degli artt. 2727 segg., 2733, 2697 c.c. per essersi la Corte d’appello limitata a dire che ‘la documentazione prodotta analiticamente e complessivamente valutata non è sufficiente per dimostrare l’incarico all’AVV_NOTAIO COGNOME‘, il tutto sotto forma di mera affermazione e senza considerare il valore indiziario delle dichiarazioni rese dal rappresentante legale della RAGIONE_SOCIALE.
Il terzo motivo denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio in relazione agli artt. 2727 e segg., 2697 e segg., 2630 c.c. in quanto la motivazione ‘è del tutto inconsistente e costituita dal solo fatto che la fitta corrispondenza e le numerose, gravi, precise e concordanti presunzioni sono contestate da controparte’.
Il quarto motivo fa valere violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in quanto ‘il negato del tutto immotivato -valore indiziario delle numerose presunzioni rientra nell’ipotesi dei fatti storici secondari impugnabili’ con ‘la grave anomalia motivazionale’, denunciata da tutti i motivi del ricorso.
Il quinto motivo denuncia nullità della sentenza in relazione all’art. 132 c.p.c. in quanto la motivazione della sentenza impugnata viola il limite del ‘minimo costituzionale’ richiesto dall’art. 111 della Costituzione, anche a causa dei
‘ripetuti travisamenti delle prove ad opera del giudice di merito’.
I motivi non possono essere accolti.
Il primo motivo contesta alla Corte di non avere distinto il rapporto interno tra mandante e mandatario dal rapporto esterno, caratterizzato dalla contemplatio domini e di non avere considerato come il ricorrente avesse fornito piena prova del conferimento dell’incarico da parte di COGNOME con la spendita del nome di COGNOME, ma non si confronta con l’argomento della Corte d’appello secondo cui non è stat a provata, a fronte della contestazione di COGNOME, la sussistenza del conferimento dell’incarico da parte di COGNOME a COGNOME, non essendo al riguardo sufficiente la mera dichiarazione dello stesso COGNOME, che aveva interesse a tale dichiarazione, potendo altrimenti lo stesso essere chiamato a rispondere dell’incarico professionale a lui conferito a NOME.
I successivi motivi, pur richiamando il secondo e il quarto la violazione di disposizioni di legge, si sostanziano in una richiesta di rivalutazione delle prove indiziarie e testimoniali, rivalutazione che non può essere chiesta a questa Corte di legittimità (cfr., per tutte, Cass. n. 20553/2021). Non sussiste poi il vizio di apparenza o mancanza della motivazione, avendo il giudice d’appello argomentato la valutazione delle prove, rispettando il minimo costituzionale richiesto dall’art. 111 della Costituzione (v. al riguardo la pronuncia delle sezioni unite n. 8038/2018).
II. Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P .R. n. 115/ 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore della controricorrente, che liquida in euro 2.400, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della