Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3864 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3864 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 15/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
COGNOME e NOME COGNOME , rappresentati e difesi da ll’ Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME, in Roma, INDIRIZZO
-ricorrenti-
Contro
RAGIONE_SOCIALE e per essa quale mandataria per la gestione del credito, RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso il suo studio sito in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
Nonché
Oggetto: Mutuo
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli Avv.ti Prof. NOME COGNOME, NOME COGNOME, prof. NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME del Foro di Milano e NOME COGNOME del Foro di Roma.
-controricorrente –
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Genova n. 700/2023 pubblicata il 14.6.2023, notificata l’8 .8.2023.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del l’8.1.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .-Con atto di citazione notificato in data 05.03.2018, COGNOME e NOME proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 114/2018 del 13.2.2018 emesso dal Tribunale di Savona, chiedendone la revoca in ragione della prescrizione del credito vantato e, comunque, della nullità e/o annullabilità del contratto da cui lo stesso era derivato (apertura di credito ipotecaria).
─ il Tribunale di Savona revocava il decreto ingiuntivo opposto e condannava COGNOME e NOME a pagare a parte opposta € 78.693,88 oltre interessi di cui alla domanda.
─ COGNOME COGNOME e NOME proponevano gravame dinanzi la Corte di Appello di Genova che, con la sentenza qui impugnata, ha rigettato l’appello .
─ COGNOME e NOME hanno proposto ricorso per cassazione con due motivi ed hanno depositato memoria.
Unicredit s.p.aRAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE per RAGIONE_SOCIALE hanno notificato controricorso.
-Il Consigliere delegato ha proposto la definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c. per inammissibilità del ricorso.
Con istanza del 21.5.2024 i ricorrenti hanno chiesto la fissazione di udienza in camera di consiglio conferendo specifica procura alle liti.
RAGIONI DELLA DECISIONE
6. ─ La proposta ha il tenore che segue:
«Il ricorso contiene i seguenti motivi.
Primo motivo. In relazione all’art. 360 comma 1, n. 4 c.p.c.: violazione e/o falsa applicazione di diritto, in particolare nullità del provvedimento, per omissione di requisito di cui all’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4 (esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione), in combinato disposto con l’art. 118, 1° comma, disp. att. c.p.c., l’art. 156, comma 2 c.p.c. e l’art. 111 Costituzione motivazione inesistente o contraddittoria o apparente -omesso effettivo esame del secondo e terzo motivo di appello ed esposizione di motivazione inerente questioni di fatto e diritto non attinenti alla fattispecie concreta.
Secondo motivo. In relazione all’art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c.: violazione e/o falsa applicazione di diritto, in particolare dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c., avendo la Corte d’Appello omesso di dichiarare inidoneo per la prova del credito un documento creato dal creditore/attore sostanziale e specificatamente contestato ex art. 115 c.p.c. dal debitore/convenuto sostanziale (mera stampa interna ex post prodotta dalla Banca in sostituzione degli estratti conto, mai allegati).
T erzo Motivo. In relazione all’art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c.: violazione e/o falsa applicazione di diritto, in particolare dell’art. 112 c.p.c. e del c.d. principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato – omessa statuizione in merito alla violazione della legge 108/1996 e dell’art. 644 c.p. usura pattizia del conto corrente ordinario.
Quarto Motivo. In relazione all’art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c.: violazione e/o falsa applicazione di diritto, in particolare degli artt. 92 e ss c.p.c..
Ritenuto che:
Il ricorso è palesemente inammissibile.
È palesemente inammissibile il primo mezzo.
I ricorrenti sostengono che la sentenza impugnata sarebbe radicalmente carente di motivazione, poiché la Corte d’appello non avrebbe risposto alla censura ad essa proposta, incentrata sul rilievo che la banca « ha prodotto documenti contestati, ‘in surroga’ degli estratti conto corrente (evidentemente non nella disponibilità dell’istituto), con le memorie ex art. 183 comma VI c.p.c. … I ricorrenti non hanno contestato la produzione tardiva in sede di CTU, ma l’ut ilizzo di documenti non opponibili e contestati sin dalla prima difesa »: sicché il giudice di merito avrebbe frainteso la censura, richiamando giurisprudenza concernente i poteri di acquisizione documentale del consulente tecnico d’ufficio.
Ma siffatta censura non è in effetti correlata alla ratio decidendi che sostiene la decisione impugnata, la quale si riassume in ciò, che l’ausiliare aveva scrutinato e ritenuto idonea a comprovare il credito della banca la documentazione da quest’ultima prodotta: e tale valutazione la Corte d’appello ha recepito. E cioè la Corte d’appello ha dapprima correttamente ricostruito il contenuto del secondo e terzo mezzo spiegati dinanzi ad essa: « Per quanto attiene al secondo e terzo motivo, che possono essere esaminati congiuntamente poiché connessi ed aventi ad oggetto le reiterate contestazioni da parte appellante sull’idoneità della documentazione bancaria prodotta a sostenere la domanda dalla medesima azionata in sede monitoria », per poi aggiungere che il consulente tecnico d’ufficio aveva ritenuto che la documentazione in suo possesso forse idonea alla ricostruzione dei rapporti di dare ed avere tra le parti: « appare sufficiente ricordare che il C.T.U., nell’adempiere l’incarico affidatogli
in primo grado ed anche in questa sede, ha espressamente elencato la documentazione bancaria a sua disposizione senza rilevare alcuna lacuna che gli impedisse di procedere esaustivamente alle ricostruzioni contabili poi motivatamente ed analiticamente svolte ». D’altronde, si tratta di pronuncia conforme alla giurisprudenza di questa Corte, la quale ha già chiarito che la produzione della totalità degli estratti conto non è ineluttabilmente necessaria e che il giudice: « 1) ben può valorizzare altra e diversa documentazione, quale esemplificativamente, e senza alcuna pretesa di esaustività, le contabili bancarie riferite alle singole operazioni, oppure, giusta gli artt. 2709 e 2710 cod. civ., le risultanze delle scritture contabili …, ove il c.t.u. eventualmente nominato per la rideterminazione del saldo del conto ne disponga nel corso delle operazioni peritali, spettando, poi, al giudice predetto la concreta valutazione di idoneità degli estratti da ultimo a dar conto del dettaglio delle movimentazioni debitorie e creditorie …, oppure … anche la stampa dei movimenti contabili risultanti a video dal data base della banca, ottenuta dal correntista avvalendosi del servizio di home banking, se non contestata in modo chiaro, circostanziato ed esplicito dalla banca quanto alla sua non conformità a quanto evincibile dal proprio archivio (cartaceo o digitale); ii) parimenti, può attribuire rilevanza alla condotta processuale delle parti e ad ogni altro elemento idoneo a costituire argomento di prova, ai sensi dell’art. 116 » (Cass. 17 gennaio 2024, n. 1763).
In breve, la mancanza degli estratti conto può essere supplita da elementi istruttori diversi, la valutazione della cui efficacia probatoria è rimessa al giudice di merito, valutazione che la Corte d’appello ha svolto e che in fin dei conti i ricorrenti ha nno inammissibilmente inteso rimettere in discussione in questa sede.
4.2. – Anche il secondo mezzo è palesemente inammissibile.
Una violazione dell’articolo 2697 c.c., nel caso di specie non è neppure in astratto predicabile, dal momento che il giudice di merito
non ha deciso la causa in applicazione del principio dell’onere della prova, actore non probante reus absolvitur , e cioè non ha giudicato soccombente la parte che non aveva provato quanto posto al suo carico dalla norma, ma ha ritenuto probante il materiale istruttorio disponibile.
Parimenti fuor d’opera è il richiamo all’articolo 115 c.p.c., giacché, come è noto, per dedurre la violazione dell’articolo 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio (tra le innumerevoli Cass., Sez. Un., 30 settembre 2020, n. 20867). Insomma, anche in questo caso si tratta di censura totalmente versata in merito e trasversalmente volta a rimettere in discussione l’accertamento operato con doppia conforme in sede di merito.
Il terzo mezzo è spiegato contro l’evidenza.
Si assume infatti che il giudice di merito non avrebbe pronunciato sulla questione dell’usura concernente il contratto di finanziamento, quantunque si legga nella sentenza impugnata: ‘ Non solo ma ‘ In relazione al contratto di finanziamento ipotecario del 26 Aprile 2001, il tasso di interesse corrispettivo previsto in contratto alla data di sua stipula, determinato sommando il tasso euribor /365 a 1 mese, dall’ultimo giorno del mese di marzo 2001, arrotondato allo 0,10% superiore (4,70%), è una componente fissa del 1,75%, è pari al 6,45% mentre il tasso di interesse di mora è del 8,45% (ottenuto maggiorando di due punti percentuali il tasso di interesse corrispettivo). Anche in questo caso il TEG rilevato (sia inserendo o meno la mora) non ha superato il tasso soglia del periodo, pari al 15,57% e quindi non si è reso necessario applicare la maggiorazione di 2,1 punti percentuali in punto di interessi di mora previsti dalla sentenza n. 19.597/2020…’ ‘ .
Nuovamente la censura sottopone alla Corte di cassazione la revisione del giudizio di merito operato dalla Corte d’appello, richiedendo di valorizzare un passaggio del contratto di finanziamento in cui si fa riferimento ad un tasso al 15,75%, considerato dai fini dell’iscrizione ipotecaria, dicitura che già il primo giudice aveva valutato insignificante: ed invero, come è noto, il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico formale, nei limiti in cui detto sindacato è tuttora consentito dal vigente numero 5 dell’articolo 360 c.p.c., delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro egli elementi acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. 4 agosto 2017, n. 19547; Cass. 4 novembre 2013 n. 24679; Cass. 16 novembre 2011, n. 27197; Cass. 6 aprile 2011, n. 7921; Cass. 21 settembre 2006, n. 20455; Cass. 4 aprile 2006, n. 7846; Cass. 9 settembre 2004, n. 18134; Cass. 7 febbraio 2004, n. 2357). Né il giudice del merito, che attinga il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, è tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (ad es.: Cass. 4 luglio 2017, n. 16467; Cass. 23 maggio 2014, n. 11511; Cass. 7 gennaio 2009, n. 42; Cass. 17 luglio 2001, n. 9662)».
-I rilievi svolti nella nominata proposta meritano condivisione.
Si possono aggiungere le seguenti considerazioni.
Con il secondo e terzo motivo di appello parte ricorrente aveva formulato censure quanto alla prova del credito azionato dalla banca.
La Corte ha osservato, al riguardo, che il CTU non aveva rilevato «alcuna lacuna che impedisse di procedere esaustivamente alle ricostruzioni contabili poi motivatamente ed analiticamente svolte». Questa motivazione si pone oltre la soglia del « minimo costituzionale », né la correttezza della motivazione può vagliarsi prendendo in considerazione il contenuto dei documenti prodotti. E’ , infatti, denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass., Sez. U., nn. 80538054/2014; Cass., n. 7090/2022; Cass., n. 22598/2018). Questa Corte reputa del resto insindacabile la valorizzazione o la mancata valorizzazione, da parte del giudice del merito, di talune risultanze: così Cass., n. 10293/2023 ha ritenuto non sindacabile la sentenza di merito che, con l’ausilio di un C.T.U., aveva ricavato dagli estratti scalari le movimentazioni debitorie e creditorie.
Sul secondo motivo di ricorso, parte ricorrente lamenta che la decisione sia basata su documenti provenienti dalla stessa parte che se ne vuole avvalere. Il passaggio della motivazione censurato non contiene alcuna precisa menzione dell’utilizzo di documenti siffatti: in ogni caso, si è nel campo del libero apprezzamento delle prove (perfino le dichiarazioni rese pro se dall’interrogando nel corso dell’interrogatorio formale possono essere apprezzate dal giudice: Cass., n. 24799/2024) e nulla si oppone a che la ricostruzione del conto si attui attraverso risultanze provenienti dalla banca (cfr. ad es. Cass. n. 10293/2023, che ha ritenuto non sindacabile la sentenza di merito che, con l’ausilio di un c.t.u., aveva ricavato dagli estratti scalari le movimentazioni debitorie e creditorie).
8.Per quanto esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo. Per essere stato il presente
giudizio definito conformemente alla proposta ex art. 380-bis c.p.c., trovano applicazione le previsioni di cui al comma 3 e al comma 4 dell’art. 96 c.p.c .
P.Q.M .
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti, in favore di ciascuna controricorrente, al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in € 6.000 per compensi e € 200 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge; condanna altresì i ricorrenti al pagamento dell’ulteriore somma di € 6.000 nei confronti di ciascuna controricorrente; condanna i ricorrenti al pagamento di € 2.500 in favore della Cassa delle ammende; ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione