Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19127 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 19127 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/07/2025
O R D I N A N Z A
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, con sede in Grinzane Cavour (CN), in persona del legale rappresentante sig. NOME COGNOME rappresentata e difesa da ll’ Avvocato NOME COGNOME
Ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE con sede in Zurigo, in persona del legale rappresentante sig. NOME COGNOME rappresentata e difesa da ll’ Avvocato NOME COGNOME
Controricorrente
e
COGNOME NOMECOGNOME
Intimato avverso la sentenza n. 1892/2020 della Corte di appello di Torino, depositata il 25.11.2020.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6.6.2025 dal consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa e ragioni della decisione
1.Con sentenza n. 1892 del 25.11.2020, la Corte di appello di Torino, accogliendo l’impugnazione proposta da RAGIONE_SOCIALE condannò RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore della appellante della somma di 170.195,00, oltre interessi ex d.lgs. n. 231 del 2002, quale corrispettivo per la fornitura di merce.
La Corte torinese motivò la decisione affermando che: la dichiarazione resa dalla società appellante, in comparsa conclusionale, di essere stata dichiarata fallita da un giudice della Svizzera, ove aveva la propria sede, non costituiva fatto idoneo a determinare l’interruzione del processo, atteso che la suddetta pronuncia non aveva efficacia in Italia, in assenza del suo riconoscimento, che la stessa società aveva chiesto la prosecuzione del giudizio e che, comunque, la dichiarazione di fallimento era int ervenuta in data 1.10.2019, dopo l’udienza di discussione della causa, tenutasi il 19.9.2019; la prova del credito fatto valere dalla società RAGIONE_SOCIALE risultava dal fatto, emerso a seguito della produzione in giudizio del registro iva della società convenuta ordinata ex art. 210 c.p.c., che quest’ultima aveva provveduto a registrare le fatture emesse a fronte della fornitura e dal dato pacifico che aveva ricevuto la merce; risultava pertanto smentita la tesi difensiva della società RAGIONE_SOCIALE di non avere mai stipulato il contratto, per essere stata la trattativa condotta a sua insaputa da COGNOME NOME, che non aveva alcun potere di rappresentanza.
Per la cassazione di questa sentenza, ha proposto ricorso RAGIONE_SOCIALE affidato a quattro motivi.
La RAGIONE_SOCIALE ha notificato controricorso, mentre la COGNOME NOMECOGNOME non ha svolto attività difensiva.
Il P.M., nella persona del sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME ha depositato memoria con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
Parte ricorrente ha depositato memoria.
In via preliminare, in accoglimento della eccezione della società ricorrente, va dichiarata l’inammissibilità del controricorso, per mancanza della procura speciale al difensore.
Ai sensi dell’art. 365 c.p.c., applicabile al controricorso per effetto dell’espresso rinvio formulato dall’art. 370, comma 2, il controricorso per cassazione, al pari
del ricorso, deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un avvocato munito di procura speciale. Per procura speciale, ai sensi dell’art. 83 c .p.c., deve intendersi l’incarico conferito dalla parte al difensore riferito ad un determinato giudizio.
Il controricorso richiama invece la procura alle liti del 25.7.2017 depositata nel giudizio di primo grado, che per definizione non può considerarsi speciale in relazione al presente giudizio di legittimità, essendo stata rilasciata in data antecedente alla sentenza impugnata. Tale scarto temporale, infatti, impedisce di per sé ogni collegamento tra la procura e l’attività svolta dal difensore dell a società controricorrente davanti a questa Corte, la quale presuppone necessariamente la valutazione della sentenza e, per la parte controricorrente, dello stesso ricorso (Cass. n. 938 del 2023; Cass. n. 27540 del 2017; Cass. n. 7084 del 2006).
3. Il primo motivo di ricorso denuncia violazio ne dell’art. 43 legge fall. e degli artt. 300 c.p.c. e 25, comma 2 lett. D), 64 e 65 della legge n. 218 del 1995, censurando la sentenza impugnata per non avere dichiarato l’interruzione del giudizio a seguito del dichiarazione di fallimento della società attrice. Sostiene in proposito il ricorso che l’intervenuto fallim ento avrebbe dovuto essere preso in considerazione, a prescindere dalla efficacia da riconoscere alla pronuncia del giudice svizzero, quale mero fatto che aveva determinato, secondo l’ordinamento del Paese che l’aveva emessa, la perdita della capacità di agire dell’amministratore della società ; che, in base al diritto interno, il fallimento della parte determina l’interruzione del processo in via automatica, senza necessità che venga dichiarato in giudizio, rendendo così irrilevante l’eventuale dichiarazione della stessa di volerlo proseguire; che, essendo il fallimento della parte intervenuto in data 10.9.2019, prima della udienza di discussione davanti al collegio, il giudice di appello avrebbe dovuto rilevarlo e dichiarare interrotto il processo.
Il motivo, come dedotto dal Procuratore Generale, è inammissibile.
La lettura della decisione mostra che la Corte di appello ha deliberato di non disporre l’interruzione del processo a seguito del fallimento della società RAGIONE_SOCIALE da parte dell’Autorità giudiziaria svizzera per tre ragioni, tra loro
concorrenti: per la ritenuta inefficacia di tale provvedimento per l’ordinamento italiano, per avere la stessa società, nel dichiararlo, espresso la volontà che il giudizio proseguisse, perché comunque la dichiarazione di fallimento era intervenuta in data 1.10.2019, dopo che, il 19.9.2019, si era tenuta l’udienza di discussione e la causa era stata trattenuta in decisione.
Il motivo contesta le prime due rationes decidendi , ma non la terza, a cui oppone la semplice deduzione che invece la pronuncia di fallimento era intervenuta il 10.9.2019, cioè prima della udienza di discussione. Si tratta però di una contestazione generica, che avrebbe dovuto essere fatta valere non sotto il profilo dell’errore di diritto, ma come travisamento di fatto ed avrebbe dovuto essere argomentata in maniera più specifica e corroborata da elementi precisi e puntuali. Si osserva inoltre che il vizio lamentato, cadendo sulla data del provvedimento dell’Autorità svizzera, cioè sopra un fatto che è stato posto a base del capo della decisione impugnato e che, secondo la prospettazione della ricorrente, troverebbe smentita dal provvedimento stesso prodotto in giudizio, ha chiaramente natura revocatoria e come tale era sollevabile non con il ricorso per cassazione ma con il particolare mezzo di impugnazione di cui all’art. 395 n.4 c.p.c., davanti alla stessa Corte di appello.
Tali considerazioni portano a ritenere nel suo complesso il motivo inammissibile, in applicazione del consolidato principio che, quando la decisione impugnata è fondata su più motivi, costituenti, come nel caso di specie, autonome rationes decidendi , l’impugnazione che non contesti tutte le ragioni della decisone ovvero che sia respinta in ordine anche ad una sola di esse determina l’ inammissibilità del motivo , non potendo mai l’eventuale accoglimento delle altre censure portare alla cassazione della sentenza, che continuerebbe a reggersi sulla ratio rimasta intatta.
5. Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione degli artt. 210 c.p.c. e 94 disp. att. stesso codice, assumendo che la Corte di appello ha fondato la sua decisione sulla annotazione da parte della società convenuta delle fatture emesse dalla controparte sul proprio registro iva, la cui produzione in giudizio era stata illegittimamente ordinata dallo stesso giudice, risultando la relativa
istanza di esibizione generica e relativa a documenti privi del requisito d indispensabilità.
6. Il mezzo non merita accoglimento.
Il provvedimento del giudice di merito che, ai sensi dell’art. 210 c.p.c., ordini a una parte l’esibizione di documenti in suo possesso ha natura discrezionale e come tale non è censurabile in sede di giudizio di legittimità
Si osserva inoltre che le contestazioni della ricorrente sono infondate nel merito. La dedotta genericità della istanza di esibizione della parte attrice trova smentita nel rilievo che si legge in sentenza, non contestato dalla ricorrente, secondo cui la istante aveva ‘ tempestivamente richiesto l’esibizione ex art. 210 c.p.c. delle scritture contabili dell’anno 2014, specificando che la richiesta veniva effettuata al fine di verificare l’effettiva registrazione delle fatture ‘. L’istanza non era pertanto generica, essendosi puntualizzata nelle scritture di registrazione delle fatture.
La censura secondo cui il documento non era suscettibile di ordine di esibizione perché non decisivo trova, invece, diretta confutazione nella considerazione che proprio su di esso la Corte di appello ha fondato la decisione di accoglimento della domanda.
Il terzo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2720 e 2730 c.c. e degli artt. 25 e 39 d.p.r. n. 633 del 1972, per avere la Corte di merito attribuito alla registrazioni delle fatture nel registro iva della società convenuta efficacia di prova non solo di riconoscimento di debito, ma anche della stessa esistenza del rapporto contrattuale, che era stata contestata dalla odierna ricorrente. La registrazione delle fatture costituisce infatti un mero adempimento fiscale, non rivolto alla controparte e ritrattabile.
Il mezzo è infondato.
La sentenza impugnata va esente da censure in quanto ha fatto applicazione del principio, accolto da questa Corte, che, sebbene alle annotazioni del registro IVA non si applichi la disciplina dettata, per i libri e le altre scritture contabili delle imprese soggette a registrazione, dagli artt. 2709 e 2710 c.c., esse possono tuttavia costituire idonee prove scritte dell’esistenza di un credito, giacché la relativa annotazione, con richiamo della fattura ad essa inerente, costituisce
atto ricognitivo in ordine ad un fatto produttivo di un rapporto giuridico sfavorevole al dichiarante, ex art. 2720 c.c.. Va poi osservato che la Corte di appello ha fondato il suo convincimento non solo sulle predette annotazioni, ma anche sulla circostanza che la merce era stata consegnata e ricevuta dalla società RAGIONE_SOCIALE essendo presente nei suoi magazzini.
Per il resto in motivo è inammissibile, in quanto investe l’esito della valutazione del materiale probatorio da parte del giudice di merito, non sindacabile in sede di giudizio di legittimità.
Il quarto motivo di ricorso denuncia vizio di omesso esame di fatto decisivo, costituito dal rilievo che il presunto contratto sarebbe stato concluso da COGNOME NOMECOGNOME che non aveva alcun potere di rappresentare la RAGIONE_SOCIALE
10. Il mezzo è infondato.
La motivazione della sentenza dimostra che la Corte di appello ha ritenuto che la società convenuta dovesse corrispondere il prezzo della merce fornita quale parte acquirente del relativo contratto, accertamento che rende recessivo stabilire se esso fosse stato in origine stipulato da un rappresentante provvisto o meno di poteri, dal momento che comunque la società vi aveva aderito, accettando la merce e registrando le relative fatture.
11. Il ricorso è pertanto respinto.
Nulla sulle spese del giudizio, attesa la inammissibilità del controricorso.
Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 6 giugno 2025.