Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8390 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8390 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21228/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso il DECRETO del TRIBUNALE di CASSINO n. 1657/2016 depositato il 11/06/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Cassino, con decreto dell’11.6.2020, con riferimento alla domanda di RAGIONE_SOCIALE di insinuazione del credito di € 117.111,04 al passivo del fallimento RAGIONE_SOCIALEr.RAGIONE_SOCIALE, vantato a titolo di corrispettivo per prestazioni rese nell’ambito di un subappalto, ha dichiarato la cessazione della materia del contendere, per avere l’opponente introdotto un giudizio ordinario nei confronti della stazione appaltante RAGIONE_SOCIALE.p.a., condannando la stessa opponente alla rifusione delle spese di lite sostenute dalla curatela in virtù del principio di soccombenza virtuale.
Il giudice di merito, dopo aver affermato che il decreto di esecutività dello stato passivo era stato regolarmente comunicato all’opponente – il cui diritto di difesa non è stato in alcun modo pregiudicato – ha ritenuto che la RAGIONE_SOCIALE non aveva fornito prova del credito, non essendo, all’uopo, sufficiente il contratto e le fatture, rilevanti solo in un giudizio a cognizione sommaria.
Il Tribunale ha, altresì, osservato che gli estratti notarili delle scritture contabili erano stati tardivamente depositati, né poteva ritenersi sufficiente il deposito tempestivo dell’estratto dei libri autenticato da un commercialista.
Infine, ha evidenziato che il riconoscimento di debito invocato dal ricorrente non era tale, provenendo da un soggetto estraneo al giudizio.
Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE affidandolo a tre motivi. La curatela del fallimento RAGIONE_SOCIALE ha resistito in giudizio con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato le memorie ex art. 380 bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare, la ricorrente ha dedotto che avverso il provvedimento di estinzione, pronunciato in sede di opposizione ex art. 98 L.F., è stato depositato un reclamo innanzi al collegio ex art. 308 c.p.c. Trattasi di comunicazione non tradotta in un motivo di ricorso e come tale irrilevante.
Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 97 L.F., 24 Cost., 115 c.p.c.
Censura la ricorrente l’irregolarità della prima comunicazione (effettuata in data 6.4.2016) del decreto di esecutività dello stato passivo, in quanto priva dell’esplicita indicazione dell’esito della domanda. La ricorrente deduce che la curatela le ha inviato l’esito della domanda solo in data 6.5.2016, giorno ultimo per la presentazione dell’opposizione, con conseguente violazione del diritto di difesa.
Il motivo è inammissibile.
Va osservato che la ricorrente ha impugnato la statuizione con cui il giudice dell’opposizione ha ritenuto la sua soccombenza virtuale, intendendo dimostrare che, a torto, il giudice a quo ha ritenuto non provato il suo diritto di credito.
Avuto riguardo alla ratio decidendi del provvedimento impugnato -che non contiene una statuizione di inammissibilità del ricorso per tardività -ma una valutazione di merito sulla soccombenza, non vi è dubbio che la censura con cui viene lamentata la violazione del diritto di difesa, peraltro del tutto aspecifica (non essendo stato neppure indicato il pregiudizio subito) sia del tutto inidonea ad aggredire tale ratio .
Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 93 L.F., 115 c.p.c.
Lamenta la ricorrente che il giudice di primo grado, nell’accertare l’esistenza del credito, non ha valutato il contratto di subappalto, le determine autorizzative, gli ordini di servizio, i fogli lavori. Rileva, inoltre, che l’esistenza del credito non è mai stata contestata, potendosi leggere, sul punto, ogni atto difensivo.
Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. sul riconoscimento del credito e la mancata contestazione.
La ricorrente contesta il decreto impugnato per non aver valutato correttamente l’avvenuto riconoscimento del credito ed espone che nel ricorso per decreto ingiuntivo richiesto dalla curatela nei confronti della stazione appaltante sono stati richiesti a quest’ultima gli importi relativi alle fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE.
La curatela non ha quindi contestato di aver preteso dalla stazione appaltante il credito da subappalto della RAGIONE_SOCIALE e di averne incamerato l’integrale pagamento.
Il secondo ed il terzo motivo, da esaminare unitariamente in relazione alla stretta connessione delle questioni trattate, sono inammissibili.
Va, in primo luogo, osservato che la ricorrente, con l’apparente doglianza delle violazioni di legge, non fa altro che sollecitare una diversa ricostruzione dei fatti ed una differente valutazione del materiale probatorio rispetto a quelle operate dal giudice di primo grado.
Le censure sono, inoltre, palesemente aspecifiche, lamentando genericamente la mancata valutazione del contratto di subappalto, delle determine autorizzative, degli ordini di servizio, dei fogli lavori senza precisarne, però, nel dettaglio, il contenuto.
La ricorrente, inoltre, allega, inammissibilmente, circostanze di cui non vi è traccia nel decreto impugnato (come l’avvenuta proposizione da parte della curatela di un ricorso per decreto ingiuntivo nei confronti della stazione appaltante con cui sarebbe
stato richiesto il credito da subappalto di cui è causa) e che neppure deduce di aver sottoposto all’esame del giudice di merito. Infine, parimenti inammissibile è la dedotta violazione del principio di non contestazione ex art. 115 c.p.c.
Questa Corte ha più volte affermato che, ove con il ricorso per cassazione si ascriva al giudice di merito di non avere tenuto conto di una circostanza di fatto che si assume essere stata “pacifica” tra le parti, il principio di autosufficienza del ricorso impone al ricorrente di indicare in quale atto sia stata allegata la suddetta circostanza, ed in quale sede e modo essa sia stata provata o ritenuta pacifica (Cass. 10761/2022).
La ricorrente non ha adempiuto a tale onere di allegazione.
In ogni caso, va osservato che questa Corte (Cass. 8 agosto 2017, n. 19734; Cass. 12973/2018; Cass. 6 agosto 2015, n. 16554) ha più volte enunciato il principio secondo cui la non contestazione, che pure ha rilievo rispetto alla disciplina previgente quale tecnica di semplificazione della prova dei fatti dedotti, non comporta affatto l’automatica ammissione del credito allo stato passivo solo perché non sia stato avversato dal curatore (o dai creditori eventualmente presenti in sede di verifica), competendo al giudice delegato (e al tribunale fallimentare) il potere di sollevare, in via ufficiosa, ogni sorta di eccezioni in tema di verificazione dei fatti e delle prove; così, l’accertamento sull’esistenza del titolo vantato nei confronti del fallimento, e dedotto in giudizio, deve essere dunque compiuto dal giudice ex officio in ogni stato e grado del processo, nell’ambito proprio di ognuna delle sue fasi, in base alla risultanze rite et recte acquisite, nei limiti in cui tale rilievo non sia impedito o precluso in dipendenza di apposite regole.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in € 6.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 13.3.2025