Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 13396 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 13396 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21049/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE domiciliata ex lege in ROMA, RAGIONE_SOCIALE presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
SEPI STUDI ECONOMICI RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO PALERMO n. 726/2020 depositata il 11/05/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
1. -La società RAGIONE_SOCIALE ha effettuato fornitura di materiale inerte (ghiaia ed altro) alla società RAGIONE_SOCIALE e, sul presupposto di non aver ricevuto il relativo pagamento, e poiché la Pollina era stata dichiarata fallita, ha chiesto ed ottenuto decreto ingiuntivo nei confronti della consorziata RAGIONE_SOCIALE oggi RAGIONE_SOCIALE
Quest’ultima ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo contestando sia di non essere legittimata passiva sia l’inesistenza del rapporto sottostante.
2. -Il Tribunale di Palermo ha rigettato l’opposizione confermando il decreto ingiuntivo e ritenendo che, dall’esame testimoniale e dalle prove addotte, era in realtà emerso che un contratto era stato concluso e che non era stato adempiuto.
Questa decisione è stata tuttavia riformata dalla Corte di appello di Palermo secondo la quale non è emersa in giudizio la prova non tanto e non solo della conclusione del contratto quanto piuttosto del suo contenuto, e dunque di quali fossero i termini del rapporto sottostante.
Secondo i giudici di appello, inoltre, né la prova testimoniale né quella documentale avevano consentito di affermare che un contratto si era effettivamente concluso ed in che termini. Né a tale scopo potevano valere le fatture in quanto atti provenienti dal creditore e non idonei a fornire la prova del credito.
3. -Questa decisione è oggetto di ricorso per Cassazione da parte della società Cava RAGIONE_SOCIALE con cinque motivi di ricorso e memoria. Ne chiede il rigetto la RAGIONE_SOCIALE con controricorso e memoria.
Ragioni della decisione
1. -Il primo motivo prospetta diverse censure.
La prima è di violazione degli articoli 1325 e ss. c.c. e 2729 c.c.
La tesi della società ricorrente è che, erroneamente, la Corte di Appello ha ritenuto necessaria la forma ad substantiam per il contratto di cui si controverte. Osserva la ricorrente che in realtà si tratta di un rapporto privato, di fornitura tra due società private e dunque non può applicarsi la regola propria degli appalti e dei contratti pubblici, prevista dalla legge di contabilità di Stato, che impone la forma scritta per la validità.
Questa prima censura è inammissibile.
Non coglie la ratio della decisione impugnata, che non ha affermato la necessità che quel contratto fosse concluso per iscritto; piuttosto ha rilevato che la mancanza di un atto scritto ha impedito di stabilire quale fosse il contenuto del contratto, quali le pattuizioni.
Nella motivazione questa ratio emerge chiaramente (p. 9 -10) e porta la corte di merito a concludere nel senso che ‘la mancanza di prova del contratto non può ritenersi supplita dai documenti di trasporto’.
Per altro, se la Corte di Appello avesse ritenuto necessaria la forma ad substantiam avrebbe dichiarato nullo il contratto, per difetto di quella forma: invece ha solo deciso nel senso della mancanza di prova del contenuto contrattuale. Cosi conclude infatti: ‘ il Tribunale di Palermo, nel valutare le risultanze istruttorie, non ha adeguatamente considerato che, in assenza della copia del
contratto… la somma oggetto di ingiunzione non poteva considerarsi certa, liquida ed esigibile… ‘.
E dunque, a tal fine, è ininfluente che la Corte abbia poi ritenuto che, in mancanza di prova scritta nemmeno poteva presumersi che un contratto fosse stato concluso. Tale affermazione è pur sempre relativa alla prova del contratto e non già alla sua validità.
La seconda censura suppone violazione degli articoli 1292 e 2697 c.c.
E’ rivolta verso il capo di sentenza in cui si adombra la tesi secondo cui, trattandosi di un appalto soggetto a controlli antiriciclaggio o antimafia, la prova del suo contenuto deve essere più rigorosa.
Secondo la ricorrente questa affermazione violerebbe i principi in tema di prova degli atti giuridici, poiché introdurrebbe un regime speciale e più gravoso per la prova di un contratto soggetto a controlli antimafia, ma senza che un tale maggior rigore sia previsto da alcuna norma.
Anche questo motivo è inammissibile.
L’affermazione, pur contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui ‘ la prova dell’esistenza del contratto deve ritenersi, nel caso concreto, ancora più rigorosa ‘ è semplicemente un obiter, posto che a tale affermazione non è conseguita poi alcuna conseguenza effettiva in ordine all’onere della prova: la Corte di Appello non ne ha tratto poi conseguenze applicative, in quanto ha valutato la prova offerta secondo i criteri ordinari, senza di fatto esigere un maggiore rigore probatorio.
La ratio della decisione impugnata dunque non sta nel principio secondo cui è richiesta una prova più rigorosa in questo tipo di contratti.
2. -Il secondo motivo prospetta omesso esame circa un fatto decisivo.
Secondo la ricorrente, la questione della esistenza del contratto è stata posta per la prima volta in appello dalla convenuta, nel senso
che costei si era difesa in primo grado negando la prova del credito, ma non già negando che un contratto si fosse concluso, ed anzi ammettendone l’esistenza.
Solo in appello, e dunque tardivamente, avrebbe invece posto la questione della mancata conclusione del contratto stesso.
Ritiene la ricorrente di avere posto la quesitone al giudice di secondo grado, che tuttavia ne ha omesso l’esame.
Il motivo è inammissibile.
Lo è per diverse ragioni.
Intanto, esso postula un omesso esame quando invece avrebbe dovuto censurare una violazione di legge (art. 345 c.p.c.) ossia delle norme che vietano di introdurre in appello domande o questioni nuove.
In secondo luogo, non deduce correttamente il vizio di omesso esame poiché non indica in che termini è stato posto il fatto in appello.
Ma, comunque, è infondato. Ciò in quanto, come si è ripetutamente detto, la corte di merito non ha affrontato e deciso la questione della validità del contratto, quanto della prova del suo contenuto, e tale questione, ossia la prova del contenuto, e dunque del credito vantato dal contraente, era certamente tra quelle introdotte dalla convenuta nel primo grado, posto che quest’ultima si era difesa, per l’appunto, negando il titolo, negando ossia la prova della pretesa contrattuale.
3. -Il terzo motivo prospetta anche esso omesso esame.
La ricorrente sostiene che, pur avendo sottoposto alla corte di merito il fatto che la società RAGIONE_SOCIALE, ossia la società che aveva ricevuto la fornitura, aveva rilasciato 36 cambiali, e pur avendo osservato che si trattava di un fatto probatorio significativo, che, se tenuto in considerazione, avrebbe fornito la prova del rapporto sottostante, pur risultando tutto ciò, la Corte non avrebbe tenuto in
alcuna considerazione il fatto (l’avvenuta assunzione dell’obbligo) che quelle cambiali indicavano.
Esse avrebbero costituito, in quanto promesse, tra l’altro, un elemento di esonero dalla prova.
Tale fatto decisivo non è stato tenuto in considerazione.
Il motivo è fondato.
Il fatto, ossia l’assunzione di un obbligo era stato introdotto e discusso, con il dire che tale fatto risultava dalla sottoscrizione delle cambiali, le quali, del resto, in quanto promesse di pagamento, invertono l’onere della prova. Né si può obiettare che sono state sottoscritte da una società diversa da quella convenuta, poiché la convenuta risponde dell’obbligo assunto da quella: le cambiali vengono dalla parte contraente, e dunque, al di là della loro efficacia tipica, sono indizio dell’impegno assunto.
A tale allegazione non si può obiettare che quelle cambiali non possono valere quali promesse nei confronti di chi non le ha emesse. Intanto, non vengono invocate quali promesse.
Ma ove anche lo fossero, va tenuto conto che la convenuta, che pure non ha emesso le cambiali, è tenuta, per legge al posto di chi lo ha fatto, ossia della contraente, per gli obblighi da quest’ultima comunque assunti.
4. -Il quarto motivo prospetta anche esso omesso esame.
L’omissione denunciata attiene alle dichiarazioni dei testi, i quali, secondo la ricorrente, avrebbero tutti concordemente riferito di avere consegnato la merce ‘franco cava’.
Di tale risultanza non si sarebbe tenuto alcun conto. Meglio, pur a fronte di tali dichiarazioni testimoniali, si sarebbe dato peso maggiore alla insufficienza probatoria dei documenti di trasporto.
Il motivo è assorbito dall’accoglimento del precedente.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo, dichiara assorbito il quarto, rigetta gli altri, cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Palermo, in diversa composizione, anche per le spese.
Così deciso in Roma, il 17/03/2025.