Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 19214 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 19214 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25312/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in nome e per conto di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE giusta procura speciale allegata al ricorso
– ricorrente
–
contro
FALLIMENTO di RAGIONE_SOCIALE
– intimato
–
avverso il decreto del Tribunale di Roma n. 3424/2019 depositato il 2/8/2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/5/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il giudice delegato al fallimento di RAGIONE_SOCIALE non ammetteva al passivo della procedura il credito di € 215.184,35 , oltre I.V.A., vantato da Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. in nome e per conto di Monte dei Paschi di Siena RAGIONE_SOCIALE Banca per i servizi finanziari alle imprese s.p.a.
Il Tribunale di Roma rigettava l’opposizione proposta da Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., nella qualità sopra indicata, con decreto pubblicato in data 2 agosto 2019.
Rilevava, in particolare, che l’opponente aveva vantato un credito per canoni scaduti ed interessi di mora conseguente all’inadempimento di RAGIONE_SOCIALE alle obbligazioni assunte con contratto di leasing immobiliare del 1° luglio 2008 e garantite da Autoroma s.p.a. con una cd. lettera di impegno al subentro in pari data.
Constatava che il curatore, in sede di verifica del passivo, aveva contestato l’opponibilità alla procedura di tale documento, in quanto in massima parte illeggibile e privo di una sottoscrizione riconducibile al legale rappresentante della fallita.
Evidenziava che la banca opponente, gravata dall’onere di fornire ulteriori elementi probatori al fine di confortare la credibilità e l’attendibilità della lettera di impegno prodotta, si era limitata a disquisire sul contenuto del documento (sostenendo che lo stesso era munito di timbro della fallita ‘ con specifica di tutti i dati identificativi scritti di pugno dal legale rappresentante, ovvero luogo e data di nascita, domicilio, residenza e codice fiscale ‘), ma non aveva prodotto alcuna ulteriore e diversa prova precostituita e/o articolato prove costituende, con la conseguenza che il documento era di per sé inidoneo a provare la sussistenza di una valida fonte negoziale del diritto di credito vantato.
RAGIONE_SOCIALE, in nome e per conto di Monte dei Paschi di Siena RAGIONE_SOCIALE Banca per i Servizi Finanziari alle Imprese s.p.a., ha proposto ricorso per la cassazione di tale decreto prospettando due motivi di doglianza.
L’intimato fallimento di RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese.
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., ‘ l’erronea applicazione dell’art. 2704 cod. civ. ‘: il tribunale, pur avendo dato atto che l’opponente aveva prodotto il contratto di leasing stipulato fra RAGIONE_SOCIALE, la fattura di vendita emessa dalla fallita, l’impegno al subentro sottoscritto dalla venditrice, la lettera di risoluzione del 27 agosto 2014, il decreto ingiuntivo n. 7790/2015 emesso anche nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e un estratto conto del rapporto, ha ritenuto la cd. lettera di impegno inidonea a dimostrare l’esistenza di una valida fonte negoziale opponibile al fallimento, senza però prendere in considerazione il contenuto dei documenti prodotti, malgrado gli stessi avessero data certa.
Il motivo è inammissibile, anche ai sensi dell’art. 360 -bis cod. proc. civ.
Il decreto impugnato in questa sede ha rigettato l’opposizione non in ragione del fatto che la documentazione prodotta unitamente alla cd. lettera di impegno non avesse data certa, ma per ‘ la mancanza di altre risultanze probatorie ‘ che dimostrassero la ‘ sussistenza di una valida fonte negoziale nei confronti della curatela del diritto di credito vantato ‘ (pag. 8 del decreto impugnato).
Il mezzo in esame risulta così inammissibile sia perché contesta una valutazione estranea al contenuto della decisione impugnata, che non si è occupata della data certa dei documenti prodotti ma della loro portata dimostrativa della riferibilità della lettera di impegno alla società poi fallita, sia perché finisce per confutare quest’ultima valutazione malgrado la stessa rientri nei compiti del giudice del merito e non possa essere rivisitata in questa sede.
Al riguardo va ribadito il principio secondo cui il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non già il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà del controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di
merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr., ex plurimis , Cass. 23055/2024, Cass. 331/2020, Cass. 21098/2016, Cass. 27197/2011, Rv. 620709).
Né è possibile sostenere che la mancanza di opposizione al decreto ingiuntivo emesso nei confronti della società poi fallita valesse ad attribuire allo stesso efficacia di cosa giudicata sostanziale al provvedimento monitorio in funzione della sua opponibilità al fallimento, poiché la giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che il decreto ingiuntivo acquisti efficacia di giudicato sostanziale, idoneo a costituire titolo inoppugnabile per l’ammissione al passivo, solo nel momento in cui il giudice, dopo avere controllato la ritualità della sua notificazione, lo dichiari, in mancanza di opposizione o di costituzione dell’opponente, esecutivo ai sensi dell’art. 647 cod. proc. civ. (Cass. 23775/2017).
Il secondo motivo di ricorso assume, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la nullità del provvedimento impugnato e del procedimento in conseguenza dell’errore processuale in cui è incorso il giudice di merito, consistente nel non aver valutato la prova documentale offerta.
La ricorrente sostiene che in realtà, al contrario di quanto ritenuto dal giudicante, l’impegno al subentro costituisse di per sé una valida fonte negoziale nei confronti della curatela del diritto di credito vantato, tenuto conto sia del lasso temporale in cui era stato sottoscritto, sia della perfetta riconducibilità della scrittura -in cui risultavano incontrovertibilmente presenti il timbro societario, il luogo e la data di nascita scritti di pugno dal legale rappresentante, il suo codice fiscale, il domicilio e la residenza coincidenti con la sede
legale della società -ad RAGIONE_SOCIALE ed al suo legale rappresentante.
7. Il motivo è inammissibile.
Il mezzo, infatti, pur rappresentando di voler denunciare la mancata valutazione della prova documentale offerta, in realtà esprime un mero dissenso rispetto all’apprezzamento di fatto compiuto dal tribunale, il quale ha escluso che la lettera di impegno costituisse una valida fonte negoziale nei confronti della curatela perché non conteneva alcuna sottoscrizione riferibile al legale rappresentante della fallita.
Questa valutazione costituisce il frutto di una determinazione discrezionale del giudice di merito che, come appena detto, non può essere rivista in questa sede.
Occorre, quindi, dare continuità al consolidato principio secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri in realtà, come nel caso di specie, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (v. Cass., 5987/2021, Cass., Sez. U., 34476/2019, Cass. 29404/2017, Cass. 19547/2017, Cass. 16056/2016).
Né è possibile sostenere che la mancata contestazione del credito imponesse la sua ammissione al passivo, non solo perché in realtà la curatela aveva contestato l’ammissione del credito fin dalla predisposizione del progetto di stato passivo (come riconosciuto a pag. 6 del ricorso), ma anche perché in materia di insinuazione allo stato passivo non viola l’art. 112 cod. proc. civ. il tribunale che, esercitando il proprio potere d’ufficio di accertare la fondatezza della domanda proposta, rigetti l’opposizione proposta dal creditore, dovendo l’accertamento sull’esistenza del titolo dedotto in giudizio essere compiuto dal giudice ex officio in ogni stato e grado del processo, in ognuna delle sue fasi, salvo che tale rilievo non sia
impedito o precluso in dipendenza di apposite regole processuali (Cass. 29254/2019).
Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
La mancata costituzione in questa sede della procedura intimata esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di c ontributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto. Così deciso in Roma in data 16 maggio 2025.