Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 4276 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3   Num. 4276  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/02/2025
O R D I N A N Z A
sul ricorso n. 32003/21 proposto da:
-) PRESIDENZA  RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente  del  RAGIONE_SOCIALE  dei  ministri pro  tempore, domiciliato ex  lege all’indirizzo PEC del proprio difensore , difes o dall’RAGIONE_SOCIALE;
-) COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME,  COGNOME  NOME,  COGNOME  NOME,  COGNOME NOME, COGNOME NOME ,  domiciliati all’indirizzo  PEC del proprio difensore, difesi dall’AVV_NOTAIO ;
– ricorrente –
contro
– controricorrenti – nonché
-) COGNOME NOME, CILLO UMBERTO ;
– intimati – avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia 20 maggio 2021 n. 1513; udita la relazione della causa svolta nella camera di RAGIONE_SOCIALE del 3 dicembre 2024 dal AVV_NOTAIO;
FATTI DI CAUSA
Oggetto: revocazione -prova del giudicato esterno -certificato ex art.  124 disp. att. c.p.c. – necessità esclusione – fattispecie.
 Nel  2009  gli  odierni  controricorrenti  convennero  dinanzi  al  Tribunale  di Venezia  la  RAGIONE_SOCIALE  del  RAGIONE_SOCIALE  dei  ministri  (unitamente  ad  altre amministrazioni la cui posizione non viene più in rilievo nella presente sede) esponendo che:
-) dopo avere conseguito la laurea in medicina, si erano iscritti ad una scuola di specializzazione;
-) durante il periodo di specializzazione non avevano percepito alcuna remunerazione o compenso da parte della scuola stessa;
-)  le  direttive  comunitarie  n.  75/362/CEE  e  75/363/CEE,  così  come modificate dalla Direttiva 82/76/CEE, avevano imposto agli Stati membri di prevedere che ai frequentanti le scuole di specializzazione fosse corrisposta una adeguata retribuzione;
-) l’Italia aveva dato tardiva e  parziale attuazione a tali direttive solo con la legge 8.8.1991 n. 257.
Conclusero pertanto chiedendo la condanna delle amministrazioni convenute al  risarcimento del danno sofferto in conseguenza della tardiva attuazione delle suddette direttive.
Con sentenza 759/12 il Tribunale di Venezia accolse la domanda nei soli confronti  della  RAGIONE_SOCIALE,  condannandola  al pagamento in favore di ciascuno degli attori dell’importo di euro 6 .713,94 per ogni anno di frequenza della scuola di specializzazione.
La  sentenza fu appellata dall’amministrazione  soccombente in via principale e dalle controparti in via incidentale.
La prima si dose del rigetto dell’eccezione di prescrizione, le seconde della liquidazione del danno.
4 .  Con sentenza 1384/18 la Corte d’appello di Venezia rigettò ambedue di appelli.
La RAGIONE_SOCIALE impugnò per revocazione la suddetta sentenza d’appello n. 1384/18, ai sensi dell’articolo 395, n. 5, c.p.c. . A fondamento dell ‘ impugnazione dedusse che alcuni tra gli originari attori avevano già proposto identica domanda dinanzi al Tribunale di Roma; che il giudizio si era concluso con la sentenza n. 17039 del 2005 la quale aveva dichiarato prescritto il diritto; che tale sentenza era passata in giudicato; che, di conseguenza, la sentenza pronunciata dalla Corte d’appello di Venezia contrastava col giudicato formatosi sulla medesima domanda già decisa dal Tribunale di Roma.
Con sentenza 20 maggio 2021 n. 1513 la C orte d’appello di Venezia ha rigettato  la  domanda  di  revocazione,  ritenendo  non  esservi  prova  che  la sentenza pronunciata dal Tribunale di Roma fosse passata in giudicato. La C orte d’appello ha motivato questo giudizio osservando che la copia della suddetta  sentenza  prodotta  dalla  RAGIONE_SOCIALE  RAGIONE_SOCIALE  era priva dell’attestazione di passaggio in giudicato apposta dal cancelliere.
La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione dalla RAGIONE_SOCIALE con ricorso fondato su un motivo.
I soli soggetti indicati in epigrafe hanno resistito con controricorso, mentre NOME COGNOME e NOME COGNOME sono rimasti intimati.
RAGIONI COGNOME DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso la difesa erariale prospetta la violazione degli artt. 24 della Costituzione, 2909 del codice civile, 324 del codice di procedura civile e 124 delle disposizioni di attuazione del codice di rito, con riferimento all’articolo 360 n. 3, c.p.c..
Nell ‘ illustrazione del motivo la RAGIONE_SOCIALE deduce che:
-)  la  sentenza  del  Tribunale  di  Roma  n.  17039  del  2005  era  stata pronunciata  nei  confronti  di  numerose  parti,  come  di  consueto  nei  giudizi aventi  ad  oggetto  il  risarcimento  del  danno  da  tardiva  attuazione  delle direttive comunitarie in materia di scuole di specializzazione;
-)  soltanto  alcune  delle  parti  private  soccombenti  avevano  proposto appello,  e  tra  queste  non  rientravano  i  soggetti  indicati  nella  domanda  di revocazione;
-) sia la cancelleria del Tribunale di Roma, sia la cancelleria della Corte d’appello  di  Roma,  rifiutarono  di  rilasciare  alla RAGIONE_SOCIALE  del  RAGIONE_SOCIALE  la certificazione prevista dall’articolo 124 disp. att. c.p.c.;
-) questo rifiuto fu il frutto d ‘ una interpretazione restrittiva dell’art. 124 disp. att. c.p.c. da  parte  delle cancellerie, le quali ritennero  che  la certificazione ivi prevista debba essere necessariamente unitaria, e non possa attestare quanti degli attori abbiano impugnato  la sentenza ad essi favorevole, e quanti no;
-)  per  effetto  di  questa  interpretazione  chi,  come  la  RAGIONE_SOCIALE, si trovi costretto a fronteggiare una domanda proposta cumulativamente  da  centinaia  di  soggetti,  viene  a  trovarsi  nell’assoluta impossibilità di contestare il giudicato esterno, quando questo si sia formato nei confronti di alcune soltanto delle controparti originarie.
1.1. I controricorrenti hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso.
Deducono che esso non trascrive, né riassume, né allega, i documenti e gli atti  dimostrativi  dell’infruttuosa  richiesta  di  attestazione  del  passaggio  in giudicato, rivolta alla cancelleria della Corte d’appello e del Tribunale di Roma. L’eccezione è infondata.
Sia perché gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda sono indicati a p. 7 del ricorso, e ad esso allegati; sia – quel che più rileva – perché la circostanza che il  cancelliere  del  Tribunale  di  Roma  rifiutò  di  attestare  il  passaggio  in giudicato della sentenza n. 17039/05 fu accertata dalla stessa sentenza qui impugnata (p. 8, secondo capoverso). In quanto circostanza di fatto accertata e non impugnata, la parte ricorrente non aveva l’onere di documentarla in questa sede.
1.2. Nel merito il motivo è fondato.
La  Corte  d’appello  di  Venezia  era  chiamata  a  stabilire  se  la  sentenza n. 10384/18 della medesima Corte fosse contraria alla sentenza n. 17039/05, pronunciata sedici anni prima dal Tribunale di Roma.
La  Corte  d’appello  lo  ha negato,  o  meglio  si  è  rifiutata  di  riconoscere l’allegazione, sul presupposto che la sentenza n. 17039/05 depositata dalla RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE fosse priva dell’attestazione di cui all’art. 124 disp. att. c.p.c..
La  sentenza  impugnata,  dunque,  ha  mostrato  di  ritenere  che  la  suddetta attestazione fosse l’unico  mezzo per dimostrare l’avvenuta formazione del giudicato, e che nessun’altra via le fosse consentito percorrere.
Tale statuizione non è tuttavia corretta in punto di diritto, per due ragioni.
L ‘art. 124 disp. att. c.p.c. stabilisce che ‘ a prova del passaggio in giudicato della sentenza il cancelliere certifica, in calce alla copia contenente la relazione di notificazione, che non è stato proposto nei termini di legge appello o ricorso per cassazione, né istanza di revocazione per i motivi di cui ai numeri 4 e 5 dell’articolo 395 del codice. Ugualmente il cancelliere certifica in calce alla copia della sentenza che non è stata proposta impugnazione nel termine previsto dall’articolo 327 del codice ‘ .
La ‘certificazione’ del cancelliere di cui all’art. 124 disp. att. c.p.c. non è una prova legale dell’esistenza (o dell’inesistenza) del giudicato.
Il cancelliere infatti attesta la mancanza (o la presenza) di impugnazioni, ma non  v’è  corrispondenza  biunivoca  necessaria  tra  la  proposizione  d’una impugnazione e l’impedimento alla formazione del giudicato, e viceversa.
2.1 . E’ possibile infatti che il cancelliere attesti la mancanza di impugnazioni proposte  nel  termine  di  legge,  nonostante  queste  possano  essere  ancora proposte, come accade nei casi in cui il termine per proporre l’impugnazione sia prorogato ope legis o se ne consenta il superamento (artt. 153, 288, 328 c.p.c.).
2.2. E converso , è parimenti possibile che il cancelliere attesti l’avvenuta proposizione d’una impugnazione, la quale però non abbia impedito la formazione del giudicato esterno: basti pensare all’ipotesi dell’estinzione del giudizio d’appello (art. 310 c.p.c.) e, soprattutto, alle ipotesi in cui siano impugnati solo alcuni capi della sentenza, autonomi rispetto agli altri (impugnazione parziale oggettiva: art. 329 c.p.c.) o ppure l’impugnazione sia proposta solo da alcune parti in cause scindibili (impugnazione parziale soggettiva: art. 332 c.p.c.). Ipotesi, quest’ultima, per l’appunto verificatasi nel caso di specie.
2.3 .  Il  cancelliere, dunque, ai sensi dell’art. 124 disp. att. c.p.c. attesta la mancanza o la presenza di impugnazioni, non la formazione o la mancata formazione del giudicato.
Sicché, quando la certificazione ex art. 124 disp. att. c.p.c. sia inidonea a dimostrare  la  formazione  del  giudicato,  come  appunto  nelle  ipotesi  di impugnazioni parziali, la mancanza di essa non è dirimente per i fini di cui all’art. 2909 c.c..
Pertanto la sentenza impugnata ha falsamente applicato l’art. 124 disp. att. c.p.c., esigendo dalla ricorrente la certificazione ivi prevista come prova del giudicato  esterno,  in  un ‘ ipotesi  in  cui  quella  certificazione  non  poteva dimostrarne l’avvenuta formazione.
 Il  secondo  errore  di  diritto  in  cui  è  incorsa  la  sentenza  impugnata  è consistito  nell’assegnare  al  certificato  di  cui  all’art.  124  disp.  att.  c.p.c.  il valore di prova legale esclusiva.
Infatti l a legge, se da un lato stabilisce che l’attestazione del cancelliere sia il mezzo  ordinario  per  dimostrare  il  passaggio  in  giudicato  d’una  sentenza, dall’altro  non  stabilisce  affatto  che  quell’attestazione  sia l’unico  mezzo  di prova utilizzabile a tal fine.
Depongono in tal senso:
il testo della norma, nella quale mancano aggettivi od avverbi quali ad  es. ‘solo’,  ‘solamente’,  ‘ esclusivamente ‘ ,  tipici  dei  complementi  di
delimitazione (ad  es.  ‘ l’attestazione  è  la  sola  prova  del  passaggio  in giudicato’ ) o di scopo (ad es., ‘ il passaggio in giudicato può essere dimostrato solamente con l’attestazione ecc.’ );
 il  generale  principio  di  libertà  della  prova,  che  permea  l’intero sistema  processuale,  e  che  può  essere  limitato  solo  in  presenza  d’una previsione espressa.
Come s’è detto, il  certificato  ex  art.  124  disp.  att.  c.p.c.  non  sempre  è idoneo  a  dimostrare  l’avvenuta  formazione  del  giudicato.  Non  lo  è,  in particolare, nelle ipotesi di impugnazioni parziali sul piano soggettivo.
Il  giudicato  esterno,  tuttavia,  deve  essere  conosciuto  dal  giudice  anche d’ufficio, trattandosi di un fatto extraprocessuale rilevante al pari della norma di diritto.
Pertanto, nei casi come quello di specie in cui il cancelliere non può attestare il  passaggio  in  giudicato  parziale  d’una  sentenza,  perché  esula  dai  suoi compiti  l’accertamento  della  formazione  della  regiudicata,  è dovere  del giudice acquisire d’ufficio l’ idonea documentazione, anche a mente dell’art. 213 c.p.c., dalla cancelleria degli Uffici giudiziari interessati.
4.1. In tal senso si è già pronunciata questa Corte in fattispecie simile , con la sentenza pronunciata da Sez. 2, n. 6697 del 13.3.2024.
In quel caso una delle parti aveva proposto, in separato e precedente giudizio, varie domande; solo alcune di queste domande tuttavia erano state coltivate in appello.
In un secondo giudizio venne riproposta una delle domande non coltivate in appello nel precedente giudizio , e la Cass. 6697/24, dopo avere ribadito in linea di principio che il giudicato esterno va dimostrato con l’attestazione ex art. 124 disp. att. c.p.c., ha però aggiunto che ‘ quando si tratta, come nella specie, di giudicato esterno derivante dalla mancata coltivazione di una sola delle diverse domande, principali o riconvenzionali, proposte in altra sede processuale, la parte non può produrre la copia della sentenza, dalla quale fa derivare il giudicato, con l’attestazione di cancelleria prevista dall’art. 124
disp. attuaz. cod. proc. civ., proprio perché il giudizio presupposto non si è concluso nella sua interezza, poiché soltanto alcune delle domande proposte in primo grado risultano essere state coltivate con le impugnazioni ‘ .
 In  conclusione  la  sentenza  impugnata  va  cassata  con  rinvio  alla  Corte d’appello  di  Venezia,  la  quale  nel  riesaminare  la  domanda  di  revocazione applicherà il seguente principio di diritto:
‘La certificazione prevista dall’art. 124 disp. att. c.p.c. è inidonea a dimostrare l’avvenuta formazione del giudicato, nei casi in cui sia proposta una impugnazione soltanto parziale, oggettivamente o soggettivamente. In questi casi pertanto l’attestazione del cancelliere di avvenuta impugnazione della sentenza non è d’ostacolo all’accoglimento dell’eccezione di giudicato esterno fondata su quella sentenza, se risulti aliunde l’avvenuta formazione della regiudicata. A tal fine è dovere del giudice di merito, ex art. 213 c.p.c., acquisire presso gli uffici competenti le necessarie informazioni.
Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.
P.q.m.
(-) accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello  di Venezia, in  diversa  composizione,  cui  demanda  di  provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di RAGIONE_SOCIALE della Terza Sezione civile della