Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 26586 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 26586 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26873/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in roma INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME A.G.
-controricorrente-
nonchè contro
COGNOME NOME COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, domiciliati ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
GERARDO NOME COGNOME
-controricorrenti-
nonchè contro
NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME -controricorrente-
nonchè contro
COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO, COGNOME NOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO POTENZA n. 420/2020 depositata il 16/07/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.- La Corte di Appello di Potenza ha riformato la sentenza con cui il locale Tribunale ha respinto l’opposizione al decreto ingiuntivo -ottenuto dall’originaria creditrice Banca Mediterranea s.p.a. per il pagamento della somma dovuta a titolo di saldo negativo di conto corrente e di residuo finanziamento in ECU -proposta dalla debitrice principale, RAGIONE_SOCIALE (nelle more del giudizio posto in liquidazione coatta amministrativa), e dai fideiussori NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, e NOME COGNOME.
2.La Corte d’Appello -dichiarata cessata la materia del contendere fra gli appellanti COGNOME e COGNOME -da una parte -e la RAGIONE_SOCIALE e per essa la mandataria RAGIONE_SOCIALE Spa
subentrata nella titolarità del credito azionato -dall’altra parte, ha accolto gli appelli proposti dagli altri appellanti chiamati quali garanti e per l’effetto ha revocato nei confronti dei medesimi il decreto ingiuntivo opposto, osservando, per quel che qui interessa:
a) con riguardo al contratto di finanziamento in ECU concesso con contratto del 13.12.93, ha escluso che lo stesso potesse considerarsi un rinnovo di quello precedentemente stipulato in data 28.8.1992 e che il medesimo fosse assistito dalla stessa garanzia fideiussoria rilasciata sempre in data il 28.8.1992 dal quale era assistito il primo contratto; ciò alla luce di molteplici differenze che emergevano dal confronto tra i due contratti di finanziamento cui doveva aggiungersi la considerazione del lasso temporale intercorso tra la scadenza del primo (28.8.1993) e la stipula del secondo (13.12.93) e della specifica previsione dell’art. 8 del primo, che prevedeva, ai fini del rinnovo, un’apposita procedura che evidentemente non era stata seguita poiché in quel caso il relativo accordo avrebbe dovuto perfezionarsi prima della scadenza naturale del contratto; essendo, quindi, quello concluso il 13.12.1993 un nuovo contratte di finanziamento e non un rinnovo di quello scaduto, sarebbe stata necessaria una specifica manifestazione per iscritto della volontà di prestare garanzia per il suo adempimento, non potendo valere la fideiussione già prestata per il precedente finanziamento e tantomeno poteva bastare agli effetti di considerare gli appellanti vincolati a siffatta garanzia, la delibera della società debitrice principale del 4.11.93, che – fermo il fatto che non aveva affatto offerto di riconfermare le garanzie fideiussorie concesse per il primo finanziamento – comunque mai avrebbe potuto valere come titolo costitutivo della garanzia in capo agli appellanti, potendo al più valere come promessa del fatto del terzo; parimenti irrilevante ha ritenuto la lettera della Banca Mediterranea del 5.11.93, con la quale -nel comunicare la concessione del nuovo finanziamento – la banca poneva come
condizione contrattuale non già il rinnovo delle fideiussioni già prestate, ma la «fideiussione specifica» dei componenti del CdA, condizione specifica che rendeva ancor più manifesto che non poteva ritenersi si fossero rinnovate -per effetto del nuovo contratto di finanziamento – le precedenti garanzie rilasciate.
b) con riguardo ai motivi d’appello attinenti al fido in conto corrente per l’importo di lire 600.000.000 concesso al RAGIONE_SOCIALE in data 14.4.1992 ed alla fideiussione omnibus in pari data rilasciata dagli appellanti, che, nel giudizio a cognizione piena che si instaura all’esito dell’opposizione a decreto ingiuntivo competeva alla banca l’onere della prova della sussistenza della pretesa creditoria, la quale banca, quindi, per fornire detta prova, avrebbe dovuto documentare l’intero andamento del rapporto di conto corrente fornendo il contratto e gli estratti conto, essendo irrilevanti a fini probatori le certificazioni notarili prodotte; del resto in nessun atto era mai stata formulata una domanda riconvenzionale di condanna ad eventuali somme che fossero risultate dovuto in seguito al giudizio di opposizione, essendosi l’opposta creditrice limitata sempre e solo a richiedere il rigetto dell’opposizione e la conferma del decreto opposto; sicché a nulla valeva che la banca avesse prodotto il contratto di fideiussione omnibus nonché quello di apertura di credito in pari data e gli estratti del conto corrente a partire dal 31 gennaio ’93, poiché già dal primo estratto conto prodotto si rilevava che a quella data il conto presentava un saldo passivo (già superiore alla soglia massima contrattuale della garanzia) della cui formazione però non vi era riscontro alcuno in atti; ha quindi concluso ritenendo insussistente la prova del preteso credito vantato dalla banca e che, pertanto a nulla valesse l’eccezione di quest’ultima in merito alla natura di contratto autonomo di garanzia della fideiussione omnibus prestata mancando la prova della consistenza del credito garantito.
3.- Avverso detta sentenza ha presentato ricorso la RAGIONE_SOCIALE in qualità di mandataria di RAGIONE_SOCIALE, denominazione assunta da RAGIONE_SOCIALE, già Unicredit Credit Management Bank s.p.a., affidandolo a tre motivi di cassazione. Hanno resistito, con controricorso NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME nella qualità di eredi di NOME COGNOME, oltre a NOME COGNOME e NOME COGNOME, i quali ultimi hanno altresì presentato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Va preliminarmente respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata con la memoria ex art. 378 c.p.c. da NOME COGNOME per carenza di legittimazione attiva della RAGIONE_SOCIALE, e quindi della RAGIONE_SOCIALE, in quanto non risulterebbe provata la cessione del credito oggetto di controversia poiché con la comparsa di intervento depositata nel giudizio di secondo grado la mandataria avrebbe prodotto «fotocopie irrituali e incomplete di gazzette ufficiali inidonee a fornire la prova dell’acquisizione del credito»: in sostanza reputa il resistente che la società ricorrente, già costituendosi nel giudizio di secondo grado, non avesse fornito la prova di essere titolare del diritto di credito posto a base dell’intervento.
Premesso, che si tratta in effetti di argomentazione che attiene, non alla «condizione dell’azione» asseritamente assente (la legitimatio ad causam, che si fonda sull’affermazione della parte di essere titolare del diritto di cui pretende tutela, la cui presenza deve essere sindacata dal giudice d’ufficio), bensì alla «effettiva titolarità del diritto invocato», dunque ad una questione di merito, si osserva che, se è vero che le contestazioni sulla titolarità attiva o passiva del rapporto controverso, avendo natura di mere difese, sono proponibili in ogni fase del giudizio e, ancorché non oggetto di contestazione dall’altra parte, sono rilevabili di ufficio se
risultanti dagli atti di causa (v. Sez. Un. n. 29251/16), tuttavia in sede di legittimità ciò può avvenire nei limiti della specificità di tale giudizio e del giudicato.
Ciò detto va rilevato che nella specie la parte qui ricorrente era già presente nel giudizio di merito d’appello essendovi intervenuta proprio nella qualità di cessionaria del credito che non risulta sia stata contestata; onde l’odierna contestazione di tale qualità (e quindi della titolarità del relativo rapporto obbligatorio oggetto di causa) postula un accertamento di merito precluso in questa sede di legittimità.
Il primo motivo denuncia « violazione e falsa applicazione degli artt. 115 comma 1, 116 comma 1 e 112 c.p.c., 1938 c.c. – Omessa insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’articolo 360 comma 1 n.3 c.p.c. Omessa considerazione della fideiussione omnibus rilasciata in data 14 Aprile ’92»
Reputa la ricorrente che la sentenza oggetto di gravame sia carente di motivazione in quanto « dalla sua lettura non si evince alcuna motivazione, né in fatto né in diritto, della mancata applicazione della fideiussione omnibus del 14.4.92 anche ai rapporti di finanziamento del 28.8.1992 e del 13.12.1993 », laddove, trattandosi di garanzia per ogni obbligazione in essere e futura tra il RAGIONE_SOCIALE e la Banca di RAGIONE_SOCIALEp.RAGIONE_SOCIALE, essa avrebbe garantito tutte le esposizioni del medesimo, tanto quella relativa al conto corrente bancario che quella relativa ai successivi finanziamenti in ECU, fino alla concorrenza dell’importo garantito; ove detta fideiussione fosse stata correttamente presa in considerazione la Corte d’appello avrebbe dovuto accertare un credito della banca verso i garanti pari all’intero importo garantito.
2.1 -Occorre premettere che la parte ricorrente non indica né quale fosse il perimetro di contestazione dei fatti allegati ex adverso , e, conseguentemente, quale fosse il thema decidendum
delineatosi all’esito del maturare delle preclusioni assertive nel giudizio di primo grado, né quali fossero le specifiche censure mosse nell’atto d’appello, il che vale a dire che il ricorso è al riguardo carente sia del requisito della chiara esposizione dei fatti di causa essenziali alla illustrazione dei motivi di ricorso, sia del requisito dell’autosufficienza, richiesti entrambi a pena di inammissibilità dall’articolo 366, n. 3 e 6, c.p.c.
Se, quindi, non si comprende in quali atti e con quali argomenti il tema sarebbe stato trattato e sottoposto alla Corte d’Appello, va anche rilevato che la Corte, dopo aver escluso che il contratto di finanziamento in ECU del 13.12.93 potesse considerarsi un rinnovo di quello precedentemente stipulato in data 28.8.1992, ha escluso anche che il medesimo fosse assistito dalla stessa garanzia fideiussione omnibus , concludendo che per detto nuovo contratto sarebbe stata necessaria una specifica manifestazione per iscritto della volontà di prestare garanzia per il suo adempimento non potendo valere la fideiussione prestata per il precedente finanziamento.
Ne discende che il motivo è inammissibile (a) poiché non si comprende se il tema del contendere fosse stato sottoposto nei termini che il ricorrente riferisce alla Corte, (b) perché non si confronta con le ragioni della decisione gravata, finendo per degradare a censura della ricognizione e della valutazione che la Corte territoriale ha fatto nel merito delle allegazioni delle parti e della relative risultanze probatorie non sindacabile in sede di legittimità, per di più mediante un inammissibile – in quanto neppure illustrato – riferimento alla violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.
3.- Il secondo motivo denuncia « Violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1230 comma 2, 1321, 1369, 1453, 1456. 1186 c.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. Insufficiente e
contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’articolo 360 comma 1 n. 5 c.p.c.»
La ricorrente reputa che la Corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto che il secondo finanziamento fosse un nuovo e autonomo contratto in quanto avrebbe effettuato solo un’analisi comparativa tra i contenuti dei due titoli e tratto dalla delibera del CdA del 4.11.1993 e dalla lettera della Banca Mediterranea del 5.11.1993 conseguenze contrarie ai canoni legali di ermeneutica contrattuale. In particolare osserva che, omettendo di prendere in considerazione ulteriori documenti rilevanti e indispensabili ai fini della corretta interpretazione delle volontà delle parti (quali la richiesta di concessione del fido del 4.11.93 e la comunicazione della Banca Mediterranea del 14.12.93) non avrebbe correttamente indagato ed accertato la comune volontà negoziale delle parti, affiancando al principio ermeneutico «letterale» quello «funzionale» e valutando il comportamento complessivo delle stesse anche posteriore alla conclusione del contratto, sicché avrebbe erroneamente escluso che il secondo finanziamento fosse una proroga del primo.
Deduce, inoltre, che la Corte territoriale: (i) avrebbe dovuto valutare la volontà negoziale delle parti di «novare» il contratto precedente alla luce dei requisiti della novazione oggettiva di cui all’articolo 1230 comma 2 c.c. ( aliquid novi, animus novandi e causa novandi ) chiarendo per quale ragione logico-giuridica i richiamati elementi diversi del secondo contratto determinassero un effetto novativo rispetto al primo contratto; (ii) non avrebbe valutato correttamente la delibera del 4.11.93 e la lettera della banca del 5.11.93 , poiché applicando i predetti criteri ermeneutici di cui all’art. 1362 comma 2 c.c. avrebbe potuto ravvisare nella prima un espresso riferimento al rinnovo dei fidi a suo tempo concessi e l’inequivocabile manifestazione della volontà del RAGIONE_SOCIALE di prorogare il precedente finanziamento nonostante fosse scaduto
il termine per il suo pagamento; (iii) avrebbe omesso di considerare la comunicazione della banca del 4.12.93 che -poco dopo la conclusione del secondo contratto di finanziamento richiamava la fideiussione personale dei ricorrenti e la proroga per 12 mesi delle garanzie già prestate ivi incluse le fideiussioni personali; (iv) avrebbe ritenuto che il contratto di finanziamento del 28.8.92 giunto a scadenza avrebbe esaurito i suoi effetti laddove la scadenza del termine non determinerebbe affatto la «risoluzione automatica» del contratto se il pagamento non viene effettuato.
3.1- Il motivo presenta gli stessi aspetti di inammissibilità che si sono illustrati con riguardo al secondo mezzo, in quanto, anche in questo caso la parte ricorrente non dà conto del perimetro di contestazione dei fatti allegati ex adverso , e, conseguentemente, di come si fosse delineato il thema decidendum nel giudizio di primo grado alla luce del contraddittorio, né di quali fossero le specifiche censure mosse nell’atto d’appello, il che rende il ricorso carente del requisito della chiara esposizione dei fatti della causa essenziali alla illustrazione dei motivi di ricorso, sia del requisito dell’autosufficienza, richiesti entrambi a pena di inammissibilità dall’articolo 366, n. 3 e 6, c.p.c.
3.2Peraltro, il profilo di illegittimità di cui all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. è infondato poiché la Corte di merito -lungi dall’omettere la motivata valutazione della delibera della società e della lettera del giorno successivo della banca -risulta averne fatto un vaglio anche del contenuto traendo la conclusione che il contratto di finanziamento in ECU del 13.12.93 non potesse considerarsi un rinnovo di quello precedentemente stipulato in data 28.8.1992, non solo -come afferma la ricorrente – in ragione di un confronto tra i due testi contrattuali, ma anche alla luce di comportamenti anteriori e successivi evincibili da detti documenti.
Q uanto all’invocata omessa valutazione della comunicazione della banca del 14/12/93, si osserva che detto fatto rappresenta il comportamento di una sola delle parti posteriore alla condotta negoziale già esaminata, il quale può avere astrattamente rilevanza ermeneutica in funzione di stabilire, però, quale sia stata la « comune intenzione» delle parti, onde tale comportamento in quanto «unilaterale» deve essere valutato con rigore, nel quadro del comportamento complessivo delle parti, come recita l’art. 1362 c.c.; se ne trae conferma anche alla luce di una giurisprudenza assai risalente per cui il giudice di merito può trarre argomento, per l’interpretazione del contratto, anche dal comportamento complessivo di una sola parte, a maggior ragione quando lo stesso si riveli in contrasto con la pretesa che la medesima parte faccia valere in un momento successivo (Cass. n. 1245/65; n. 2970/57), là dove invece nel presente caso la ricorrente fa valere un comportamento favorevole a se stessa e alla sua pretesa. Da ciò, la necessità di un maggior rigore nell’indagine sulla circostanza.
Valutando la circostanza del carattere favorevole alla parte del comportamento in questione, unitamente alla considerazione che tutti gli altri fatti indicati nel motivo sono stati esaminati dalla Corte d’appello – e niente affatto omessi -e hanno indotto la Corte di merito ad orientarsi in senso opposto a quello preteso dalla ricorrente alla luce di detto comportamento unilaterale deponente in senso a sé favorevole, si deve concludere che la omessa comunicazione della banca del 14/12/93 manchi del requisito della decisività, né la ricorrente argomenta sul punto come sarebbe stato suo onere invocando il vizio motivazionale in argomento.
4.- Il terzo motivo denuncia « Violazione e falsa applicazione dell’articolo 643 e 653 c.p.c. in relazione all’articolo 111 comma 7 della Costituzione e in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1713, 1856, 2697, 1300,
c.c. in relazione all’articolo 360 comma 1 n. 3 c.p.c. Insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’articolo 360 comma 1 n. 5 c.p.c. Possibilità di accertamento del credito anche in caso di incompleta produzione degli estratti conto. Possibilità di considerare il primo saldo a debito ovvero di applicazione del criterio del c.d. saldo zero .»
La ricorrente censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto che non potesse essere accertato un credito minore rispetto a quello ingiunto in mancanza di una domanda di condanna in tal senso e, comunque, in mancanza della prova della pretesa formulata in sede monitoria avendo la Banca depositato gli estratti conto scalari solo dal 31.1.93.
4.1 -Il motivo che si articola in realtà in due ragioni di censura, risulta fondato.
Quanto alla prima si osserva che la Corte d’Appello ha errato nel limitarsi a revocare il decreto ingiuntivo ritenendo necessaria una domanda specifica dell’opposta «di condanna alle eventuali somme che sarebbero risultate dovute in seguito al giudizio di opposizione»; invero per consolidata giurisprudenza, l’opposizione a decreto ingiuntivo instaura un ordinario giudizio di cognizione, nel quale il giudice non deve limitarsi ad esaminare se l’ingiunzione sia stata legittimamente emessa, ma deve procedere ad un’autonoma valutazione di tutti gli elementi offerti, sia dal creditore, per dimostrare la fondatezza della pretesa fatta valere con il ricorso, sia dall’opponente per contestarla e, a tal fine, non è necessario che la parte che chieda l’ingiunzione formuli una specifica ed espressa domanda per ottenere una pronuncia sul merito della propria pretesa creditoria, essendo, invece, sufficiente, che resista alla proposta opposizione e chieda la conferma del decreto opposto (cfr., fra le tante, Cass. 14486/2019, questa Corte ha cassato con rinvio la decisione di merito che si era limitata -come in questo caso – a revocare il decreto ingiuntivo, senza emettere sentenza di
condanna al pagamento della minore somma risultata dovuta, in quanto l’opposto, nel costituirsi, aveva chiesto solo la conferma dell’ingiunzione e non anche l’accertamento del credito per un importo minore – conforme a Cass. n.22281/2013).
La seconda censura è fondata perché la Corte territoriale ha escluso che nella specie la produzione parziale degli estratti conto fosse idonea a dimostrare il credito, laddove è orientamento consolidato di legittimità quello per cui è possibile provare il credito mediante una produzione solo parziale degli estratti conto a condizione che il primo estratto disponibile sia a debito del correntista e si debba escludere un credito in favore del medesimo con riferimento al periodo temporale rispetto al quale manchino gli estratti conto, poiché in siffatti casi può disporsi un ricalcolo che prende in considerazione i successivi estratti conto fino all’estinzione del rapporto; sicché in presenza di entrambi detti presupposti la Corte avrebbe potuto e dovuto disporre una perizia contabile per i calcolare il saldo relativo all’esposizione del conto corrente partendo dal «saldo zero» (v. per tutte Cass. n. 11543/2019: « Nei rapporti bancari di conto corrente, esclusa la validità della pattuizione di interessi ultralegali o anatocistici a carico del correntista e riscontrata la mancanza di una parte degli estratti conto, riportando il primo dei disponibili un saldo iniziale a debito del cliente, occorre distinguere il caso in cui il correntista sia convenuto da quello in cui sia attore in giudizio. Nella prima ipotesi l’accertamento del dare e avere può attuarsi con l’impiego di ulteriori mezzi di prova idonei a fornire indicazioni certe e complete che diano giustificazione del saldo maturato all’inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti conto; possono inoltre valorizzarsi quegli elementi, quali ad esempio le ammissioni del correntista stesso, idonei quantomeno ad escludere che, con riferimento al periodo non documentato da estratti conto, questi abbia maturato un credito di imprecisato ammontare (tale da
rendere impossibile la ricostruzione del rapporto di dare e avere tra le parti per il periodo successivo), così che i conteggi vengano rielaborati considerando pari a zero il saldo iniziale del primo degli estratti conto prodotti; in mancanza di tali dati la domanda deve essere respinta ».
5.- Pertanto il ricorso va accolto con riguardo al terzo motivo, respinti il primo e il secondo, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte d’Appello di Potenza in diversa composizione, cui va demandato anche di provvedere sulle spese del grado di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Potenza, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Cosí deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione Civile del 30.09.2025.
Il Presidente NOME COGNOME