Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23074 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23074 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31495/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in Roma, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME Giovanni (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE ,
-controricorrente-
Avverso il decreto del Tribunale di Castrovillari n. 8245/2019 depositato il 20/09/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 Il Tribunale di Castrovillari, con provvedimento del 20/9/2019, rigettava l’opposizione proposta da RAGIONE_SOCIALE (di seguito denominata per brevità ‘AST’) al decreto di esecutività dello stato passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE che aveva escluso dal passivo il credito, insinuato in via chirografaria, della somma di € 414.813,61, derivante da forniture di servizi informativi e relativa assistenza, effettuate in favore di RAGIONE_SOCIALE e delle quali rispondeva, in solido, RAGIONE_SOCIALE in qualità di cessionaria del ramo d’azienda ed assuntrice dei debiti della cedente.
2.1 A fondamento del provvedimento reiettivo della domanda di ammissione al passivo, il Tribunale ribadiva la mancanza di data certa della documentazione allegata al ricorso (fatture, DDT, PEC e raccomandate) e la inopponibilità al fallimento delle fatture e del registro Iva in quanto, secondo il costante orientamento della Cassazione, gli artt. 2709 e 2710 c.c., che conferiscono efficacia probatoria tra imprenditori per i rapporti inerenti all’esercizio di impresa, non trovano applicazione nei confronti del Fallimento; né, a giudizio del Tribunale, poteva assumere valore di confessione l’inserimento di RAGIONE_SOCIALE nell’elenco dei creditori predisposto dal RAGIONE_SOCIALE, ed allegato alla domanda di ammissione di quest’ultima al concordato preventivo.
2.2. Il Tribunale, infine, riteneva l’espletata prova per testi inidonea a fornire utili elementi circa la stipula del contratto di fornitura anteriormente al Fallimento.
3 RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione del decreto affidandolo a due motivi; il Fallimento ha svolto difese con
contro
ricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art 380bis1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 99, comma 2°, l.fall. 245, 257 e 345 n. 3 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1° n. 2 e 4 , c.p.c. ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360, comma 1 n. 5, c.p.c.; sostiene la ricorrente che il Tribunale abbia erroneamente respinto la richiesta di acquisizione del verbale della prova testimoniale di NOME COGNOME assunta nel giudizio di opposizione allo stato passivo promosso dal AST nel collegato Fallimento di RAGIONE_SOCIALE (società che aveva ceduto il ramo d’azienda ad RAGIONE_SOCIALE) in quanto, contrariamente all’assunto dei giudici circondariali, non era possibile produrre insieme al ricorso in opposizione allo stato passivo, risalente al 2018, il verbale di assunzione della prova orale di NOME COGNOME nel giudizio di opposizione allo stato passivo RAGIONE_SOCIALE relativo all’udienza del 25/6/2019.
1.1 Evidenzia la ricorrente che la testimonianza resa dal teste COGNOME (che era stato peraltro indicato come teste anche nel giudizio ex art. 98 l.fall. conclusosi con l’impugnato decreto ma non era stato chiamato a deporre a causa della riduzione della lista disposta dal Tribunale) avrebbe sicuramente confermato le ragioni creditorie di AST ed avrebbe, conseguentemente, indotto il Tribunale ad una diversa valutazione delle risultanze istruttorie.
1.2 Si duole, altresì, la ricorrente del mancato accoglimento da parte del Tribunale dell’istanza di revoca dell’ordinanza collegiale del 27/3/2019 (con la quale ai sensi dell’art 245 , comma 1° c.p.c., si era proceduto alla riduzione della lista dei testimoni) in quanto ingiusta, anche con riferimento al numero di testi esclusi
(sette su nove) e lesiva del diritto alla prova testimoniale in un settore del contenzioso fallimentare caratterizzato da gravi e rigide preclusioni e limitazioni probatorie.
Il motivo è infondato in tutte le sue articolazioni.
2.1 L’art. 99 l. fall., comma 2° n. 4 , prevede che « il ricorso deve contenere…a pena di decadenza, le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio, nonché specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti ».
Dunque, in materia di opposizione allo stato passivo fallimentare, nel regime riformato, il ricorrente deve produrre i documenti di cui intenda avvalersi nel termine stabilito, a pena di decadenza, dalla l. fall., art. 99, comma 2, n. 4, la cui inosservanza è rilevabile di ufficio inerendo a materia sottratta alla disponibilità delle parti (cfr. Cass. n. 25174/2015 e 15037/2016).
2.2 Nel caso in esame l’opponente ha chiesto l’acquisizione del verbale della prova per testi espletata in altro procedimento con parti diverse nel corso del giudizio di opposizione e, quindi, tardivamente; la circostanza – dedotta dalla ricorrente – della formazione della prova, della quale è stata chiesta la produzione del verbale, nelle more del giudizio di opposizione allo stato passivo non rileva atteso che il teste COGNOME indicato nella lista testi dell’opponente, ben poteva essere scelto tra i due testi da citare. La riduzione delle liste testimoniali sovrabbondanti costituisce un potere tipicamente discrezionale del giudice di merito (non censurabile in sede di legittimità) (cfr. Cass.9551/2009 e 6361/2000).
2.3 Il Collegio di merito ha spiegato, in maniera esauriente, le ragioni per le quali ha ritenuto non sussistenti i presupposti della revoca dell’ordinanza di riduzione della lista testimoniale : sia perché parte ricorrente « avrebbe potuto intimare la comparizione di tale teste dinanzi al giudice istruttore », sia perché « l’adozione di siffatto provvedimento risulterebbe inconciliabile con le esigenze di
celerità che contraddistingue il giudizio di opposizione allo stato passivo ».
3 Il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 99, comma 2° n 4, l.fall., 2704 c.c. 115 e 116 c.p.c. e omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, per avere il Tribunale disconosciuto l’anteriorità al fallimento della copiosa documentazione prodotta con riferimento allo scambio dei contratti di cui alle comunicazioni pec del 27/06/2017 e alle ricevute di consegna della Racc.ta Ar. con la quale RAGIONE_SOCIALE aveva inviato l’originale dell’ addendum sottoscritto da RAGIONE_SOCIALE (poi divenuta RAGIONE_SOCIALE).
La ricorrente contesta anche la valutazione delle deposizioni dei testi escussi.
4 Il motivo è inammissibile.
4.1 Il Tribunale, dopo aver esaminato la documentazione versata in atti, ritenuta, con accertamento in fatto, non munita di data certa opponibile al fallimento, ha giudicato le prove testimoniali assunte inidonee a fornire la prova dell’anteriorità al fallimento del rapporto contrattuale dedotto dalla ricorrente in quanto i testi « nulla hanno saputo riferire con riferimento alla data di conclusione del contratto, al contenuto dello stesso, alle modifiche e integrazioni negoziali intervenute tra le parti e all’entità del credito vantato dall’odierna opponente ».
3.2 Le censure si risolvono, nonostante il richiamo all’art. 360, comma 1°, n. 5 c.p.c., nella sollecitazione di una nuova valutazione degli elementi acquisiti agli atti, non consentita a questa Corte, alla quale non spetta il compito di riesaminare il materiale probatorio, ma solo quello di verificare la correttezza giuridica e la coerenza logica dell’apprezzamento compiuto dal giudice di merito, cui sono demandati in via esclusiva l’individuazione delle fonti del proprio convincimento, il controllo della loro attendibilità e concludenza e la scelta, tra le complessive risultanze del processo, di quelle ritenute
maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (cfr. ex plurimis, Cass. 331/2020, 19547/2017 e 25608/2013).
Non può, invero, consentirsi che una simile doglianza sia mascherata dai riferimenti agli artt. 115 e 116 c.p.c. La violazione dell’art. 115 c.p.c. rileva nella distinta condizione in cui il giudice abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli; la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammessa solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova, non abbia operato secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce a una differente risultanza probatoria (come per es. il valore di prova legale), o al contrario non abbia osservato la specifica regola di valutazione di una prova così stabilita dalla legge; non mai invece ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova (cfr. risolutivamente Cass. Sez. U n. 20867/20).
Il ricorso è, quindi, rigettato.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano in € 11.200 di cui € 200 per esborsi, oltre Iva Cap e rimborso forfettario.
Dà atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del d.P.R. del 30.05.2002, n.115, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello per il ricorso, se dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella Camera di Consiglio tenutasi in data 25 giugno