Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15356 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15356 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/05/2024
R.G.N. 9830/20
C.C. 22/5/2024
Appalto di servizi di vigilanza -Risarcimento danni
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 9830NUMERO_DOCUMENTO) proposto da: COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: CODICE_FISCALE), in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dagli AVV_NOTAIO NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO;
e
RAGIONE_SOCIALE (P_IVA: P_IVA), in persona dei suoi legali rappresentanti pro -tempore , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;
-controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze n. 2261/2019, pubblicata il 26 settembre 2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22 maggio 2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME;
lette le memorie illustrative depositate nell’interesse delle parti, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. -Con atto di citazione notificato il 28 luglio 2006, COGNOME NOME e COGNOME NOME convenivano, davanti al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE (Sezione distaccata di Pontedera), la società RAGIONE_SOCIALE, al fine di ottenere la condanna della convenuta al risarcimento dei danni subiti nella misura non indennizzata dalla propria compagnia assicuratrice per il furto avvenuto nella propria abitazione in data 6 agosto 2005, in esito alla condotta negligente della società incaricata della vigilanza mediante collegamento radiotelefonico all’impianto di allarme, nonostante le plurime segnalazioni ricevute, nella misura rispettivamente di euro 7.500,00 in favore di COGNOME NOME e di euro 72.150,00 in favore di COGNOME NOME.
Si costituiva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE, la quale resisteva alla domanda avversaria, negandone la fondatezza in fatto e in diritto, anche in ragione della circostanza che il danno lamentato avrebbe potuto essere evitato dagli attori usando l’ordinaria diligenza, o in subordine -chiedendo la diminuzione del danno in ragione del
concorso colposo degli attori. Nel caso di accoglimento, anche parziale, della domanda, chiedeva che fosse manlevata dalla propria compagnia assicuratrice RAGIONE_SOCIALE, di cui era invocata la sua chiamata in garanzia.
Si costituiva in giudizio anche la RAGIONE_SOCIALE, la quale concludeva per il rigetto della domanda di garanzia ovvero per il rigetto della domanda principale, chiedendo in via subordinata che, nell’ipotesi di condanna, si tenesse conto della franchigia stabilita.
Nel corso del giudizio era assunta la prova orale ammessa.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 97/2013, depositata l’11 febbraio 2013, rigettava la domanda spiegata, escludendo che la società incaricata della vigilanza tecnologica dell’immobile fosse inadempiente, in quanto la presenza dei ladri non poteva essere percepita all’esterno dalla guardia giurata intervenuta sul posto e in quanto i proprietari erano stati avvertiti per telefono affinché esaminassero l’immobile all’interno. Escludeva comunque che il danno potesse essere riscontrato, in quanto non esisteva alcuna prova sulla effettiva presenza dei preziosi in casa, né una descrizione esatta dei preziosi prelevati furtivamente, la cui stima era stata esclusivamente affidata alle dichiarazioni testimoniali dei venditori, senza alcuna documentazione di supporto.
2. -Con atto di citazione notificato il 14 marzo 2014, proponevano appello avverso la pronuncia di primo grado COGNOME NOME e COGNOME NOME, i quali lamentavano l’erroneità nella ricostruzione dei fatti, del nesso causale tra condotta della convenuta e danno nonché il mancato accertamento del quantum debeatur , insistendo nelle conclusioni
originarie, previa occorrendo consulenza tecnica d’ufficio estimativa dei danni.
Si costituiva nel giudizio di impugnazione la RAGIONE_SOCIALE, la quale concludeva per il rigetto del gravame e, in via subordinata, per l’accertamento della responsabilità o corresponsabilità dei danneggiati, in ogni caso con la condanna di RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, a tenerla indenne dei danni eventualmente accertati.
Si costituiva nel giudizio di gravame altresì la RAGIONE_SOCIALE, la quale instava per la conferma della sentenza di primo grado per inammissibilità e infondatezza dell’appello o, in subordine, per l’accoglimento della manleva limitatamente agli importi superiori alla franchigia.
Nel corso del giudizio d’appello si costituiva COGNOME NOME, quale figlio ed erede universale della deceduta COGNOME NOME, che faceva proprie le conclusioni già rassegnate.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Firenze, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’appello proposto e, per l’effetto, confermava integralmente la sentenza impugnata.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che l’appello doveva essere disatteso per la ragione più liquida, assorbente di ogni altra questione, in ordine alla mancata prova di un danno ulteriormente ristorabile rispetto a quanto ricevuto dalla propria compagnia assicurativa; b ) che, infatti, i preziosi, dichiarati tutti di proprietà della COGNOME, di cui era stata denunciata la sparizione, erano stati acquistati in un arco temporale di 25 anni ed alcuni di essi ben potevano essere stati successivamente rivenduti e/o
scambiati; c ) che solo una testimone, quale amica della COGNOME, aveva riferito di aver visto nella cassaforte della villa alcuni preziosi anche nella primavera del 2005, di cui descriveva con precisione solo uno di essi, del valore di circa euro 8.000,00; d ) che, dunque, il fatto che detti preziosi fossero presenti, tutti od anche solo alcuni, nella notte del furto del 6 agosto 2005 non era stato confermato da alcun testimone, se non dagli attori, le cui dichiarazioni non potevano costituire fonte di prova; e ) che, peraltro, la coppia era in vacanza per qualche giorno presso amici, dal che si poteva desumere che la COGNOME avesse portato con sé dei preziosi da sfoggiare per l’occasione; f ) che perciò mancava la prova, non integrabile in via equitativa, in considerazione della mancanza di un supporto di valutazione adeguata, di un danno superiore a quello indennizzato dall’assicurazione da cui la coppia era garantita, e ciò a fronte di un valore allegato dei preziosi pari a complessivi euro 90.500,00, di cui il massimale ricevuto corrispondeva ad euro 25.850,00.
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, COGNOME NOME.
Hanno resistito, con controricorso, gli intimati RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
-Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn . 3 e 4, c.p.c., la nullità della sentenza, in relazione all’art. 115 c.p.c., per travisamento della testimonianza resa da COGNOME NOME, per avere la Corte di merito
ritenuto che la teste avesse dichiarato che COGNOME NOME custodiva nella cassaforte solo l’orologio menzionato e non già anche gli altri gioielli indicati (tre o quattro girocolli d’oro, degli anelli d’oro con pietre di vario tipo, degli orecchini, una coppia di gemelli di Bulgari in oro bianco).
Obietta l’istante che, in tal modo, la sentenza sarebbe incorsa nel travisamento della prova, in quanto l’informazione probatoria utilizzata nella decisione -secondo cui sarebbe stato riscontrato esclusivamente il danno conseguente al furto dell’orologio sarebbe stata contraddetta dallo specifico atto processuale, ossia dal verbale dell’udienza del 28 ottobre 2009, circa la risposta fornita dalla teste al capitolo 12 della prova per testimoni articolata dagli attori, che avrebbe riferito della visione dei gioielli indicati, oltre che dell’orologio, in molteplici occasioni.
Aggiunge il ricorrente che non si sarebbe trattato di errore revocatorio, in quanto il punto controverso era stato espressamente trattato dalle parti, sicché il fatto di aver riversato nella sentenza soltanto la presenza di un prezioso (l’orologio) avrebbe stravolto il piano letterale della risposta fornita, attribuendogli un significato inconciliabile rispetto alla realtà percepita dalla teste.
1.1. -Il motivo è inammissibile.
Ed invero, a fronte di una ‘doppia conforme’ (quanto alla ritenuta insussistenza della prova dei preziosi presenti nella cassaforte oggetto di furto), con instaurazione del giudizio di gravame successivamente all’11 settembre 2012, come nella specie (la citazione introduttiva del giudizio d’appello è stata notificata il 14 marzo 2014), ai sensi dell’art. 348 -ter , quinto
comma, c.p.c., vigente ratione temporis , la doglianza di omesso esame di fatti decisivi, formulabile ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., non può essere proposta (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 8775 del 03/04/2024; Sez. 2, Sentenza n. 5074 del 26/02/2024; Sez. 5, Ordinanza n. 11439 del 11/05/2018; Sez. 1, Sentenza n. 26774 del 22/12/2016; Sez. 5, Sentenza n. 26860 del 18/12/2014).
Ora, in ordine ai fatti sostanziali, l’asserito travisamento del contenuto oggettivo della prova -ossia la svista concernente la ricognizione del fatto probatorio in sé ( demonstratum ) e non la verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio ( demonstrandum ) -, allorché abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza si sia pronunciata (ovvero se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti) e sia decisivo, può essere sindacato solo ai sensi del vizio di omesso esame di fatto decisivo ex art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 9719 del 10/04/2024; Sez. 2, Ordinanza n. 9675 del 10/04/2024; Sez. 2, Ordinanza n. 8775 del 03/04/2024; Sez. U, Sentenza n. 5792 del 05/03/2024), vizio nella fattispecie precluso.
Ed infatti anche la sentenza di prime cure ha rilevato che non esisteva alcuna prova sulla effettiva presenza dei preziosi in casa, né una descrizione esatta dei preziosi prelevati furtivamente.
Ciò vale non solo quando la decisione di secondo grado sia interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logicoargomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa,
non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (Cass. Sez. 6-L, Ordinanza n. 19828 del 20/06/2022; Sez. 6-2, Ordinanza n. 17449 del 30/05/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 16736 del 24/05/2022; Sez. 6-2, Ordinanza n. 7724 del 09/03/2022; Sez. 6-3, Ordinanza n. 2506 del 27/01/2022; Sez. 6-2, Ordinanza n. 33483 del 11/11/2021; Sez. 2, Ordinanza n. 29222 del 12/11/2019).
Sul punto la sentenza impugnata ha convalidato gli argomenti già sviluppati dalla sentenza di prime cure, disattendendo le censure contenute -in ordine a tale aspetto (in base alla ragione più liquida) -nei corrispondenti motivi di gravame.
Né parte ricorrente si è onerata di specificare le ipotetiche differenze tra le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello in merito a tale profilo decisorio (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 5947 del 28/02/2023; Sez. 6-2, Ordinanza n. 8320 del 15/03/2022; Sez. L, Sentenza n. 20994 del 06/08/2019; Sez. 1, Sentenza n. 26774 del 22/12/2016).
A fortiori il prospettato travisamento non si è comunque verificato, posto che la Corte distrettuale non ha affatto affermato che la teste COGNOME NOME aveva riferito di aver visto nella cassaforte della villa, nella primavera del 2005, solo un orologio, bensì testualmente ‘alcuni preziosi … di cui ne descriveva con precisione solo uno (del valore sugli 8.000 euro)’. Segnatamente, in ordine alla descrizione di tale orologio, la teste ha dichiarato che esso, acquistato assieme alla COGNOME, aveva il quadrante in madreperla con riviera di brillanti.
All’esito, il rigetto della domanda risarcitoria è stato confermato, non già perché la teste avesse dichiarato che l’unico prezioso oggetto di furto fosse stato l’orologio, il cui valore non superava il massimale liquidato dall’assicurazione, bensì perché non vi era nessuna prova che i gioielli descritti dalla teste, presenti nella cassaforte della villa nella primavera del 2005, fossero presenti, tutti o solo alcuni, anche nella notte del furto del 6 agosto 2005 e che il loro valore superasse l’indennizzo assicurativo riconosciuto.
2. -Con il secondo motivo il ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per violazione degli artt. 2729 e 1226 c.c. nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere la Corte territoriale sostenuto che non fosse provato il fatto che la cassaforte contenesse preziosi per un valore superiore all’indennizzo liquidato dall’assicurazione (pari ad euro 25.850,00).
Senonché osserva l’istante che il riferimento all’acquisto di preziosi di cui era denunciata la sparizione in un arco temporale di 25 anni avrebbe avvalorato la circostanza che essi fossero stati presenti al momento del furto e non già rivenduti o scambiati; e ciò perché la vendita o il baratto di preziosi non avrebbe integrato un fatto notorio, non costituendo un dato di comune esperienza e tantomeno incontestabile.
Né l’affermazione secondo cui si sarebbe potuto presumere che la signora avesse portato con sé dei preziosi, in quanto la coppia era in vacanza per qualche giorno presso amici, avrebbe avuto i caratteri della presunzione grave, precisa e concordante, muovendo dal presupposto erroneo che i preziosi di cui all’elenco
consegnato ai Carabinieri e di cui alle dichiarazioni di vendita confermate in via testimoniale coincidessero con tutti i preziosi di proprietà della COGNOME, mentre, in realtà, l’elenco reso avrebbe riguardato solo i preziosi oggetto di furto.
Per converso, gli elementi probatori in atti -quali la denuncia presentata alla stazione RAGIONE_SOCIALE Carabinieri di Castelfranco di Sotto lo stesso giorno della constatazione del furto del 9 agosto 2005, la particolare cura riservata dai coniugi al funzionamento del sistema di sorveglianza della proprietà e l’inserimento dell’allarme nell’uscire dalla villa, le dichiarazioni delle gioiellerie che avevano venduto a COGNOME NOME i preziosi elencati, la risposta fornita dalla teste COGNOME NOME in ordine ai preziosi custoditi nella cassaforte, il comportamento concludente dell’assicurazione dei coniugi, la quale aveva corrisposto l’importo complessivo di euro 33.575,00, di cui euro 25.850,00 per il furto dei preziosi, costituente l’intero massimale stabilito dalla polizza per il rischio furto e rapina -facevano propendere per l’esatta ricostruzione contraria.
2.1. -Il motivo è inammissibile.
E tanto perché la ricostruzione della sentenza impugnata sulla mancanza di elementi sufficienti a ritenere che il valore dei preziosi oggetto di furto superasse l’importo indennizzato dalla compagnia assicuratrice è stata basata su una serie di indizi convergenti e complessivamente ponderati, come puntualmente descritti: -il riferimento agli acquisti di gioielli in un arco temporale assai dilatato di circa 25 anni; – la descrizione dei preziosi presenti nella cassaforte, a cura della teste amica della COGNOME, con riguardo al periodo corrispondente alla primavera
del 2005 (e non all’epoca del furto avvenuto il 6 agosto 2005); -la mancanza di alcuna testimonianza sulla descrizione dei preziosi presenti nella cassaforte all’epoca del furto; – la possibilità che la COGNOME avesse portato con sé alcuni preziosi, essendo all’epoca del furto in vacanza per qualche giorno presso amici.
A fronte di tale quadro descrittivo (che ha riguardato, sul piano meramente quantitativo, il solo vaglio critico circa l’assenza di riferimenti da cui si potesse desumere che il valore dei preziosi rubati superasse il massimale assicurato e riconosciuto di euro 25.850,00), nessuna contestazione può essere mossa in questa sede avverso il ragionamento inferenziale articolato in sede di merito.
In primis , si rileva che, in tema di prova presuntiva, il giudice è tenuto, ai sensi dell’art. 2729 c.c., ad ammettere solo presunzioni ‘gravi, precise e concordanti’, laddove il requisito della ‘precisione’ è riferito al fatto noto, che deve essere determinato nella realtà storica, quello della ‘gravità’ al grado di probabilità della sussistenza del fatto ignoto desumibile da quello noto, mentre quello della ‘concordanza’, richiamato solo in caso di pluralità di elementi presuntivi (sulla mera eventualità, ma non necessità, del concorso di più elementi presuntivi: Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 11162 del 28/04/2021; Sez. 6-2, Ordinanza n. 2482 del 29/01/2019; Sez. 1, Ordinanza n. 23153 del 26/09/2018; Sez. 5, Sentenza n. 656 del 15/01/2014; Sez. 5, Sentenza n. 17574 del 29/07/2009; Sez. 1, Sentenza n. 19088 del 11/09/2007), richiede che il fatto ignoto sia -di regola -desunto da una pluralità di indizi gravi, precisi e univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza, e ad
articolare il procedimento logico nei due momenti della previa analisi di tutti gli elementi indiziari, onde scartare quelli irrilevanti, e nella successiva valutazione complessiva di quelli così isolati, onde verificare se siano concordanti e se la loro combinazione consenta una valida prova presuntiva (c.d. convergenza del molteplice), non raggiungibile, invece, attraverso un’analisi atomistica degli stessi.
Ne consegue che la denuncia, in cassazione, di violazione o falsa applicazione del citato art. 2729 c.c., ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., può prospettarsi solo quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta e applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 28261 del 09/10/2023; Sez. 1, Ordinanza n. 27266 del 25/09/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 22903 del 27/07/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 20898 del 18/07/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 8829 del 29/03/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 9054 del 21/03/2022; Sez. 6-5, Ordinanza n. 34248 del 15/11/2021; Sez. L, Ordinanza n. 22366 del 05/08/2021; Sez. 2, Ordinanza n. 20553 del 19/07/2021; Sez. L, Sentenza n. 18611 del 30/06/2021; Sez. 1, Ordinanza n. 10253 del 19/04/2021; Sez. 61, Ordinanza n. 5279 del 26/02/2020; Sez. 6-3, Ordinanza n.
3541 del 13/02/2020; Sez. 5, Sentenza n. 15454 del 07/06/2019; Sez. 6-2, Ordinanza n. 2482 del 29/01/2019; Sez. L, Sentenza n. 29635 del 16/11/2018; Sez. 3, Ordinanza n. 17720 del 06/07/2018; Sez. 3, Ordinanza n. 9059 del 12/04/2018; Sez. 3, Sentenza n. 19485 del 04/08/2017; Sez. L, Sentenza n. 27671 del 15/12/2005; Sez. 2, Sentenza n. 3646 del 24/02/2004; Sez. L, Sentenza n. 11906 del 06/08/2003).
Ebbene, la sentenza impugnata non ha affatto sostenuto che la rivendita o lo scambio di preziosi nel corso nei decenni sia un fatto notorio, bensì ben più semplicemente che il riferimento all’acquisto di preziosi in un arco temporale assai dilatato non fosse dimostrativo dell’attuale disponibilità dei preziosi acquistati in epoche remote.
Ed ancora, quanto alla probabilità che la COGNOME avesse portato con sé dei preziosi in occasione della vacanza effettuata nel periodo in cui è avvenuto il furto, tale rilievo è stato utilizzato a comprova della carenza di dati certi sull’effettiva natura ed entità dei preziosi presenti nella cassaforte all’epoca del furto.
Resta fermo, infatti, che il ricorrente non ha addotto alcun elemento da cui si possa evincere, in mancanza di alcuna pezza giustificativa al riguardo, che il valore dei preziosi rubati sforasse la misura dell’indennizzo riconosciuto dalla compagnia assicuratrice.
Ebbene, rispetto ai dati indiziari utilizzati, la doglianza prospettata dal ricorrente mira, in realtà, ad un’alternativa ricostruzione probabilistica della prova critica, che non può essere rimessa alla sede di legittimità, bastando che l’inferenza motivata
dalla sentenza impugnata abbia una sua dignità e coerenza logica e non certamente che essa sia l’unica ipotesi poss ibile.
Per la configurazione di una presunzione giuridicamente valida non occorre, infatti, che l’esistenza del fatto ignoto rappresenti l’unica conseguenza possibile di quello noto, secondo un legame di necessarietà assoluta ed esclusiva, sulla scorta della regola della inferenza necessaria, ma è sufficiente che dal fatto noto sia desumibile univocamente quello ignoto, alla stregua di un giudizio di probabilità basato sull’ id quod plerumque accidit , in virtù della regola dell’inferenza probabilistica (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 21403 del 26/07/2021; Sez. 6-3, Ordinanza n. 20342 del 28/09/2020; Sez. 3, Sentenza n. 1163 del 21/01/2020; Sez. 2, Sentenza n. 3513 del 06/02/2019; Sez. L, Sentenza n. 2632 del 05/02/2014; Sez. 2, Sentenza n. 22656 del 31/10/2011; Sez. 3, Sentenza n. 24211 del 14/11/2006; Sez. 3, Sentenza n. 26081 del 30/11/2005; Sez. 3, Sentenza n. 23079 del 16/11/2005).
3. -In definitiva, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese e compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla refusione, in favore dei controricorrenti, delle spese di lite, che liquida per ciascuno in complessivi euro 7.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda