Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5439 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5439 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15930/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME, NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
nonché contro
UNICREDIT RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO ROMA n. 740/2020 depositata il 30/01/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
È proposto ricorso, sulla base di quattro motivi, avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma del 30 gennaio 2020, che ha confermato la decisione di primo grado, con la quale il Tribunale della stessa città aveva respinto l’opposizione a decreto ingiuntivo, proposta dalla correntista COGNOME di RAGIONE_SOCIALE e dai fideiussori NOME COGNOME NOME, NOME e NOME contro Unicredit s.p.a., con riguardo ai contratti di finanziamento e di mutuo conclusi tra le parti, garantiti da fideiussioni.
La banca intimata ha depositato controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -I motivi deducono:
la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c., perché la corte territoriale ha ritenuto provato il credito bancario, pur avendo, in altra parte della motivazione, rilevato il mancato rideposito del fascicolo di primo grado;
la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., perché la corte territoriale avrebbe omesso di prendere posizione sulla censura degli appellanti, i quali lamentavano la produzione ad opera della banca dei soli estratti conto scalari, insufficienti a provare il credito;
3) la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., perché la corte territoriale ha omesso di pronunciare sulla natura vessatoria della clausola di deroga all’art. 1957 c.c., in ordine alla quale il primo giudice aveva sia escluso la natura vessatoria, sia rilevato comunque la sottoscrizione specifica ex art. 1341 c.c.;
4) la violazione e falsa applicazione degli artt. 1341, 1957, 2697 c.c. e 115 c.p.c., perché la corte territoriale non ha ritenuto indimostrata la duplice sottoscrizione alla predetta clausola, sebbene i contratti di fideiussione non siano stati prodotti in giudizio innanzi al giudice di appello.
2. -La Corte territoriale ha respinto otto motivi di appello, solo in ordine a due dei quali viene proposto il ricorso per cassazione.
In particolare, per quanto ancora rileva, la sentenza impugnata ha ritenuto provato il credito bancario, sulla base della sussistenza in atti della documentazione relativa all’intero corso del rapporto, idonea a provare il credito anche quanto agli interessi, alle spese ed agli altri importi pretesi: essa menziona la « produzione degli estratti conto analitici, dei riassunti scalari e dei contratti di conto corrente ».
In tal modo, pertanto, il giudice di appello, confermando gli accertamenti del primo grado, ha apprezzato il materiale probatorio in atti, e, nel suo convincimento non sindacabile innanzi in sede di legittimità, ha ritenuto raggiunta, in via documentale, la prova piena del credito vantato dalla banca, con riguardo ai contratti di mutuo e di finanziamento conclusi tra le parti, nonché ai contratti di fideiussione.
Occorre al riguardo richiamare il principio, affermato dalle Sezioni unite, secondo cui, in materia di prova documentale nel processo civile, il giudice d’appello può porre a fondamento della propria decisione il documento in formato cartaceo già prodotto e
non rinvenibile nei fascicoli di parte apprezzandone il contenuto trascritto (oppure indicato) nella sentenza impugnata o in altro provvedimento o atto del processo, potendo anche, se lo reputi necessario, ordinare alla parte interessata di produrre, in copia o in originale, determinati documenti acquisiti nel primo grado (Cass., sez. un., 16 febbraio 2023, n. 4835): proprio in tal modo ha agito la corte territoriale, il cui pronunciamento quindi non merita censure.
In definitiva, allora, risulta inammissibile ogni censura proposta con i quattro motivi, in quanto vòlta, sotto l’egida formale del vizio di violazione di legge, sostanziale o processuale, a pretendere dalla Corte di legittimità una rivisitazione della vicenda concreta, già scrutinata dai giudici del merito, tramite la lettura degli atti istruttori: ma il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge ed implica necessariamente un problema interpretativo della stessa, laddove l’allegazione di un’erronea ricognizione della concreta vicenda a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma ed inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità ( e multis , Cass. 15 aprile 2021, n. 10029; Cass. 17 febbraio 2021, n. 4172; Cass. 22 gennaio 2021, n. 1341; Cass. 4 maggio 2020, n. 8444; Cass. 10 marzo 2020, n. 6692; Cass. 6 marzo 2019, n. 6519; Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340; Cass. 14 gennaio 2019, n. 640); rimane, pertanto, estranea a tale vizio qualsiasi censura volta a criticare il ‘convincimento’ che il giudice si è formato, in esito all’esame del materiale probatorio mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova, posto che la valutazione degli elementi istruttori costituisce, infatti, un’attività riservata in
via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione (Cass. n. 11176/2017; Cass. n. 20802/2011; Cass. n. 42/2009).
A ciò si aggiunga come, laddove parte ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., i motivi sono inammissibili, sia in quanto non autosufficienti ex art. 366 c.p.c., sia perché la corte del merito ha anche escluso la fondatezza della pretesa, onde essa risulta volta ad un nuovo esame del fatto.
Circa i contratti di fideiussione, la stessa parte ricorrente ricorda che il Tribunale aveva sia escluso la natura vessatoria della clausola di deroga all’art. 1957 c.c., sia rilevato l’avvenuta sottoscrizione specifica, ai sensi dell’art. 1341 c.c.
Pertanto, una volta sottoposta la questione al giudice di appello, lamentando i ricorrenti che tale duplice sottoscrizione, invece, non sussisteva, era onere dei medesimi fondare la loro eccezione ridepositando i contratti medesimi, onde la decisione della corte territoriale non è sul punto censurabile; ancor prima, il quarto motivo viola l’art. 366 c.p.c., non riportando il contenuto della clausola di cui si discute; infine, giova rilevare come il Tribunale avesse esposto, sul punto, una duplice motivazione, non solo ritenendo la clausola non bisognosa della duplice sottoscrizione ex art. 1341 c.c., ma avendo altresì in concreto accertato che la duplice sottoscrizione sussisteva, onde il motivo di appello restava al riguardo inammissibile in ragione della prima ratio decidendi non impugnata, ed in tal senso sarebbe correggibile la motivazione resa dalla corte territoriale, ai sensi dell’art. 384, comma 4, c.p.c.
3. -Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge.
Dichiara che sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 22 febbraio