Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 33924 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 33924 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/12/2024
Oggetto: contratti
bancari
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14118/2023 R.G. proposto da:
COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE, RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (C.F. NUMERO_DOCUMENTO), in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dall’Avv. NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE, in virtù di procura speciale allegata al ricorso, elettivamente domiciliate presso l’ indirizzo PEC del difensore
-ricorrenti – contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, già RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE e P.IVA P_IVA rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOMEC.F.: CODICE_FISCALE in virtù di procura speciale allegata al controricorso, elettivamente domiciliata presso l’indirizzo PEC del difensore
-controricorrente -nonché nei confronti di
COGNOME NOME (Cod. Fisc.: MNN CODICE_FISCALE
-intimato – avverso la sentenza della Corte di Appello di Ancona n. 615/2023, pubblicata il 12 aprile 2023, notificata il 20 aprile 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 dicembre 2024 dal Consigliere Relatore NOME COGNOME .
RILEVATO CHE
La società RAGIONE_SOCIALE e i soci COGNOME COGNOME e COGNOME NOME hanno separatamente proposto opposizione al decreto ingiuntivo del Tribunale di Pesaro, provvisoriamente esecutivo, richiesto da Banca di Credito Cooperativo di Gradara SocRAGIONE_SOCIALE contestandosi il credito della banca e la validità delle fideiussioni; il COGNOME ha chiesto accertarsi l’apocrifia delle sottoscrizioni apposte alle fideiussioni rilasciate in favore della società RAGIONE_SOCIALE
Il Tribunale di Pesaro, previa riunione dei giudizi, ha rigettato le opposizioni.
La Corte di Appello di Ancona, con la sentenza qui impugnata, previo esperimento di CTU grafologica, ha accolto l’appello del COGNOME, rigettando nel resto l’appello . Ha ritenuto il giudice di appello -per quanto qui ancora rileva -legittima l’emissione del decreto ingiuntivo sulla base dell’estratto conto dell’ultimo semestre, alla luce della complessiva documentazione prodotta in giudizio, idonea a corroborare
il carattere meramente indiziario dell’estratto conto semestrale, ritenendo inammissibile per novità la censura di omessa prova dell’entità del credito complessivo della banca. Ha, poi, ritenuto legittima la capitalizzazione infrannuale di interessi a debito, pattuita e applicata con reciprocità anche agli interessi a credito, nonché legittima la commissione di massimo scoperto, in quanto espressamente pattuita in relazione a due linee di credito (apertura di credito e anticipazione s.b.f.); nonché (ancora), legittimo l’addebito degli interessi in misura ultralegale in quanto oggetto di specifica pattuizione. Sono, poi, state ritenute inammissibili le ulteriori censure rispetto alla variazione dei giorni di valuta e alla natura usuraria dei tassi di interesse ed è stata ritenuta irrilevante nel caso di specie la dedotta nullità delle clausole di deroga all’art. 1457 cod. civ.
Hanno proposto ricorso per cassazione la società e la socia COGNOME affidato a quattro motivi, cui ha resistito con controricorso la banca. L’intimato COGNOME non si è costituito in giudizio.
E’ stata emessa proposta di definizione accelerata, opposta dai ricorrenti, i quali hanno depositato memoria. Il controricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o violazione degli artt. 115, 116 cod. proc. civ. degli artt. 633 e 634 cod. proc. civ . e dell’art. 50 d.lgs. n. 385/1993 (TUB), nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto l’idoneità della prova scritta ai fini dell’emissione del decreto monitorio. Osservano i ricorrenti che l’estratto conto di cui all’art. 50 TUB non sarebbe fonte di prova per ricostruire il saldo debitore e che, in ogni caso, sarebbe mancata nel giudizio a cognizione ordinaria la produzione da parte della banca di estratti conto in forma integrale.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115, 116 cod. proc. civ., nella parte in cui il giudice di appello non ha disposto l’esibizione in giudizio ex art. 210 cod. proc. civ. di tutta la documentazione della banca, né ha disposto CTU contabile. Osservano i ricorrenti che la banca deve provare l’esistenza del credito allegando tutta la documentazione e che l’ordine di esibizione , come anche la CTU contabile, sarebbero risultate idone e a ricostruire l’andamento del conto corrente e il corretto rapporto dare-avere.
C on il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. violazione e/o falsa applicazione dell’art. 345 cod. proc. civ., nonché degli artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ. nonché, in rela zione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto nuova la contestazione relativa alla mancata prova da parte della banca dell’esistenza del credito sin dal primo grado giudizio , laddove sin dal primo grado il giudizio di opposizione sarebbe stato incentrato sulla dedotta inesistenza del credito della banca.
C on il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma. n. 3 cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2 comma 2 l. n. 287/1990, del provvedimento della B anca d’ Italia n. 55 del 02 maggio 2005, dell’art. 1419 , primo comma, cod. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto non applicabile nel caso di specie la nullità delle fideiussioni, benché le relative clausole fossero state redatte in conformità a intese tra istituti di credito vietate in quanto lesive della concorrenza. Osservano i ricorrenti che la nullità delle fideiussioni, in quanto conformi a intese tra istituti di credito, sono nulle nella loro interezza e non solo parzialmente in relazione ad alcune clausole, il che avrebbe in ogni caso precluso alla banca di rivalersi sui fideiussori e, in particolare, sulla socia ricorrente.
La proposta di definizione accelerata del Consigliere Delegato ha concluso per l’inammissibilità del primo motivo, in quanto nel giudizio di opposizione rileva solo la prova a fondamento del credito e non anche quella a fondamento del decreto monitorio, nonché per non avere colto la ratio decidendi della sentenza impugnata; sono, poi, stati ritenuti inammissibili gli ulteriori motivi per contrasto con gli accertamenti in fatto compiuti dal giudice di appello, nonché per genericità della richiesta dell’or dine di esibizione in giudizio, ritenendo infine inammissibile l’ultimo motivo.
Il Collegio condivide la proposta del Consigliere Delegato. Il primo motivo è inammissibile in quanto -assorbendosi conseguentemente l’esame dell’eccezione di inammissibilità del controricorrente -parte ricorrente non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, avendo il giudice di appello fondato la decisione non solo sull’estratto conto ma anche su altri documenti , ritenuti idonei a comprovare i fatti costitutivi del credito già azionato in via monitoria. In ogni caso, le deduzioni di parte ricorrente circa la non pregnanza dell’ulteriore documentazione prodotta in giudizio sono inammissibili, in quanto impingono nella rivalutazione degli elementi di prova, già valutati dal giudice di appello ai fini della decisione, valutazione che spetta al giudice del merito ed è incensurabile in sede di legittimità.
Quanto al secondo motivo, va rigettata la preliminare eccezione di inammissibilità del controricorrente, in quanto il motivo non è stato articolato in base alla censura di cui all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. ma sulla base del cattivo od omesso esercizio di poteri istruttori da parte del giudice di appello.
Il secondo motivo è, tuttavia, infondato, posto che l’emanazione dell’ordine di esibizione rientra tra i poteri istruttori discrezionali del giudice, tanto che la valutazione di indispensabilità di tale strumento non deve essere neppure esplicitata, per cui il relativo esercizio è
svincolato da ogni onere di motivazione e l’eventuale provvedimento di rigetto non è sindacabile in sede di legittimità, neppure sotto il profilo del difetto di motivazione, trattandosi di strumento istruttorio residuale, utilizzabile soltanto quando la prova dei fatti non possa in alcun modo essere acquisita con altri mezzi e l’iniziativa della parte istante non abbia finalità esplorativa (Cass., n. 27412/2021). Il che discende dal principio dispositivo e dalla distribuzione del l’onere della prova ; l’ ordine di esibizione disposto dal giudice va inteso in senso restrittivo e va emesso nel caso in cui una parte non possa essa stessa procurarsi i documenti oggetto di richiesta di esibizione (Cass., n. 18152/2020). Analogamente, anche la CTU costituisce strumento rimesso alla valutazione del giudice del merito, esercizio del potere discrezionale ed officioso del giudice del merito (Cass., n. 15219/2007; Cass., n. 326/2020).
Il terzo motivo è inammissibile sia in relazione al disposto dell’art. 360, quarto comma, cod. proc. civ. (cd. doppia conforme ), sia in relazione al fatto che la censura di parte ricorrente non investe una vera e propria ratio decidendi della sentenza impugnata, avendo la Corte di appello ritenuto sussistente in fatto il credito della banca .
Il quarto motivo è parimenti inammissibile, in quanto parte ricorrente non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, incentrata sulla mancata allegazione di deduzioni da parte degli originari opponenti in base alle quali la dedotta nullità non sarebbe rilevante nel caso di specie (« la relativa nullità sarebbe però del tutto ininfluente ai fini dell’odierno decidere, posto che gli appellanti non hanno affatto dedotto neppure in conclusionale la ricorrenza, nella fattispecie che occupa, delle co ndizioni per l’applicabilità in concreto di tali clausole nulle »), statuizione non oggetto di specifica censura.
La memoria non offre ulteriori utili spunti di discussione. Il ricorso va, pertanto, rigettato in conformità alla proposta di definizione
accelerata, con condanna alle spese liquidate come da dispositivo e raddoppio del contributo unificato. La condanna alle somme di cui al terzo comma dell’art. 96 cod. proc. civ. consegue alla conferma della proposta di definizione accelerata, quantificata in via equitativa in relazione alla liquidazione delle spese legali (Cass., Sez. U., 28 novembre 2022, n. 32001; Cass., n. 34693/2022), come da dispositivo, così come viene equitativamente determinata la somma di danaro di cui al quarto comma del medesimo articolo, anch’essa come da dispositivo.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, che liquida in complessivi € 7.600,00, oltre € 200,00 per esborsi, 15% per rimborso forfetario e accessori di legge; condanna, altresì, i ricorrenti al pagamento dell’importo di € 7.600,00 a termini dell’art. 96, terzo comma cod. proc. civ., nonché all’importo ulteriore di € 2.500,00 in favore della Cassa delle Ammende; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 6 dicembre 2024